Come la pece

By lettrice_incognita

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Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozz... More

1. La ragazza della porta accanto
2. Quando le tende sono inutili
3. Salvami
4. Dov'è andato?
5. Insonnia
6. Nessuno da cercare
7. Dubbi
8. Rosso Malpelo
9. False accuse
10. Il primo indizio
12. Cosa mi succede?
13. Sepolte nella cenere
14. E... se fosse lui?
15. Algebra e pancake
16. Illegale
17. Cedimenti
18. Grigliate e salotti
19. Rotture
20. Vecchio giocattolo
21. Notti tormentate
22. Pozzanghere
23. Amleto
24. Chicago
25. Mc
26. Romeo e Giulietta pt.1
26. Romeo e Giulietta pt.2
27. Pool party
28. Così per sempre
29. Litigi e notti stellate
30. Ti prego, Wendy
31. Verità a galla
32. Boschi e grigliate
33. Alzarsi e sorridere
34. Hale
35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento
36. Riappacificamenti
37. La partita
38. Adrenaline in my veins
39. Toga e tocco blu
40. Prom
41. This girl is on fire
42. The end

11. 72h in un solo giorno

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By lettrice_incognita

Aiden imboccò la nostra via. Era buio pesto e in cielo non vi era neanche una stella. Erano le nove passate e mi aspettavo una sgridata dai miei genitori. Avevo ignorato le loro chiamate, troppo impegnata a discutere con Aiden. Avevamo trovato una Dunhill fumata a metà. Era la marca di sigarette forse meno diffusa nella zona, ma sarebbe comunque stato come cercare un ago in un pagliaio.

Inoltre, avevamo considerato l'idea che sarei dovuta andare da sola da Carrie Hamilton. Aiden era comunque considerato un sospettato dalla maggior parte dei cittadini, mentre io ero un innocua diciassettenne. La cosa avrebbe avuto più possibilità di funzionare.

- Oh, merda... - digrignò. Alzai lo sguardo dal cellulare, focalizzando immediatamente l'auto della polizia davanti la villetta degli Evans, subito dopo quella di mia madre.

Aiden parcheggiò, scendendo a razzo dal veicolo. Non vidi l'auto di suo padre, quindi mi prontai, nel caso avesse avuto bisogno di aiuto. - Vengo anch'io, ti avevo detto che ti avrei aiutato - dissi, seguendolo.

- No, vai a casa - mi bloccò. Rallentai il passo fino a fermarmi, confusa. Non si degnò nemmeno di voltarsi, correndo verso la porta.

- Cosa? Me lo hai chiesto tu - protestai, alzando le braccia.

Si fermò prima di entrare, voltandosi. - Sì, ma hanno ritirato la denuncia -. Detto questo entrò in casa, chiudendo la porta senza guardarmi.

Il cellulare squillò nella tasca dei miei jeans. Lo afferrai, rispondendo immediatamente. I miei dovevano essere al limite della sopportazione.

- Mamma, sono qui fuori, sto entrando - dissi, camminando verso il cancelletto.

- Wendy! La polizia ha portato Dylan in centrale -.

***

Mi ritrovavo ancora una volta al Tina's con i miei quattro amici. Avevo mandato un messaggio a mia madre, dicendole che ero rimasta a lavorare per qualche altra oretta, poi avevo gettato il telefono nello zaino, con me da quella mattina.

Presi un sorso dalla cannuccia, senza parlare. Dylan era proprio di fronte a me. Tutti sembravamo esserci trasformati in Josh. Silenziosi e discreti.

Non parlavo col giocatore di baseball da più di una settimana e, dopo quello che era successo, mi sentivo di doverlo fare. Sentii il suo sguardo posarsi su di me, così alzai gli occhi incerta.

- Mi dispiace - sussurrò, con un'espressione angosciata. - Potevi fare a meno di combinare tutto questo casino per una ragazza - ribattei acida. La polizia aveva rintracciato il suo numero e lo aveva interrogato all'istante.

- Lo so! - quasi urlò - Sono stato un coglione -.

- Hai agito da bambino, Dylan. Hai incolpato Aiden e hai fatto la figura del deficiente con la polizia - lo rimproverai. Ci aveva raccontato di aver confessato tutto alla polizia. Il motivo per cui aveva incolpato Aiden, quello per cui aveva ritirato la denuncia. I due poliziotti si erano pure messi a ridere, prima di dargli una bella strigliata. Aveva depistato la polizia per settimane, sebbene avessero capito che Aiden non poteva aver fatto tutto quello.

- Mi pare che ho già detto di essere stato un coglione -. Era pure irritato!

- Non credo che basti - lo canzonò Bryan, guadagnandosi un'occhiataccia.

- Una città intera crede che l'assassino sia dentro la casa degli Evans - sussurrai con tono accusatorio. Mi ero sporta in avanti senza accorgermene, con le dita strette attorno al legno del tavolo. Dio, che cosa ha combinato quel deficiente?!

- Comunque resta il fatto che Stephen sia morto subito dopo il loro arrivo - commentò la mia migliore amica, senza occuparsi di abbassare il tono della voce. - Sì, gridalo più forte - la schernì Josh, che se n'era rimasto in silenzio per tutto il tempo, anche quando Dylan aveva raccontato del suo interrogatorio.

Fissai Lisa, senza riconoscere la ragazza esuberante di sempre. In quel periodo non faceva altro che accusare gli Evans. A scuola parlava molto di meno e veniva meno frequentemente a casa mia.

- Okay. Stephen non c'è più, Dylan è un coglione e noi dovremmo parlarne di meno. Questo si sapeva già - sbottò Bryan, dopo essersi sistemato il ciuffo biondo.

Sbuffai, tornando a tirare su il frullato per la cannuccia. Affondai nel divanetto, non avendo alcuna voglia di parlare.

- Che serie mi consigliate? - esclamò Lisa, prendendo il suo cellulare. Josh prese il suo thriller e Bryan iniziò a parlare di tutte le serie che gli erano piaciute di più, serie che parlavano di zombie o guerra.

- Wendy... - sussurrò Dylan. Alzai gli occhi su di lui, sospirando. - Non voglio perderti, sei la mia migliore amica -.

Sapeva esattamente che quelle parole mi avrebbero fatto intenerire il cuore. Dylan era un ragazzo speciale ed eravamo sempre andati d'accordo. Non ne conoscevo nemmeno il motivo, ma qualche volta preferivo confidarmi solo con lui. Poi faceva una di quelle cose da bambini e rovinava tutto.

- Giura che smetterai di agire in questo modo - lo minacciai.

Si posò una mano sul petto, drizzandosi sul divanetto. Nascosi un sorriso, tornando a bere il mio frullato.

- Tutto bene, ragazzi? - domandò Tina, passandoci accanto. Annuii con un sorriso di cortesia.

Sentii dei passi alle mie spalle e un'ombra fermarsi a qualche metro da me.

- Gwendolyn Jones, subito a casa - ordinò mia madre. Puntò i suoi occhi dritti nei miei, cercando di apparire calma ed impeccabile. Non aveva nemmeno alzato la voce per chiamarmi. Il locale era quasi deserto, ma lei provava comunque a non dare troppo nell'occhio.

Mi alzai subito, con le gambe instabili. Presi il mio zaino e la seguii fuori, fino all'auto.

- Ero sicura che Tina non ti avesse trattenuta fino a quest'ora dopo il tuo turno - sentenziò, uscendo dal parcheggio. Casa nostra era davvero molto vicina.

- Scusa - borbottai a testa bassa. - Si può sapere perché non mi hai detto la verità? -.

- Perché ti saresti arrabbiata -.

- Ultimamente non sei più la stessa - commentò a bassa voce, quasi impaurita dalle sue stesse persone. Parcheggiò l'auto accanto al marciapiede, davanti il cancelletto.

- Ho chiesto scusa - ribadii, scendendo dall'auto ed entrando nel nostro giardino. Mi misi a frugare nello zaino alla ricerca del mio mazzo di chiavi. Controllai la tasca anteriore, senza successo, poi passai a quella più grande e quando sentii il rumore metallico delle chiavi, mia madre aveva già aperto.

La casa era completamente buia e silenziosa. Niente luci o tv accese, nessun rumore, nemmeno dello scrosciare dell'acqua nella doccia o del bollitore in cucina. - Dov'è papà? -.

- Resta a lavoro fino a tardi, deve sistemare alcune cose - sospirò, togliendosi la giacca. Corrugai la fronte, preoccupandomi per gli affari di mio padre. Se doveva fermarsi a lavoro fino a quell'ora, significava che gli affari non andavano poi così bene, no?

- Tutto okay? - chiesi, mordendomi un labbro. Mi sorrise, iniettandomi serenità con i suoi occhi dolci. - Certo. Adesso va' a dormire, domani c'è scuola -.

Annuii, trascinandomi su per le scale. Sbolognai lo zaino si piedi del letto, recuperando biancheria e pigiama pulito, prima di andare in bagno. Quella giornata era stata probabilmente la più lunga della mia vita. Ripensai alla conversazione avuta con Bryan a scuola, al libro che gli avevo lasciato fra le mani per Dylan, Aiden e il nostro accordo, la visita alla casa abbandonata e quella Dunhill fumata a metà. La polizia a casa di Aiden e Dylan alla centrale. Mi sembrava di vivere in un incubo. Desideravo tornare alla mia noiosa e tranquilla routine. Mi mancavano le giornate della ragazza dolce che sorride a tutti, va a scuola, a lavoro e a trovare la sua vicina. Mi mancava ridere con Lisa e truccarle le unghie con colori improbabili, mentre mi raccontava dell'ultimo pettegolezzo che girava per la città.

L'acqua picchiava sul mio viso, mentre me ne stavo appositamente con il collo inclinato indietro e le labbra dischiuse. Mi passai le mani sui capelli bagnati, resi più scuri dall'acqua. Spinsi la manopola contro il muro, sentendo il getto chiudersi immediatamente al di sopra della mia testa. Allungai un braccio fuori per recuperare il mio accappatoio e lo usai per asciugarmi. Indossai il pigiama e tornai in camera con i capelli umidi, troppo stanca per asciugarli del tutto.

Sistemai lo zaino, realizzando di non aver toccato libro dopo scuola, e mi misi a letto. Ero così stanca da crollare subito in un sonno profondo, con la nuca sul cuscino e la coperta arrotolata all'altezza della vita.

Probabilmente erano passate poche ore quando qualcuno iniziò a sussurrare il mio nome per svegliarmi. Mi alzai dal letto, traballante e a piedi nudi. Sentii di nuovo il mio nome, questa volta un po' più forte.

Mi avvicinai alla porta della mia stanza, spalancandola. Al di là, il grande salone era pieno di gente. Il soffitto era alto, almeno tre metri, e la carta da parati dorata. Al centro un enorme lampadario di cristallo. Indossavano tutti abiti da sera e smoking.

- Ne vuoi una? - domandò qualcuno alla mia destra. Mi voltai, studiando il vassoio d'argento che mi era stato messo sotto il naso. Era ricoperto da Dunhill, perfettamente allineate. Alzai gli occhi sul cameriere, senza riuscire a vedere il suo volto. I suoi capelli erano neri, ma non vi era traccia di naso, occhi e bocca. Il suo viso era completamente sfocato.

Feci un passo indietro, con il cuore in gola. Ansimavo mentre qualcosa mi diceva che mi trovavo in pericolo. Tutti i presenti si voltarono verso di me per scrutarmi, come se fossi stato l'unico cervo davanti gli occhi di centinai di cacciatori. Li guardai, vidi i loro vestiti eleganti e colorati, i loro gioielli costosi e le loro acconciature. Tutto, tranne il loro volto.

Spalancai la bocca, urlando.

Una soffio di aria fresca mi colpii il viso, proprio nel momento in cui scattai a sedere sul materasso. Mi guardai attorno. Le lenzuola appallottolate ai piedi del letto, le tendine fluttuanti a causa del vento, la luce biancastra della luna riflessa sulla porta. Tutto come sempre.

- Era un incubo... - ansimai.

Un brutto incubo, pensai.

***

Erano già passati due giorni da quando io ed Aiden eravamo andati in quella casa e avevamo trovato quella Dunhill.

Era giovedì e io mi ritrovavo nella classe di matematica a fare disegnini all'angolo del quaderno. I miei genitori mi avevano messo in punizione, vietandomi di uscire se non per andare a scuola o al lavoro.

Mia madre si era presa un bello spavento quando non avevo risposto alle sue telefonate e aveva parlato con mio padre di quello che avevo combinato. Zachary Jones era possibilmente più infuriato di sua moglie. Avevo lottato per tenermi il cellulare e alla fine c'ero anche riuscita. Gli avevo detto che ne avrei potuto avere bisogno e di quei tempi non potevo andarmene in giro senza, anche se la scuola e il fast-food erano vicini casa.

- Wendy... - bisbigliò Lisa. I suoi capelli erano molto più biondi dei miei e gli occhi di un marrone intenso. Mi voltai verso di lei, finendo di torturare i fogli del mio quaderno.
- Tutto okay? -.

Serrai le labbra.- Sì - dissi.

- Devo parlarti. È importante - insistette.

- Signorine, ne avete ancora per molto? - ci rimproverò il professore. Incassai la testa fra le spalle, arrossendo tutto d'un tratto. Controllai che l'uomo fosse tornato a scrivere alla lavagna prima di rilassarmi. Sentii un formicolio alla nuca e guardai verso sinistra. Aiden mi stava fissando, al contrario di tutti gli altri che fingevano di essere interessati alla lezione.

Gli sorrisi, ovviamente senza essere ricambiata. Lo vidi afferrare una biro blu e tracciare qualcosa sul suo quaderno. Stappò l'angolo della pagina e lo stropicciò, riducendolo ad una pallina delle dimensioni di un occhio. Lo studiai attentamente mentre la lanciava nella mia direzione. Il pezzetto di carta atterrò accanto alle mie scarpe, mentre lui continuava a guardare con nonchalance la lavagna. Mi chinai per raccoglierlo e, in quel preciso istante, udii la campanella. Recuperai il foglietto e lo strinsi in pugno. Presi lo zaino e il quaderno a quadretti, scemando fuori insieme agli altri.

Stetti attenta che Lisa non fosse ancora uscita e mi spostai di lato per aprire il foglietto e leggerlo.

Ti sei già arresa?

Era l'ultima cosa che avrei immaginato. Mi aspettavo qualcosa del tipo "Dobbiamo parlare" o "Dovremmo continuare ad indagare", qualunque cosa allorché una provocazione. Ma, dopotutto, lui era lui. Aiden Evans non era mai banale o semplicemente... normale. Per questo, probabilmente, sentivo il cuore a mille e il sangue fluire verso le guance. I miei occhi ripassarono la sua calligrafia, spigolosa e ordinata, il punto interrogativo formato da una S capovolta e un puntino sottostante.

Se io non conoscevo nulla di lui, lui non conosceva nulla di me.

Wendy Jones non si arrende mai.

Spazio autrice

Alohaaaa!!!

Eccomi qui con un giorno di ritardo, ma non potete assolutamente lamentarvi dopo i due capitoli extra della scorsa settimana!

Allora? Come vi è sembrato questo capitolo?

La cattiva notizia è che questo è l'ultimo aggiornamento prima dell'inizio della scuola. Ho tanta voglia di piangere.

A voi quando inizia la scuola? Quale anno dovrete fare?

Xx

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