Come la pece

By lettrice_incognita

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Teen drama. "Trovai il coraggio di alzare gli occhi nei suoi. Erano neri come la pece e profondi come un pozz... More

1. La ragazza della porta accanto
2. Quando le tende sono inutili
3. Salvami
4. Dov'è andato?
5. Insonnia
6. Nessuno da cercare
7. Dubbi
8. Rosso Malpelo
10. Il primo indizio
11. 72h in un solo giorno
12. Cosa mi succede?
13. Sepolte nella cenere
14. E... se fosse lui?
15. Algebra e pancake
16. Illegale
17. Cedimenti
18. Grigliate e salotti
19. Rotture
20. Vecchio giocattolo
21. Notti tormentate
22. Pozzanghere
23. Amleto
24. Chicago
25. Mc
26. Romeo e Giulietta pt.1
26. Romeo e Giulietta pt.2
27. Pool party
28. Così per sempre
29. Litigi e notti stellate
30. Ti prego, Wendy
31. Verità a galla
32. Boschi e grigliate
33. Alzarsi e sorridere
34. Hale
35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento
36. Riappacificamenti
37. La partita
38. Adrenaline in my veins
39. Toga e tocco blu
40. Prom
41. This girl is on fire
42. The end

9. False accuse

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By lettrice_incognita

Quando finalmente suonò la campanella, sospirai e mi diressi verso la mensa con Bryan alla mia destra.

- Sto morendo di fame! - esclamò.

- Sai che oggi c'è la torta di mele? - lo tentai con un sorrisetto. Mi guardò con i suoi grandi occhi marroni fuori dalle orbite e subito dopo mi abbandonò, andando di corsa verso la mensa. Il mio sorriso si allargò per quella scena comica, mentre qualcun altro mi affiancava.

- Ciao, Wendy - mi saluto Jennifer, mantenendo il viso basso. - Ehi, come va? -.

- Bene, più o meno -. Sospirò, lasciando intendere che non fosse affatto così.

- E Carrie? -. Ero preoccupata per quella ragazza. Non avevo mai avuto modo di parlarle, ma sapere che aveva perso tragicamente il proprio ragazzo mi faceva stare male. - Bene - borbottò, aggiungendo un'altra bugia alla sua lista.

- Comunque... - cambiò argomento - potresti dare questo a Dylan? -. Aprii il suo zaino azzurro, estraendo un libro.

Orgoglio e pregiudizio.

Giocatori di baseball che leggono? Forse mi sfuggiva ancora qualcosa su uno dei miei più grandi amici.

- Nessun problema - le sorrisi, entrando in aula mensa.

- Grazie, ti devo un favore. Ci vediamo, Wendy -.

- Ciao - la salutai, camminando verso il bancone. La mora andò direttamente a sedersi, senza passare a prendere nulla da mangiare.

Riempii il vassoio con un panino, un pezzo di frittata e la torta di mele, sperando che fosse così buona come diceva Bryan. Avevo dovuto spintonare un po' di persone e rischiato di far cadere il vassoio a terra per prenderne un pezzo, quindi esigevo che fosse almeno un po' di più che mangiabile.

Raggiunsi il tavolo, dove Dylan e Bryan erano già seduti. - Ehi, Dylan - lo salutai mentre prendevo posto. Sollevò il capo, in modo che la luce raggiungesse il suo viso. Aveva un occhio nero e il labbro superiore gonfio. - Che ti è successo? -.

- Niente che ti riguardi - sbottò, lanciandomi un'occhiataccia. Rispondere in quel modo non era proprio da lui.

- Incontri ravvicinati con il tuo amichetto - commentò Bryan, divertito.

Sbarrai gli occhi. - Aiden? -.

- Sì, proprio lui. - disse - Ah, guarda, eccolo lì -.

Dylan aveva ripreso a mangiare, non avendo alcuna intenzione di partecipare alla conversazione. Mi voltai verso la porta, scorgendo il rosso tra la massa. Aveva un profilo perfetto, i capelli scarmigliati e le spalle larghe. Non sembrava avere lividi o graffi, quindi doveva aver avuto la meglio. Corrugai la fronte, dubbiosa. Dylan era ben piazzato, con il suo fisico da giocatore di baseball. Era quasi impossibile che Aiden ne fosse uscito illeso.

- Dici sul serio? - sbraitai, guardando prima Bryan e poi Dylan per avere conferma. I suoi occhi color cioccolato si alzarono su di me per un solo istante, senza lasciarmi intendere nulla.

Mi alzai furiosa. - Dove stai andando, Wendy? - si intromise subito. Era in allerta, pronto a scattare in piedi e bloccarmi.

- A dire quattro parole a quel rosso che si crede chissà chi -.

Mi voltai e, a passo spedito, camminai verso Aiden Evans. - No, aspetta! -.

Avevo le mani strette in due pugni, il viso arrossato e la lingua stretta fra i denti. Come si permetteva di picchiare un mio amico? Forse era davvero il ragazzo di cui parlavano Lisa e Dylan, e tutto il resto della cittadina.

Era seduto solo, mentre rigirava la forchetta nel piatto annoiato. Sbattei i palmi sul tavolo, proprio davanti il suo vassoio. Alzò gli occhi su di me, scrutandomi sorpreso. Dov'erano finite tutte le belle parole del pomeriggio precedente?

- A che gioco stai giocando, Aiden? Prima ti scusi con me e poi picchi i miei amici? - gli urlai in faccia. Sentivo quel lieve pizzicore alla nuca e sulle braccia, segno che tutti mi stessero guardando. Serrò la mascella, guardando di lato. Non voleva rispondermi.

- Potresti darmi una risposta? -.

- Fattela dare dal tuo amico. Che c'è? Adesso la pensi anche tu come loro? -.

Le sue parole erano il mio punto debole. Lui sapeva perfettamente che non lo giudicavo un assassino, che ero pronta a battermi anche contro i miei amici per la giustizia. Se dovevo accusarlo, volevo le prove.

Schiusi le labbra, senza parole. Lo avevo ferito, gli avevo fatto credere ciò che non pensavo veramente.

- N... no... - balbettai, presa del tutto alla sprovvista. Cosa avrei dovuto dirgli? Volevo solo sapere perché aveva picchiato Dylan e non ero brava a litigare con la gente.

I suoi occhi si puntarono nei miei, trafiggendomi come spade ardenti. Mi stava mostrando di essere ferito, ferito da quello che avevo detto.

- Voglio sapere perché hai picchiato Dylan - sillabai categorica. Premetti le mani sulla superficie, cercando di darmi coraggio.

- Wendy, andiamo - mormorò Dylan al mio orecchio. La sua mano si strinse attorno al mio braccio per tirarmi via da Aiden e da tutti quegli sguardi indiscreti. Mi aveva ferito, mi aveva fatto infuriare. Io ero pronta a difenderlo, a dimostrare a tutti che non poteva essere accusato senza prove. Che se fosse stato veramente lui il colpevole, l'ispettore Kent sarebbe già venuto a prenderlo. Ma lui, lui aveva picchiato Dylan. E nessuno voleva dirmi cosa era successo.

- No, Dylan! - urlai, liberandomi dalla sua stretta con un colpo secco.

I miei occhi ardenti trafissero quelli di Aiden. Sosteneva il mio sguardo con una forza tale da alimentare il fuoco che ardeva dentro di me. Non si arrendeva. - Basta, Wendy - sibilò Dylan al mio orecchio. Mi irrigidii di colpo, congelata dalla freddezza delle sue parole. Era come se mi stesse mettendo in guardia, come se mi stesse ricordando di non provocare una bestia selvaggia. Feci un passo indietro, il fuoco dentro di me si era spento, lasciando un vuoto abnorme che mi divorava.

***

Feci scattare la serratura e aprii la porta. L'odore di detersivo mi investì, segno che mia madre si fosse data alle grandi pulizie quella mattina prima di andare a lavoro.

Il salotto era vuoto, la coperta ordinatamente piegata su un bracciolo del divano e la Tv spenta. - Mamma? - chiamai. Mi mossi verso la cucina, con lo zaino ancora in spalla.

Per Wendy.

Resto a lavoro tutto il pomeriggio.
Ci vediamo stasera.

Il post-it rosa era appoggiato sul marmo rosato dell'isola al centro della cucina. Mi tolsi lo zaino e lo lasciai sullo sgabello, per poi dirigermi al frigo e tirare fuori la busta del latte. Presi la mia tazza e svitai il tappo della busta di cartone.

Uno squillo acuto mi fece sussultare e il latte finì sul ripiano, scivolando lungo l'armadietto di legno fino al pavimento.

- Merda! - sbuffai, afferrando i tovaglioli e buttandoli sopra il liquido per assorbirlo. Il campanello suonò un'altra volta, costringendomi ad andare ad aprire e rinunciare a ripulire quel disastro per il momento.

Guardai dallo spioncino, scorgendo oltre il cancelletto l'ultima persona che mi sarei aspettata. Aveva ancora lo zaino in spalla, e un'aria tesa. Aprii la porta, affacciandomi sul portico. Ero nervosa, intimorita da quello che potesse volere.

- Posso parlarti? -. Aveva abbassato il mento e mi guardava intimorito dal basso. Studiai la sua espressione. I capelli rossi gli mettevano in ombra il viso, nel vano tentativo di nascondere il suo nervosismo.

Davvero? Aiden Evans e nervoso potevano stare nella stessa frase?

Annuii titubante, uscendo fuori. Non volevo che entrasse in casa quando ero sola. Aprì il cancelletto da sé e camminò fino ai gradini del portico. Mantenere le distanze era la miglior cosa che potesse fare.

- Volevo che sapessi una cosa importante - sussurrò, guardandomi serio. Serrai le labbra, annuendo con circospezione. Ero divisa in due. La mia mente continuava a suggerirmi che era tutta una trappola, che in realtà aveva picchiato Dylan per il semplice e insano gusto di farlo, mentre la mia anima combatteva per difenderlo, per farmi capire che c'era qualcosa sotto, che non era un mostro. Nessuna persona mi aveva mai messo in crisi come lui in quel momento.

- Probabilmente non mi crederai, ma... - cominciò - è stato Dylan a dire alla polizia che avevo attaccato Stephen nel cortile -.

Feci un passo indietro, con le labbra socchiuse. - Non ti credo -.

- Chiedilo a lui. È venuto a dirmelo personalmente - insistette. Lo fissai titubante, cercando di capire se potevo credergli. I suoi occhi mi dissero di sì, che quella era la verità. Aiden non era il cattivo. Mi sedetti sui gradini di legno, con le braccia attorno alle ginocchia. Cosa stava succedendo in quella cittadina?

Con la coda dell'occhio lo vidi farsi scivolare lo zaino e lasciarlo sul portico, prima di sedersi alla mia destra. Appoggiò gli avambracci sulle ginocchia, in una posa così comune che lo rendeva ancora più bello. Aveva il naso leggermente all'insù e la pelle liscia. A quella distanza riuscivo a sentire il suo profumo. Era la prima volta che lo percepivo. Era definito, maschile, ma allo stesso tempo non così forte da far venire il mal di testa.

- Perché lo ha fatto? È un bravo ragazzo - mormorai.

Lo sentii sospirai e mi voltai per guardarlo. Un sorriso amaro aveva dipinto il suo viso con una pennellata nera. - Semplicemente per gelosia. Ridicolo, no? -.

Il suo tono era così sarcastico da farmi rabbrividire, ma abbastanza efficace da fare chiarezza nella mia mente. Ad un tratto tutto si fece chiaro.

- Jennifer... - constatai, disgustata da quello che aveva fatto. - Mi ha invitato alla sua maledetta festa, mi ha detto che gli stavo simpatico - raccontò, lo sguardo dritto davanti a sé.

- E Dylan lo ha sentito - completai per lui. Lo sapevo perfettamente. La sera della festa era infuriato, me ne aveva parlato. Non sopportava che Jennifer fosse andata ad invitare Aiden. Aveva capito che era attratta da lui e voleva fare in modo da dipingerlo come un mostro.

- Voleva solo che la polizia pensasse che Stephen fosse andato via perché centravo qualcosa, perché aveva paura di me... ma una settimana dopo Stephen è stato trovato morto e... -.

- Tu sei diventato il principale sospettato per omicidio -.

- Esatto -. Era arrabbiato, deluso, amareggiato. Mi dispiaceva tanto per quello che aveva combinato Dylan, e probabilmente anche a lui. Doveva essersi sentito davvero in colpa per andare a confessare tutto.

- Questo comunque non è un pretesto per picchiarlo - lo rimproverai, tornando la solita Wendy determinata e sicura di sé.

Si voltò verso di me, guardandomi per la prima volta dopo essersi seduto. Il suo profumo annebbiò i miei sensi, mentre mi sorrideva divertito. Non disse nulla, tipico del suo carattere.

***

Quel pomeriggio lo passai insieme a Lisa, ritornando quelle di sempre. Non avevamo parlato di nulla che potesse essere capitato a Stephen, ma ci eravamo limitate a discorsi da diciassettenni normali. I miei erano rientrati verso le sette e, dopo aver cenato con loro, ero andata a farmi una doccia e a mettere il pigiama.

- Tutto bene? - chiesi a mio padre, che sembrava leggermente preoccupato. Ero scesa a prendere un bicchiere di latte.

Abbandonato su una sedia della cucina, si stropicciò gli occhi con pollice e indice. Aveva i primi bottoni della camicia celeste aperti, che lasciavano intravedere la maglia intima bianca. La cravatta era stata allentata e i polsini arrotolati sui gomiti. - Wendy... - sospirò, mettendosi composto. Aveva una pessima cera e dal modo in cui aveva detto il mio nome, non doveva essere nulla di buono.

- Non voglio che giri per strada da sola -.

Lo fissai confusa, perplessa, non riuscendo a credere a una cosa simile. - C'è un assassino a piede libero e, finché non sarà sbattuto in prigione, voglio che tu stia al sicuro - spiegò, guardandomi negli occhi. Aveva poggiato gli avambracci sul tavolo, intrecciando le dita. Era la posizione che assumeva nei discorsi seri.

- Significa che non posso nemmeno andare a scuola o al Tina's a piedi? -.

Lo avevo detto con tono di accusa, ero davvero arrabbiata. Non potevo starmene segregata in casa.

- Sono entrambi qui vicino e io starò tranquillo, ma... - sospirò per l'ennesima volta - niente più passeggiate senza avvisare, o uscite con Lisa che prevedano di andare in periferia -.

- Va bene - accettai. Non volevo farlo preoccupare.

Lo lasciai solo con i suoi pensieri, dirigendomi verso le scale.

- Puoi portare fuori la spazzatura? - mi chiese gentilmente mia madre, appena uscita dal bagno. Aveva anche lei un'aria stanca, di chi vorrebbe solo mettersi a letto e sprofondare nel mondo dei sogni.

Annuii subito, tornai in cucina a prendere il sacco dei rifiuti e me lo caricai fino alla porta. L'arietta fresca di marzo mi colpì in faccia, mentre trascinavo il sacco nero alto quanto me lungo il vialetto.

- ... Avevano fatto una soffiata anonima per accusare i nuovi vicini - stava esplicitando il signor Sanders. Era appoggiato con l'avambraccio destro allo steccato, dal lato opposto di casa mia.

Continuai a trascinare la spazzatura, facendo finta di non ascoltare la conversazione.

- E oggi hanno ritirato la denuncia, dicendo di essersi sbagliati -.

- Cose da non crederci - ribatté Quentin Walker, il pagliaccio del quartiere. Era vicino allo steccato, davanti al padre di Stephen. Ognuno nel proprio giardino.

Lasciai il sacco accanto al cassonetto di alluminio, sul marciapiede.

- Ciao, Wendy. Non ti avevo riconosciuta -.

Sussultai, sentendo urlare il mio nome. Alzai una mano, come segno di saluto e forzai un sorriso imbarazzato. Ero in pigiama e senza reggiseno, prima me ne andavo, meglio era. Mi voltai e tornai in casa in più fretta possibile. Speravo solo che non mi avessero beccata ad ascoltarli.

- Buonanotte - urlai ai miei genitori, correndo per le scale. Mi infilai in camera mia, senza accendere la luce per paura di essere vista. Aiden era affacciato alla sua finestra, seduto sul davanzale con il cellulare in mano. Tirai le tende e, ignorandolo, andai a dormire.

***

Spinsi l'anta dell'armadietto, sbattendola con forza per farla chiudere per bene. Fece un passo indietro, preso allo sprovvista. Mi guardò truce, ma lo ignorai.

- Oggi hai da fare? -. Era passata un'altra settimana, quindi tre dalla scomparsa di Stephen, e io non sapevo ancora niente sull'omicidio. Erano tutte cose di cui parlava l'intera cittadina, ma io volevo sapere di più.

- Che hai in mente? -. La sua voce era profonda, bassa come quella di chi non vuole far sapere i fatti propri agli altri. Si guardava intorno circospetto, con il mento leggermente abbassato e i ciuffi di capelli davanti gli occhi.

Sentii gli sguardi degli altri puntati su di noi, che giudicavano. - Aspettami prima di tornare a casa -. Lo studiai attentamente e in un atto involontario strinsi le mani attorno al libro, per farle smettere di tremare. Non sapevo nemmeno dove avessi trovato tutto quel coraggio.

Mi guardò di soppiatto, prima di girarsi circospetto verso il fiume di persone che inondava il corridoio.

Tornò a fissarmi, prima di raccogliere lo zaino da terra e sorpassarmi. Chiusi gli occhi e sorrisi soddisfatta.

Era un sì.

Spazio autrice

Buon lunedì a tutte voi! Ho iscritto la mia storia agli Advisor Awards 2018, per questo sto pubblicando in anticipo. Ovviamente pubblicherò oggi stesso anche il decimo capitolo.

COMUNICAZIONE IMPORTANTE: questo concorso prevede una parte in cui i lettori possono entrare in gioco per salvare la storia che preferisco. Quindi mi farebbe davvero tanto piacere che scriveste due paroline per "Come la pece". NON è ancora il momento di farlo, in quanto non si sono nemmeno chiuse le iscrizioni, quindi vi avviserò quando sarà il momento, se vorrete aiutarmi in questo percorso.

Torniamo a noi...
Che impressione vi siete fatte di Dylan?

Quello che voglio sapere più di tutto, in realtà, è se anche voi fareste certe cose per gelosia o invidia.

Io sono convinta che invidia e gelosia siano tra i peggiori nemici dell'uomo, quindi non mi è difficile pensare che qualcuno potrebbe commettere cattive azioni per tale motivo. Io, personalmente, cerco di non uccidere nessuno ahahahah

Vi lascio con la curiosità per il piano di Wendy e vi mando un abbraccio.

Xx.

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