♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vk...

By bisdrucciola

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"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le ste... More

✤ P R O L O G O ✤
family is where life begins and love never ends.
you'll regret someday if you don't do your best now.
kill 'em with success, bury 'em with a smile.
don't ever run backwards.
never work just for money or for power.
you can be the moon and still be jealous of the stars.
and then you came into my life.
i'm jealous. wanna know why? because we started as 'just friends' too.
love is both: how you become a person, and why.
can i be your lei-tsu?
i like people who shake other people up & make em feel uncomfortable.
heavy hearts don't have to drown.
kiss me until i forget the thought of somebody else near your lips.
you became one of my stories.
the tip of my finger is tracing your figure.
we're too young and immature to give up, you idiot.
i just want you to talk to me. tell me how you feel. about life. just talk.
i want you. all of you. on me. under me. tasting me. wanting me.
it hurts too good to say no.
the more i learn about you, the more i like you.
to die would be less painful.
do you think the universe fights for souls to be together?
life is not about hiding, life is about living.
there's nothing wrong with you.
i am desperately craving your lips.
a sea of whiskey couldn't intoxicate me as much as a drop of you.
i hope you can see me for what i am and continue to love me the same.
i've been holding back for the fear that you might change you mind.
i tried so hard to not fall for you, but then our eyes locked and it was over.
my heart's your home, no matter where you are, u'll always have a place to stay.
all my mistakes are drowning me, i'm trying to make it better piece by piece.
perhaps it's better this way.
he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".
i think i need you, and that's so hard to say.
tell me pretty lies, tell me that you love me, even if it's fake.
how can i look at you and feel so much happiness and sadness all at once?
i've hella feelings for you, but i'm so fucking scared.
you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.
lips so good i forget my name.
one of the hardest battles we fight is between what we know and what we feel.
mommy, daddy, don't you know? You lost your daughter years ago.
ça ne casse pas trois pattes à un canard
i wanna feel you in my veins.
as humans we ruin everything we touch, including each other.
I just wish i could lose this feeling as fast as i lost you.
look at your cuts. each one is a battle with yourself that you lost.
in the end, we'll all become stories.
And he dreamed of paradise every time he closed his eyes.
un piccolo regalo...
you're burning inside of me and i'm still alive in you.

he dreams more often than he sleeps.

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By bisdrucciola

Scusate se questa settimana non ho postato capitoli, ma ero in vacanza e semplicemente non ne ho avuto il tempo <3

"I suoi begli occhi le stanno così bene!
A stento mi tengo dal correre a lei.
Così farei, se non fosse per timore,
ché mai vidi corpo meglio modellato e colorito
agli uffici d'amore cosí tardo e lento."

Taehyung, quella notte, la passó con l'abajour accesa e gli occhi stanchi. Aveva riesumato, nella sua affollata libreria, una moltitudine di libri di poesia. Alcuni erano dei libri di testo che aveva usato a scuola, altri se li era accaparrati negli anni e i rimanenti li aveva presi in prestito dalla biblioteca e mai più ridati. Erano pieni di polvere, tanto che quasi faceva ribrezzo appoggiarli sopra i suoi lenzuoli puliti. Ma le loro pagine profumavano come solo i libri vecchi potevano fare, sicuramente un profumo migliore di qualsiasi altra fragranza firmata che si poteva acquistare in una profumeria. Taehyung passava le dita lunghe sopra quelle pagine ruvide e talvolta rovinate dal tempo, spostava la polvere senza più curarsi della pulizia del suo corredo e rincorreva, a volte freneticamente e a volte adagio, lettera dopo lettera, parola dopo parola. La poesia aveva sempre avuto per lui un enorme valore. Gi piaceva sedersi in veranda, osservare il panorama di ville tutte uguali del suo quartiere e leggere storie di gente, di contadini, di ragazzi e di eroi d'altri tempi. Era sempre stato allettato dalla storia dell'iliade, con la sua idea di una missione divina affidata ad un uomo, il viaggio, la pietà e il successo. Ma la poesia, quella che con le parole ti trasporta in un altro universo, seppur simile al tuo, era la sua preferita. Leggeva di tutto, non andava per autori né per movimenti o scuole, lui le sceglieva una ad una. Ne aveva lette talmente tante che non si ricordava nemmeno dove avesse lasciato tutti gli altri libri che possedeva. Poi il lavoro si era fatto mano a mano più frenetico e di poesia gliene era rimasta ben poca, esattamente come il tempo per cercarne di nuova o di vecchia. Quella notte, però, non riusciva a staccare le sue dita, le stesse che erano riuscite ad avvolgere quelle lisce di Jungkook, da quei testi. Quella notte cercava poesie d'amore e si chiedeva come ciascuno di quegli uomini vissuti mille o solo dieci anni prima di lui avessero capito ogni cosa. E anche quando non avevano capito, rendevano la loro riflessione, il loro smarrimento, arte. Ogni singola sfumatura di quelle parole lo faceva pensare a Jungkook, gli procurava un fremito nel cuore e la voglia impassabile di rincorrere quel ragazzo in capo al mondo.

"Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima."

Perché l'aveva amato in ogni modo, come ognuna di quelle poesie. Difatti, i poeti che leggeva raccontavano di amori segreti, di amori impossibili, di amori in cui ci si poteva perdere e alcuni purtroppo finiti, morti e sepolti. Taehyung aveva sentito tutte quelle sensazioni sulla pelle, quella di non essere accettato, quella di non essere capito, quella di essere abbandonato e poi salvato dalla medesima persona. Ma, in fondo, sapeva che ciò che c'era stato con Jungkook era una delle poesie più belle che avesse mai avvertito sulla sua pelle. Perché le poesie non si leggono solo con gli occhi, no. Le poesie si capiscono con la mente, si percepiscono sulla pelle, si sentono sul cuore. E quella notte per Taehyung fu una notte piena d'amore, l'amore di un cuore solitario, ma non triste. Sapeva che avrebbe sentito la sua poesia anche l'indomani mattina e la mattina dopo e la mattina dopo ancora.
Continuó ad avvertire quelle poesie tra le dita, mentre girava le pagine, gli occhi erano stanchi ma qualcosa nel suo petto fremeva e niente, nemmeno il sonno, avrebbe potuto sopprimerlo. E fu così che continuò a leggere, stando attento a tutte le cesure e tutti gli enjambement, trovando i campi semantici, assaporando le parole e gli universi che ognuna di loro contribuiva a creare, poi passava ad analizzare le virgole di un elenco, i due punti per una spiegazione, il punto per una fine. Ogni singolo particolare appartenesse a Jungkook gli veniva in mente con quelle poesie, quando nominavano le stelle, Taehyung si perdeva nel ricordo di quegli occhi pieni di bagliori notturni; appena si nominavano paesaggi mozzafiato, si figurava le labbra rosee e sottili di Jungkook, che avrebbe baciato fino a perdere i polmoni; appena i suoi poeti scrivevano di cielo, immaginava di stendersi in un campo al tramonto e guardare le nuvole con lui; appena tiravano in ballo le similitudini e le metafore per circoscrivere il loro amore, Taehyung pensava al suo. Non era stata una scintilla, non era stata una ruota che girava e riempiva un mulino pian piano, non era stato né statico né latente. Non avrebbe saputo descriverlo e si meravigliava di come quegli autori avessero capito tutto di loro stessi, di come riuscissero a mettere la loro anima su carta e come, a distanza di anni, fosse ancora lì, ascoltata da altre mille anime e compresa da altri mille cuori. Chiuse il secondo libro di quella notte e ne aprì un terzo, ove nella prima pagina si soffermò, attonito. Gli bastò leggere il nome dell'autore per provare un vuoto inesorabilmente incolmabile, lesse per numerose volte il titolo, quasi non credette di averla dimenticata, o forse non credeva di averla ritrovata. Era quella poesia, quella che gli recitava sempre sua madre, quella a cui lei era tanto affezionata, quella che portava sempre nella borsa per andare a lavoro. Taehyung rilesse ogni parola come se dissotterasse un tesoro tenuto segreto sotto la sabbia dorata per anni e anni, un tesoro prezioso ma dimenticato. Dopo esser giunto all'ultima parola, quasi non vedeva più da quanto la sua vista fosse appannata, una lacrima solitaria e debole solcò la sua gota sinistra nel buio illuminato solo da quell'abajour dalla luce flebile e dorata. La voce di sua madre, il suo accento di Daegu e la sua cadenza dolce risuonavano nella testa di Taehyung come campane funebri nel bel mezzo della notte; battiti freddi, veloci come quelli del suo cuore, ma continuativi nell'aria grazie al loro eco infinito. Si figuró le mani sottili di lei, giovani, che terminavano con delle unghie lievemente ingiallite dal vizio del fumo e il viso immerso tra le pagine di quello stesso libro. Sorrise, chiedendosi come diavolo avesse fatto a scordarsi di una delle poche abitudini che aveva con sua madre, poi si rese conto che anche quella poesia, inconsapevolmente, parlava di Jungkook. Anche lui avrebbe dovuto scrivere una poesia del genere, che mettesse in chiaro come si sentiva, che lo descrivesse perfettamente con un numero minimo di parole. E se fosse stato un cantante, gliel'avrebbe cantata la sua poesia e se fosse stato muto, gliel'avrebbe fatta capire. Poggiò il libro sul suo comodino, stando attento a far rimanere il segno sulla pagina dove era stampata quella poesia e si voltò su un fianco. Ora che poteva concentrarsi su ciò che provava, non riusciva a comprenderlo. La sensazione di quando ti capita qualcosa di talmente bello da farti prendere ogni cosa dal lato positivo non aveva un nome, era una conseguenza di altre mille sensazioni, era l'adrenalina che scorreva nel sangue e che non faceva prendere sonno a Taehyung nel suo stesso letto.
Forse, si disse, era perché era un letto vuoto.

La stessa notte, ma a circa cinque quartieri di distanza, Jungkook sognava tra le sue lenzuola, le quali però non erano vuote come quelle dello stilista. Gli appariva un giardino di rose bianche, candide come quelle della Dongdaemun, ma profumate come le rose che i suoi vicini di casa coltivavano in giardino. Si voltò tutt'intorno in quella landa fiorita senza cielo e sentì un vento freddo tagliargli il viso all'improvviso. Non c'erano altro che rose. Jungkook si domandò che luogo fosse e, sopratutto, come ci fosse arrivato, ma qualcosa, che forse risiedeva nel vento o nel profumo di quei fiori lo rendeva completamente indifferente a tutte quelle domande, come se non fossero effettivamente necessarie. Mosse qualche passo, notando che niente in quell'immenso silenzio cambiava. Non percepiva il suolo sotto le piante dei suoi piedi nudi, sentiva come se fluttuasse nell'aria che sembrava più leggera, quasi assente. Milioni di rose si estendevano all'infinito e, non sapendo che fare, Jungkook si  chinò e ne recise una dal terreno con una lama che inspiegabilmente si era ritrovato nella tasca dei jeans. La tenne tra le dita come se tenesse una sottile lamina di cristallo, talmente pura e fragile che se avesse applicato solo un centesimo di forza in più, si sarebbe frantumata tra le sue mani. Quella rosa aveva i petali così bianchi da sembrare trasparenti, così lisci e magistralmente perfetti. Il gambo sottile era di un grigio madreperla che esprimeva alcuni accenni ad una sfumatura grigiastra di verde, il quale sembrava aver smarrito la sua tonalità nel tempo. Ogni colore era stato risucchiato da quello strano universo così freddo ed estraneo, come se si fosse trattata di una foto con la saturazione azzerata. E poi, in quella rosa non c'erano spine. Jungkook passó le dita lungo lo stelo e niente lo punse, anzi, sembrava che quel fiore così fine ed innocente lo accarezzasse con dolcezza. Pensò di non aver mai visto qualcosa di tanto puro in vita sua. Nel momento in cui alzò lo sguardo, però, i suoi occhi incontrarono qualcosa di addirittura più bello. Taehyung stava fermo, in piedi a circa quattro metri di distanza da lui, teneva la testa bassa e fissava i fiori smossi leggiadramente dal vento proprio accanto ai suoi piedi. Jungkook spalancò gli occhi, tenne stretto il fiore nel suo pugno, senza più preoccuparsi di quanto fosse fragile quella creatura, e iniziò a correre verso quella parvenza così familiare, vestita con una camicia bianca e dei pantaloni del medesimo colore, larghi e morbidi. Gli giunse di fronte col fiatone, non sapendo bene se quella che stava respirando fosse aria o meno. Chissà se anche nei sogni esiste l'aria.
Notò che Taehyung non alzava gli occhi per guardarlo come faceva sempre, allora gli offrì il fiore che aveva colto, sebbene non sapesse come quella soluzione gli sembrasse ragionevole. Eppure, l'altro ragazzo alzò finalmente la testa, rivelando il suo solito ed etereo viso. Era così armonioso, illuminato da quella luce onirica, con la sua pelle color del miele messa in risalto dai vestiti bianchissimi e morbidi che svolazzavano in balia del vento. Taehyung rimase a guardarlo in quel silenzio assordante e Jungkook notò che dal suo occhio sinistro si stava facendo strada una lacrima, silenziosa anch'essa, come tutto ciò che li circondava. Il moro tese il fiore con più decisione, invitandolo a prenderlo e Taehyung gli offrì la mano. Gli poggiò la rosa sul palmo, così delicatamente che sembrava stesse tenendo un bambino in fasce in una sola mano. Taehyung spostò il suo sguardo assente dagli occhi di Jungkook alla rosa, sorrise lievemente e quello stesso fiore cominciò a spegnersi, come se la sua luce bianca si trattasse solo di una lampadina a led. Con lei, anche tutte le altre rose di quello strano mondo cominciarono a spegnersi e diventare di un colore sempre più scuro e cupo. Il moro ebbe un fremito e cominciò a guardarsi intorno preoccupato, pur non riuscendo a muoversi dal suo posto. Le rose rabbuiarono l'intero sogno, facendolo rimanere in balia di una notte fredda e illuminata lievemente da una tinta rossa come il sangue fresco. Si voltò a guardare Taehyung e notò che la rosa che teneva appoggiata sulla mano era diventata rossa e piena di spine. La sua purezza era scomparsa, corrotta da qualcosa che sembrava estraneo e terrorizzante.
Jungkook guardò incredulo la mano di Taehyung, ancora abbigliato di un bianco neve, serrarsi con forza intorno a quello stelo pieno di punte taglienti e acuminate. Tentò di fermarlo, ma un dolore ai piedi lo colse di sorpresa: le spine delle rose sotto di essi stavano recidendo la pelle delle caviglie, provocandogli ferite piccole e profonde. Jungkook non poteva muoversi e Taehyung lo guardava con occhi impassibili, tenendo ancora il fiore rosso avvolto con violenza tra le dita. Poi si mosse di un passo. Jungkook si morse l'interno della guancia, continuando a sopportare quelle spine che gli ferivano la carne dalle caviglie alle piante dei piedi. All'improvviso, Taehyung allargò le braccia e abbracciò Jungkook così forte che il moro quasi avvertì le sue costole rompersi. Non sentì alcun odore, quel ragazzo non ne aveva più, era completamente asettico. A quel punto, le rose sotto i loro piedi ritornarono bianche ed innocue, lasciando le caviglie di Jungkook piene di ferite. Il moro abbassò lo sguardo e vide che Taehyung portava delle calzature bianche. Si meravigliò di quel dettaglio, giacché il ragazzo l'aveva salvato dal dolore e dal sangue sebbene portasse un paio di scarpe e non aveva modo di percepire le spine. Si staccò dal suo corpo con il cuore che tamburellava sul petto con irruenza e le gambe che stavano per cedere, solo così potè accorgersi che dalla mano nella quale Taehyung teneva stretta la rosa stillavano numerose gocce di sangue di un rosso vivo. Jungkook sbarrò gli occhi, facendo in modo che il maggiore aprisse la mano e lasciasse andare quel doloroso fiore che era nuovamente bianco ed angelico. "Perché?" Chiese, non capendo come funzionasse quello strano mondo.

"Perché farei qualunque cosa per permetterti di essere felice." Sussurrò Taehyung, e poi tutto scomparve.

Jungkook aprì gli occhi lentamente, percependo man mano un caldo soffocante e un senso di oppressione che gli faceva girare la testa. Sentí il contatto con le sue coperte, gli occhi non potevano aiutarlo dato che era buio pesto, benché riconoscesse fin troppo bene il clima e l'odore di casa sua. Ma in mezzo a quell'odore familiare, ne riconosceva uno che gli era altrettanto noto: quello di Jimin. Avanzó adagio con una mano e avvertí che l'amico aveva il volto estremamente vicino al suo, tanto che quasi lo toccava. Dormiva rannicchiato e discinto, senza la maglietta né i pantaloni addosso. Jungkook sentí una strana sensazione pervadergli il petto e la pancia, così forte che credette di morire per un secondo. Non era la prima volta che faceva sogni strani, come non era la prima volta che dormiva con Jimin in quel modo. Ma, a differenza delle altre volte, non gli era mai capitato di fare sogni così dettagliati su Taehyung e né di imbarazzarsi così tanto per restare a letto con il suo migliore amico mezzo nudo accanto. Jimin era così vicino che sentiva il suo respiro regolare e pesante, così per abituarsi a quella situazione dovette muoversi scaltramente per non svegliarlo. Aveva bisogno di pensare e staccarsi dal suo letto per un attimo, e così fece. Riuscí ad alzare la schiena sudaticcia dal materasso e poggiare un piede sul tappeto accanto al suo letto senza produrre alcun rumore. Jimin, per sua fortuna, non si accorse di nulla e continuó a dormire, nonostante Jungkook fosse riuscito a lasciare quella stanza. Il moro andó in bagno, accese la luce e quasi si spaventò per quanto fosse sbiancato a causa di quel sogno. I capelli erano inzuppati di sudore, la maglietta grigia presentava diverse macchie di sudore sotto il collo e sulla schiena. Jungkook si guardó in fretta i piedi e le caviglie, dove non c'era più alcun segno di sangue e ferite, erano sani e salvi. Si sciacquó il viso e i capelli in modo da darsi una rinfrescata e lasciarsi alle spalle quel sogno così inverosimile, ma il problema che gli si presentò a quel punto era molto, molto più serio. Non sarebbe mai riuscito a dormire con Jimin in quel modo quella notte. La stessa sera aveva baciato Taehyung e aveva sentito sensazioni così belle che credeva non esistessero. Le labbra di quel ragazzo lo facevano sentire bene, non esisteva una spiegazione per ciò che provava, fatto sta che avrebbe voluto vivere su quelle labbra per avvertire quelle emozioni ancora e ancora per tutta la sua intera vita. Voleva baciarlo di nuovo, voleva poggiare le mani sulle sue guance lisce e curate, voleva sentire il suo corpo vicino al suo e i suoi occhi che lo squadravano dalla testa ai piedi, bramando qualcosa di  molto più di un singolo contatto. Quella sera aveva dato il suo primo bacio e nessuno poteva più portaglielo via, apparte Taehyung. Dormire con un altro ragazzo, indipendentemente che fosse Jimin o altri, lo faceva sentire male, come se stesse tradendo ciò che lui medesimo aveva voluto. Chissà come ci sarebbe stato Taehyung se avesse scoperto che aveva dormito con Jimin quasi completamente svestito durante la stessa notte in cui si erano baciati per la prima volta; chissà se l'avrebbe più baciato di nuovo. Jungkook si incamminó verso il suo salotto, preparó un cuscino ed una coperta sul divano e fece l'azione più stupida ed innocente della terra. Si mise a dormire da solo, nel suo divano, pensando a come sarebbe stato baciare di nuovo Taehyung. Si immaginó a come sarebbe stato baciarlo appassionatamente nel buio di quella stanza, sotto le sue coperte, con gli schiocchi delle labbra dell'uno e dell'altro che combattevano il silenzio tombale della notte. Voleva altre mille sere con Taehyung, anzi, mille erano fin troppo poche, voleva una vita con lui, voleva tutte le conversazioni che solo lo stilista poteva introdurre, bramava sapere ogni singolo pensiero dello stilista, ascoltare cosa ne pensava sulle stelle o sulla luna o sul mercato del venerdì, e mentre parlava, voleva rubargli ogni tanto un bacio sul naso. Voleva tutte quelle cose che le coppie fanno, anche le più brutte o le più imbarazzanti, voleva costruire la sua vita e quest'ultima la voleva realizzare con Taehyung. Si addormentò con le idee più ottimiste che possedeva, con la speranza di rivedere quel ragazzo anche l'indomani mattina e vederlo sorridere di nuovo, gli mancava quella sensazione fastidiosa che gli provava nel petto ogni volta che lo guardava, perché ci aveva fatto l'abitudine e non riusciva più a farne a meno. E fu così che si addormentò, con la frenesia e l'euforia di un fantastico primo amore che si realizza, la visione di una nuova vita che si avvicina, una vita completa e adulta e poi l'avvento di alcune incertezze che, quando si ama, è normale iniziare ad avere. Desideró sognare ancora lo stilista, almeno non l'avrebbe abbandonato da solo in balia della notte senza stelle in quel campo infinito di rose bianche.
Eppure, quella notte passó indisturbata e scura.
Nessun sogno rispose al disperato appello del moro.

"Taehyung, le spiego una cosa."

"Me la spieghi, perché non riesco a capire." Taehyung stava seduto su una sedia di pelle grigia nuova di zecca, che profumava ancora del negozio da cui era uscita. Tutt'intorno a lui vedeva solo una moltitudine di attestati e diplomi, i quali in quel momento non stavano dando il loro frutto e rimanevano appesi lì come decorazione più che assicurazione.

"Non riesco proprio a far più di quello che ho detto per il solo motivo che non ho prove per reggere un'accusa." Il suo avvocato era un uomo basso, sulla sessantina e dai capelli grigi che non tentavano nemmeno di nascondere la stempiatura. Gli occhi sottili e quasi invisibili sotto le precoci rughe erano protetti da un paio di occhiali spessi almeno un centimetro, senza montatura, in modo da renderli meno visibili possibile.

"Ma se lei stesso ha detto che è palese? Può assicurarmi almeno quelle creazioni che sono uguali tra loro? Almeno su quelle, le prove sono evidenti!" Taehyung manteneva il suo tono calmo, ma non riusciva ad evitare di infervorare le parole che dovevano far effetto. Era sempre stato bravo a suadere le persone, ma in quel momento non riusciva ad essere abbastanza abile per convincere l'uomo che aveva davanti.

"Taehyung, non è esattamente quella la problematica da affrontare. Ce ne sono diverse che non riguardano il crimine in se stesso, bensì le tempistiche e la modalità stessa di questo presunto plagio. Già queste queste questioni sono complicate di per sé, già che c'è un abisso enorme tra la visibilità del tuo marchio e quello di Lalisa e già che non abbiamo nessuna prova di chi e di come sia stato fatto tutto questo rende l'accusa da portare in tribunale ancora più difficile da piazzare. E poi, parliamo chiaro, il primo problema riguarda la presentazione di tutta la merce durante la sua stessa sfilata e questo è abbastanza inusuale per una firma che ne copia un'altra presente a quell'evento." Il suo avvocato non demordeva, aveva anni di esperienza ma quel caso gli sembrava senza sbocchi e, lo devo ammettere, di poca importanza.

"Certo, ma le assicuro che Lalisa è capace di fare una cosa del genere, la conosco da molto tempo e, non so quanto conti, so benissimo com'è fatta. Inoltre, lei sa benissimo che questa non è la prima volta." Cercò di dire Taehyung, facendo intendere che Lalisa aveva già rubato la sua intera collezione di camicie una volta, molto tempo prima.

"Certo, mi ricordo di quel caso, ma quella volta eravamo riusciti a cavarcela solo perché avevamo scoperto l'indirizzo IP dell'hacker che era irrotto nel tuo sistema principale, appropriandosi così delle informazioni necessarie. Tu hai messo ogni cosa nel tuo database, questa volta?" Chiese l'avvocato con la sua voce rovinata dal tempo e la sua stempiatura che luccicava alla luce del lampadario.

"No, molte informazioni le abbiamo tenute per noi, sarebbe stato impossibile copiare l'intera collezione solo basandosi sulla lavagna degli appunti e il database." Assicurò lo stilista con tono confidente.

"Va bene, ma la problematica delle prove rimane e, Taehyung, probabilmente non accetterò il suo caso stavolta." L'avvocato incrociò nervosamente le mani davanti alla faccia, appoggiando i gomiti sulla scrivania di legno scuro.

"E se le propongo almeno di ricevere un risarcimento dalla BlackPink Maison per le opere simili? Non si può negare che le magliette non siano state plagiate, con i suoi precedenti sarebbe facile mettere la mia parola contro la sua e vincere almeno un risarcimento."

"Vedrò cosa posso fare, ma non le assicuro nulla. Gli affari le stanno andando bene, però, non è così?" Domandò l'uomo, giocherellando con una matita.

"Non lo so, sono stato già contattato da differenti rivenditori cinesi, coreani e giapponesi che vogliono assicurarsi di avere la mia collezione nei loro negozi, ma niente da parte di clienti esteri, a parte dei commercianti russi." Replicò Taehyung, cercando di non mostrarsi troppo fiero per tutti quei traguardi raggiunti in un solo giorno e mezzo.

"Allora, vede? Non le va male e, a quanto ne so, i critici si sono accorti dell'incidente alla sfilata e hanno parlato della BlackPink Maison nei loro giornali di moda. Si informi." Gli consigliò l'avvocato, prendendola alla leggera come se si trattasse di una discussione tra amici al parco. Taehyung cercó di accelerare quel colloquio il più possibile, già consapevole che non avrebbe ottenuto nulla di tutto ciò che aveva richiesto. Si alzó dalla sedia nuova di pelle grigia, strinse la mano congedando l'avvocato e poi si diresse frettolosamente verso l'uscita, cercando di togliersi tutte le preoccupazioni dalla testa. Il suo avvocato, tutto sommato,non era completamente nel torto. Gli affari non sembravano andargli male, era abbastanza ottimista su quel fronte, ma nulla gli poteva togliere quella sensazione di insicurezza di esser stato privato delle sue idee. Giunse all'atelier e lí non trovó Jungkook, come sperava, ma trovó Yoongi che parlava con Hoseok. Quest'ultimo aveva cambiato colore di capelli e li aveva fatti biondi, fatto che sorprese abbondantemente Taehyung. Hoseok aveva sempre amato i suoi capelli rossi e quel giorno, improvvisamente, non c'erano più.

"'Giorno Hoseok, ciao Yoongi. Si può sapere che fine hanno fatto i tuoi capelli rossi?" Chiese scherzosamente, poggiandogli una mano sulla spalla.

"Boh, volevo una specie di nuovo inizio... e poi lo stesso colore di capelli tenuto per troppo tempo stanca." Spiegó il ragazzo, il quale a stare con Yoongi si era abituato a parlare con un tono di voce normale e calmo.

"Novità dal tuo avvocato?" Chiese Yoongi, sviando completamente la discussione sui capelli di Hoseok e passando alla sostanza che gli interessava sapere.

"No, non collabora, sopratutto dopo che ha saputo che gli affari ci vanno bene nonostante il plagio." Taehyung si grattò la nuca, come se lui da solo potesse trovare ancora un'altra soluzione. "Non so proprio più che fare, ma l'avvocato mi ha detto anche che la BlackPink Maison è stata criticata e che i loro affari non vanno altrettanto bene." Taehyung non lo disse con soddisfazione, ma dentro lui si faceva spazio un immenso senso di trionfo.

"Sì, l'ho letto anche io stamattina, ma la cosa positiva è che nel prossimo numero di GQ Korea apparirà il servizio con un articolo infagottato di buona critica." Osservò Yoongi, che sembrava più pallido del solito, con le occhiaie che gli arrivavano alle guance e le labbra secche e screpolate.

"Hai ragione, quello sarà vantaggioso." Taehyung parlava, ma sembrava che stesse pensando altro, con gli occhi rivolti oltre la figura del ragazzo che gli stava in piedi davanti.

"Siete sicuri di star bene?" Domandò Hoseok ad un certo punto. "Cioè, mi dispiace per il plagio e la storia del tuo avvocato, ma tu sembri davvero sovrappensiero e Yoongi tu sembri... triste." Poi si corresse. "Più del solito." Hoseok aveva un talento particolare a leggere le espressioni delle persone, si accorgeva di tutto, ma a volte se ne stava zitto ad osservare. Era come se leggesse nei visi di ognuno il loro passato, presente e futuro e quelli non se ne rendessero nemmeno conto. Capì che l'umore di Taehyung non era condizionato solo dal plagio, ma da qualcos'altro che poteva essere sia più bello che più tragico. Invece, il volto di Yoongi traspirava stanchezza, come se avesse sopportato un tira e molla frenetico con qualcosa e poi la molla si fosse spezzata. E lui continuava a sforzarsi di accettarlo, mentre in realtà non riusciva e poteva solo reprimere tutto quello che sentiva, stipandolo nel più profondo nascondiglio di se stesso. Hoseok lo sapeva, conosceva Yoongi da tanto di quel tempo che gli era stato necessario a capire che quel ragazzo nascondeva qualcosa sotto la sua scorza dura.

"Sì, sto alla grande, non preoccuparti, grazie per avermelo chiesto." Lo tranquillizzò Taehyung, con un sorriso caldo che trasmise tutta la sua serenità, la quale numerose volte risultava finta, come una messa in scena di pupi.

"Non sono triste, è solo che stanotte non ho dormito bene." Replicò invece colui che era il protagonista indiscusso della sua stessa messa in scena che a lui piaceva chiamare vita. Il suo letto quella notte era rimasto vuoto, come lo era sempre stato. L'ultima volta che aveva fatto entrare qualcuno in casa sua era Taehyung quando ne aveva bisogno. Ma nel suo letto c'era stato solo Jimin e purtroppo non lo avrebbe mai più trovato lí, tra le sue lenzuola. A quel pensiero si sentì mancare l'aria, si guardò istintivamente i polsi ben coperti e quasi gli venne da piangere, ma era convinto che piangere non serviva a nulla e che  non l'avrebbe più fatto dall'ultima volta. Si ritrovò a fissarsi i polsi come se ne dipendesse la sua vita, poi la voce di Taehyung lo fece risvegliare da quel pozzo di mestizia in cui stava lentamente affondando.

"Ehy, seriamente, tutto bene? Ti serve un giorno di riposo?" Chiese lo stilista, cercando di afferrargli un polso, notando che Yoongi lo aveva ritratto con riluttanza. Sapeva che un giorno di riposo per Yoongi era sempre stato duro da accettare. Il suo lavoro era l'unica cosa capace di distrarlo da tutto ciò che doveva reggere sulla schiena ogni ora del giorno e della notte.

"No, sto bene, davvero. Ora devo andare." Yoongi rispose in modo gelido, che lasciò di stucco lo stilista e Hoseok. Conoscevano Yoongi meglio delle loro mani, non gli ci era voluto molto per capire che qualcosa, oltre al suo solito carattere difficoltoso, non andava. I due si guardarono negli occhi preoccupati, per poi alzare le spalle in sincrono e spostare gli occhi sulla figura vestita interamente di nero che si allontanava frettolosamente.

"Starà andando nel suo ufficio a lavorare?" Chiese Hoseok, appena Yoongi ebbe accesso all'ascensore.

"E dove, sennò?" Replicò retoricamente Taehyung, mordendosi il labbro mentre lo guardava in modo inquieto. Sapeva che la soluzione migliore in quella situazione si poteva riassumere in lasciarlo andare e aspettare che gli passasse. Aveva provato a parlargli più volte, ma Yoongi non spillava mai nemmeno un singolo dettaglio sul suo passato.

"Taehyung!" Lo chiamò una voce dietro di lui che lo fece saltare sul posto.

"Jin?" Domandò, girandosi di scatto verso la figura alta e vestita con un completo grigio di fattura costosa.

"Allora, con l'avvocato?" Chiese, poggiandosi la mano tra i capelli e guardandolo preoccupato.

"Non collabora." Gli occhi di Taehyung caddero involontariamente sulla mano sinistra di Jin, il quale indossava un anello d'oro, liscio e brillante al dito anulare. Lo stilista sorrise involontariamente ed ebbe l'improvvisa voglia di abbracciarlo. Da quando Namjoon gli aveva fatto la proposta, lui e Jin avevano continuato a comportarsi come sempre, tenendo per loro quell'intimità e tutto ciò che ne conseguiva.

"Come non collabora? Che ti ha detto?" Domandò allora Jin, sempre più crucciato, giocando con l'anello d'oro che emanava lucenti riflessi di luce.

"Non abbiamo prove, non possiamo accusare nessuno di niente perché non possiamo basarci solo sull'evidenza e gli affari vanno bene anche senza risarcimenti ulteriori. Non può far niente per una serie di fattori per i quali la modalità e la tempistica del plagio non sono affatto chiari e cazzate del genere." Spiegò lo stilista, facendo movimenti esagerati con le mani.

"Tutto questo non ha senso! Gli affari avrebbero potuto andare meglio, ma alla fine non siamo certo gli unici ad essersi accorti del plagio. La BlackPink Maison sta diventando famosa solo per le critiche negative che sta ricevendo." Osservò Jin, toccandosi il mento col palmo.

"Tipo?" Domandò curioso Taehyung.

"Beh, un titolo che mi è piaciuto particolarmente diceva «grandi aziende con piccole aziende, gara all'innovazione» e parlava per l'intero paragrafo su come le piccole aziende imitino i capi delle grandi aziende in modo mediocre e irrispettoso." Jin sorrise, consigliò a Taehyung di andarsene a leggere qualcuno del genere e poi se ne andò a completare non si sa quale modello di cartone. Taehyung rimase lì in mezzo alla stanza, Hoseok se l'era svignata appena aveva sentito parlare di cose serie ed era meglio lasciar stare Yoongi per i seguenti due giorni. Avrebbe voluto restare solo con Jungkook, ma probabilmente non era ancora arrivato e quasi che lo stilista si stesse preoccupando per questo fatto. Era a conoscenza che la sera prima il moro avrebbe dovuto parlare con Jimin per chissà quale fatto e probabilmente erano anche stati insieme tutta la notte, ma solo a ripensarci gli faceva venire il voltastomaco. Era geloso, enormemente geloso di quel rapporto e non sapeva perché. Non era mai stata una persona particolarmente possessiva, ma stare accanto a Jungkook per lui era come essere in vacanza nel giardino dell'Eden e gli dava fastidio sapere che anche altri avevano avuto l'onore di dormirgli affianco prima di lui. Era una sensazione strana, ma quello che aveva represso tutto quel tempo stava uscendo allo scoperto come un vulcano attivo e voleva assolutamente passare la sua intera vita con Jungkook. O almeno, finché quest'ultimo non si sarebbe stancato di lui.

Jungkook guidava e e guidava verso l'atelier. La strada gli sembrava infinita, un'enorme e solitaria distesa di asfalto scuro, solcato da altre mille macchine come la sua e pestato da altri mille piedi come i suoi. Ripensò a tutte le parole che gli aveva rivelato Jimin, a quanto il suo migliore amico fosse nella più completa merda e lui non sapeva nemmeno cosa dirgli. Me era rimasto sbalordito, senza parole, così completamente attonito che non era riuscito a fiatare per tutta la durata di quella storia così controversa. Era smarrito, non aveva idea di cosa pensare né di come aiutare in qualche modo Jimin. Quella mattina si era occupato solo di riportarlo a casa e assicurarsi che stesse bene. E non stava male, sembrava tutto apposto se lo si vedeva da fuori, ma niente era come mettersi nei suoi panni e avvertire un enorme vuoto dentro le costole che pian piano si espandeva allo stomaco fino a togliergli il respiro. Gli dispiaceva, ma lui, Jeon Jungkook, non poteva fare niente che potesse riportargli in qualche modo Yoongi. Costringerlo in modo che tornasse? Non aveva senso; supplicarlo? Sarebbe stata una costrizione anche quella e sapeva già che anche solo chiederlo sarebbe stato inutile, non valeva la pena nemmeno tentare. Jungkook confidò nel fatto che gli sarebbe passata in futuro, che anche lui si sarebbe reso conto che Yoongi era quello sbagliato e che l'aveva portato solo in un cordoglio di dolore senza sbocco. Si distolse da quei pensieri solo figurandosi di nuovo il sogno che aveva fatto, nel quale Taehyung l'aveva salvato dalle spine di rose che gli facevano sanguinare le le piante dei piedi e le caviglie. Taehyung avrebbe fatto tutto per lui e ne aveva dato prova. L'aveva portato a Daegu senza che nemmeno lo chiedesse, gli aveva rivelato senza esitazioni la sua sessualità con la costante paura di non essere accettato e poi gli aveva proposto di viaggiare insieme nei posti che non aveva mai visto solo perché desiderava farlo. Si era innamorato del ragazzo migliore al mondo e non smetteva mai di rendere grazie a se stesso per questo fatto. Non aveva mai provato come fosse essere innamorati, invidiava quelli che lo erano ciecamente, ma ora si sentiva meglio con il mondo e con se stesso. Si era sempre sentito come se avesse una marcia in meno: tutti intorno a lui che parlavano senza sosta di vita e d'amore e lui che doveva per forza star in silenzio ad ascoltare dei discorsi che non aveva mai vissuto e in cui non aveva alcun valore. Ora poteva testare sulla sua pelle le sensazioni di cui tutti parlavano e quando si trattava di Taehyung, di cose ne provava tante. Ogni volta che lo guardava in viso o che squadrava il suo corpo provava un fremito al ventre. Avrebbe voluto sussurrargli che era bellissimo tra le coperte, avrebbe voluto urlarlo appena lo stilista osava dire il contrario e poi avrebbe voluto farglielo capire baciandogli ogni particolare del volto e del corpo. Ogni volta che gli parlava desiderava che parlasse all'infinito della vita, dei sentimenti, d'amore e di stelle; lui sarebbe stato lí ad ascoltare la sua voce calda e tranquilla per sempre. Ogni volta che lo toccava sentiva quel punto bruciare e corrodersi sotto la pelle dello stilista, come se cedesse ad un contatto così bramato. Avrebbe voluto sentirlo con la bocca sulla sua, la pelle che si toccava e le mani che vagavano libere per i loro corpi in quell'atto di cui tutti si facevano beffa, ma che Jungkook avrebbe ricordato per tutta la vita se Taehyung fosse stato d'accordo. Arrivó con quel pensiero fisso in testa all'atelier, impaziente di rivedere il ragazzo che aveva scaturito quella guerra frenetica dentro di lui e che gli aveva fatto provare per la prima volta quelle sensazioni. Speró con tutto il suo cuore che Taehyung avesse almeno un'ora libera per stare con lui e, appena giunto alla porta di ingresso dell'azienda, si diresse su una delle sedie del tavolo di legno chiaro centrale e poi tiró fuori il suo telefono. Controlló le varie applicazioni con una sensazione di eccitazione che accresceva dentro di lui gradualmente, fino ad arrivare alla gola. Quando nella stanza entró anche Jimin con la sua cattiva cera e l'aria triste, Jungkook alzó velocemente il viso e gli sorrise in modo brillante, giusto per dargli un po' di carica in più. Jimin lo salutò svogliatamente e si fece cadere sulla sedia di legno come se fosse un peso morto. Poggió la testa sul palmo, guardando con gli occhi stanchi lo schermo del cellulare di Jungkook, quest'ultimo, però, alzó gli occhi scuri e tondi verso Jimin e gli rivolse uno sguardo che poteva fulminate una quercia nella sua gigantesca interezza. Voleva provare un altro metodo per aiutarlo.

"Non fare così, sembri un bambino." Gli disse freddamente Jungkook, cercando in tutti i modi di evitare che il biondo si buttasse giù così tanto per qualcuno. Aveva sentito di questa maniera più irruente per dissuadere le persone e sperò con tutto se stesso che con Jimin funzionasse.

"Come scusa?" Domandò l'altro con gli occhi sbarrati. Poche volte Jungkook era stato scortese con lui e quelle poche erano state tutte degli scherzi o prese in giro. Quel tono, invece, gli trasmetteva tutto men che divertimento. "Ce l'hai con me per qualcosa?"

"Sì, cazzo. Non puoi startene così come le donne nei kdrama, dovresti dimenticarlo e basta, senza fare tante scene." Gli disse con tono fermo, con la sola intenzione di farlo stare meglio operando in un modo più persuasivo e violento.

"Non fare l'arrogante con me, sto cercando di dimenticarlo, ma è... è difficile, okay? Te l'ho detto." Replicó stizzito l'altro, che sembrava spiazzato da quell'improvviso cambiamento,

"Non faccio l'arrogante, sto cercando di indurti a fartelo dimenticare il più presto possibile, non ce la faccio a vederti così. Sembri un cucciolo bastonato." Riveló Jungkook, gesticolando in modo eccessivo.

"Va bene, allora vado a fare il cane bastonato fuori da qui." Rispose Jimin infastidito, tanto irritato che quasi gli scesero delle lacrime dalle palpebre. "Non c'è bisogno che tu ti sforzi." Raccolse la sua giacca e si alzò dalla sedia frettolosamente, camminando via più veloce che poté. Jungkook lo raggiunse quasi inciampando sui suoi stessi piedi e gli mise una mano sulla spalla, in modo da farlo girare verso di lui.

"No, non intendevo quello, ma sto cercando di aiutarti, fa male solo a te se continui così e a me dispiace se ti senti così ogni giorno." Jungkook gli poggió entrambe le mani sulle spalle. "Non è una cosa che posso risolvere io perché ti giuro che se potessi, lo farei anche subito, ma purtroppo non posso." Strinse i palmi alle spalle di Jimin e poi puntó l'indice sul suo petto. "Dipende tutto da te e se lo vuoi ancora, scordatelo perché non ti porterà da nessuna parte." Jungkook osservò il viso scolorito e malinconico di Jimin che non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi e lo abbracció d'istinto. Sentí le braccia dell'amico cingersi lievemente al suo corpo e poi, puntualmente, una voce familiare schiarirsi la gola dietro di lui. "Cazzo." Sussurró sull'orecchio di Jimin. Conosceva fin troppo bene quel suono per confonderlo con qualcun'altro.

"Jimin, posso sottrarti un secondo Jungkook?" Chiese la stessa voce che Jungkook avrebbe potuto ascoltare per anni interi. Jimin si staccò immediatamente dall'amico e fece un piccolo inchino di fronte a Taehyung, guadagnandosi uno sguardo stranito da Jungkook. Taehyung gli sorrise dolcemente e restituì l'inchino in modo educato, poi rivolse gli occhi direttamente su quelli di Jungkook, fermi e decisi come un incendio in una foresta prosciugata della sua linfa. Jungkook sostenne il suo sguardo, seppur con difficoltà e un tremore che gli ricoprì le gambe e le braccia. "Puoi venire un attimo con me?" Gli chiese Taehyung con una voce molto più velata e suadente, per poi prendergli una mano e nemmeno aspettare la sua risposta. Lo trascinò come un sacco fino al corridoio dove, fortunatamente, non c'era nessuno, poi con uno strattone lo attaccò al muro, lo imprigionò tra le sue braccia e lo baciò sulle labbra: un bacio che era il risultato di una notte di sogni e poesie d'amore. In quel bacio Jungkook scoprì un lato di Taehyung che non sapeva esistesse, un lato rude, sensuale e passionale. La sua schiena era a contatto col muro freddo, le sue mani erano appoggiate ai fianchi del ragazzo e quest'ultimo continuava a premere e sfregare le labbra sulle sue come e fossero la sua ultima ancora di salvezza. Jungkook faceva fatica a seguire i suoi movimenti, sentiva un peso sullo stomaco e sembrava che gli fossero spuntate le ali. Una strana voglia di averlo più vicino si accese in lui come un fuoco dorato, brillante e completamente rivoluzionario. Schiuse le labbra, permettendo a Taehyung di avvicinarsi a lui e fondere le loro anime come solo lui sapeva fare, lo sentí approfondire quel contatto e buttare altra brace in quel fuoco indomato che ormai li stava consumando entrambi dall'interno. Il minore avvertì le mani dello stilista farsi strada sotto la sua felpa e dovette per un attimo prendere aria per sopportare tutto quello provava. Staccò le labbra dalle sue e sentì il cuore cadere in luoghi sconosciuti appena incontrò i suoi occhi. Riprese fiato, fece passare le mani insicure e tremolanti lungo tutto il torso del ragazzo, arrivando al collo e poi ai capelli, poi sorrise, percependo il calore dei corpi che inavvertitamente si avvicinavano l'uno all'altro. Taehyung gli restituì il sorriso, accarezzando la pelle dei fianchi da sotto la sua felpa, era talmente liscia e bollente che avrebbe voluto morderla e baciarla per tutta una notte. Jungkook riattaccò la bocca a quella dello stilista come se fossero calamite e reiniziarono a sussurrarsi segreti meravigliosi senza nemmeno il bisogno di dirsi una parola. Anche una singola notte lontani li rendeva invincibili. Si volevano a vicenda, si volevano così tanto da farsi male e Jungkook si chiese come diavolo avesse fatto a non rendersene conto prima. Aveva una voglia matta di dire quelle due parole, ma aveva anche paura, quella sarebbe stata un'altra delle sue prime volte. Taehyung rallentò i movimenti delle labbra su quelle del minore, evitando però di staccarle e Jungkook, sorprendemente, continuò a baciarle in modo così flemmatico da far sentire a Taehyung quanto amasse quel ragazzo. Era successo tutto così in fretta che la lentezza di quel bacio così suadente sembrava lacerarlo e far crescere dei fiori sulla ferita subito dopo. Quel ragazzo ora aveva il potere di fargli del male, esattamente come di fargli del bene, un bene che Taehyung non aveva mai sentito così in fondo. Il bacio si spense poco a poco, sembravano passati anni da quando avevano cominciato e Jungkook era convinto che fossero stati gli anni più belli della sua intera e giovane vita.

"E comunque, in tutto ciò, stamattina mi hanno chiamato dei clienti che vorrebbero cenare insieme a me e un accompagnatore, ti andrebbe di venirci?" Chiese Taehyung, continuando a stringere i fianchi di Jungkook ai suoi. Vide il volto del minore illuminarsi e un largo sorriso formarsi sul suo volto da bambino, gli occhi tondi erano contratti in una linea luminosa e i denti bianchi somigliavano ancora a quelli di un coniglietto. Taehyung avrebbe voluto baciarglielo quel sorriso, ma aveva paura di essere diventato ad un tratto troppo appiccicoso.

"Certo che ci voglio venire!" Esclamò Jungkook, con un tono esageratamente infantile e il sorriso che non sbiadiva dal suo volto. "E poi che onore andare ad una cena con lo stilista più bello e famoso di tutta la Corea." Disse poi, mordendosi l'interno guancia e aspettando che Taehyung lo baciasse di nuovo.

"Mi piace quando fai così." Disse Taehyung, passandogli un palmo delicato tra i capelli. Vide un sorriso formarsi involontariamente sul volto del ragazzo e lo baciò a stampo una seconda e una terza volta, mentre gli accarezzava dolcemente la schiena.

"Così come?" Chiese Jungkook, facendosi scappare una risata tra le parole. Le sue mani ovunque nel proprio corpo lo facevano sentire a casa, un calore inebriante e profondo che non aveva altra origine al di fuori di Taehyung.

"Ti mordi l'interno della guancia e poi ruoti gli occhi in un'altra direzione mentre sorridi." Spiegò Taehyung, purtroppo subito interrotto da un'altra voce che li fece immediatamente staccare l'uno dall'altro.

"Io lo sapevo!" Esclamò Rose, a pochi metri da loro, con il suo telefono in mano e indosso uno dei suoi completi monocolore. Taehyung si sentì morire, Jungkook non sapeva bene come sentirsi a vedere quella simpatica donnina sorridere brillantemente davanti a loro. "Da quanto tutto questo? Tesorini miei, siete così carini, sapete che me lo aspettavo proprio? This is wonderful!Amazing! Mesmerising!" La signora si mise a sboffonchiare ammirazioni nella sua lingua natia e Taehyung decise di mandarla via, per quanto fosse possibile.

"Okay, Rose, non lo dirai a nessuno, sono stato chiaro? Nessuno oltre a noi dovrà saperlo." Taehyung sembrava sconvolto, talmente tanto da far scandalizzare Jungkook. Iniziò a pensare che forse Taehyung si vergognava di lui, poichè era solo un semplice modello, ma forse erano soltanto sue paranoie che non avevano cima nè fondo. Insomma, perchè lusingarlo fino a quel punto se poi non voleva costruire qualcosa di importante con lui? Non aveva senso e non era affatto una cosa che Taehyung avrebbe potuto fare. Se lo ricordava, il suo sogno. Gli aveva detto che avrebbe fatto qualunque cosa per permettergli di essere felice... ma quello era stato solamente un semplice sogno che poteva non essere la verità. Jungkook voleva vivere di certezze e, per la prima volta nella sua esistenza, bramava ciò che non lo avrebbe fatto brancolare pigramente nel buio. Era abituato a lasciar correre, a non avere altro che i suoi dubbi, eppure con Taehyung voleva mettere le cose in chiaro il più possibile. Non voleva farsi scivolare il suo primo e unico amore come acqua sulla pelle. Difatti, appena Rose si fu incamminata fuori da quel corridoio, prese la mano di Taehyung tra la sua e lo avvicinò a sè. Stringeva con una sicurezza e una decisione che fecero quasi inquietare lo stilista.

"Perchè non vuoi che si sappia in giro?" Chiese semplicemente il moro, con un tono che faceva trasparire tutta la sua ingenuità, mentre teneva ancora stretta la mano del ragazzo che gli stava di fronte. La reazione di Taehyung fu composta da due fasi, la prima compiuta dalle sopracciglia che si corrucciavano e la sua espressione che si faceva lievemente più pensierosa, poi ci un lungo sospiro. Di quei sospiri composti da una risata di scherno auto-canzonatoria, i quali facevano capire che la colpa era solo la propria.

"Perchè io non sono ancora pronto a rivelare al mondo quello che sono. Perchè ho paura e sono un codardo." Successivamente ad aver notato il volto rassicurato di Jungkook, Taehyung si rese davvero conto del motivo di quella domanda. Riusciva a leggergli la mente, intendere gli sguardi e capirlo meglio di quanto facesse con se stesso. "No, tu non c'entri nulla, Jungkook." Il moro si sbalordì, colpito dal fatto che lo stilista avesse già compreso le sue paure. "Forse non hai capito una cosa." Sentenziò poi Taehyung, avvicinandosi a lui ancora un po', facendo combaciare le loro fronti. "Io ti amo." Disse quelle tre parole come se fossero state le più semplici e naturali del mondo, come se le sue labbra e la sua voce fossero state create apposta per plasmare quelle parole. Era la prima volta in assoluto che sentiva quella basilare frase provenire da un'altra bocca che la rivolgesse a lui, era la prima volta che si sentiva cedere le gambe sotto il peso astratto di una confessione ed era la prima volta che voleva ricambiare quel cuore col suo. Decise di donarlo a Taehyung, il suo giovane, piccolo cuore inesperto, che ancora bruciava di speranze per un mondo migliore e un amore travolgente come quello dei film. Taehyung gli affidò il suo, che era più simile ad un libro letto e riletto, pieni di tagli, strappi, pieghe e segnalibri che lo trafiggevano, a Jungkook e non gli importava quanto fossero impacciate le proprie mani, avrebbe fatto qualunque cosa per lui.

"Ti amo anche io."

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