♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vk...

By bisdrucciola

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"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le ste... More

✤ P R O L O G O ✤
family is where life begins and love never ends.
you'll regret someday if you don't do your best now.
kill 'em with success, bury 'em with a smile.
don't ever run backwards.
never work just for money or for power.
you can be the moon and still be jealous of the stars.
and then you came into my life.
i'm jealous. wanna know why? because we started as 'just friends' too.
love is both: how you become a person, and why.
can i be your lei-tsu?
i like people who shake other people up & make em feel uncomfortable.
heavy hearts don't have to drown.
kiss me until i forget the thought of somebody else near your lips.
you became one of my stories.
the tip of my finger is tracing your figure.
we're too young and immature to give up, you idiot.
i just want you to talk to me. tell me how you feel. about life. just talk.
i want you. all of you. on me. under me. tasting me. wanting me.
it hurts too good to say no.
the more i learn about you, the more i like you.
to die would be less painful.
do you think the universe fights for souls to be together?
life is not about hiding, life is about living.
there's nothing wrong with you.
i am desperately craving your lips.
a sea of whiskey couldn't intoxicate me as much as a drop of you.
i hope you can see me for what i am and continue to love me the same.
i've been holding back for the fear that you might change you mind.
i tried so hard to not fall for you, but then our eyes locked and it was over.
my heart's your home, no matter where you are, u'll always have a place to stay.
all my mistakes are drowning me, i'm trying to make it better piece by piece.
perhaps it's better this way.
he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".
i think i need you, and that's so hard to say.
tell me pretty lies, tell me that you love me, even if it's fake.
how can i look at you and feel so much happiness and sadness all at once?
i've hella feelings for you, but i'm so fucking scared.
you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.
one of the hardest battles we fight is between what we know and what we feel.
he dreams more often than he sleeps.
mommy, daddy, don't you know? You lost your daughter years ago.
ça ne casse pas trois pattes à un canard
i wanna feel you in my veins.
as humans we ruin everything we touch, including each other.
I just wish i could lose this feeling as fast as i lost you.
look at your cuts. each one is a battle with yourself that you lost.
in the end, we'll all become stories.
And he dreamed of paradise every time he closed his eyes.
un piccolo regalo...
you're burning inside of me and i'm still alive in you.

lips so good i forget my name.

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By bisdrucciola


"Signori e Signore, benvenute e bentornate alla seconda parte della sfilata. Vi ringrazio per essere venuti ad assistere alla presentazione della mia nuova nuova collezione e a quella dei miei cari colleghi." Taehyung era salito su quella passerella con il sangue che gli ribolliva nelle vene. Fare quegli scalini era stata per lui una grande sfida, che solo Jungkook e gli altri avevano alleggerito un po'. Era in parte grazie a loro che aveva trovato il coraggio di sormontare quelle tre scale le quali, ai suoi occhi, con un anima così pesante, facevano parte di una montagna insormontabile. Jungkook gli aveva detto quelle cose e Taehyung ne aveva fatto uno dei suoi tesori più grandi e preziosi. Ma ora era lì come un agnello al macello, così debole contro le luci accecanti dei riflettori che gli scaldavano il volto e gli infastidivano la vista. Sembrava fosse sopra quel palco da lunghissime ore, tutto fluttuava in una lentezza avvenente, i movimenti che accadevano tutti intorno a lui sembravano flemmatici e pesanti, Taehyung non riusciva a capire cosa provasse, poiché la foga e i nervi a fior di pelle gli impedivano di reagire a qualunque stimolo. I volti delle persone sotto di lui lo fissavano con occhi famelici, alcune ragazze ridevano e facevano apprezzamenti, Namjoon con altrettanti fotografi scattava foto a lui e alla location. I suoi polmoni smisero di lavorare, la gola si chiuse e la saliva gli si seccò in bocca, lasciando una conca di sale asciutto che prima era un mare pieno di parole. La sua mente era in blackout. Cosa avrebbe detto a tutte quelle persone? Doveva o no far capire che era stato ingannato? Aveva solo una risposta in quel momento: voleva scappare? Sì, con tutto se stesso. Arrendersi non era mai stata cosa adatta a lui, ma quella sera, davanti ai suoi sponsor per la promozione mondiale, davanti ai suoi potenziali acquirenti, di fronte e così vicino al suo obbiettivo, aveva paura. Aveva una paura che le gambe non potevano reggere. un'ansia e un'irrequietezza così forte, così presente e così marcata che gli toglieva il respiro. Gli occhi lunghi e sfumati con un ombretto dai toni scuri del bronzo guizzarono dai fari, ai volti, alle sue scarpe di pelle nera opaca. Se fosse scappato, se solo avesse mosso quei piedi fuori da quel palco, tutto ciò che aveva fatto e sacrificato sarebbe andato in fumo, tutte le persone che avrebbe deluso tutte le brave persone che aveva sulle spalle, poiché il suo lavoro era anche il lavoro di Yoongi, di Jin, di Namjoon e di Hoseok. All'università, un giorno, aveva lavorato per tutta la notte a due bozzetti di disegno creativo e tre di design, entrambi gli fecero guadagnare eccellenti voti sotto lo sguardo furioso di Lalisa, una compagna di facoltà superficiale ma furba come una volpe. Taehyung si sentiva in trappola, non poteva chiamare il suo avvocato, ma doveva assolutamente cercare di prendere quei voti eccellenti anche in quella situazione. Era difficile, però, prendere ottimi voti nel gioco della vita, quella ti scombina il disegno prima che tu possa finirlo. Ma almeno doveva provarci a non mandare all'aria tutto. E poi, c'era Jungkook a guardarlo da dietro le quinte. Appena pensò a quest'ultimo particolare alzò la testa e sentì una vampata di calore prenderlo alla sprovvista, e non solo, avvertiva anche i due occhi vivaci e grandi che puntavano dietro la sua schiena come lance. Si morse il labbro automaticamente e si ricordò delle parole di Jungkook, le parole più belle e sincere che gli avesse mai rivolto. «Io credo in te.» gli aveva detto, ed era vero. Taehyung chiuse la mano in un pugno così forte da sentir le unghie premere sulla pelle e reciderla sulla superficie. "Sono qui oggi per presentarvi un argomento già ripreso in questa gradevole serata, ossia l'arte. L'arte oggi può presentarsi in varie forme, dalle più classiche, come i quadri o le poesie che noi tutti amiamo, oppure in bizzarre sculture di spazzatura e in testi di canzoni. Io sono convinto, questo proposito, che l'arte comprenda anche la moda. In qualche modo, quando un'idea viene portata ad un concetto e il concetto in espressione creativa, già si potrebbe chiamare arte. E io penso che la moda sia questo. E non è finita qui, io, e credo anche i miei colleghi, riceviamo ispirazione dal mondo esterno esattamente come Monet era solito dipingere en plain-air durante il movimento dell'impressionismo, oppure altri possono riflettere nelle proprie creazioni una parte di loro stessi, uno specchio dei loro sentimenti, come faceva Van Gogh. L'arte, nel passato e nel presente, può o poteva avere dei dettami precisi, poteva essere funzionale a qualcosa, criticare questioni politiche e addirittura protestare contro temi civili. Ma tutto questo dipende dall'artista, e sono del parere che noi stilisti potremmo essere considerati artisti, la maggior parte delle volte. Abbiamo fogli, pennelli, matite, conoscenza e creatività, le nostre opere e creazioni sono destinate ad un pubblico e nel momento in cui ci sono portate via, é come se ci portassero via una parte di noi. Per questo, questa sera, signori e signori, vi invito caldamente a riflettere su quanto sia importante l'arte per il suo artista, al sudore, al lavoro, alle riflessioni che sono state assorbite da quel quadro, scultura, disegno e capo d'abbigliamento. E sopratutto, su quanto sia subdolo depredare qualcuno della propria creatività e lavoro per scopi di lucro. Grazie mille per l'attenzione." Uno scroscio di applausi invase la stanza, alcuni volti si erano già illuminati alla vista di un ragazzo così giovane, bello ed intraprendente. Namjoon aveva ascoltato con un gran sorriso ogni singolo commento degli uomini accanto a lui che esclamavano "e niente, Kim Taehyung è sempre una promessa!" E un altro, "Non vedo l'ora di vedere cosa si è inventato stavolta." E un altro ancora. "Questa collezione promette già bene, credo che questa volta la farò prendere dai miei stabilimenti in Francia." Namjoon sorrise anche di più, continuando ininterrottamente a fotografare il suo capo, il quale aveva catturato completamente l'attenzione di tutti adattando perfettamente il suo discorso d'esordio con la sua spiacevole esperienza. Aveva parlato senza fermarsi un secondo, quando si trattava di parlare era infatti un portento, Kim Taehyung, ma la situazione non cambiava. La sua collezione non sarebbe sembrata innovativa, dato che tutti l'avevano già intuita sotto un altro nome. Al contempo, era ancora fiero di se stesso per aver improvvisato parole così importanti in poco tempo e non era il solo ad essere compiaciuto. Jungkook lo guardava da dietro le quinte come se fosse l'ultima pagina del suo fumetto e l'eroe si fosse salvato da un punto di morte cruciale. Ogni sua parola gli pareva una bellissima sorpresa, ogni sua frase un viaggio mozzafiato verso la tranquillità assoluta della sua voce. Avrebbe voluto abbracciarlo una volta tanto, giusto per alleviare quel nervosismo che anche se non si notava, c'era eccome. I suoi occhi erano riusciti più volte ad individuare il profilo dello stilista, perfettamente illuminato dalla forte luce, sembrava un quasi un angelo, così bello da togliere il fiato. Il completo bianco e nero gli fasciava il corpo come una muta, sembrava che fosse nato con quello smoking addosso e quella fosse la sua vera pelle. I suoi occhi cominciarono ad inumidirsi un po' dato il troppo tempo che li aveva tenuti aperti per osservare lo stilista parlare e improvvisamente comparirono sulle pupille nere quelle preziose stelle luminose che a Taehyung piacevano tanto.

"Brillante, eh?" Chiese Jimin, mentre scrutava minuziosamente la scena davanti a lui, ovverosia il palco illuminato e lo stilista nel mezzo. Aveva ascoltato tutto il suo discorso pensando che quel ragazzo aveva davvero un enorme talento con le parole. Aveva capito che aveva improvvisato e dovette ammettere che era stata un'eccellente improvvisazione, senza contare anche che aveva rapito la maggior parte degli spettatori. Jungkook si limitò ad annuire in risposta, evitando di staccare gli occhi dalla figura in smoking che ora si dirigeva verso di loro con un sorriso consapevole del suo meritato e ammezzato successo. Taehyung, come ogni volta, guardò il volto di Jungkook per farsi coraggio mentre ritornava nel suo giaciglio di tende e poi notò i suoi grandi occhi pieni di luce.

Una volta arrivato vicino alle tende, annunció il ballo di apertura di Hoseok che aveva preparato una danza libera, la quale riprendeva varie pose di quadri celebri combinate con mosse di danza contemporanea. Hoseok era vestito con un completo molto semplice che gli facilitava i movimenti durante il ballo, Taehyung glielo aveva fatto su misura proprio per quello scopo. Lo stilista lo guardava estasiato, come succedeva alla maggior parte delle persone che vedeva il ragazzo dai capelli rossi ballare. Era come se non ci fosse più traccia dell'impacciato e goffo ragazzo dal tono di voce troppo alto, come se fosse scomparso appena la musica si fosse accesa. La mascella contratta, gli occhi semichiusi quando i movimenti rallentavano e lo sguardo serio e concentrato appena questi ultimi acceleravo, i capelli che sfarfallavano qua e là come una simpatica e traballante fiammella erano per Taehyung dei segni che potevano appartenere solo a Jung Hoseok.
Era un ballerino di strada prima dell'incontro occasionale con lo stilista. Aveva fatto una scuola di danza contemporanea, ma non era riuscito a trovare lavoro, quindi viveva con la nonna e ballava con una banda hip-hop per vivere. Poi un giorno d'estate, Taehyung aveva deciso di passare proprio in quella via, che era la più ombrosa e fresca della zona. Fu in quel modo che riuscì a notarlo e, di conseguenza, far scivolare un biglietto da visita di V's con su scritto "per il ragazzo dai capelli rossi". Da quel punto in poi, Hoseok era diventato il ballerino dell'azienda per ogni sfilata. Una volta che il ragazzo ebbe finito, Jungkook, Jimin, il resto degli stilisti e il pubblico erano rimasti tutti senza fiato. Un grande applauso fece sorridere Hoseok, il quale architettó un lungo e profondo inchino e successivamente si rifugiò nuovamente tra le tende. Taehyung lo seguí e il moro vide che gli aveva appoggiato una mano sulla spalla, sorridendogli. Non riusciva a sentire ciò che gli diceva, ma qualcosa in lui fremette. Poi lo stilista si voltò e iniziò a dirigersi verso di lui e Jimin, quindi lo osservó camminare e ammiró il modo in cui la stoffa nera gli avvolgeva il bacino.

"Come sono andato?" Chiese, sorridendo a mezza bocca e incrociando le braccia non troppo dure al petto, come se si volesse proteggere ma senza la minima volontà di farlo. I capelli di Taehyung erano ordinati sulla fronte, i suoi occhi erano rimasti sempre con lo stesso taglio fine e sensuale, la sua bocca grande, carnosa e rosea era per Jungkook un regno attraente ed inesplorato.

"Benissimo, hai seguito il mio consiglio, alla fine?" Jungkook voleva credere che Taehyung avesse pensato a lui durante quel discorso, gli serviva disperatamente.

"Mi sono impegnato per te e per tutti loro, Jungkook. Volevo mollare, ma quando..." Abbassò la voce, in modo che Jimin, la quale attenzione era ora catturata dai primi modelli che iniziavano a sfilare per V's, non lo sentisse. "...quando ho pensato che tu mi stavi guardando, mi sono sentito in dovere di portare avanti il mio lavoro. Le tue parole sono quelle che mi hanno rassicurato, grazie Jungkook." Il suo viso era ad una distanza riguardevole, ma Jungkook riuscì lo stesso a sentire le vampate di calore che iniziavano e terminavano nel suo corpo a causa della vicinanza apparente del ragazzo.

"Non c'è di che." Si limitò a dire, guardandosi le scarpe di pelle. E fu in quel momento che le parole di Taehyung lo aiutarono a svolgere anche il proprio lavoro, facendoglielo svolgere con maestria, come sempre. In quella passerella si sentiva a casa, gli occhi puntati addosso passavano in secondo piano qualora pensava a Taehyung e i suoi pensieri avevano ormai creato una sorta di camera dei tesori con le immagini del suo volto e del suo corpo scrupolosamente custodite all'interno. Vide per un attimo Namjoon che si muoveva lungo tutta la lunghezza del défilé per scattare le sue foto, insieme ad altrettanti fotografi che si occupavano dell'evento. I vestiti che indossava gli calzavano a pennello, li sentiva strusciare sulla pelle ad ogni passo trasferendorgli una bella sensazione dai lati gradevolmente lisci e morbidi. Tutti se ne accorsero. Le stoffe di V's non potevano essere imitate nè tantomeno esser rifatte in serie. Lo stile degli abiti, la minuziosità delle cuciture, i colori unici e la brillantezza naturale della seta e del velluto non poteva essere eguagliata in nessun modo. Ecco cosa la BlackPink Maison non aveva calcolato. La qualità contava eccome in quell'ambiente.

Jimin aveva già sfilato con tutti i suoi completi, fedele al suo corpo e consapevole della sua fiducia in se stesso. Evitava in tutti i modi di pensare a Yoongi, non voleva che tutto ciò che avevano costruito crollasse così brutalmente e non voleva perdere quel volto diafano e perfetto. Lo scorse tra altri modelli a spiegare qualcosa che il biondo non riuscì a captare. Già cominciava a mancargli tutto, voleva altre sere come l'ultima sera, voleva le sue mani che accarezzavano dolcemente il suo corpo, la sua voce che lo rassicurava, le gambe che si attorcigliavano sotto le coperte, le labbra che talvolta sfregavano sulle sue; lo voleva sentire premere e spingere dentro di lui ancora e ancora in un circolo vizioso di dolore e piacere che ogni volta lo portava più vicino al paradiso e poi direttamente all'inferno. Ma non riuscì a fare un passo verso di lui, che immediatamente sentiva qualcosa bloccarlo, trattenerlo e inchiodarlo al pavimento lucido. Guardò il viso pallido, privo di ombre e simile a quello di un bellissimo angelo di Yoongi, le labbra rosa che si muovevano delicatamente, sporgendosi leggermente in avanti e sottolineando la presenza di un archetto di cupido arcuato, quasi vicino alla forma di un cuore stereotipato. La linea delineata della mascella e il collo lungo e candido che Jimin desiderava, in quel momento, baciare e toccare. Mentre gesticolava, il biondo notò le maniche della giacca che si alzavano leggermente, ma che poi tornavano velocemente al loro posto, a coprire quei segni del tempo e di dolore. Ripensò a ciò che aveva visto, si figurò di nuovo quella cicatrice che contrastava sul polso liscio e striato da vene bluastre e sentì qualcosa nel suo corpo pulsare violentemente. Quella cicatrice poteva voler dire tutto e niente, ma Jimin desiderava sapere. Sapere cosa l'aveva causata, spogliare Yoongi delle sue paure e poi farsi spogliare delle sue, perché solo una volta che si rimane nudi con i vestiti addosso si riesce a scalfire la polpa, l'anima e la vera essenza dell'uomo stesso. Decise così di non arrendersi e di continuare a lottare fino alle strenue forze e forse anche di più, fino a stramazzare a terra senza più speranze né riscatto. Ricominciò a camminare verso di lui con decisione e quest'altro, accorgendosene, lo guardò di sbieco per poi tornare a parlare.

"Yoongi, è importante, ti devo parlare." Ebbe il coraggio di dire, avvertendo i piedi ben piantati a terra. I modelli con cui il maggiore stava parlando avevano gli occhi puntati su Jimin, fatto che lo fece sentire alquanto a disagio.

"Dopo."
"No, adesso."
"Adesso non posso."
"Yoongi." Jimin gli afferrò un polso a tradimento e lo strinse. "Adesso." Lo guardó negli occhi, deciso che parlargli fosse una questione di vita o morte. I muscoli del ragazzo si irrigidirono appena sentí la mano di Jimin chiudersi attorno al polso e la sua espressione si fece più dura e cupa. "Va bene." Gli rispose freddamente, lasciando i modelli straniti e sbigottiti davanti a quella scena. Jimin lo trascinò lungo tutto il tendone, come se avesse paura che scappasse via da lui da un momento all'altro e poi si piazzò in un angolo, lontano da occhi indiscreti e curiosi.

"Fai in fretta, ho del lavoro da fare." Gli disse Yoongi freddamente, anche se in realtà avrebbe voluto solo abbracciare il ragazzo con il quale si ritrovava faccia a faccia. Desiderava stringerlo, benché le sue braccia avessero troppe spine.

"Ho bisogno di sapere più cose su di te, ho bisogno di spiegazioni." Replicò semplicemente Jimin, facendo scivolare le mani dai polsi ai palmi e poi dai palmi alle dita, intrecciandovi insieme le sue. Lo guardava fisso negli occhi, ora sapeva reggere quello sguardo scuro con talvolta dei guizzi di luce nascosti tra le pieghe di anima corrotta.

"Non c'è bisogno che tu sappia nulla, non avresti dovuto vedere ciò che hai visto e io non ti devo spiegazioni." Yoongi regoló il tono con grande difficoltà, cercando di riordinare i suoi pensieri e i vari impulsi che il suo corpo inviava. Si sentiva come tradito dalla sua pelle, dai segni che lui stesso si era fatto, i vestigi risultanti dal suo passato.

"Non ho detto che mi devi spiegazioni, ho detto che ne ho bisogno." Lo pregò Jimin, senza staccare le piccole mani dalle sue. "Perché sono pazzamente, profondamente e veramente innamorato di te e qualunque cosa ci sia dietro quella cicatrice, prometto di accettarlo e di aiutarti." Jimin non era sicuro delle sue parole, le sue mani incerte tra quelle bianche e lisce del maggiore iniziavano a tremare e le labbra a fremere.

"Ti avevo detto di non innamorarti di me, di reprimerlo e nasconderlo, ma hai deciso il contrario e io non posso farci niente." Dalle labbra di plastica di Yoongi uscì puro ghiaccio che infilzó il cuore di Jimin come coltelli da carne. "Mi dispiace, Jimin." Continuó poi, cercando di slacciare le mani da quelle del biondo, il quale glielo impedì certosinamente.

"Il fatto è che non riesco a stare senza di te, non riesco a smettere di pensarti, di evocarti e di amarti. Io ci ho provato, davvero, ma non ce la faccio." Jimin cominciò a perdere fiducia e ad allentare la presa gradualmente, mentre alcune lacrime cominciavano a bagnargli gli occhi grandi e scuri come il caffè. "Yoongi, perché mi sembra che tu stia andando via da me come se niente fosse?" Chiese, quasi piangendo.

"Perché lo sto facendo." Rispose freddo l'altro, che ebbe campo libero per staccare le mani da quelle ancora piú deboli di Jimin. "Non devi assolutamente conoscere quella parte di me." Sussurró, guardando l'anima di Jimin che si contorceva di dolore tramite i suoi occhi lucidi. Voleva proteggere se stesso, aveva paura, e la paura non gli aveva mai permesso di fare le scelte giuste. Jimin non avrebbe mai dovuto scoprire quel lato oscuro della luna, mai avrebbe dovuto accorgersi della sua estrema debolezza e vigliaccheria.

"Ti prego, dimmi che me lo dirai. Non importa quando, dove o perché, dimmi che ho ancora una possibilità." Lasció districare una lacrima tra le lunghe ciglia, permettendole di scivolare lungo la pelle morbida dello zigomo. Guardó Yoongi allontanarsi, osservarlo appena pronunciate quelle parole e poi girarsi di nuovo senza aver proferito parola. Jimin memorizzó la sua ultima espressione impassibile. Lo guardava con gli occhi spenti, all'interno di essi non riusciva a scorgere nemmeno la minima reminiscenza di luce e la pelle stava scomparendo sotto un manto di mestizia.

"Non te lo posso promettere." Replicò tanto flebilmente che dubitó che il biondo l'avesse udito, ma fortunatamente era così. Non poteva dirgli un "no" netto, non poteva nemmeno dirgli "sí" di sicuro, non poteva, come sapeva, dargli nulla di ciò che meritava. Era la fine. A Jimin scese l'ultima lacrima, poi più nessuna.

Qualche manciata di minuti dopo che Jimin si fosse rimesso in sesto, con un dolore che gli bucava il petto e gli occhi che si inumidivano al solo pensiero di Yoongi, allora decise di tagliare fuori ogni cosa. Era giunto al capolinea, non lo sopportava più, la fune su cui stava camminando era diventava la lama di un coltello e gli aveva tranciato i piedi; e con loro tutto l'amore che gli rimaneva da dare. Lasció andare Yoongi come nel tiro alla corda, prima la tiri con tutta la forza che ti rimane in corpo, provi dolore ai palmi, ti vengono i calli e i tagli sulle dita, poi la lasci andare cadendo all'indietro e facendoti anche più male. Un tonfo sordo, una scossa che sconvolge tutto. Sentì la voce di Jungkook chiamarlo per guardare la chiusura della sfilata con lui, dove tutto lo staff di V's doveva presentarsi sul palco con vari altri stilisti famosi e stringersi la mano, salutando tutti i presenti. Nelle orecchie del biondo, però, i suoni sembravano tutti ovattati e soffocati da una benda di cupezza. Jungkook aveva notato quanto Jimin sembrasse sconvolto e gli aveva messo una mano intorno alle spalle per confortarlo per qualcosa di cui non sapeva nulla, non rispondeva e non parlava, Jungkook si preoccupò a morte.

"Jimin, che è successo?" Gli chiese per l'ennesima volta.

"Jungkook, ho bisogno di parlarti il più presto possibile." Sussurró Jimin che ormai si era arreso. Non riusciva a tenersi dentro tutto ciò che provava, tutto ciò che aveva passato.

"Parlami adesso, allora." Lo pregó Jungkook, facendolo sedere su uno sgabello trovato di fortuna sotto il loro gazebo. Gli accarezzó le guance solcate dalle lacrime e gli portò via un po' di trucco per asciugargliele.

"Non posso." Rispose l'altro senza più alcuna volontà nemmeno di parlare.

"Va bene, allora stanotte stai a casa mia e ne parliamo, però adesso non ci pensare e andiamo a vedere la chiusura, okay?" Chiese Jungkook come se il suo migliore amico fosse ringiovanito di quindici anni improvvisamente.

"Okay." Replicò Jimin impassibile.

Taehyung sentì di nuovo il pavimento di quella passerella sotto i piedi, ma non era più lí sopra da solo. Lo accompagnava la sua troupe, altri cinque stilisti di fama nazionale e le parole di Jungkook che gli risuonavano ancora in mente. Che strano, nessuno aveva mai avuto così tanto potere nella sua vita, nessuno era mai riuscito a non farlo pensare ad altre brutte cose oltre ad un volto specifico, quello di quel ragazzo giovane e dai capelli neri.

"Benissimo, cari ospiti! Siamo giunti alla fine dello spettacolo." Esclamò Taehyung con un sorriso moderato in volto, dopo che uno scroscio di applausi lo aveva accolto sul défilé. "Qui ci sono gli stilisti che hanno presentato i loro lavori quest'oggi e vorrei che faceste un applauso a chiunque abbia aiutato realizzare tutto questo. Inoltre vorrei io ringraziare di cuore la mia troupe, poiché non potrei assolutamente chiedere di meglio! Grazie mille Kim Seokjin, Min Yoongi, Kim Namjoon, che ci raggiungerà tra un minuto, e Jung Hoseok. In aggiunta, vorrei congratularmi ed esprimere altrettanta gratitudine ai nostri due modelli copertina, Jeon Jeongguk e Park Jimin." Altri secondi pieni di applausi riempirono la stanza come cascate e poi tutto restó nuovamente in silenzio. In quel frangente, una figura alta, magra e slanciata fece il suo ingresso sulla passerella con una camminata abbastanza nervosa. Era Namjoon che si dirigeva deciso verso Jin come se dovesse dargli la notizia più importante del mondo. Si mise proprio di fronte al ragazzo più grande, il quale lo osservò interrogativo, con un sopracciglio alzato e un sorrisetto abbastanza inquietato. Namjoon spostó nervosamente il peso da un piede all'altro e Taehyung, con un enorme sorriso, gli prestó il microfono. Tutti si domandarono cosa avesse da dire di così importante un fotografo, compreso Jungkook. Jimin si disconcentró completamente da tutto ciò che era successo con Yoongi e stette a guardare quella inaspettata scena in silenzio.

"Buonasera a tutti..." Disse Namjoon e il microfono stridette fastidiosamente, facendo corrucciare i volti di tutti. "Oops, scusate. Dicevo ...buonasera." Jin rise, poggiandosi una mano sul volto e chiedendo a se stesse cosa diavolo volesse fare il suo ragazzo. "Oggi é un giorno abbastanza importante per tutti... almeno credo, ecco." E gli cadde il microfono dalle mani indugianti e lievemente tremanti. A tutti scappó una risata tranne che a Taehyung, il quale lo guardava con un sorriso ampio e tenero, come se gli donasse dolcezza. "Okay, perdonatemi di nuovo." Gli schiarì la voce. "Insomma, dicevo, è un giorno importante per tutti e penso che vi siate accorti, inutile che lo ripeto." Jimin corrucciò le sopracciglia divertito, Jungkook ne tenne una alzata per capire dove stesse andando a parare quel discorso così goffo. "Il mio quasi-fratello Taehyung rilascia la sua collezione, compresa di tutto il lavoro della sua troupe ovvero Kim Seokjin e Min Yoongi, e poi... ci sono io." Allargò le braccia e sorrise sommessamente. "Per me, oggi è una notte davvero davvero importante perché ho intenzione di fare una cosa che cambierà completamente la mia vita." E a quelle ultime parole, sorrise in modo più convinto, facendo comparire delle fossette sui lati delle guance. Il respiro di Jin cominciò a farsi pesante appena notò che il suo ragazzo si era girato di fronte a lui, ancora con il microfono tra le mani. "Qui di fronte a me, in questo momento, c'è il mio migliore amico, colui a cui potrei affidare ogni cosa, compresa la mia stessa vita; colui con cui posso ridere e piangere, litigare e fare pace; qui davanti a me stasera c'è la persona che amo più al mondo." Jin si poggió una mano sopra le labbra appena Namjoon si mise in ginocchio davanti a lui, o meglio, davanti a tutti coloro che li stavano guardando a bocca aperta. Gli occhi gli si inumidirono e una lacrima improvvisa e silenziosa gli solcó una guancia. Taehyung cominciava già ad avere le vampate di calore, Yoongi era sotto shock, Jimin sorrideva ampiamente proprio come Jungkook. "Jin, tu sei la persona più importante della mia vita, sei colui che nonostante tutto quello che ho combinato c'è stato ed è rimasto al mio fianco per sette lunghi anni di convivenza. Ti prometto che anche io continuerò a fare lo stesso, sopporterò la tua ossessione per i vestiti costosi e per il lavoro, ma adesso io ti sto chiedendo di continuare ad accettare ed amare tutti i miei numerosi difetti per il resto della mia vita." Jin rise sotto il palmo e un'altra lacrima di fece strada sul suo viso. Namjoon prese la mano rimasta libera, la sinistra, e la strinse. "Kim Seokjin, sei disposto ad accettare il mio viaggio a Parigi e restare al mio fianco finché morte non ci separi?" Gli occhi luccicanti di Namjoon erano fissi su quelli ormai bagnati di lacrime di Jin, erano il suo tesoro più grande, la più soddisfacente delle ricompense.

"Sí, Namjoon, sì che lo voglio." Sussurró Jin cominciando a piangere tutte le sue lacrime, mentre Namjoon gli infilava un anello all'anulare sinistro. Tutto il pubblico era senza fiato, con gli occhi che uscivano fuori dalle orbite, Taehyung dovette trattenersi dal piangere, Yoongi faceva fatica ad evitare di sorridere e cedette completamente a quella sensazione, iniziando lui stesso a battere le mani. I due ragazzi si abbracciarono fino a togliersi il respiro sopra quel palco, il pubblico si era alzato in piedi e stava esultando, i fotografi fotografavano come se fosse iniziata la fine del mondo, Jimin e Jungkook sorridevano e si chiedevano continuamente se stesse davvero accadendo una cosa tanto meravigliosa. Jin era avvinghiato a Namjoon come se fosse l'unica roccia che gli impediva di cadere nel vuoto. Piangeva sulla sua spalla, singhiozzava perché non poteva contenere tutta la gioia che provava nell'abbracciare quello che sarebbe diventato suo marito. Ne avevamo passate di tutte insieme, avevano rispettato ed accettato i lati oscuri di entrambi e ogni volta si erano amati anche più di prima. Il maggiore stringeva la stoffa sulla schiena di Namjoon così forte da temere di strapparla da un momento all'altro e sentiva lo stesso profumo familiare che aveva sentito in sette anni senza mai stancarsi. Era il suo uomo e nessuno glielo avrebbe mai portato via. "Ti amo, Namjoon, ti amo tantissimo." Gli sussurró all'orecchio con voce rotta. "Voglio amarti per sempre, non lasciarmi mai." Namjoon si staccó da lui con il suo sorriso ampio e contagioso, che riusciva ad illuminargli tutto il viso.

"Sei matto? Ti ho appena chiesto di sposarmi, perché dovrei lasciarti?" E si avvicinó piano al suo volto, attento a non fare male a ciò che aveva di più prezioso. Toccó i capelli rosa dietro la nuca di Jin, percependoli morbidi e setosi sulle dita come era sempre stato. Namjoon aveva sempre amato ogni singolo dettaglio di Jin e Jin ogni singolo dettaglio di Namjoon. Era più grande di loro, qualcosa che li travolgeva e che li faceva fluttuare leggeri sul nulla, sollevati da qualsiasi si cosa, quello era il loro amore. Appena le loro labbra si toccarono sotto la luce dei riflettori, entrambi ebbero un brivido, come se si baciassero di nuovo per la prima volta, come se le loro bocche gli risultassero ancora inesperte e inesplorate. Iniziarono a muoverle come se fossero in un deserto alla ricerca dell'acqua, come se fossero in un oceano alla ricerca della terra. Quel bacio non era un lusso, era una necessità, un bisogno. Era casto e soffocante al contempo, erano quei baci che solo loro sapevano concedersi. Jin sorrise sulle labbra del suo ragazzo, ormai marito, e portó le mani sulle sue guance, per poi passarle sul collo per accarezzarlo. Taehyung li guardava con un largo sorriso e una mano sul petto, Namjoon gli aveva già detto cosa avesse intenzione di fare quella sera e Taehyung glielo aveva permesso ad occhi chiusi. Quei due avrebbero dovuto sposarsi dal primo momento in cui si erano visti. Yoongi ormai aveva abbandonato le sue solite sembianze e si limitava a sorridere dolcemente. Jimin non riusciva a vederlo, poteva scorgere solo la sua figura di schiena, completamente avvolta di un nero pece. Jungkook aveva una mano sotto il mento e sorrideva senza nemmeno rendersene conto, una specie di ebete che si meravigliava per una cosa bellissima che non capiva. Solo un pensiero fu capace di risvegliarlo dalla sua assenza mentale, il fatto che vedere Jin e Namjoon che si baciavano non gli recasse il benché minimo fastidio. Strinse il pugno, i suoi dubbi erano stati involontariamente soddisfatti, la domanda a cui non aveva risposto aveva trovato la sua risposta da sola. Non era l'omosessualità di Taehyung che gli faceva provare quelle sensazioni strane, era Taehyung e basta. Si era innamorato di Taehyung. E adesso non aveva più alcuna questione irrisolvibile alla quale rispondere. Si era innamorato di Taehyung.

"Jungkook!" Ed ecco che puntualmente il ragazzo arrivava sorridente e saltellante verso di lui. Truccato era anche più bello, sempre se fosse possibile. Di solito, non lo vedeva mai con del trucco addosso, ma in quel momento Taehyung indossava un po' di mascara sulle ciglia inferiori, dell'ombretto bronzo all'estremità degli occhi che li rendeva ancora più lunghi e taglienti. Sulle labbra portava un burro cacao che le rendeva lucide e morbide e Jungkook si rese conto che la sensazione che sentiva nel petto lo incitava a toccarle. I suoi occhi erano così meravigliosamente accattivanti che ogni volta che li vedeva Jungkook non riusciva a staccarseli di dosso. Il suo volto era liscio e levigato grazie al fondotinta e il naso risultava anche più perfetto di quanto lo era sempre stato. Jungkook si alzó dallo sgabello su cui era seduto e Jimin lo guardó interrogativo. A Jungkook piaceva stare alla stessa altezza di Taehyung, lo faceva sentire meno ingenuo. Lo stilista era più alto di lui di uno o due centimetri, una differenza impercettibile tanto da far restare comunque i loro volti sullo stesso medesimo piano. Jungkook gli sorrise imbarazzato, come se Taehyung potesse vedere ciò che aveva compreso quella sera, ovvero che quando lo guardava il battito del suo cuore aumentava e le sue gambe si facevano improvvisamente più deboli. "Che ne dici? Ci facciamo una passeggiata insieme per rilassarci, mentre aspetto che il mio avvocato mi richiami?" Chiese lo stilista leggiadramente, con un sorrisetto a labbra serrate che gli rendeva il volto un insieme dolcissimo.

Jungkook ci pensó un attimo. Non poteva certo lasciare solo Jimin che stava male per qualcosa di cui non voleva parlargli, ma al contempo desiderava con tutto se stesso rimanere solo con Taehyung. Diede uno sguardo al suo amico che teneva la testa appoggiata sul palmo della mano e gli andò vicino per un attimo. "Jimin, vado un attimo con Taehyung. Stanotte dormi da me così mi parli di tutto, va bene?" Chiese, sperando che il biondo non si offendesse, o peggio, non gli raccontasse più nulla di ciò che l'aveva sconvolto a tal punto da farlo rimanere così male.

"Vai, vai, non preoccuparti per me." Lo tranquillizzó Jimin con un gesto noncurante della mano. Non riusciva a sorridere, erano troppi i pensieri che gli affollavano la mente e aveva un bisogno struggente di rivelare tutto a qualcuno.

"Sì, ma promettimi che stanotte mi dici tutto." Lo pregó Jungkook, appoggiandogli una mano sulla spalla per fargli forza. "Ci vediamo al parcheggio, dopo domani mattina ti riaccompagno qui per riprendere la macchina, ok?" Chiese, sorridendo per calmare l'amico. Jungkook aveva una cura materna quando vedeva che a Jimin andava storto qualcosa. Non che ci facesse apposta, ma era qualcosa che riusciva a condizionare abbondantemente il suo comportamento e cambiare i suoi modi di fare. Di solito era schietto e realista, però con Jimin che si sentiva triste riusciva a riempirlo e farcirlo di speranza come un tacchino a Natale.

"Certo, ti aspetto, allora." Jimin sorrise a mezza bocca, un sorriso che sembrava carico di una malinconia che era dura da tener dentro. Jungkook lo capì al volo, gli diede una pacca leggera sul braccio e gli voltó le spalle con il senso di colpa che cominciava ad arrivare. Non c'è nulla di più lacerante, divorante, trafiggente e irrisolvibile del senso di colpa. Ti divora dall'interno e non puoi fare assolutamente nulla per impedirlo. Jungkook chiuse gli occhi, ridusse le labbra in una linea sottilissima e si rigirò verso di lui.

"Senti, sei sicuro che non devo restare qui con te ancora un po'? Basta che me lo dici e io rimango, Chimmy." Gli disse Jungkook, che proprio non riusciva a vederlo in quello stato.

"Tranquillo, Jungkook, vai con Taehyung, devo un attimo riordinare la mia testa, adesso. Da solo." Ed era vero. Jimin doveva capire delle cose, non sapeva esattamente cosa, ma l'idea di avere altre cose da comprendere, da valutare e da ragionare lo rassicurava. Non è tanto il percorso che fa paura alla gente, è quando si sa che qualcosa di estremamente bello è ormai finito e irrecuperabile che compare la vera paura.

"Va bene, ci vediamo tra poco, stammi bene." Jungkook gli sorrise per dargli quella poca forza che si può ricevere da un semplice sorriso e se ne andó di nuovo, lasciando Jimin solo sul suo sgabello a pensare e rimuginare sulle cicatrici di qualcun altro.

Jungkook riposó gli occhi sulla parvenza quasi divina di Taehyung di fronte a lui e si diresse verso di essa. Salutó Jimin con un tenero gesto della mano e poi si mise a camminare a fianco di Taehyung, il quale stava già sorridendo di sottecchi. Era tanto tempo che non rimanevano soli in quel modo e sapeva già dove portarlo all'interno della Dongdaemun di notte. Difatti, si erano fatte le nove di sera e la Dongdaemun chiudeva alle undici, avevano ancora tanto tempo da passare insieme e Taehyung, per questo motivo, sprizzava gioia da tutti i pori. Uscirono dalla stanza all'interno della quale si erano svolti tutti gli eventi di quella sera e si ritrovarono nel vasto atrio della struttura. Era brulicante di persone di tutti i tipi, molti indossavano delle mascherine che li proteggevano dalle infezioni provenienti dall'esterno, altri crocchi di persone invece sembravano europei o americani in vacanza e altrettanti erano arabi con le loro borse firmate di lusso. Jungkook si voltó alla sua destra e vide un negozio di vestiti venir attaccato da un gruppo numeroso di ragazzine che andavano insieme a fare shopping per chissà quale festa, poi notò una coppia litigare davanti ad un ristorante, lei era bella e lui pure. Ma si urlavano contro com'era poco educato fare. Taehyung si giró dalla stessa parte e osservó la medesima coppia, poi, notando il ristorante, chiese: "hai fame? Potremmo mangiare, se non hai già mangiato prima."

"No, grazie, sono passato in un fast food tra la pausa delle due sfilate." Replicó semplicemente il moro, staccando le pupille curiose dalla coppia e ritornando a guardare dritto davanti a sé. Non rivolse nemmeno un singolo sguardo a Taehyung, dato che sapeva come si sentiva appena i suoi occhi toccavano il suo viso. Era come se qualcosa esplodesse, si rompesse in pezzi in un modo strano ma bellissimo all'interno del suo petto. Già sentirlo così vicino al suo fianco gli donava una certa ansia che le sue gambe riuscivano a malapena a sostenere.

"Ah, okay." Si limitò a rispondere lo stilista che aveva sperato in una conversazione durante quella passeggiata, com'era ovvio che fosse. "Ti porto in un posto." Gli disse allora.

"Certo." Jungkook scosse la testa in approvazione e sorrise lievemente sotto i baffi guardandosi i piedi ed evitando lo sguardo delle persone che gli stavano accanto. Si sentiva felice, non sapeva per quale motivo.

"Come sta Jimin?" Chiese improvvisamente Taehyung, che s'era avveduto del cattivo umore del biondo.

"Non lo so, non vuole parlarmi, ma stasera gli farò sputare il rospo." Era strano che Taehyung gli chiedesse di Jimin, ma ripensandoci bene, non era un tabù. "Non l'ho mai visto tanto giù."

"Stasera?" Domandó Taehyung stranito, appena quelle parole gli avevano colpito il cuore come un coltello affilato. Sapeva che erano solo amici e non faceva altro che ripeterselo ogni giorno. Ma c'era qualcosa in quel rapporto che invidiava, lo invidiava a morte. Quell'intimità tra quei due non avrebbe dovuto recargli fastidio, invece era così. Jungkook avrebbe dovuto passare molto, molto, molto più tempo con lui.

"...sí, di solito ci riuniamo a casa di uno dei due e parliamo fino a notte fonda, é tanto strano?" Chiese Jungkook con innocenza, come se avesse sentito già la gelosia che lo stilista aveva immesso nel suo tono. Non voleva che fraintendesse, tutto qui. "Ma parliamo e basta." Specificó, allora.

"Tranquillo, non ho pensato nulla di male." Lo rassicurò Taehyung, ridendo. Jungkook ebbe un brivido per come aveva pronunciato quell'insignificante "tranquillo" con la sua voce profonda e roca e per il modo con cui aveva accostato le lettere alla sua innocua risata. Passarono davanti ad un tabaccaio e Taehyung si rese conto di aver quasi terminato le sue sigarette da un pezzo, ma Jungkook non aveva rallentato con lui. Fece scattare in un secondo gli occhi da quel locale al ragazzo che, solo a quel punto, si era fermato con un'espressione interrogativa.

"Che hai?" Domandó il moro, senza notare ciò che Taehyung stava scrutando da lontano.

"Nulla, le prendo un altro giorno." Borbottò il ragazzo in risposta, scuotendo la testa e mettendo un braccio intorno alle spalle di Jungkook per continuare la loro passeggiata. Dall'espressione interrogativa Jungkook passó a diventare rigido come un legno, appena avvertì il braccio dello stilista toccare il suo corpo. Ed ecco che ritornava la sensazione aliena che aveva cercato di comprendere per tutto quel tempo. Era così semplice che Jungkook aveva raggirato quella possibilità così tante volte da sentirsi uno stupido nel momento in cui il suo cuore cominciava a battere fortissimo solamente per un semplice contatto del genere. Doveva dirlo al fratello prima di fare qualsiasi cosa, doveva assolutamente rivelarlo a qualcuno, ma non a Jimin. Jimin aveva già i suoi problemi e vederlo così amareggiato gli faceva venire il mal di pancia dal dispiacere, dunque non gli pareva il caso di infagottargli la testa con altrettante questioni, le quali nemmeno gli appartenevano.
In quel momento niente di tutto ciò che aveva intorno assumeva più un significato preciso, riusciva solo a concentrarsi sul profumo di Taehyung e sulla sua mano avvolta sulla sua spalla. Aveva delle mani incredibilmente lunghe, dalle dita sottili e la pelle era del color del miele. Si morse il labbro e ascoltó di nuovo la voce dello stilista. "Sai, ti sto portando in un luogo dove mia madre avrebbe sempre voluto andare." Disse, così, di punto in bianco.

"Capisco, e mi dirai che posto è?" Chiese Jungkook, il quale appena usciti dalla Dongdaemun avvertì attraverso i vestiti l'aria freddissima della notte che stava calando. La luna era piena, la serata senza stelle era illuminata solo dalla moltitudine di luci elettriche montate in quell'enorme centro commerciale e culturale. Aveva freddo e si avvicinò di più al corpo di Taehyung, gesto di cui non si rese conto ma che fece felici entrambi. Non fraintendetemi, non che per Taehyung fosse facile farsi vedere dalle persone in comportamenti così intimi con un suo modello, che, a maggior ragione, era un ragazzo, ma era così fievolmente e puramente contento che se ne importó poco o niente. Nessuno gli avrebbe detto nulla di male in quel luogo.

"Non ti dirò che posto è, ma lo capirai da solo, ci sarai sicuramente già stat0." Replicó infine lo stilista, conducendo il moro lungo un sentiero grigio esterno, di un materiale moderno dalla fattura a lui ignota. Era una delle attrazioni turistiche e innovative più all'avanguardia della Dongdaemun e sicuramente era la più suggestiva. Con loro camminavano altre trenta persone tra coppie e famiglie, le quali, quasi senza dubbio si dirigevano nel loro stesso luogo. Dopo altri minuti di camminata in religioso silenzio, girarono l'angolo e Jungkook si trovò davanti ad un enorme giardino, se così si poteva chiamare, cosparso da mille o più rose bianche, ognuna illuminata da una luce a Led tra i petali. L'aveva guardato cosí tante volte in televisione da avere il mal di testa, ma aveva avuto la chance di vederlo dal vivo solo tre, quattro volte di giorno, quando tutta la magia era celata alla luce del sole. Si strinse anche di più a Taehyung, il quale camminava molto più lentamente guardando tutto il giardino con un sorriso calmo in volto, e poi, di punto in bianco, lo lasciò andare. Jungkook si ritrovò trafitto dal vento freddo in mezzo ad un giardino artificiale disseminato di rose bianche lucenti e brillanti a perdita d'occhio. L'alone di luce bianca che emanavano le rose era angelico, sposato con il nero della notte in una splendida antitesi che stava abbagliando Jungkook. Il ragazzo si morse l'interno della guancia per cercare di resistere al freddo, ma funzionò poco niente, com'era ovvio pensare. Taehyung proseguiva per conto suo lungo quel largo sentiero puntellato qua e là di coppie come loro, che però erano ben infagottate di giacche e braccia che scaldavano entrambi. Capí che quello era uno dei luoghi importanti. Per ora, sapeva solo di Daegu, di quelle passeggiate che Taehyung era solito condividere con la madre ancora all'esordio della sua malattia. Quella in particolare l'aveva catalogata come informazione da ricordare, come luogo importante, appunto. E ora poteva aggiungerne un altro a quello che aveva già.

All'improvviso, Taehyung si fermò proprio in un luogo da cui poteva vedere l'interno giardino regnare silente e trionfante sulla notte scura. Non importava dove si girasse, la luce delle rose illuminava il suo angelico volto facendolo diventare un impero ricco di ombre e mistero. Jungkook lo raggiunse e si mise accanto a lui senza proferire parola. A lui non piaceva parlare, ma amava ascoltare. Sopratutto se chi doveva ascoltare si trattava di Taehyung. Indugió un secondo, cercando di decifrare l'espressione incomprensibile che aveva assunto il volto dello stilista davanti a quello spettacolo quasi onirico. Poi, infondo infondo, trovò la forza di parlare. "Mi sento in un film." Disse.

"E cosa fanno nei film?" Domandó Taehyung, con una voce così sommessa da trasmettere malinconia.

"Di solito, in luoghi del genere, si stringono la mano e parlano di cose." Jungkook alzò le spalle e fece diventare una linea le labbra, già pentito di ciò che aveva detto. "Insomma, di cose importanti." Automaticamente, percepì la mano scheletrica di Taehyung solcare tutta la stoffa della camicia, passando lentamente per tutto il braccio e facendogli venire i brividi ovunque, poi sentí le dita lunghe e callose in alcuni punti delle falangi attorcigliarsi alle sue in una sinfonia perfetta. Le sue mani erano calde, riempivano perfettamente lo spazio nelle sue e si sentì a casa, come se potesse sentire l'odore della cucina del fratello e la confortevolezza del suo letto. Chiuse gli occhi, ora il freddo se lo godeva, gli scorreva nelle vene come la voglia di tenere più vicino a sé quello splendido ragazzo che gli stava confondendo le idee dal primo momento che lo aveva visto.

"Mia madre desiderava venire in questo posto almeno una volta nella vita con me, me lo diceva sempre, anche quando abitavamo a Daegu. Diceva sempre che era il luogo dove avrebbe voluto rivedere mio padre almeno per dargli un bacio. Non ho mai incontrato mio padre, quindi non posso dire come sia stato per lei perderlo, ma volevo assolutamente essere il sostituto di quel dolore che all'epoca mi sembrava tanto insostenibile. E lo era. Poi, è successo quello che è successo e si è ammalata, una volta trasferiti qui a Seoul, quando avevo sui diciassette anni, volevo a tutti costi portarla qui, ma purtroppo era già costretta a restare nel suo letto d'ospedale per evitare di fare grandi sforzi. Nel giorno in cui morì, mi sono reso conto di non aver realizzato il suo ultimo desiderio." Una lacrima solcò il volto pulito di Taehyung come un piccolo canale d'acqua alpina, pura e pulita. Jungkook se ne accorse e spalancò gli occhi alla vista di Taehyung che piangeva. Anche quella misera lacrima, ebbe un effetto così dirompente nel petto di Jungkook che lo portó anche di più a stringere con decisione la sua mano. Era uno stilista celebre, aveva tutti i riflettori puntati addosso ventiquattr'ore su ventiquattro, ma di fronte al suo passato, di fronte al ricordo cosí flebile e tenero di sua madre, si scopriva la sua vera pelle. Un ragazzo di ventisei anni che non era riuscito ancora completamente a superare la morte di quella che era stata la persona più importante della sua vita, che non era riuscito a salvarla e neppure a realizzare il suo più grande desiderio. A Jungkook venne da piangere, ma si trattenne per non rendere tutta quella situazione ancora più triste. "Cos'altro fanno nei film?" Domandó Taehyung all'improvviso.

"Di solito si baciano, nei film." Azzardó Jungkook, senza pensare, senza riflettere un minimo. Voleva farlo, non sapeva se fosse stato il momento a coinvolgerlo oppure qualcosa nell'aria, ma il desiderio non era un semplice e normale desiderio, era un bisogno, un'ambizione, un obbiettivo immediato che doveva soddisfare, era questione di vita o di morte. Ed ecco lo stilista che, puntualmente, si voltó a guardare Jungkook come se volesse memorizzare ogni suo singolo dettaglio prima di dormire, come se ci fosse davvero qualcosa di valore da guardare in lui. Gli occhi che nascondevano mesi e mesi di cecità che incontravano quelli che invece erano stati capaci di nascondere il loro sentimento con una maestria invidiabile. Se non lo voleva davvero, si disse Taehyung, non glielo avrebbe chiesto così esplicitamente. Le loro mani erano ancora avvolte l'una all'altra, i loro volti vicini, brillanti solo grazie ai mille bagliori dei fiori bianchi, sentivano la presenza dell'uno e dell'altro, i loro cuori, ve lo assicuro, stavano accelerando in sincrono.

"Voglio rubartelo." Sussurró Taehyung, mordendosi il labbro, ancora indeciso su cosa dovesse o meno fare in quella situazione.

"Che cosa?" Chiese di rimando il moro, stringendo anche l'altra mano di Taehyung, in modo da aiutarlo a capire che lo voleva davvero.

"Il tuo primo bacio." Replicó lo stilista, intrecciando le dita dell'altra mano tra quelle del ragazzo che aveva desiderato per tanto, tanto tempo.

"Fallo, allora. Come fanno nei film." Acconsentì il minore, avvicinando il volto al suo.

"Come fanno nei film." Ripetè Taehyung, socchiudendo gli occhi.

Le labbra carnose, rosee e consapevoli di Kim Taehyung toccarono per la prima volta quelle sottili, morbide ed inesperte di Jungkook. Quest'ultimo fu improvvisamente inondato dalla paura di non essere abbastanza bravo, di aver proposto qualcosa che lui non era capace di fare e avrebbe sicuramente lasciato desiderare lo stilista. Si bloccó in quel modo, con le labbra premute contro le sue, gli occhi semiaperti e un'ansia orribile che gli impediva di discindere le mani da quelle di Taehyung. Lo stilista cominciava già a muovere le sue con esperienza, prima baciando il labbro inferiore, che era quello più carnoso, con estrema cura, e a quel punto Jungkook sentì tutti i nervi fremere, lo stomaco in totale subbuglio, la testa che girava. Tutti i suoi sensi si affievolirono fino ad azzerarsi, il mondo intorno a lui diveniva nero e senza significato. C'erano solo le labbra di Taehyung che si muovevano contro le sue, i capelli che si toccavano e creavano un insieme tra il color cenere e il nero corvino. Le loro bocche si incastravano perfettamente, quella del minore sapeva di buono e il ragazzo la cominció a muovere leggermente solo dopo aver capito come seguire i movimenti dello stilista. Il loro bacio si trasformò così da unilaterale ad una danza frenetica in cui entrambi volevano mangiare le labbra dell'altro. Taehyung staccó le mani da quelle di Jungkook e gliele pose sui fianchi per avvicinarlo di più al suo corpo infreddolito. Se Jungkook prima sentiva freddo, in quel momento sentiva ogni punto, dalla testa ai piedi, andare a fuoco. E non aveva nessuna intenzione di spegnerlo. Il bacio che stava ricevendo era magico, nulla esisteva più, poteva anche cadergli il cielo addosso e lui non si sarebbe accorto. Portó le mani libere sulle guance di Taehyung, in modo leggero, tanto da toccargli la pelle solo con la punta di ogni dito. Il suo viso era liscio come seta, appena gli accarezzó i capelli notò che erano morbidi come il velluto. Jungkook capí come schiudere le labbra per approfondire il contatto che lentamente lo stava mandando in ecstasi. Taehyung era calmo, bruciava a fuoco lento e faceva chiedere sempre di più a Jungkook. Il respiro venne a mancare ad entrambi, lo recuperavano a volte con un sorriso l'uno sulle labbra dell'altro e poi riprendevano la loro danza proibita lì, di fronte a tutti. Taehyung pensó che chiunque in quel luogo avrebbe potuto vederli, i paparazzi avrebbero potuto raggiungerli e provocare un nuovo scandalo, sarebbe potuto passare Yoongi, o peggio, Lalisa. Mandó a quel paese tutte quelle ipotetiche supposizioni e continuó a baciare le labbra che ormai erano sue, quelle di un ragazzo il quale non poteva mai pensare di poter possedere. Strinse le dita sui fianchi, la voglia di spogliarsi e fare l'amore in quel luogo lo travolse talmente tanto da averla trattenuta a stento e, al contempo, Jungkook provava sensazioni nuove ogni secondo di più, ad ogni movimento che Taehyung compiva. Le sue labbra erano coscienziose, sapevano perfettamente dove colpire, la sua lingua era annodata a quella di Jungkook come se fosse la sua ultima ancora di salvezza. Quando si staccarono, rimasero per minuti interminabili nella stessa posizione a guardarsi negli occhi. Jungkook con un sorrisetto in viso, consapevole di aver fatto la cazzata più bella e rivoluzionaria della sua vita, Taehyung lo stesso, ma almeno lui l'aveva premeditata.

"Lo facevano così nei film?"
"No."
"Come no?"
"Questo è stato meglio."



Allora, vi rompo un po' il cazzo prima che chiudiate watty e viviate la vostra vita, spero non vi dispiaccia. Vorrei cominciare col dire ancora e ancora grazie a tutte le persone che stanno complimentando la mia storia attraverso commenti e messaggi privati, perché non mi stancherò mai di farlo (sarò un disco rotto). Per questo sto scrivendo questo messaggio, il quale non è diretto ad una persona specifica, ma a tutti coloro che hanno scritto la loro opinione su questa storia. Sono felicissima che vi piaccia il modo in cui scrivo e apprezzo che le idee personali che ho inserito in alcune parti non abbiano urtato il vostro pensiero. Insomma, personalmente ho sempre ritenuto wattpad una via di espressione nuova e originale che riesce ad unire gruppi di persone come se si conoscano da sempre. Tuttavia, non ho mai provato a scrivere una storia, poiché non mi reputavo "all'altezza del compito". Poi una sera, alle tre di notte (normalissimo), mi è venuta questa idea particolare legata al mondo della moda e BOOM. È stata una cosa molto casuale, una specie di piano che avevo intenzione di realizzare ma mai la volontà necessaria per iniziarlo. Successivamente, ho provato a scrivere i primi capitoli e ho continuato fino a che non cominciavo a notare che la mia scrittura cominciava a fare progressi (infatti sto revisionando completamente la parte iniziale della storia). Adesso vi spiego in breve perché vi sono infinitamente grata per tutti i messaggi di incoraggiamento e apprezzamento che ho ricevuto. Quando scrivo cerco di farlo sempre al meglio, con schemi preparati anche mesi prima, migliorati e curati nei minimi dettagli (per quanto io possa essere distratta lol); trovo il tempo di fare alcune ricerche di lessico, le quali per me sono state fondamentali per migliorare e rendere più specifico e immediato ciò che volevo scrivere e, inoltre, ho cercato in qualche modo di sviluppare diverse reazioni ad impulsi differenti per ogni personaggio. Diciamo che metto amore in ciò che scrivo, anche se potrebbe sembrare leggermente melodrammatica come definizione. Eppure non vi biasimerò se faceste anche qualche critica (magari non insulti perché sono lievemente sensibile e potrebbero buttarmi giù più del dovuto) in modo che io possa rendermi conto anche degli errori che faccio. Ve lo dico, ho solo quindici anni, quindi so che il mio stile di scrittura è ancora molto infantile e strutturalmente basilare, eppure posso assicurarvi che vado fiera di ciò che scrivo. Per questi motivi e molti altri io sento che questa storia mi stia avvicinando ad una "me" più coscienziosa e mi stia aiutando ad esprimere ciò che sono senza la paura di dar "fastidio". Grazie mille a coloro che sono arrivati fino a qui, sarà stata dura, immagino ahahah. Buona giornata e vi auguro che tutto ciò che meritate si realizzi.

P.s. Se avete qualsivoglia domanda sulla storia o se volete chiarimenti/informazioni aggiuntive, non abbiate paura di scrivermi dove vi pare. Rispondo sempre a tutto e tutti Ma adesso la vorrei fare io una domanda, giusto così, per curiositá.

In quale personaggio pensate di riflettervi di più?

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