TWENTY

By SarahAdamo

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🏅I'm on THE WATTYS 2018 LONGLIST - MIA è una ragazza dinamica, solare, spesso e volentieri capricciosa. Ama... More

#SPAZIOAUTRICE❤️
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Twenty 2.. cosa ne pensate?

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By SarahAdamo




Michael's point of view

Quando ballammo in quella pista, quando tenni strette le mani sulla vita e quando lei mi guardò con quel fare da bambina, un turbine di forti e sconosciute emozioni si fece largo dentro di me. Quando invece percepí la pericolosa vicinanza dei nostri visi, un'altra voragine bensì colma di irrequietezza e tensione si fece spazio fra mente e cuore, creò così in me un vortice di contraddizione e confusione.
La presenza di Mia creava in me un qualcosa che non avevo mai provato, una sensazione di rischio, di tensione ma anche di spiesieratezza e di protezione, sentivo il costante bisogno di doverla proteggere.

«Voglio portati in posto» le avevo detto sicuro di me, lei mi guardò stranita.

«Dove?»

«Lo vedrai» pagai sia per me che per lei, non avrei mai lasciato che si pagasse la cena da sola, avevo un mucchio di dollari forse troppi e per lei, per quelle serate così spensierate li avrei anche spesi tutti.

«Sono troppo curiosa!!» insistette, risi a fior di labbra per la sua adorabile frenesia.

«Non fare la bambina capricciosa, lo vedrai fra poco» appoggiò i piedi sul sedile, ma quella volta non ebbi la minima voglia di rimproverarla.

«Non sono una bambina e ne tanto meno capricciosa.» esclamò incrociando le braccia, ed io scoppiai  a ridere sonoramente.

«Be' ora lo sei, e non si discute su questo.» dissi fra una risata e un altra.

Dopo cinque minuti arrivammo nel posto che avevo pensato, era la terrazza di un bellissimo parco innalzato su di una collina dove si poteva ammirare la meravigliosa Seattle illuminata da migliaglia di luci colorate e soprattutto ravvivata dal bagliore sublime della luna piena.
Scendemmo dall'auto e vidi Mia avvicinarsi alla ringhiera con occhi luccicanti e spalancati, guardò per un attimo il panorama fissandolo senza dir nulla, poi si voltò verso di me.

«E'..meraviglioso Michael, come conosci questo posto?» chiese poi, ritornando a fissare stupita il paesaggio.

«Quando ho voglia di pensare e di riflettere vengo qui.» dissi, sedendomi sulla panchina proprio difronte alla ringhiera e feci segno a lei di raggiungermi. Obbedì, sedendosi senza esitare.
Restammo lì per un po, in silenzio ad osservare punto per punto, colore per colore le luci emantate degli edifici e dai locali, ad ascoltare il fruscio del vento e il silenzio calato sulla città. La mia mano era poggiata sulla panchina in ferro e quella di Mia nella stessa medesima posizione, lei si avvicinò con le dita e due le strinse fra le mie in quell'attimo sentì il fuoco bruciare nel petto e prendere il sopravvento sul mio corpo mandandomi in confusione e in pre dal panico - ero sposato si - ma nulla toglieva che quella ragazza di vent'anni più piccola di me riuscisse così facilemente a farmi sentire bene anche con un gesto semplice come quello. Ricambiai la stretta, ma quando ci guardammo distogliemmo immeditamente le mani poggiandole altrove.

«Si è fatto molto tardi, devo riaccompagnarti a casa» esordì, guardando l'orologio e alzandomi in fretta.

«Lo sai che i ragazzi escono a quest'ora??» incrociò le braccia al petto, la sua espressione un po' corrucciata mi fece sogghignare.

«Si lo so, ma tu ora sei con me e torni quando lo dico io»

«No che non lo decidi» rispose impuntandosi.

«Si invece, altrimenti tuo fratello mi ammazzerà, su entra» risi, e lei sconfitta salì a bordo.

Non appena appoggiò la testa al finestrino, dopo qualche minuto vidi che cadde uno sonno abbastanza pronfondo, io rallentai appositamente allungando il tragitto per riuscire a vederla dormire ancora un po'.

Al semaforo mi voltai a guardarla, le braccia erano incrociate e le labbra rosee socchiuse, dalle quali emanva un respiro leggero, con la mano, stando attento a non svegliarla le spostai i capelli dal viso non facendo in tempo a toglierla che lei la strinse fra le sua, portandosela al viso, dove potei sentire la sua pelle morbida e liscia, quel tocco quel semplice tocco, riuscì smuovermi dentro, ma in men che non si dica il verde scattò ed io a malincuore dovetti lasciare quel contatto per inserire la prima marcia.
Arrivammo sotto casa sua e un po mi dispiaceva doverla svegliare ma d'altronde anch'io dovevo tornare a casa e forse fare anche fare i conti con mia moglie datone l'ora.

«Mia?» le sussurrai, rispose quasi subito.

«Cosa c'è ..??» con la voce impastata si stiracchiò.

«Siamo arrivati»

«Oh, davvero? Scusa non volevo dormire per tutto il tragitto..» si scusò.

Se solo sapesse che ho fatto il giro più lungo soltanto per vederla dormire..

«Non scusarti, anzi mi spiace averti svegliata..»

«Va bene,allora ci vediamo grazie per la bella serata» si avvicinò baciandomi la guancia ed io feci altrettanto, senza mai staccare le mani dal volante.

Scese e mi salutò infine con la mano. Quando la vidi scomparire dietro la porta misi in moto e sfrecciai verso casa sperando di trovare Annie dormire.

Fortunatamente mia moglie dormiva, le poggiai una coperta sul corpo dato che si era addormentata profondamente sul divano, spensi la tv ancora accesa e mi recai a in camera da letto con l'intezione di prendere il mio pigiama, ma quel materasso morbido richiamò la mia attenzione costringendomi a stendermi e così mi addormentai completamente vestito.

«Mike?? Michael?» la voce squillante di Annie riuscì a svegliarmi di colpo, feci fatica a riaprire  gli occhi.

«Buongiorno..» dissi ancora con la bocca impastata.

«Si certo, buogniorno un cavolo, dove diavolo eri finito ieri sera??» continuò, alzando il tono di voce.

«Te l'ho detto Annie, sono uscito dei colleghi abbiamo mangiato bevuto qualcosa e poi mi sono addormentato sul letto vestito non farne una tragedia» in effetti non aveva tutti i torti ad esserne preoccupata non ero affatto uscito con dei colleghi ma bensì con una ragazza di 19 anni, ed ero tornato a casa più tardi del solito.

«Io ne faccio una tragedia? Sei incredibile Michael, sono stata in pensiero tutta la sera e inoltre non rispondevi al cellulare» strillò, agitando le braccia in aria in maniera teatrale.

In fin dei conti non aveva tutti i torti soltanto al termine della serata mi ricordai di aver il cellulare scarico, mi sollevai e mi stiracchiai prima di andare al bagno per una rinfrescata.

«Allora? Non dici nulla?»

«Non vedo cosa ci sia da dire» avevo rimasto la porta aperta così lei si limitò a starsene dietro lo stipite, in realtà parlare avrebbe soltato complicato le cose e sinceramente non volevo rovinarmi la giornata.

Mi vestì di tutto punto, come al solito, gelatinai i capelli all'indietro indossai il mio vestito sobrio e presi la giacca. Nel seguito di tutto ciò mia moglie non spiccicò altra parola e fu meglio cosi.

«Vado in ufficio, cerchiamo di non discutere su questioni inutili mh?» provai a sorriderle, lei tenne il broncio e scostò irrigidita lo sguardo altrove, non appena chiusi la porta feci un gran bel respiro e come tutte le mattine telefonai il mio autista.

«Buongiorno Trav, come stai?»

«Bene signore, sarò li a breve»

«Si va tranquillo, siamo anticipo» aspettai l'arrivo del mio autista, pronto ad affrontare un'altra solita giornata lavorativa e opprimente.

La giornata passò in fretta e fra un affare e un altro si fece l'ora di cena, così presi le mie cose e telefonai Travis per un passaggio a casa. Guardavo pensieroso fuori dal finestrino, quasi come se qualcosa o meglio, qualcuno mi annebbiasse la mente e quel qualcuno si rivelò essere la piccola Mia. Sentivo il costante bisogno di parlarle, ma al contempo percepivo qualcos'altro di diverso che mi spaventava e mi rendeva nervoso. Ci fermmamo al semaforo e sulla panchina del Victor Park, li a quell'ora tarda della sera, intravidi una ragazza rannicchiata su se stessa avvolta nella fioca luce dei lampioni e sotto pugno di un qualsiasi malintenzionato si aggirasse nel parco a quell'ora. Quando assottigliai gli occhi, la chioma ramata e mossa mi fece sussultare e sbarrare di tanto gli occhi.

«Travis, ferma la macchina» esordí, aprì di poco la portiera ancor prima che potesse del tutto frenare.

«Signor Reed, va tutto bene?» parcheggiò esattamente al marciapiede corrispondete, inserendo la quattro frecce.

«Si Trav, tutto bene. Aspettami qui» mi catapultai fuori dall'auto, tutta quella situazione mi puzzava tremendamente di bruciato non era di solita amministrazione che una ragazza se ne andasse in giro ad una certa ora della sera, in un parco, per di più se si fosse trattato della sorella del mio migliore amico.

Mi avvicinai a lei col leggermente affannato per la piccola corsetta che avevo fatto per raggiungerla il prima possibile.

«Ehi, non è un po' tardi per fare un giro al parco?» tenne il capo basso, nessun suono, nessuna movimento.

Tutto ciò iniziò a preoccuparmi. Misi le mani ai fianchi, nel frattempo attesi una sua risposta, che non arrivò, mi guardai un po' in giro nella speranza che fosse tutto tranquillo.

«Sarebbe corretto rispondermi, non ti pare?» non parlò, poi sollevó il capo e inaspettatamente mi schiantai con un paio di occhi arrossati e un po' scuri per via del mascara colato.

Mi spaventai, lei tirò su col naso io mi accasciai sulle ginocchia per poter arrivare alla sua postura.

«Mi dispiace io.. scusami» sibilò, fra un singhiozzo e un altro.

«Mia mi dici che sta succedendo?» cominciai col perdere la pazienza, ancora una volta mi osservai attorno, ai pochi passati che facevano jogging, o che portavano a spasso il loro cane, troppe poche persone per i miei gusti. Dovevamo allontanarci di lì. Singhiozzò ancora, asciugandosi le guance con i dorsi delle mani.

«D'accordo.. non ti va di parlarne, ma almeno predi questo» le porsi un fazzoletto di cotone che portavo sempre con me nella tasca interna della sua giacca. Soddisfatto del fatto che potesse usarlo per colmare le sue angosce.

Lei lo afferró, ringraziandomi con un fievole sorriso. Lo strofinò piano sulle guance, cercando di non guardarmi negli occhi.

Si schiarì la voce segno che volesse parlare e così fece, io ero tutt'orecchi pronto lì per poterla ascoltare. Prima di iniziare tirò su col naso.

«Avevo un appuntamento con.. Christian, sai quel tipo dell'Università. Credevo fosse un ragazzo apposto, fino a quando non ha cercato di intrufolarsi sotto i miei vestiti e per giunta in un luogo pubblico.. pensavo dovessimo andare a cena invece mi ha teso una trappola. Ha insistito, io gli ho fatto resistenza e mi ha perfino definito una bambina una ragazza poco matura.. poi mi ha lasciata qui senza neanche riaccompagnarmi a casa» singhiozzò fra una parola e l'altra, per un nano secondo pregai con tutte le mie forze di poter trasportarmi ed essere lì, faccia a faccia con quel cavernicolo. Il giusto per un paio di ceffoni, non era di certo da me e di ciò me ne sorpresi.

Mi schiarì la voce, senza accorgermene le massaggiai un ginocchio coperto da un paio di jeans e tentai quanto più di sorriderle.

«Oh mio Dio ma stai bene?» annui lei, le carezzai una guancia con il dorso della mano, preoccupato assunsi un espressione esterrefatta. Lei annui mugolando qualcosa che non capii.

«Sai, non posso crederci che ci siano ancora in giro ragazzi così è assurdo.. è da denuncia sul serio» sbottai innervosito.

Ci fu silenzio, a irrompere furono nuovamente le sue lacrime accompagnare da qualcuno singhiozzi.

«È acqua passata adesso.. e poi non devi tener conto di ciò che dicono gli altri, semplicemente è stato un-un.. » balbettai ma lei continuò al mio posto.

«Uno stronzo!» ridacchiai sottilmente, anche un po' imbarazzato per non esser riuscito a finire la frase.

«Si.. si esatto, su andiamo ti accompagno a casa adesso» le sorrisi in maniera rassicurante, le picchiettai delicatamente il palmo della mano sul ginocchio e ci sollevammo entrambi. Compí qualche passo ma lei rimase dietro la mia figura.

«Michael..» mi voltai velocemente.

«Si?» si dondolò sui talloni, quel percepibile rossore sulle sue gote mi fece sorridere sotto i baffi.

Con mia sorpresa non disse nulla, mi si avvicinò con un lungo passo cingendomi il collo con le sue esili  braccia, i singhiozzi sembrarono cessare. Mi sentí così intorpidito da quel gesto improvviso che deglutì a fatica e con la mano destra le carezzai di qualche millimetro la schiena.

«Ti ringrazio..» quella stretta giunse al termine, la osservai ancora un po' imbarazzato.

«Uhm.. non ringraziare. Sei la sorellina del mio migliore amico, potresti essere la mia perció non mi dispiace tenere un occhio in più di riguardo..» le sorrisi, provando a scrostarle dietro un orecchio una ciocca ramata.

«Ma tu parli sempre così?» quel mezzo sorriso che le si dipinse sul volto, mi rasserenò di colpo.

«Così come?» la guardai torvo, mentre ci avviammo all'auto accanto al marciapiede.

«In maniera così professionale» puntualizzò, in un tono che mi fece scoppiare a ridere.

«Mmh si, ma non lo faccio apposta giuro» lei mi scansò di poco con una gomitata giocosa, guardandomi sottecchi con una punta maliziosa.

«Non con me. Ci lavoreremo» ridacchiai alla sua espressione furbesca.

Le aprí gentilmente la portiera, vi salpò al suo interno e io con lei.

«Va tutto bene signore?»

«Si direi di sì, Travis lei è Mia, Mia lui il mio autista e un ottimo amico aggiungerei»

«Modesto da parte sua» ridacchiò Trav.

«Molto piacere Travis» s'inserí la ragazza.

«Il piacere è mio, signorina Mia» Travis la guardò poi dallo specchietto, accendendo il motore e inserendo la prima.

«Dove andiamo signor Reed??»

«Una piccola deviazione Trav..» gli diedi l'indirizzo di casa del mio migliore amico e partimmo.

Inaspettatamente Mia continuò a tenere la testa appoggiata alla mia spalla, ed io non staccai neanche un secondo il pensiero da quell'energumeno e i suoi pensieri con doppi fini: il solo pensiero di lei costretta a fare qualcosa che in realtà non voleva mandò in tilt il mio cervello. Mi ritrovai a stringere la mano destra in un pugno, quando mi accorsi delle nocche che si accingevano a diventare pallide sbarrai lo sguardo e sventolai le dita in aria per smaltire quella strana sensazione chiamata rabbia che avevo incanalato.
Arrivammo in men che non si dica, decisi di accompagnarla fin dentro casa, anche per salutare i miei amici ovviamente.

«Michael.. posso chiederti un favore?» i suoi  occhi apparvero supplichevoli.

«Si.. dimmi»

«Potresti non dire nulla a Jaime? Sai.. è pesante» fummo sotto l'arco della porta, coi piedi sullo zerbino della casa Johnson.

«Mi spiace Mia.. ma credo che tuo fratello debba sapere di quel tipo, e succedesse ancora? Non me lo perdonerei» dissi sicuro di me.

«È tutto sotto controllo, sul serio e poi sto bene..»

«Credimi vorrei, ma mi metti in difficoltà con tuo fratello che è il mio migliore amico e non posso nascondergli una cosa del genere» sbuffò rassegnata, poi entrammo in casa.

«Mia, ma dove eri finita ti ho chiamato mille volte..» Jaime apparve in salotto molto più allarmato del solito, guardò prima lei e poi me.

«Michael, qualcosa non va?»

«Be'.. Mia aveva appuntamento con un tizio dell'Università che però si è rivelato non affatto una persona affidabile, io l'ho trovata al parco e ho pensato di riaccompagnarla, tutto qui» la ragazza battè infastidita il piede sul parquet, seccata dalla nostra assurda e forse un po' spiccata preoccupazione.

«Ottimo, mia sorella che si mette nei guai come sempre..» strillò di poco.

«Jaime aspetta, non è stata colpa sua» intervenni in sua difesa.

«Certo che no, ma sai mia sorella è ipnotizzata da guai di questo tipo» incrociò al petto le braccia, la ragazzina sbuffó pesantemente e mi rivolse un sorriso.

«Che cosa? Non solo ho passato un brutto momento ma ti ci metti anche tu adesso?» ringhiò lei a sua volta.

«Mia è per questo che ti dico di tenere gli occhi aperti perché lo vedi? Non ti puoi fidare della prima persona che ti passa davanti»

«D'accordo si ho sbagliato ma ci sono stata male, lo capisci questo?» Jamie guardò me e poi sua sorella tirando un lungo sospiro.

«Si.. lo capisco, ma adesso stai meglio?» suo fratello le carezzò la spalla ma lei si ritrasse leggermente limitandosi ad annuire alla sua domanda.

«Grazie per avermi accompagnata..» girò poi lo sguardo verso di me provando a sorridermi dolcemente.

«Io me ne vado in camera mia» con un cenno dolce e un altro amaro verso suo fratello rumorosamente percorse la scalinata fin quando non la vidi sparire.

«Non essere così duro, se quel tipo è un'idiota lei non c'entra» feci spallucce.

«Be' in tal caso, cercherò di tenere gli occhi aperti non voglio mai più che quel tipo si avvicini a mia sorella» minacciò egli, tipico atteggiamento fraterno.

«Ottimo, ti guardo le spalle»

«Dato che sei qui e Lil ha appena finito di prepare la cena che ne dici di restare?»

«Volentieri a..» poi, il capo ramato della giovane sbucò dalla scalinata, s'era cambiata indossava dei pantalonicini e una t-shirt leggera in una frazione di secondi.

«Michael resta a cena?» un cipiglio contento le illuminò il volto, mi sentivo in colpa al sol pensiero di rifiutare.

«No, cioè se Lil ha già cucinato..» Mia mi raggiunse, si aggrappò leggermente al mio braccio e mi incitò a togliere la giacca divertita.

«È deciso, resti a cena» battè entusiasta le mani, una volta terminata la missione di togliermi la giacca e fui priva di essa. Rise come un matto.

«Ok, ok.. hai vinto, resto»

«Perfetto, dico a mia moglie di aggiungere un posto» Jaime si strofinò contento le mani sparendo al di là della cucina che si trovava poco più avanti sul lato destro del corridoio ampio. La ragazza invece mi puntò divertita e con uno sguardo carico di adrenalina.

«Tu, vieni con me» mi afferró il polso della camicia, costringendomi a seguirla al piano di sopra.

«Non mangiarlo vivo sorellina!!» risi a fior di labbra, per la voce del mio amico che arrivò su per le scale dal piano di sotto.

«Puoi contarci» sua sorella resse il gioco, da fuori mi divertí parecchio.

«Voglio farti ascoltare una cosa..» entrammo in camera sua, mi sedetti sul letto afferando un cuscino e tenendolo al petto, mentre lei si posizionò alla scrivania accendendo il computer.

«Metti queste» mi porse delle cuffie. Ed io obbedì in silenzio.

Premtte play e d'una muscia del tutto nuova risuonò nelle mie orecchie. Era una melodia nuova fresca, e soprattutto caporeggiata dalla sua strabiliante voce. La ascoltai interessato e pensai che avesse davvero del talento da vendere.

«E' molto bella sul serio, l'hai composta tu?» mi privai delle cuffie.

«Si, ti piace?»

«Altroché..» ci guardammo intensamente per qualche secondo, quando la voce di Lil che annunciò pronta la cena ci distolse pensieri.

«Arriviamo!!» gridò Mia, facendomi addirittura sobbalzare di poco. M'ero completamente immerso nel suo sguardo.

«Me ne faresti una copia? Sarebbe bello ascoltarla mentre vado a lavoro» le parlai con sincerità.

«Dici sul serio?» spalancò gli occhi, incredula

«Si,certo» le sorrisi.

Mia's point of view

Molto probabilmente la delusione di quel pomeriggio l'avrei spesso ricordata amaramente. Chris, quello stesso Chris gentile e carino si era mostrato soltanto interessato all'interno delle mie cosce. Il modo in cui mi aveva premuto al tronco, come insistette nel sollevarmi la maglietta, come cercai di rifiutarlo riuscendoci soltanto attimi dopo. Uno dei più grossi problemi è che l'avrei rivisto sicuramente alla Madison tutti i giorni. Per fortuna, Michael, il cavalier Reed era venuto a tenerdermi la mano ed io mi ci ero aggrappata completamente. Era rimasto a cena e mi aveva chiesto una copia della mia prima canzone incisa. Sapevo a cosa stavo andando incontro, ma al momento non me ne importò.

«A tavola!!» gridò Lil dalla sala da pranzo.

«Sarà meglio andare» esordì Michael alzandosi dal materasso e lanciandomi sul viso il cuscino che aveva poco prima stretto al petto, io risi di gusto.

«Cosa c'è di buono?» cinguettai abbracciando Lily.

«Lasagne! il tuo piatto preferito»

«Ottimo, mi andava proprio un bel piatto di lasagne» dissi leccandomi i baffi, sedendomi a tavola e posizioando poi il tovagliolo sulle gioncchia, Michael fece lo stesso.

Mangiammo in silenzio, nonostante i continui pensieri verso Chris e le sue perverse intenzioni, pensai che forse almeno all'università avrei dovuto sentirmici al sicuro, con tanta gente attorno, con le mie amiche, ma in realtà non ci credevo per niente.

«La cena era squisita» ammise Michael una volta davati alla porta. Non dissi nulla, mi limitai ad avvicinarmi e ad abbracciarlo ancora una volta. Lui esitò ma poi ricambiò.

«Devi stare tranquilla per quel tizio, ok?» mi sibilò una volta staccatosi dall'abbraccio.

«Lo sarò, se ci sarai assieme a mio fratello a guardarmi le spalle» gli strizzai un'amichevole occhiolino.

Era vero, lo percepivo come un secondo fratello, quanto mi sarebbero piaciuto che ciò fosse rimasto davvero tale. A quelle parole, lui mi accarezzò la guancia col pollice sorridendomi appena e poi saprì nella sua auto guidata da Travis.



#SPAZIOAUTRICE

Subitissimo per voi anche il settimo capitoloo ❤️❤️ Buona lettura 😃

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