♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vk...

By bisdrucciola

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"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le ste... More

✤ P R O L O G O ✤
family is where life begins and love never ends.
you'll regret someday if you don't do your best now.
kill 'em with success, bury 'em with a smile.
don't ever run backwards.
never work just for money or for power.
you can be the moon and still be jealous of the stars.
and then you came into my life.
i'm jealous. wanna know why? because we started as 'just friends' too.
love is both: how you become a person, and why.
can i be your lei-tsu?
i like people who shake other people up & make em feel uncomfortable.
heavy hearts don't have to drown.
kiss me until i forget the thought of somebody else near your lips.
you became one of my stories.
the tip of my finger is tracing your figure.
we're too young and immature to give up, you idiot.
i just want you to talk to me. tell me how you feel. about life. just talk.
i want you. all of you. on me. under me. tasting me. wanting me.
it hurts too good to say no.
the more i learn about you, the more i like you.
to die would be less painful.
do you think the universe fights for souls to be together?
life is not about hiding, life is about living.
there's nothing wrong with you.
i am desperately craving your lips.
a sea of whiskey couldn't intoxicate me as much as a drop of you.
i hope you can see me for what i am and continue to love me the same.
i've been holding back for the fear that you might change you mind.
i tried so hard to not fall for you, but then our eyes locked and it was over.
my heart's your home, no matter where you are, u'll always have a place to stay.
perhaps it's better this way.
he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".
i think i need you, and that's so hard to say.
tell me pretty lies, tell me that you love me, even if it's fake.
how can i look at you and feel so much happiness and sadness all at once?
i've hella feelings for you, but i'm so fucking scared.
you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.
lips so good i forget my name.
one of the hardest battles we fight is between what we know and what we feel.
he dreams more often than he sleeps.
mommy, daddy, don't you know? You lost your daughter years ago.
ça ne casse pas trois pattes à un canard
i wanna feel you in my veins.
as humans we ruin everything we touch, including each other.
I just wish i could lose this feeling as fast as i lost you.
look at your cuts. each one is a battle with yourself that you lost.
in the end, we'll all become stories.
And he dreamed of paradise every time he closed his eyes.
un piccolo regalo...
you're burning inside of me and i'm still alive in you.

all my mistakes are drowning me, i'm trying to make it better piece by piece.

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By bisdrucciola

Due giorni passarono come acqua in un torrente in piena, sopratutto per due animi inquieti, quali quelli di Jimin e Jungkook. Era tutto puntualmente pronto per il servizio fotografico di GQ Korea. Jimin continuava a pensare che doveva in qualche modo togliersi dalla testa la storia di Yoongi e il resto che ne conseguiva, Jungkook voleva impegnarsi per accettare Taehyung, sebbene qualcosa in lui gli impediva di guardarlo con gli stessi occhi di sempre. Era un ragazzo d'oro e lo sapeva, ma niente condizionava ciò che provava nei suoi confronti. Era un timore velato che faceva spazio ad un'ansia smisurata ogni volta che lo vedeva, anche per un solo secondo. Quando gli parlava, meglio non citare nemmeno il guazzabuglio di strani e sconosciuti sentimenti che si ritrovava nel cuore. Da quel giorno in cui gli aveva rivelato una parte importante di lui, Jungkook non poté togliersi mai un enorme peso dallo stomaco. Non era mai stato omofobo e non gli era mai importato di questioni del genere, ma non perché non fosse d'accordo con una filosofia del genere, anzi, i suoi gli dicevano ogni giorno di non aver mai alcun pregiudizio. Forse era per quell'insegnamento che Jungkook parlava ancora con Taehyung, sebbene si sentisse molto a disagio nel farlo. Non aveva idea di cosa sentisse ogni volta che pensava allo stilista, fatto sta che era assolutamente sicuro che non gli piacesse ciò che sentiva. Quasi per niente.

Passarono così, i due giorni. Il lavoro, sempre uguale. Jimin avrebbe voluto scappare via da quel luogo a causa di Yoongi. Rose era sempre l'allegra Rose. Jungkook veniva messo a dura prova. Jin e Namjoon si presentarono solo la mattina del servizio.

Ore: 7:30 AM
A: Kookie

Ohi, sto arrivando con la macchina, puoi già scendere e aspettarmi fuori.

Jimin digitó velocemente quel messaggio per poi ritornare a guardare il panorama mattutino di Seoul e la strada asfaltata davanti a sé. Era il grande giorno, il servizio per GQ Korea era ormai alle porte e i due ragazzi si erano accordati per arrivare insieme. Jimin era colui che avrebbe accompagnato Jungkook alla sede del giornale con la sua auto, cosicché entrambi potessero giungere insieme al loro primo vero lavoro all'interno di V's. Il biondo era puntuale, come lo era (quasi) sempre, e si stava dirigendo verso l'appartamento dell'amico non con pochi pensieri in testa. Non riusciva a non pensare a Yoongi e a come l'aveva lasciato solo in quella stanza d'albergo.

Ore: 7:a 36 AM
Da: Kookie

Ti aspetto, che ansia.

Quelle parole lo fecero distrarre per un secondo dai pensieri riguardanti il ragazzo dai capelli argentei, ma poi questi ultimi si rifecero di nuovo presenti come nuvole colme di pioggia in un limpido giorno di primavera. Tutto ciò che riuscì a scrivere senza distogliere l'attenzione alla strada fu una cosa minimalista, semplice ed efficace.

Ore: 7:40 AM
A: Kookie

Non sai io, ne parliamo dopo.

Ritornó a figurarsi il candido accappatoio di Yoongi, i capelli umidi che scivolavano tra le sue piccole mani, la completa impossibilità di vedere ciò che gli stava facendo, l'amplificazione degli altri sensi che in quel momento gli permettevano di avvertire sensazioni simili a spine che puntellavano tutto il suo corpo. Percepì di nuovo le labbra del ragazzo sfregare quelle poche e leggere volte sulle sue e una morsa al petto lo attanagliò appena svoltó la curva che conduceva alla casa di Jungkook. Cosa avrebbe fatto se avesse visto Yoongi al servizio non lo sapeva, ma era insicuro sul fatto che non gli avrebbe ancora rivolto la parola. Dimenticarlo e sostituirlo, a quel punto, era l'opzione migliore.
Arrivó all'appartamento di Jungkook in poco tempo e vide il ragazzo aspettare fuori dal passetto esterno di casa sua, indossando una sola cuffietta su un orecchio. Alzó il viso verso il biondo e gli sorrise in modo solare mentre lo guardava posteggiare. Jimin pensó che il moro fosse proprio un bel ragazzo. Non ci aveva mai pensato fino a quel segno e dal momento che era convinto che avrebbe dovuto chiarire meglio la sua sessualità, notò finalmente quanto fosse di bell'aspetto il suo miglior amico. Quella mattina era vestito addirittura bene e non in modo indecente come reputava la maggior parte delle volte Jimin. Portava una maglietta nera con sopra un bomber rosso bordeaux e un paio di jeans blu scuri strappati sul ginocchio, immancabili le sue fidate Timberland. Si chiese automaticamente il perché di tutta quella cura del vestiario e poi, appena ci riflettè meglio, gli sembrava ovvio che fosse per presentarsi al meglio alla sede di GQ Korea. I capelli non erano uniformi e lisci sulla fronte come sempre, bensì li aveva sistemati con il gel in modo da aver la riga di lato e la parte centrale della fronte scoperta. Jimin deglutì e si impose di smettere di fissare il suo amico e ritornare a guardare il volante. Udì il rumore dello sportello aprirsi e la figura del ragazzo sedersi goffamente sul sedile di pelle e inspirare un respiro profondo. Aveva un'intera industria di profumo spruzzata addosso.

"Nervoso?" Gli chiese il biondo, facendo ripartire il veicolo, impassibile. Cercò di non storcere il naso per quell'odore buono, ma estremamente pungente e forte.

"Direi." Rispose l'altro, facendo un lieve sorriso e sistemandosi i capelli nello specchietto davanti al suo sedile. E tutta questa cura personale da dove veniva? Si domandò l'amico dai capelli leggermente arricciati e biondissimi.

"Pure io." Disse Jimin. "Ti stanno bene i capelli così." Si limitó a commentare poi, senza staccare lo sguardo dalla strada che aveva imboccato.

"Grazie, ci ho messo un'ora a farli e me la sarei presa se non me l'avessi detto." E Jungkook rise nervosamente. "Ti sei truccato Jimin?" Chiese poi, guardando stranito la pelle che sembrava di porcellana senza alcun difetto del ragazzo.

"Già, ma è solo fondotinta." Specificó il biondo. "L'acne è una cosa orribile." Aggiunse poi, ridacchiando.

"Nah, non ne hai tanta, sta bene su di te." Jungkook tenne gli occhi fissi sul profilo dell'amico per un po' e poi lo abbassó velocemente verso i suoi piedi. Jimin si sentì strano a quel complimento, come se avesse voluto sentirlo dire da labbra altrui.

"Grazie." Rispose brevemente il biondo che rivolse subito gli occhi verso la strada, dando qualche occhiata al navigatore che indicava le vie giuste da imboccare. Entrambi erano talmente divorati dal nervosismo da non saper più cosa dirsi e, dal momento che tutto quello che facevano lo facevano insieme, non c'erano state grandissime novità da comunicare. Oltre a quelle che non potevano essere rivelate, in realtà.
Arrivarono nello stabilimento di GQ Korea senza tanta difficoltá e persino in giusto orario. Ebbero il tempo di realizzare quanto fosse maestosa la struttura esterna, pienamente in stile moderno. Era un blocco di cemento e vetro, un po' spartano a detta dei due, che aveva un parcheggio relativamente grande di fronte. Quest'ultimo era separato dalla strada per mezzo di una siepe ordinata e tutta uniformemente verde, i due la guardarono con stupore solo per quanto essa fosse perfetta e lievemente inquietante. Era come se il giardiniere avesse preso delle forbici ed un righello per potarla, o magari, commentò Jungkook, erano stati gli alieni. Jimin gli aveva risposto che guardava troppi film.
Una volta posteggiata la macchina in uno dei parcheggi disponibili, i due scesero e osservarono meglio il palazzo di vetro blu di circa sette piani. Sopra la porta si poteva leggere l'insegna del giornale, formata dalle lettere "G" e "Q" a caratteri cubitali. La struttura in sé, però, non ebbe lo stesso effetto del grande giardino che si estendeva alla fine del parcheggio. Sembrava uno di quei giardinetti zen che si usavano per bilanciare le energie positive e negative, pur essendo immerso nel frenetico del traffico di Seoul.

"Guarda che carini!" Jimin indicó un'aiuola di piccoli fiori rossi, simili a campanelline.

"Serio?" Chiese Jungkook fintamente deluso e senza espressioni in volto. "Dei fiori?"

"Lo sai che mi piacciono i fiori." Commentò tristemente il biondo, dirigendosi allora verso la porta con le labbra imbronciate.

"Certo che lo so." Replicò il moro ridendo e raggiungendo l'amico. "Potresti regalarli alla tua inesistente ragazza." Suggerì poi. Jimin ebbe un colpo al cuore. Si rese conto che era ora di trovare seriamente qualcuno a cui regalare dei fiori, proprio come aveva detto Jungkook. Avrebbe voluto riceverli in realtà, da Yoongi, forse. E dico forse.
Ma si era detto che avrebbe dovuto toglierselo dalla testa, avrebbe dovuto spegnere quell'interruttore all'interno del suo cervello, concesso che il nome di quel ragazzo, accompagnato dai ricordi, era ancora così vivo da pulsare sulle tempie come l'emicrania. Si disse che, magari, se avesse trovato una ragazza che avrebbe potuto sposare in futuro, sarebbe stato un grande obbiettivo raggiunto. Un punto di crescita, una vera responsabilità che, con un po' di speranza, gli avrebbe fatto finalmente dimenticare Yoongi. "Parla quello che se ne intende di ragazze." Ridacchió nervosamente in risposta, quando la sua mente stava già viaggiando su altri orizzonti. Insomma, anche se una ragazza fosse una distrazione, non vuol dire che le intenzioni debbano essere per forza serie. Si ricordó della cameriera di Jungsik e da come lo aveva guardato per un po' appena era entrato con Yoongi e decise che ci avrebbe provato. Sí, era una pazzia, ma era un ragazzo disperato. "Sai cosa, Kook?"

"Cosa, Chim?" Rispose interrogativo l'altro.

"Voglio proprio trovarmela una ragazza." Ed entrarono all'interno dello stabilimento dove si sarebbe tenuto il loro servizio.

"Tu, adesso, vorresti trovare una..." Jungkook si fermò e poggió i piedi sul tappeto d'entrata, per poi rivolgere gli occhi verso una figura che si stava avvicinando a lui. Una donna. Bellissima. Quando se la ritrovó davanti, cominció a sbattere le ciglia e a sentire caldo. Ella portava una divisa nera con un cartellino a livello del petto; era un tailleur, ma Jungkook con le sue conoscenze in fatto di termini specifici non avrebbe mai potuto constatarlo. Divisa, si disse, andava più che bene. "...ragazza." Concluse allora con molta meno convinzione. I suoi occhi solcarono il viso spigoloso e liscio della donna dai tratti inconfutabilmente asiatici che gli si era parata davanti con un gran sorriso.

"Già." Jimin aveva invece gli occhi fissi su un'altra ragazza accanto a lui, bionda e con lenti a contatto azzurre. Con i tacchi era alta quanto lui, ma senza era di circa cinque centimetri più bassa, forse sette. Anche lei indossava un tailleur (o "divisa") di colore nero, ma ovviamente il nome riportato sulla piastrina sul petto era diverso. Jimin lesse le sillabe con attenzione "Kim Hyun-a". I suoi occhi andarono segretamente sul suo volto e notò che aveva un viso molto delicato, liscio e curato. Il trucco era leggero, si poteva notare solo una passata di mascara, un po' di polvere rosa sulle guance e una stilla di rossetto sempre sulla tonalità del rosa chiaro. I capelli biondi e lisci le arrivavano alle scapole, con qualche treccina nascosta qua e là. La sua pelle era chiara, pallida e contraddistinta solo da un piccolo neo sotto l'occhio sinistro.

"Buongiorno, voi siete Park Ji-Min e Jeon Jung-Kook, giusto?" Chiese la ragazza dal volto spigoloso.

"Sí." Risposero allo stesso momento i due, i quali furono colti di sorpresa dal fatto che le due sapessero già i loro nomi.

"Bene, vi accompagneremo di sopra per permettervi di indossare gli abiti per il servizio." Esordì l'altra ragazza, la bionda, che stava salda in piedi accanto a Jimin.

"Ma certo." Replicò quest'ultimo, tutto su di giri.
Fecero numerose scale, arrivarono in un piano ove entrambi erano sfiniti e si domandarono perché diavolo non ci fosse un ascensore. Jimin riuscì ad incontrare lo sguardo di Jungkook, a disagio a livelli cosmici, e ad alzargli le sopracciglia, come per dirgli. "Detto, fatto. Ci provo con lei." Ripeto, era un ragazzo disperato. Jungkook gli rivolse un'altra occhiata sfiduciosa che comprendeva diverse emozioni tra cui scherno, delusione e "col cavolo che ci riesci."

Arrivati, finalmente, in una grande stanza in uno dei piani superiori dell'edificio, si rilassarono un po' e Jimin raccolse tutte le sue forze per parlare a Kim Hyuna, o qualunque fosse il suo nome.

"Eeehy." Fece Jimin con troppa poca enfasi. "Ti chiami Kim Hyuna, vero?" Chiese, in imbarazzo.

"Cos'é? Non sai leggere?" Sputò la ragazza con un tono che avrebbe folgorato anche un guanto di gomma.

"Oh, certo che so leggere." Replicò d'istinto il biondo, offeso. "Che fai quando stacchi?" Preferiva essere diretto. Veloce e indolore, come un cerotto.

"Vado a casa... da mio marito." La ragazza lo guardò dall'alto in basso con un'attitudine simile ad un coltello affilato.

"Ok, stop." Jimin si girò allarmato verso Jungkook che stava trattenendo a stento le risate, poi scoppió.

"AHAHAHAHAHAHA JIMIN, TI PREGO." La ragazza bionda si dileguò, non potendo più sentire ancora quelli che lei considerava «marmocchi pieni di sé». "CHE FIGURA DI MERDA AHAHAHAHAHAHA QUASI MI FAI PENA." Jungkook rise fino a tenersi la pancia con entrambe le mani e piegarsi in due con i lacrimoni agli occhi.

"Chi ha fatto una figura di merda?" Chiese una voce profonda e familiare dietro Jungkook. Quest'ultimo si giró molto lentamente in pieno stile film horror, avendo già riconosciuto la voce, e spalancò gli occhi appena notò la figura di Taehyung con addosso i suoi soliti vestiti firmati.

"Pfff, sicuramente non io." Il moro ritirò una mano dietro la schiena con fare colpevole e poi fece dei strani gesti con la mano che suggerivano di non preoccuparsi. Taehyung sí intenerì e lo osservò con dolcezza.

"Io, con la ragazza bionda." Riveló poi Jimin, grattandosi la nuca e sorridendo in modo colpevole. "Niente di grave, non si preoccupi."

"È carina, ma anche sposata." Taehyung gli fece l'occhiolino e si voltó di scatto verso un lieve suono di passi che aveva udito dietro di sé. Jungkook si straní a quelle parole. Sentire Taehyung parlare di ragazze gli fece uno strano effetto. Insomma, anche lui quindi poteva vedere se una ragazza fosse o meno carina? Magari, si disse, riusciva a distinguerle anche meglio? Oppure lo aveva detto solo per educazione. Si tolse quei dubbi dalla testa e si limitò a guardare un uomo veramente grasso avvicinarsi allo stilista.

"Sposarsi a quell'età, tsk, da che razza di famiglia viene?" Sentí Jimin sussurrare affianco a sé e si fece una risata sotto i baffi.

"Sfigato." Lo insultó amichevolmente, fissandosi bene nella memoria l'esilarante espressione che Jimin aveva fatto appena aveva ricevuto tale notizia.

L'uomo grasso stava parlando con Taehyung e Jungkook lo guardò meglio, facendo attenzione ad ogni singolo dettaglio. La contrapposizione del profilo assolutamente perfetto dello stilista e quello compresso e tozzo dell'uomo era divertente, in un certo senso. Osservó Taehyung annuire e sorridere amichevolmente, perse qualche dettaglio della conversazione della quale non poteva importargli di meno, fintanto che potesse vedere il ragazzo sorridere in quel modo. L'uomo era invece inguardabile. Grosso da far paura, come paura faceva il suo completo elegante sul punto di strapparsi al minimo movimento mal calcolato. Portava una giacca gessata e per un attimo Jungkook provó pena per quelle piccole e fine righe che dovevano fasciare quel tanto grasso in eccesso. I bottoni erano in procinto di trasformarsi in letali proiettili che potevano saltare da un momento all'altro, quando meno se lo aspettava. Tentó di contare tutti i doppimenti cinti da una cravatta rossa (Jimin avrebbe sicuramente constatato che faceva troppo anni 80), però ne spuntava uno ad ogni mossa del collo. I capelli erano pieni di gel, anzi, il gel era pieno di capelli, tanto da compattarli in un buffo casco nero e lasciare le stempiature profonde libere al vento. Jungkook scosse la testa schifato e rivolse di nuovo gli occhi su Taehyung, che lo fecero ricredere sulla vera bellezza. Gli venne voglia di sfiorare la pelle color miele di quel ragazzo, ma fortunatamente si trattenne con facilità. Guardó le gambe magre avvolte dai jeans blu che formavano pieghette sulle ginocchia e sulle caviglie, alla felpa aperta in jersey nero, con di lato una banda rossa e bianca che riportava la scritta cubitale "Gucci". La fascia che indossava quel giorno era rossa, con la firma di Supreme stampata sopra. I capelli spuntavano morbidi da essa, coprivano la metà superiore dell'orecchio e lasciavano scoperti i tre orecchini che lo stilista portava. Jungkook distolse lo sguardo appena quello di Taehyung si spostò su di lui, con un viso tirato e nervoso. Il moro capí che l'uomo grasso, nonché, da quanto aveva capito fino a quel punto, direttore dello stabilimento e della rivista, non doveva essere la persona più simpatica del mondo.

"Lui è Jeon Jun-" Puntualmente la voce del gentile stilista fu interrotta dalla rozza e goffa mano dell'uomo.

"So io, so io." Disse con un tono pomposo e una voce fastidiosamente nasale. "Si chiama Jeon Jungkook, nato a Busan, trasferitosi in giovane età a Seoul, di etá ventuno." Sembrava un computer, un computer rotto vista la sua voce gracchiante. "E invece quello che sembra una ragazza si chiama Park Jimin, nato anche lui a Busan, trasferitosi a giovane età a Seoul, di età ventitré."

Jungkook lo osservó interrogativo con la testa piegata da un lato, Jimin aveva le sopracciglia corrucciate, le quali non nascondevano la palese espressione irritata ed infastidita. "Oh, vedo che si è informato molto bene." Fece allora Taehyung un po' esitante.

"Scherza? Io sono sempre informato sui modelli che devono posare per la mia rivista e nessuno potrà mai battermi in questo." Dichiaró l'uomo. "E comunque il mio nome è Signor Lee Kwang.*"

"Seriamente?" Rise Jungkook all'orecchio di Jimin. "Come ha fatto la madre a indovinare così?"

"Aveva una palla di vetro al momento del parto, forse" Rise Jimin. "Del tipo: «Il tuo figlioletto, buona donna, diverrà un transatlantico con doppia farcitura di crema pasticciera.»" Jungkook cercó di non ridere e non far uscire alcun suono dalla sua bocca. Avrebbe fatto fare una pessima figura a Taehyung se solo avesse riso del Transatlantico Lee e la sua farcitura. In quel momento entró la ragazza bionda, la quale aveva fatto penare Jimin qualche minuto prima, che accompagnava un ragazzo moro con indosso degli occhiali da sole.

"Lui è Choi Youngjae, nato a Mokpo, vissuto a Busan e recentemente trasferitosi a Seoul." Esordì il Sg. Doppia Farcitura. "In ritardo, Taehyung sai quanto io odi i ritardi." Commentó poi a denti stretti.

"Buongiorno Sg. Taehyung, la ringrazio davvero per avermi concesso di partecipare al servizio per questa importante rivista." Youngjae era già appollaiato sulla mano dello stilista e la scuoteva ripetutamente, guadagnandosi profonde occhiatacce da Jungkook.

"Già, prego." Rispose lo stilista con poca enfasi, per poi spostare il ragazzo e avvicinarsi all'orecchio di Jungkook. "Fammi gli auguri." Sussurró, per poi dirigersi con il Sg. Transatlantico nell'ufficio. Il moro fissó il vuoto per un attimo e poi gli auguró mentalmente buona fortuna. Ed ecco che arrivava di nuovo il turbamento che portava l'approccio di Taehyung in Jungkook. Averlo vicino, anche per un secondo, gli dava una sensazione di disagio e di benessere allo stesso tempo. Era strano, forse era come si sentivano coloro che avevano un amico gay, pensò. O forse era soltanto per il nervosismo provocato da quella enorme stanza piena di pannelli bianchi, neri e verdi. Davanti ad essi, si posizionavano varie fotocamere professionali col cavalletto fino e l'obbiettivo enorme. Fu a quel punto che Jimin scorse Namjoon e Jin che stavano parlando di fronte ad una fotocamera. Fu incredibilmente felice di rivederli insieme e avrebbe voluto andar lí e salutarli, chiedere magari come fosse andata quei giorni, sennonché fosse obbligato ad andare a cambiarsi per il servizio. Passando, li osservó ancora e notò con piacere che Jin era ritornato il gioioso Jin di sempre e che sorrideva al suo ragazzo. Improvvisamente, un altro colpo al cuore lo sorprese nel mezzo della stanza, facendolo ripensare alla sera in hotel, e distolse velocemente lo sguardo.

Tutto sommato, nonostante l'attitudine del Sg. Kwang, il servizio andó tutto liscio. Namjoon, il quale in teoria era l'unico fotografo sottoposto, dava ordini agli altri tecnici della direzione di GQ Korea senza preoccuparsi troppo. Namjoon era uno a cui piaceva comandare e fare le cose a modo suo e, inesorabilmente, aveva successo. Jungkook constatò che per fortuna non avevano fatto assumere pose troppo difficili o accattivanti, limitandosi solo all'uso addizionale di una sedia. Youngjae aveva tutt'altro parere, invece. Lo si sentiva sbuffare e lamentarsi a bassa voce di cose come: "Che noia!", "Questo servizio è tutto uguale.", "Ma dov'é l'originalità?" Tutto sta che Jungkook avrebbe voluto disperatamente riempirlo di schiaffi ogni volta. A detta del moro, invece, Jimin sembrava davvero troppo passivo. Solitamente era quello più entusiasta, con la parlantina ancor più infervorata e la gioia che sprizzava qua e là, ma quel giorno così importante si limitava a stare zitto, posare, rivolgere lo sguardo al vuoto e pensare a chissà cosa.

"Ehy, Jimin, qualcosa non va?" Gli chiese quando erano nuovamente negli spogliatoi e si stavano infilando i loro abiti giornalieri. "Ti vedo... pensieroso..." Azzardò allora il ragazzo.

Jimin fece guizzare gli occhi su di lui e prese un lungo respiro prima di parlare. "Tranquillo, sono solo stanco, credo." Mentí, al solo scopo di non far preoccupare l'amico di qualcosa del quale lui e solo lui medesimo era colpevole. "Più che altro..." Esordì con un sorriso falso. "Stanotte ho voglia di fare baldoria." Disse, con un ghigno.

"Vai, distraiti, che ne hai bisogno." Gli consiglió il moro. "Non ti chiederò nemmeno di venire con te visto che mi hai detto che vuoi trovarti una ragazza e io non voglio registrare un porno." Rise poi, cercando di tirare su il morale al biondo.

"Eddai, non dire così! E comunque sí, preferirei andare da solo, poi ti racconto tutto, giuro!" Promise il biondo, con una pomposa mano sul cuore.

Jin e Namjoon stavano aiutando i funzionari a rimettere apposto gli attrezzi e, una volta finito, Namjoon si riavvicinò al ragazzo. Avrebbe voluto andare a casa e stare solo con Jin ancora e ancora finché lui non si fosse stancato, ma purtroppo nella stanza c'era rimasta solo una giovane stagista che stava facendo il caffè per i suoi superiori e di certo i due non potevano andare via in quel modo. Namjoon prese la mano di Jin tra la sua, facendolo sorridere con un lato della bocca e poi piazzó un bacio a stampo sulle sue labbra.

"Non vedo l'ora di ritornare a casa." Sussurró Namjoon vicino al volto del ragazzo più grande. Realizzó in quel momento che la stagista aveva afferrato dei caffè che erano fin troppi per le sue piccole e scarne mani.

"Valla ad aiutare, Joonie." Sussurró Jin, facendo un cenno verso la giovane ragazza biondina che faceva ballonzolare il liquido scuro all'interno delle tazzine.

"Dovrei?" Chiese l'altro deluso.

"Dovresti." Replicò seccamente il maggiore con un sorrisetto.

Namjoon voltó le spalle e si incamminò per tutta la grande stanza, offrendo una mano alla ragazza alla quale brillarono gli occhi dalla felicità. Lo riempí di infiniti grazie e di sorrisi riconoscenti. Era giovane, constatò Namjoon, e probabilmente le serviva un lavoro. Si sentì bene appena realizzó di aver fatto una buona azione che lo aveva fatto felice e aveva accontentato anche il suo ragazzo.

Youngjae era uscito dagli spogliatoi prima di Jungkook e Jimin e aveva trovato Jin da solo, con Namjoon che era distratto a fare altro. Gli si avvicinò lentamente e, quando furono lontani di qualche passo, il ragazzo si ritrovò gli occhi di Jin puntati addosso con indifferenza.

"Che c'è?" Chiese il ragazzo dai capelli rosei.

Youngjae aveva in mente di fare una cosa troppo rischiosa, ma che speranzosamente l'avrebbe fatto riconoscere ovunque. Non pensó, a quel punto, alle conseguenze reali che avrebbe avuto quel gesto, sperava solo di arrivare in prima copertina con uno scandalo e diventare famoso più di quanto già fosse.
Si avvicinò pericolosamente a Jin, gli prese il colletto della camicia e premette le labbra alle sue, assicurandosi che sia la giovane stagista e sia Namjoon vedessero il suo gesto. Non ragionó, si dimenticó completamente del lavoro che doveva portare a termine, dei soldi che doveva ricevere. Jin lo spinse via prima che poté e si pulí le labbra con la manica della camicia mentre lo guardava con riluttanza. Namjoon gettó il caffè a terra e inizió a camminare furiosamente verso Youngjae. La stagista prese precipitosamente uno straccio e fu indecisa tra il pulire per terra o guardare quella scena da film che non capitava certo tutti i giorni.

"Namjoon, cosa stai facendo?" Chiese Jin disperato, vedendo che il suo ragazzo aveva aggrappato con forza il colletto di Youngjae e che lo stava sbattendo al muro. "Namjoon!" Questo non voleva ascoltare nessuna delle parole di Jin e cominció a parlare con Youngjae, ignorando chiunque altro.

"Adesso dimmi che cazzo di problemi hai." Gridó Namjoon, completamente in preda alla rabbia.

"SIETE ANDATI ENTRAMBI FUORI DI TESTA?!" Urlò Jin, cercando di staccare Namjoon da Youngjae che era ancora attaccato violentemente al muro con il collo tanto serrato da riuscire a respirare solo un minimo.

"Nessuno di voi vale un cazzo qui dentro, siete solo un mucchio di burattini culattoni." Youngjae gracchió, gli sputó su una guancia per distrarlo e gli diede un pugno sul lato della guancia, facendo girare il volto a Namjoon. "Mollami, oh." Gli impose.

"Oh mio Dio, vi prego fermi." Jin era paralizzato, completamente inconsapevole di cosa potesse fare e la stagista stava tranquillamente registrando un video della scena per poi rivenderlo a qualsivoglia giornale.

Namjoon prese un lungo respiro, tutti i suoi sensi si affievolirono fino ad assentarsi e piazzó di rimando quattro nocche sul naso del modello, sentendo un sonoro crack sotto le sue dita. Nel momento in cui ritiró la mano, iniziò a sentire il lamentoso suono della voce di Jin che lo tiró via dal corpo di Youngjae, sentí le mani del suo ragazzo che gli avvolgevano le spalle e la sua vicinanza scaldarlo un po'.

"COSA CRISTO VI È SALTATO IN MENTE?! SIETE ANDATI TUTTI E DUE FUORI DI TESTA?!" Gli gridò Jin, con le lacrime agli occhi. "Tu dovresti essere migliore di lui, cazzo." L'impulsività di Namjoon e la pazienza di Jin erano uno di quei contrasti che permettevano ai due di trovare se stessi l'uno nell'altro, ma quel giorno Namjoon era paurosamente convinto di averlo perso di nuovo.

Namjoon cercò di risvegliarsi tra tutta quella confusione, scosse la testa, prese il cellulare della stagista che stava facendo un video e chiamó velocemente un'ambulanza per poi cancellare ogni prova della breve rissa tra loro. Si sentì un tuffo orribile al cuore al solo pensiero di aver fatto ciò a aveva fatto. Si passó una mano sul volto, soffermandosi sul punto colpito precedentemente da Youngjae, notando che stava sanguinando a causa di un anello che il ragazzo portava. Si strofinò quel taglio e poi rivolse lo sguardo al corpo di Youngjae, appoggiato a terra, seduto con la schiena sul muro e il naso sanguinante. In quel volto giovane, quale quello del modello, si formava un sorriso controverso, un sorriso trionfante, che pietrificó tutti i presenti. Namjoon rivolse lo sguardo a Jin che a sua volta osservava la figura seduta a terra; lo vedeva, era deluso, incredibilmente deluso da tutto ciò che aveva visto.

"Cosa diavolo sta succedendo qui?! Perché sta sanguinando?!" Taehyung irruppe nella stanza correndo, poiché aveva udito le grida dall'ufficio e si chinó immediatamente su Youngjae per accertare le sue condizioni.


*Il nome coreano Kwang significherebbe "ampiezza" e "grandezza".

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