Il Diavolo Sa Amare

By polariss_star

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La storia di Samantha e Christopher non è come tutte le storie d'amore e di odio: si odiano senza apparente m... More

SPECIAL CAST
copertinaaaaaa
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
Nuova copertina.
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
avvisoooo
Capitolo 7
Capitolo 8

prologo...

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By polariss_star


10 giugno.

La scuola finalmente è finita, sono sopravvissuta a quest'anno di merda. Avevo pensato tante volte di abbandonare gli studi e scappare il più lontano da questo posto dimenticato da Dio.

Christopher Lambert, il ragazzo più popolare della scuola, il campione di football, la star della nostra scuola, nonché il mio vicino mi ha preso di mira, rendendo la mia vita un inferno, deridendomi, facendomi scherzi infantili, non so nemmeno per quale cazzo di motivo. Tutto ciò mi ha resa fottutamente debole, sola, senza amici e senza nessun spiraglio di felicità. Voi lo sapete il motivo? Io no di certo.

Il pianto del mio fratellino di tre mesi mi risveglia dai pensieri negativi, mi alzo dal divano e vado a prendere il biberon pronto per dargli da mangiare.

- Arrivo Sam, dammi due secondi. – Mormoro per calmarlo.

Lo prendo in braccio e lo posiziono per avvicinargli il biberon. Io e lui non abbiamo lo stesso padre, in verità nemmeno mia madre sa di preciso chi sia il padre. Non ne parla e quando intavolo il discorso, si arrabbia e mi urla di farmi gli affari miei. Mi va bene anche così, non mi importa più di tanto.

Visto che sto in vacanza, mi devo occupare del mio piccolo e indifeso fratellino.

Quest'estate non solo mi devo prendere cura di lui ma la mamma ci spedisce in Texas, da mio zio che non vedo ormai da una decina di anni. Una cosa positiva c'è, almeno non sarò costretta a subire le angherie dei miei compagni di scuola e del mio vicino di casa, Christopher Lambert, il capo banda di quei babbuini ammaestrati.

Inizio Flashback...

- Sam, mi stai ascoltando per una buona volta? - Sbatte il piede per terra, in quanto non le sto prestando minimamente attenzione.

- No, non ti sto ascoltando. Perché io in Texas non ci vado, capito? - Urlo in preda alla frustrazione.

- Eh, no signorina, non ti permetto di rispondermi così. Tu farai ciò che ti dico. Quindi fila di sopra e prepara le valige che partite fra tre giorni. - Esce dal salotto, arrabbiata più che mai.

- Te lo puoi scordare donna, io da qui non muovo nemmeno un muscolo. - Le rispondo stizzita salendo le scale.

Ma chi si crede di essere? Da quando papà se ne è andato, le cose sono peggiorate.

Sbuffo stanca di queste stronzate e mi butto a peso morto sul letto.

Appena chiudo gli occhi, sento la mia porta aprirsi e sbattere contro il muro. Non mi muovo perché già lo so che è lei.

- Tu adesso mi ascolti molto attentamente signorina. Finché vivrai sotto il mio tetto farai ciò che ti dico. Altrimenti ti spedisco da tuo padre in Arizona. - Mi minaccia, ma non me ne frego.

- Ah, sì? Hai intenzione di mandarmi da lui o da tuo fratello così potrai scopare con il tuo adorato amante? - Mi alzo dal letto e mi metto seduta a gambe incrociate guardandola con noia.

Si avvicina e senza dire una parola mi tira uno schiaffo tanto forte da farmi girare la testa dall'altro lato.

Fine flashback...

20 giugno...

Ed eccoci qui, sul volo diretta verso il Texas. Con le mie adorate cuffie nelle orecchie e un libro in mano e il mio piccolo fratellino, di soli tre mesi addormentato beatamente.

Il volo è stancante, dura più di cinque ore e io per tutto il tempo alterno la mia attenzione tra il libro e Samuel, che dorme come un ghiro, consentendomi di fare un breve e leggero sonnellino.

Una volta atterrata, aspetto pazientemente che la maggior parte dei passeggeri esca per consentirmi di prendere il seggiolino e avviarmi con zaino in spalle giù per le scale. Molte persone mi guardano, immaginando chissà cosa, forse che sono io la sua mamma o peggio, che sono una facile, ma li ignoro, facendo ciò che devo per andare avanti, senza timori e con molti pensieri per il futuro. Mi avvio al ritiro bagagli e aspetto pazientemente l'enorme valigia e il passagino, nel frattempo con gli occhi vigili cerco mio zio che non son nemmeno che aspetto abbia visto che non lo vedo da almeno dieci anni.

Intravedo la valigia sul nastro trasportatore insieme al passeggino e li afferro, per poi girarmi per trovare mio zio. Vedo alcuni con i cartelli in mano e intravedo il mio nome.

Un uomo sui 40 anni, con la barba curata, con una camicia a quadri, un paio di jeans e un capello da cowboy sotto al quale appaiono dei ricci biondo cenere e occhi grigi. Ha un fisico asciutto, petto ampio, bicipiti grossi e una vita snella. Wow è figo. Sorrido per il mio pensiero e mi avvicino a lui.

- Zio Thomas? -

- Samantha? O mio Dio, come sei diventata bella. È lui chi è? - Sorrido imbarazzata.

- Mamma non ti ha avvisato di lui? – Chiedo sospirando. So già la risposta.

- No. Per niente. Ma siete benvenuti per tutto il tempo che volete. – Risponde abbacinandomi.

- Ehm. Mi stai soffocando. - Dico in un sussurro.

- Oh, scusa tesoro. Andiamo, devi essere stanca dopo il lungo viaggio. - Mi prende il seggiolino dalla mano e impugna prontamente nell'altra la valigia, senza ulteriori indugi mi conduce fuori verso il suo pick-up nero.

Senza tergiversare salgo in auto, poggio la testa al finestrino. Il mio fratellino dopo il pasto veloce all'atterraggio e il cambio pannolino si è addormentato nuovamente, consentendoci di trascorrere il viaggio di un'ora e mezza nella quiete e tranquillità. Sono fortunata, non piange mai se non quando ha fame, e dorme per la maggior parte. Durante il viaggio verso l'enorme ranch converso civilmente con mio zio e ammiro il panorama che allontanandoci sempre più dalla città, diventa un'immensa distesa di boschi, prati verdi circondati da steccati dietro i quali pascolano mandrie di cavalli e case vecchio stile.

- Allora, come va la scuola? – Domanda mio zio.

- Sai, è la scuola, niente di che. – Rispondo vaga non volendo ricordare le cose brutte successe.

- Tua mamma mi ha detto che sei cambiata molto, che le rispondi male e la tratti freddamente. - Si gratta la barba ben curata e mi guarda per un secondo per poi riportare gli occhi sulla strada.

- Lei non sa niente e nemmeno tu, quindi per favore non parlare come se mi conoscessi da una vita. Sai si cambia nella vita con le buone o con le cattive. Non ci sono alternative. -  Continuo a guardare fuori dal finestrino stringendo le mani a pugno mordendomi forte il labbro per non dire altro.

- Ha ragione Emma, non sei più la bambina gentile di una volta. - Scuote la testa e non aggiunge più niente.

- Zio, non voglio mancarti di rispetto ma l'ultima volta che io e te ci siamo visti, io avevo solo 6 anni, quindi, sì, sono cambiata e molto. Non ne hai idea. – Mi tormento le mani per non continuare a parlare e per non spifferare tutto ciò che ho passato dicendomi mentalmente che, anche se sapesse le cose non cambierebbero e ciò non cambierebbe il passato.

Per il resto del viaggio rimaniamo in silenzio. Ormai il sole sta tramontando, colorando il cielo di arancione, rosso e giallo.

Arriviamo finalmente a casa di mio zio e rimango sbalordita. Una enorme villetta su due piani appare davanti a noi. Una villa di mattoni marroni, con ampie finestre ad arco e un enorme porticato che circonda tutta la casa, con un vialetto attorniato da fiori di tutti i colori e a meno di cinquecento metri, al lato sinistro, un fienile di almeno trecento metri quadrati.

- Zio, mi dispiace per prima, - ammetto imbarazzata - non volevo prendermela con te. Sono successe delle cose che hanno inciso sul mio comportamento, ma ti giuro che sono ancora la ragazzina gentile e dispettosa di quando avevo 6 anni. – Dico afferrandogli il braccio prima di scendere, guardandolo negli occhi identici ai miei per fargli vedere la sincerità delle mie parole.

Scendo dal pickup e apro la portiera posteriore per sollevare il piccolo dormiglione che in quel momento apre gli occhietti color verde acqua e alza le manine.

- Vieni qui. – Lo prendo in braccio e gli bacio le guancette paffute. Fa versetti di gioia per poi guardarsi in giro incuriosito dal nuovo ambiente che lo circonda.

Senza proferire una parola afferra la valigia e il passeggino e a passo rapido procede verso l'ingresso dove c'è un pastore tedesco ad aspettarlo. Scodinzola felice di vedere il padrone.

- Lui è Dakar. È con me da quando è cucciolo. Ama essere coccolato e soprattutto te lo fai amico a vita se gli dai il bacon. – Sparisce in casa con un sogghigno beffardo.

Mi avvicino lentamente verso l'ingresso della casa, cercando di nascondere il mio nervosismo. Dakar si avvicina, mi annusa, andando in cerchio intorno, con il muso mi inizia ad annusare all'altezza della vita per poi concentrarsi sul piccolo fagotto che ho in braccio, annussando pian piano i piedini di Samuel. Così come ha iniziato, se ne va, stendendosi nuovamente al suo posto, consentendomi di lasciar andare il respiro trattenuto.

Appena varco la porta di casa, ciò che mi trovo è un enorme openspace, alla destra, in mezzo alle enormi porta-finestre ad arco, un camino in pietra, con divani a circondarlo e un tavolino basso. Affacciandosi dalle porta- finestre si ha visuale sul viale d'ingresso della casa, e sul portico dove vi è un dondolo. Girando a sinistra ritroviamo un enorme penisola da colazione, in granito color grigio chiaro con riflessi beige. Con la sua forma ad U consente di conversare con gli ospiti anche mentre si prepara il pranzo o la cena. I pensili della cucina sono probabilmente in legno massello scuro, con il frigorifero, lavastoviglie e forno in acciaio inox. Accanto ai pensili della cucina un'altra porta-finestra che porta al portico ampio, dove ritroviamo i mobili da giardino che circondano il braciere, dal quale si può ammirare la prateria circondata da alberi. Di fronte all'ingresso, vi è una scala che porta al piano di sopra, dove sono situate le camere da letto.

- Vieni, ti faccio vedere la camera dove potete sistemarvi. – Afferma zio riportandomi al presente.

- Ti seguo, fammi strada. – Rispondo rafforzando la presa intorno a Samuel.

Sale le scale a due a due senza alcun sforzo, nonostante la pesante valigia. In cima alle scale gira a sinistra dove apre una porta, poggia accanto alla porta la valigia e fa un passo indietro per consentirmi di entrare. Di fronte alla porta vi è situato un enorme letto matrimoniale, alla sua destra, una finestra ad arco sotto alla quale vi è una scrivania e a sinistra del comodino, una porta che conduce  probabilmente al bagno. Anche essa è tutta in legno massello chiaro, alla sinistra della porta ritrovo un'ampia libreria, al centro della quale, un televisore da 32 pollici.

- Grazie zio Thomas. - Sorrido timidamente, poggiando il piccolo che si agita tra le mie braccia sul letto.

- Puoi chiamarmi Thomas, se preferisci. – Risponde avvicinandosi al letto per intrattenere Samuel.

- Va bene, se a te non dispiace ti chiamerò per nome. – Rispondo togliendo il pesante zaino che ho sulle spalle.

- Va più che bene. L'importante che tu e lui vi sentiate a casa per questi due mesi e mezzo. Ora mettiti comoda e appena hai finito, vieni giù che preparo qualcosa da mangiare e lascia anche che mi occupi del piccolo. – fa per prendere Samuel in braccio quando dico: - Aspetta, gli devo cambiare il pannolino e fare un bagnetto. Ma puoi mettere a scaldare il suo biberon? - Chiedo prendendo il poppatoio per porgerglielo.

- Si certo. Quando scendi sarà pronto. – Lo prende senza esitazione ed esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Apro la valigia e prendo una maglietta nera a maniche corte e un paio di pantaloncini bianchi e le mie amate Converse nere. Estraggo anche il cambio di vestitini del mio fratellino e poggio tutto sul porto asciugamani.

Mo occupo prima del mio fratellino e appena finito, lo deposito sul letto creando una barriera con i cuscini per evitare che cada dal letto mentre io mi fiondo nella doccia. Nemmeno il tempo di dieci minuti e sono pronta a scendere, lavata e profumata.

Mi affaccio e vedo mio zio con il grembiule rosso mentre gira qualcosa nella padella.

- Eccoci qui, puliti e profumati. – Affermo, facendolo spaventare.

I giorni trascorrono tranquillamente qui al ranch in compagnia di Thomas. Non mi impone di dargli una mano, ma non me la sento di poltrire mentre tutti gli alti del ranch si danno da fare. Lo aiuto soprattutto nelle faccende leggere, come ad esempio preparare la colazione, il pranzo e il pranzo a sacco quando lui e i suoi collaboratori escono al pascolo con la mandria. Altre volte sono io che vado con i suoi collaboratori in giro a cavallo, mentre lui si occupa di Samuel.

Mi alzo dal dondolo situato nel porticato, facendo attenzione a non svegliare il piccolo che mi dorme in braccio e Dakar ai miei piedi ed entro dentro. Il sole é tramontato da un pezzo, ringrazio mentalmente mio zio che non ci ha disturbati.

Il piccolo apre gli occhietti, gli sorrido avvicinando il naso alla sua pelle che profuma di albicocca e fiori. Riscaldo di nuovo il biberon e appena finito, prima di metterlo giù, gli do delle leggere pacche sulla schiena finché non fa il ruttino. Appena lo sento, salgo le scale e lo deposito nel suo passeggino dove ha dormito in queste ultime settimane.

Stanca, mi butto sul letto, con le braccia sugli occhi e per una volta col sorriso sulle labbra, felice come non mai. Mi addormento immediatamente, senza pensieri, senza preoccupazione.

La luce inizia a darmi fastidio, mi rigiro nel letto cercando di nascondere la testa sotto il cuscino ma qualcuno inizia a bussare alla porta.

- Vattene, sto dormendo. - Mormoro ancora con il cuscino sul viso.

- Su alzati, dormigliona. - Zio Thomas ride.

- Ma cazzo hai da ridere di prima mattina? - Mi irrita la gente che si sveglia con il sorriso sulle labbra.

- Signorina modera il linguaggio, non sei da sola qui. – Mi alzo immediatamente, ricordandomi di Samuel e di come non lo abbia sentito piangere nella notte nemmeno una volta.

- Tranquilla lui è con me, ho pensato che avessi bisogno di dormire. Se mi permetti, lo tengo io per le prossime settimane. - Dice senza esitazioni.

- Ehm, certo, se per te non è un problema. – Non ricordo l'ultima volta che io abbia dormito tutta la notte da quando lui è nato. Gli sorrido a mo di ringraziamento.

Mi accascio di nuovo sul letto morbido addormentandomi senza pensieri.

Vengo di nuovo svegliata dal bussare.

- Cazzo, lasciami dormire. – Mi lamento, triandogli il cuscino che però schiva senza alcun problema.

- Non ti permetto di parlare così in casa mia. Adesso è meglio che ti alzi o ti faccio alzare io e non sarà divertente. - Mi minaccia ma non gli do ascolto, rituffandomi sotto le coperte, che scosto immediatamente per il caldo.

Lo sento andare via, mi rimetto a pancia in giù e continuo a sonnecchiare quando all'improvviso sento l'acqua ghiacciata che colpisce il mio corpo.

- Cazzo, ma sei impazzito? - Salto dal letto respirando con affanno per questo risveglio brusco.

La maglietta 3 taglie più grande che utilizzo per dormire adesso è attaccata come seconda pelle.

Lui semplicemente cerca di trattenere la risata ma senza riuscire e alla fine esplode ridendo forte.

- Questa me la paghi, pazzo del cazzo. - Mi dirigo in bagno, sbatto la porta e mi levo gli indumenti bagnati. Tremo per il freddo e apro l'acqua bollente sotto la quale mi fiondo.

Dopo questo episodio si sono verificati altri e io l'ho ripagato con la stessa moneta, mettendogli nel letto una volta un serpente e un'altra volta la cacca del cavallo.

Abbiamo passato le giornate a litigare come cane e gatto. Mentre gli altri dipendenti se la ridevano per le pazzie che combinavamo. Anche se alcune cose positive ci sono state. Ho fatto lunghe cavalcate per tutto il ranch spingendomi anche oltre. Ma come sempre, a tutto c'è una fine. Questa vacanza di pace e tranquillità sta per volgere al termine e sinceramente non sono pronta a tornare, a riprendere la vecchia vita di torture, insulti e le angherie dei miei compagni di scuola. 

- Mamma, voglio rimanere qui, non voglio tornare. - Dico stanca di continuare a litigare con lei.

- Non se ne parla. Prima non vuoi partire e adesso non vuoi tornare? Ma che ti prende Sam? - Dice alzando la voce ancora di più.

- Oh, al diavolo, io non voglio tornare. Non devi sapere il motivo, cazzo. - Mi passo le mani tra i capelli sempre più lunghi che mi arrivano a metà schiena.

- Ora basta con i tuoi capricci. Non ne posso più di te e dei tuoi sbalzi d'umore. Voi due lunedì tornate qui. - Chiude il telefono senza darmi il tempo di rispondere a tono.

- Maledizione, cazzo, cazzo. - Do un pugno alla parete facendomi male alla mano. - merda.

- Cosa succede? – Chiede vedendo che mi tengo la mano. Scuote la testa e mi prende la mano per vedere che cosa ho combinato. Mi prende per il polso, mi trascina giù per le scale e arrivati in cucina, prende del ghiaccio e lo poggia sulla mano.

- Sei un caso disperato. Sam, non puoi continuare così. Parla con me, dimmi cosa succede, io posso aiutarti. - Dice guardandomi in modo amorevole.

- Tu non puoi aiutarmi, nessuno può. –

- Dimmelo e vediamo di risolvere la situazione. - Insiste ma io scuoto la testa ormai rassegnata perché non posso dirgli di mamma, del fatto che sono io che mi occupo di tutto, e che non ho nessuno a parte Luke a darmi manforte.

Mi lascia in cucina ed esce. Sono un completo disastro. Davanti agli altri mi mostro forte, una guerriera ma dentro di me sto cadendo a pezzi. Nessuno può sistemare il casino in cui mi sono trasformata, ci vorrebbe un miracolo, ma non credo nei miracoli né tanto meno nelle persone. Le persone ti feriscono, si fingono tue amiche e appena tu volti loro le spalle ecco che ti pugnalano.

Salgo di nuovo in camera e preparo la valigia. Fra due giorni ritornerò nel mio incubo personale dal quale non riuscirò ad uscire.

20 agosto...

- Zio, grazie per tutto ciò che hai fatto per noi. - Imbarazzata e con le guance rosse mi guardo le scarpe.

- Ritorna quando vuoi. Qui troverai sempre la porta aperta. Ti voglio bene Sam. Per qualsiasi cosa chiamami ed io vengo da te. - Mi abbraccia senza darmi il tempo di allontanarmi.

Odio gli abbracci, non amo essere abbracciata.

Mi separo dall'abbraccio e annuisco sapendo che non lo chiamerò mai, poi dedica l'attenzione sul mio piccolo fratellino e gli bacia le guancette.

Salgo sull'aereo senza girarmi indietro triste più che mai, una lacrima sfugge e scende lungo la guancia prima che io possa fermarla, perché sono consapevole che li sto lasciando una piccola parte del mio cuore e della mia felicità.

- Inferno sto arrivando. – Mormoro. 

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