♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vk...

By bisdrucciola

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"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le ste... More

✤ P R O L O G O ✤
family is where life begins and love never ends.
you'll regret someday if you don't do your best now.
kill 'em with success, bury 'em with a smile.
don't ever run backwards.
never work just for money or for power.
you can be the moon and still be jealous of the stars.
and then you came into my life.
i'm jealous. wanna know why? because we started as 'just friends' too.
love is both: how you become a person, and why.
can i be your lei-tsu?
i like people who shake other people up & make em feel uncomfortable.
heavy hearts don't have to drown.
kiss me until i forget the thought of somebody else near your lips.
you became one of my stories.
the tip of my finger is tracing your figure.
we're too young and immature to give up, you idiot.
i just want you to talk to me. tell me how you feel. about life. just talk.
i want you. all of you. on me. under me. tasting me. wanting me.
it hurts too good to say no.
the more i learn about you, the more i like you.
to die would be less painful.
do you think the universe fights for souls to be together?
life is not about hiding, life is about living.
there's nothing wrong with you.
i am desperately craving your lips.
a sea of whiskey couldn't intoxicate me as much as a drop of you.
i've been holding back for the fear that you might change you mind.
i tried so hard to not fall for you, but then our eyes locked and it was over.
my heart's your home, no matter where you are, u'll always have a place to stay.
all my mistakes are drowning me, i'm trying to make it better piece by piece.
perhaps it's better this way.
he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".
i think i need you, and that's so hard to say.
tell me pretty lies, tell me that you love me, even if it's fake.
how can i look at you and feel so much happiness and sadness all at once?
i've hella feelings for you, but i'm so fucking scared.
you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.
lips so good i forget my name.
one of the hardest battles we fight is between what we know and what we feel.
he dreams more often than he sleeps.
mommy, daddy, don't you know? You lost your daughter years ago.
ça ne casse pas trois pattes à un canard
i wanna feel you in my veins.
as humans we ruin everything we touch, including each other.
I just wish i could lose this feeling as fast as i lost you.
look at your cuts. each one is a battle with yourself that you lost.
in the end, we'll all become stories.
And he dreamed of paradise every time he closed his eyes.
un piccolo regalo...
you're burning inside of me and i'm still alive in you.

i hope you can see me for what i am and continue to love me the same.

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By bisdrucciola


La mattina seguente all'atelier si poteva definire unicamente un tugurio informe di vociare ed un grande crocchio riunito di giovani ragazzi, quali i modelli. Le pareti chiare e la grande luce proveniente dalle vetrate erano forse l'unica forma evidente di tranquillità, per il resto il ronzio di parole e risate riempiva fastidiosamente la grande stanza centrale. Solo una di queste tante voci riuscì a zittire il coretto che si andava ad infervorare discorso dopo discorso. "Qualcuno sa dirmi dove sono quei ritardatari dei miei due modelli?!" Chiese Taehyung, leggermente stizzito dal fatto che, pur avendo prefissato un incontro per parlare di vari punti e argomenti riguardanti la sfilata, già realizzava che Jungkook e Jimin fossero in mostruoso ritardo. Tutti i modelli si guardarono interrogativi, con la bocca compressa in una linea sottile e le sopracciglia aggrottate. Nessuno sapeva rispondere a quella domanda, eppure lo stilista non demordeva. "Nessuno lo sa?" Chiese un po' più dubbioso e insicuro. Vide gli stessi modelli interrogarsi su quella medesima domanda e si rese conto che forse stava dando troppo in escandescenze. Magari, si disse, avevano solo dormito troppo senza sentire la sveglia. Entrambi. Nello stesso giorno. Allo stesso momento. Si stranì e si voltò verso Yoongi che stava in piedi a guardare la massa di ragazzi davanti a sé con occhi spenti e sguardo fisso. Taehyung pensava che il vestiarista fosse davvero, davvero bello, evitando di considerare, per l'appunto, quell'aria di eccessiva, mandarinesca superbia e quell'atteggiamento freddo che filtrava dal suo tono di voce basso e roco. "Yoongi, ma secondo te sono insieme?" Domandó lo stilista con una strana voce sommessa, quasi pretenziosa, come se Yoongi potesse sapere qualcosa più di lui. Continuava a sfiorarsi le labbra con il dito indice, impaziente di ascoltare una risposta che probabilmente sarebbe stata congruente con ciò che pensava. Certo, non voleva fare supposizioni anche più concludenti, ma sapeva perfettamente che Yoongi era consapevole di ciò che stava insinuando in modo così schematico.

"Non lo so, ma è probabile." Si limitò, invece, a rispondere l'altro, appoggiandosi delicatamente una mano sul mento e indirizzando lo sguardo verso Taehyung. "Perché te ne preoccupi? Sei sempre stato indulgente con ritardi del genere." Commentó poi in tono neutrale, come faceva sempre.

"Non lo sarò questa volta." Rispose lo stilista con un tono secco. Era vero, lui non condannava mai con troppa riluttanza i ritardi dei suoi lavoratori a meno che non fossero frequenti. E sì, era un capo molto più permissivo di altri che avrebbero licenziato chiunque a sangue freddo per una minima mancanza.

"E come mai?" Yoongi fece un sorrisetto appena accennato, poi non si permise nemmeno più di aprire bocca, purché riuscisse ad ascoltare la risposta dello stilista, la quale però non arrivó mai. "C'entra per caso Jungkook?"

Yoongi conosceva Taehyung e Taehyung conosceva Yoongi. Quest'ultimo era l'unico e il solo che sapeva tutto della sessualità del ragazzo e che l'aveva sempre accettata. Aveva un grande rispetto per Taehyung, sebbene a volte non riuscisse a capire qualche suo comportamento. "Sì, c'entra lui." Si limitó a rispondere quest'ultimo, tentando di mostrare meno emozioni possibile. Quello che stava pensando era ovvio ed eccome se aveva voglia di parlarne con Jungkook se gli si fosse presentata l'occasione. E se quest'ultima non avesse voluto arrivare, allora l'avrebbe fatta accadere lui stesso. Non si accorse che dal parcheggio due figure indistinte stavano correndo con passi ingarbugliati verso l'ingresso di vetro dell'atelier. Appena lo stilista udí lo scatto della porta che si apriva, rivolse lí lo sguardo che si fece subito minuziosamente critico e affilato. I suoi occhi erano fissi sui capelli scompigliati e i pantaloni con un risvolto solo alle caviglie di Jungkook, il quale era entrato nella stanza respirando affannosamente. Gli occhi di Yoongi erano invece avvicinando al eduti sulle guance rosse di Jimin, sulla camicia allacciata male e un calzino diverso dall'altro. Molto, molto inusuale per un ragazzo come Jimin. Il biondo era sempre attento a come si abbigliava, particolari del genere erano accetti solo in situazioni di estrema fretta. Allora, tutto sembró chiaro agli occhi dei due più grandi, i quali si guardarono di sottecchi appena i due modelli erano sul punto di giustificarsi per mezzo di qualche scusa che avrebbe fatto anche più aumentare di credibilità l'affrettato, anche se non impossibile, giudizio dello stilista e del vestierista.

"Ci scusi tanto, non era nostra intenzione arrivare in ritardo ma..." Jimin respiró le prime parole, toccandosi il petto per le corse che aveva fatto per giungere dove era ora. Era ovvio che l'alcol abbondante della sera prima abbia ritardato solo un po' il processo di elaborazione della sveglia, rendendola quasi inesistente. Se non fosse stato per Jungkook, che fortunatamente si era svegliato, entrambi i ragazzi avrebbero continuato a dormire nel divano. "...ma il..." Cercó di dire Jungkook. "...il traffico, ecco." Concluse poi, appoggiando una mano sul tavolo per reggersi come uno di quegli anziani durante un calo di zuccheri.

"Ah, il traffico." Rise Yoongi sotto i baffi, continuando a fissare Jimin che stentava a puntare i dolci occhi colpevoli su di lui.

"Non tollero..." Iniziò invece Taehyung con voce incredibilmente seria. "Un ritardo del genere dai due modelli sui quali ho già comunicato di contare di più." I suoi occhi erano fissi su un ragazzo in particolare, un ragazzo moro, dagli occhi grandi e scuri, che respirava ancora affannosamente. "E la prossima volta prendete la metropolitana." Yoongi, il quale nel frattempo aveva spostato lo sguardo svogliato sulle sue unghie, ora guardava con occhi attoniti lo stilista.

"Ci scusi." Si limitò a dire Jungkook con mezza voce, mentre faceva un inchino di una profondità imperiale. Jimin fece la stessa cosa, ormai così imbarazzato da non riuscire a parlare. Gli altri modelli li guardavano con un sorrisetto di scherno, il più evidente tra tutti era sicuramente quello di Youngjae, ma nessuno lo notò fino a quando non decise inevitabilmente di aprire bocca.

"Oh, non fatela così tragica." Disse, scuotendo il palmo della mano in aria con una faccia canzonatoria. "Magari, Jimin voleva solo indossare la sua cravatta." Scherzó in modo così freddo che quella battuta conteneva l'intenzione maligna di imbarazzare anche di più il biondo e non solamente di far ridere. Questo tentativo, per quanto fosse scontato e crudo, andó perfettamente come prefissato e tutti cominciarono a ridere, per poi soffocarle visto che Taehyung aveva ruotato visibilmente gli occhi più e più volte. Jimin si ricordó della prima volta che aveva visto quello sgradevole ragazzo e della scenata che aveva fatto davanti a Yoongi. Quel giorno il vestiarista lo aveva difeso, ma in quel momento gli occhi di Jimin riuscirono a vedere la soluzione esattamente contraria a ciò che nel profondo desiderava. Yoongi era lì davanti a lui e come tutti gli altri stava ridendo di lui. Tutti tranne Jungkook che gli mise una mano sulla schiena per confortarlo. Jimin sentiva quei risolini intorno a lui e una vergogna pesante pesargli sullo stomaco. Il sorriso di Yoongi, che mostrava solo poche volte indipendentemente dall'interlocutore, era invece ben presente a quella freddura che colpí Jimin in piena pancia. Jungkook rivolse un'occhiata di fuoco a Taehyung, il quale schioccó le dita e ricominció a parlare.

"Avete tutti un pessimo senso dell'umorismo qui dentro." Disse seriamente. "Visto che oggi sembrate tutti in vena di scherzare, vi avviso del fatto che chi sarà colto a fare delle fotografie a qualunque cosa attaccata, scritta o disegnata su questa lavagna, sarà immediatamente richiamato verbalmente e tutto sarà appuntato sul vostro curriculum vitae." Specificó. "Con due richiami si ha l'assoluto licenziamento." Concluse con tono stranamente freddo. Jungkook ebbe voglia di andargli vicino e chiedergli cosa esattamente non andasse quel giorno, ma si trattenne e stette solo a guardare quel ragazzo che si ergeva davanti a loro. "Inoltre, per il servizio fotografico di GQ KOREA abbiamo tutto pronto. Si terrá direttamente nello stabilimento del giornale, vi prego di essere puntuali." E marcó queste ultime due parole, guardando Jimin e poi soffermandosi su Jungkook. "Potete andare."

«Una lavagna con ogni singolo preparativo per la sfilata? Quanto puoi essere idiota Kim Taehyung? Dio, qui dentro sembrano tutti dei gran coglioni.» Pensó Youngjae con un ghigno tagliente sul volto. «Mi stai rendendo le cose noiosamente facili e sopratutto soldi altrettanto facili.»

Quando tutti i modelli si furono dileguati, Taehyung notò Jungkook restare esitante vicino al tavolo e a quel punto decise che era il momento di far capitare la situazione in cui gli avrebbe parlato di quel bizzarro e frainteso ritardo.

"Jeon Jungkook, vieni un attimo con me." Lo chiamó Taehyung per nome e cognome, giusto per fargli prendere quella strizza necessaria e fargli capire che lui, all'interno dell'atelier, aveva più giurisdizione di chiunque altro, com'era giusto che fosse. Jungkook alzò gli occhi verso lo stilista e una domanda che si era posto la sera prima gli guizzó in mente. Non era esattamente una di quelle domande da fare ad un superiore, soprattutto quando egli era alterato per qualcosa, ma Jungkook ne fu così tormentato che per la sua innata curiosità doveva saperne la risposta. "Oh sì, devo parlarti." Disse quindi, aspettandosi una leggera sorpresa dallo stilista.

«...tu devi parlare a me?» Si chiese automaticamente l'altro, lievemente meravigliato mentre la sua autorità scompariva del tutto. "Bene, allora andiamo nel mio studio." Disse, per poi cominciare a camminare verso l'ascensore. Il moro lo seguì per tutto il tragitto pensando e ripensando se fosse opportuno o meno fare la domanda che aveva in testa, ma tuttavia era stato Taehyung il primo a raccomandarsi di considerarlo non solo un capo, ma anche un semplice amico o consulente o collega stretto, come preferiva. Una volta arrivati allo studio, Taehyung si sedette sulla sua solita sediona da ufficio rivestita in pelle nera e chiese al moro se potesse disegnare nel frattempo che lui parlava. Ovviamente, Jungkook acconsentí pensando che in realtá era lo stilista stesso che avrebbe dovuto rispondere alla sua domanda.

"So che non dovrei farti questa domanda e scusa se potrei sembrarti maleducato, ma..." Jungkook era seduto sulla sedia opposta a Taehyung e i loro corpi erano divisi dalla solita scrivania, coperta da documenti e carte sparse. "...quando hai capito di essere gay?" Chiese, liberandosi di un peso.

"E tu?" Jungkook gliel'aveva servita su un piatto d'argento, era esattamente ciò che lo stilista voleva chiarire quella mattina. Era ovvio per Taehyung che il moro avesse fatto tardi, per non specificare altro, con Jimin la sera prima. Era tutto così scontato ai suoi occhi (e quelli di tutti i presenti) che quasi era sicuro della sua ipotesi. "Insomma, tu e Jimin mi sempre sembrati molto legati, ma scusa se non ho capito fino a che segno."

"Cosa? Io e Jimin? Tu pensi che..." Jungkook spalancó gli occhi e le parole scivolarono via dalla sua bocca. Una lieve alterazione gli percorse il corpo e per poco non fece cadere la mascella. "Io non capisco." Disse, allargando le braccia con uno scatto. "Seriamente, voi tendete sempre a giudicare le persone in questo modo? Se tu sei gay, non vuol dire che lo sia anche io!" Sbottó il minore con fin troppa violenza. "Tra me e Jimin non c'è nulla! Solo amicizia!" Disse poi.

"Noi? Che intendi con "noi"?" Taehyung si riferiva al modo dispregiativo con il quale Jungkook aveva pronunciato quella parola. "Ti sembriamo forse una razza di cane? Un gruppo di turisti che si ritrovano sotto un'allegra bandierina arcobaleno? Siamo persone come voi, Jungkook." Il ragazzo si calmó, realizzando che forse aveva parlato a sproposito e che avrebbe dovuto portare molto più rispetto a colui che lo aveva assunto e accolto nella sua azienda. Cercó di aprire bocca per scusarsi, ma Taehyung lo bloccó immediatamente, iniziando a parlare. "Se ti avessi chiesto se andassi a letto con una top model dai capelli biondi platino e la faccia da angioletto, l'avresti presa in modo differente? Magari ti saresti sentito anche importante, orgoglioso per quella mia affermazione, un vero maschio, insomma." Disse lo stilista. "Mi succede molte volte di vedere gente che diventa nervosa appena chiedo loro della loro sessualità o semplicemente per quale genere provino attrazione." Riveló poi, stringendo la matita tra le dita. "E allora mi chiedo come ci vedano le persone. Forse come alieni? Come animali da zoo? Come ladri di cui vergognarsi? Malati mentali? E continuo a chiedermi perché." La sua voce si faceva sempre più infervorata e si vedeva che quell'argomento era più che importante per lui, quindi Jungkook lo stette ad ascoltare, pentendosi di ciò che aveva detto parola dopo parola. "Quando ero più giovane mi hanno dato dello strano, dello scherzo della natura e addirittura ci sono stati episodi nei quali hanno messo in dubbio il mio sesso per il fatto che amo cose diverse da quelle che amano di solito i ragazzi. Non ho scelto io di essere omosessuale, ho semplicemente realizzato che provavo interesse fisico ed emozionale per alcuni individui del mio stesso genere come ad un normale ragazzo può piacere una ragazza dal bell'aspetto." Concluse.

"Scusami Taehyung, non volevo risponderti così, sul serio. Sono stato irrispettoso nei tuoi confronti, mi dispiace." Confessó allora il ragazzo che si ritrovava sorprendente d'accordo con tutto quello che il ragazzo gli aveva detto.

"Jungkook, io sono stato con troppo diretto con te e mi scuso anche io per aver prestato poca attenzione alla mia educazione." Lo stilista si rilassó sulla sedia e sbuffó. "Viviamo in un'epoca nella quale per vendere una collana devi mostrare una donna quasi completamente denudata, dove il corpo viene commercializzato in differenti e subdoli modi, dove la società in cui viviamo porta all'autodistruzione o, per i più pessimisti, al completo nichilismo e dove un singolo messaggio potrebbe togliere la vita ad una persona. Cosa ci rimane all'infuori dell'amore che proviamo l'uno per l'altro? Cos'altro possiamo trovare che sia puro come l'amore di una famiglia, di amici o di un partner? Io personalmente non vedo il bisogno di applicare ulteriori restrizioni su quello che alcuni chiamano "vero amore", che altri più realisti reputano "reazione chimica" e altri poetici pessimisti considerano "semplice infatuazione". Qualunque cosa l'amore sia o qualunque valore esso rappresenti, sarà sempre una parte integrante nella vita dell'uomo, non importa in quale forma esso si presenti." Jungkook rimase sbigottito da quelle parole tanto da esserne completamente svuotato. Si limitò a guardare con gli occhi sbarrati e lucenti lo stilista mentre la sua mano gli reggeva la testa, ormai debole. I suoi ideali erano così forti da affascinarlo e la sua opinione così marcata da farlo riflettere su ciò che veramente quel ragazzo sentiva. Ovviamente, gestire la celebre immagine con la sua sessualità non era stata una cosa semplice come si potrebbe pensare e questo lo dimostravano le speculazioni che aveva appena esposto. "Hai ragione." Commentó dopo alcuni secondi di riflessione e poi scese di nuovo il silenzio. La grafite che premeva e scorreva sul foglio era l'unico suono che riusciva a sentire il moro e subito un improvviso e debole imbarazzo lo colpì.

"Riguardo alla tua domanda, avevo quattordici anni." Esordì ad un certo punto il ragazzo che passava abilmente la matita sul foglio. "Prima di quell'età non avevo mai pensato ad avere una relazione con qualcuno visto che l'idea del "devi trovare una ragazza" non faceva per me. Avevo notato che non provavo interesse per le ragazze, né fisicamente né a livello romantico. Tutte le femmine che conoscevo si limitavano all'amicizia e qualche volta mi era capitato di rifiutare qualche proposta da qualcuna di loro. Semplicemente non avevo mai pensato a cosa mi attraesse davvero, fino a quando cominciai a frequentare il corso d'arte e conobbi Seung. Quel ragazzo era veramente eccezionale. Era come una forza della natura; era bello come il sole, disegnava da Dio, scriveva poesie notevoli per la sua età, aveva voti ottimi ed eccelleva in tutti gli sport, compresi quelli di cui io non sapevo nemmeno il nome. Fu in quel preciso momento che, nella mia piena età ormonale, mi innamorai follemente di quel ragazzo esattamente come se fosse la ragazza perfetta che mi descrivevano i miei amici. Anche io ero piuttosto bravo nelle arti, quindi un giorno mi venne vicino e si complimentò con me per un disegno che avevo fatto, non ricordo nemmeno di cosa si trattasse ma ricordo fin troppo bene la sensazione che provai quando finalmente mi rivolse la parola. Mi sentivo esattamente come un normale ragazzo adolescente si trovava davanti ad una prima, travolgente cotta per qualcuno. Da quel giorno in poi, diventammo amici e dopo pochi mesi di sempre più profonda amicizia, qualcosa in me accresceva e mi invogliava sempre più a confessargli ciò che davvero provavo per lui. Nel momento in cui glielo rivelai, lui mi rifiutó cordialmente giacché non si sentiva pronto per una relazione.era andata bene, meglio di quanto mi fossi immaginato all'epoca. Ma il vero problema fu che la notizia si sparse per tutta la scuola; rovinai la mia vita e sopratutto quella di Seung. Eppure, un giorno in cui mia madre cominciava a mostrare i primi segni della leucemia, trovai una lettera nel mio zaino con su scritta una poesia, un orario e il nome con cui chiamavamo quel vecchio muretto diroccato che ti ho indicato a Daegu. Riconobbi con gioia la scrittura e addirittura lo stile di scrittura che aveva usato nella poesia, uno stile settecentesco che richiamava i caratteri del Romanticismo. Era un indizio che mi diede il coraggio di presentarmi a quel muretto nell'ora prefissata, pervaso dalla paura di rimanere solo lì per il resto della giornata e ricevere un probabile scherzo di qualche ragazzo insolente. Invece, quel giorno ricevetti il mio primo bacio. Un evento che cambió totalmente la mia visione di me stesso e che mi aveva convinto pienamente del fatto che non ero attratto dalle ragazze, bensì dai ragazzi. Ci ritrovammo sempre lì, lui mi scriveva poesie, mi faceva dei ritratti impressionanti che avrei voluto conservare, poiché erano veramente eccellenti, e in quel periodo sentii di toccare le nuvole con un dito ogni volta che lui appoggiava le sue labbra sulle mie. Eravamo così giovani che non sapevamo niente sull'amore e ci ritrovammo così, ignoranti e felici per ciò che ci rendeva un po' più diversi dagli altri. All'età di quindici anni lo rivelai finalmente a mia madre e lei ne fu felice. Era una donna forte, mia madre. Purtroppo, molti mesi dopo, lei stessa decise che trasferirsi a Seoul sarebbe stata la soluzione giusta per migliorare le sue già ardue condizioni di salute, c'erano dottori, strutture migliori e una presunta cura sperimentale. Ero troppo giovane per sapere di cosa in realtà lei soffrisse e mi arrabbiai orribilmente. Solo alcuni giorni dopo l'evento, dovetti dire addio a Seung e dalla mattina della partenza in poi, decidemmo di tagliare definitivamente tutti i contatti." Concluse lo stilista con un viso mite.

"Oh, mi dispiace." Si limitò a rispondere Jungkook, il quale aveva ascoltato tutto con molta attenzione.

"Non dispiacerti, forse non era destino che stessimo insieme." Lo stilista alzó le spalle, facendo capire al minore che quella era acqua passata e che era diventata solo una delle sue tante storie.

"Però sei stato fortunato, da quello che mi hai raccontato, sembrava una bella relazione." Ammise il moro. "Insomma ti scriveva poesie... è fico." Era leggermente infantile quell'espressione, ma non sapeva come altro definirlo. Non era un vero e proprio esperto in materia, ma l'idea che Taehyung leggesse poesie, le scrivesse e ne ricevesse anche era in qualche modo eccitante.

"Fico?" Rise lo stilista. "Se vuoi, potrei scrivertene qualcuna." Scherzó poi, abbassando lo sguardo verso il foglio su cui stava scrivendo diversi appunti. "E invece la tua prima cotta?" Taehyung aveva raccontato per filo e per segno la sua, ora toccava al moro parlargli di sé.

"La mia prima cotta..." Ripetè a bassa voce Jungkook. Il fatto era che non ne aveva mai avuta una. Qualche infatuazione per ragazze di cui non ricordava il nome alle scuole medie, ma per il resto non aveva mai avuto tempo di trovare una relazione stabile. "Ecco, in realtà io... non ho mai..." Il ragazzo si inceppó con la sua stessa lingua numerose volte prima di completare la frase. "Io non ho mai avuto una relazione." Confessó alla fine,

Taehyung restó immobile a fissare il ragazzo davanti a sé con uno sguardo interrogativo. "Tu stai scherzando." Disse, incredulo.

"Perché dovrei?" Rise Jungkook. "Se stessi scherzando, ti avrei detto che mi sono portato a letto un'intera agenzia di top model e magari pure lo staff." Si fermò. "Ma purtroppo non ho mai avuto l'occasione giusta per farlo." Ridacchió.

Taehyung rise in risposta, anche se un po' turbato. "Scusa se te lo chiedo, ma quindi tu sei..." Pensó fosse maleducato continuare la frase e speró che il ragazzo avesse capito comunque ciò a cui alludeva.

"Se mi stai chiedendo se ho mai avuto rapporti sessuali, no. Sono... ancora vergine." Jungkook abbassó la testa imbarazzato, giacchè quelli non erano sicuramente argomenti da affrontare con il proprio capo. Taehyung focalizzó gli occhi sul sorrisetto imbarazzato da coniglietto del minore, sulle sue guance lisce, sul suo naso all'insù e arrotondato, sul labbro inferiore colorito e su quello superiore molto più sottile e spigoloso. Quelle labbra sembravano così innocenti in quel momento che Taehyung avrebbe voluto dedicargli un'intera opera d'arte, anzi, so io, un intero museo.

"Taehyung, lo trovi così strano?" Chiese Jungkook, il quale si ritrovava addosso lo sguardo incantato dello stilista, mentre lui stesso stava perdendo un po' di fiducia in sé. Nessuno lo aveva mai giudicato per questo fatto per il semplice motivo che non lo aveva mai rivelato a nessuno (oltre a Jimin). Era un po' spaventato di condividerlo con lui, poiché avrebbe voluto evitare l'imbarazzo che stava provando in quel momento, eppure non sarebbe riuscito a non farlo. Taehyung gli aveva rivelato di essere gay e lui avrebbe voluto rivelargli che anche lui aveva un segreto se non uguale, perlomeno simile al suo. "Taehyung?"

"Dove cristo sei stato in questi miei ventisei anni?" Chiese l'altro, rimanendo con lo sguardo fisso su di lui mentre si appoggiava una mano sotto al mento. Era completamente insensibile ad ogni cosa esistesse oltre a quel ragazzo davanti a sé. Poi realizzó di esser stato fin troppo ovvio e di averlo sicuramente messo a disagio, dunque sbatté le ciglia e scosse la testa lievemente. "Non c'è nulla di strano in quello che mi hai detto... solo che non avrei mai pensato che uno come te non avesse mai consumato." Taehyung fece un'altra figuraccia, ma fortunatamente se ne accorse appena notò che il moro lo guardava stranito, con le sopracciglia corrucciate e gli occhi socchiusi. "Intendo, sei un bel ragazzo, sei famoso, sei simpatico... è strano che tu non abbia le farfalle che girano in testa ai giovani della tua età." Poi si riprese. "Strano, usato nella connotazione più bella della parola, intendiamoci."

"Lo pensi davvero?" Chiese Jungkook con un sorriso stampato sul volto. Non è che il moro non avesse le "farfalle dei giovani", più che altro non se la sentiva di avere una relazione seppur la desiderasse.

"Certo che lo penso davvero." Ammise lo stilista. "Perché non vuoi ancora relazioni? Sempre se posso saperlo." Chiese poi il ragazzo dubbioso.

Jungkook aprì leggermente più gli occhi sorpresi e alzó le sopracciglia. Era una domanda che si poneva da quando il fratello aveva cominciato a parlargli di tutte quelle cose legate all'amore in generale. "Io... credo di non essere pronto a gestire qualcosa del genere tra il lavoro e tutto." Rispose semplicemente. Era quella la scusa che usava con se stesso e che in realtà mascherava quello che provava davvero.

"Ma non ti sei mai sentito come..." Taehyung distolse lo sguardo e cominció ad osservare distrattamente i fogli. "... se vorresti qualcosa che tutti ottengono con estrema facilità mentre tu hai difficoltà solo ad immaginarlo?" Chiese lo stilista, cercando di guardare Jungkook.

Ed ecco che un'altra volta Taehyung aveva fatto pieno centro riguardo a ciò che Jungkook provava. "Credo di sí." Rispose l'altro semplicemente. Aveva visto varie coppie durante la sua vita, compresi Jin e Namjoon prima delle varie altercazioni avvenute in quell'ultimo mese, e si era reso conto a quel punto che avrebbe voluto anche lui qualcuno così. Si torturó le mani finché Taehyung non prese il respiro per parlare di nuovo.

"Sai, i miei amici sono quasi tutti già sposati. Alcuni invece hanno chiesto il permesso ai genitori della loro fidanzata per ottenere la mano e la benedizione." Fece lo stilista con tono assente. "Mi sono sempre piaciuti i matrimoni, anche se non sono un granché religioso." Confessó. "Sai, l'idea che resterai per sempre con qualcuno sotto la protezione di Buddha o chi che sia." Disse quelle parole con una distrazione quasi effimera, pareva che fosse un discorso da affrontare anche al mercato del pesce del venerdì.

"Un mio amico d'infanzia si è fidanzato da poco." Disse Jungkook, guardando Taehyung. "E forse toccherà anche a me assistere ad un imminente matrimonio." Rise l'altro, il quale ricordava che l'ultimo matrimonio a cui era stato risaleva a molti anni prima.

"Nel caso sapessi quando sarà, dimmelo, almeno potrei farti fare una bella figura..." Fantasticó Taehyung, senza nemmeno spiegare quello che aveva in testa.

"Bella figura in che senso?" Chiese allora il più piccolo al quale cominciavano a fare paura le idee del ragazzo davanti a lui.

"Non lo so, tipo fargli cucire un completo da parte tua?" Chiese retoricamente lo stilista con un sorrisetto.

Jungkook in primo luogo fu sorpreso da quella risposta, ma poi realizzó che stava parlando con Taehyung e quell'estrema disponibilità, pomposa a volte, era normalissima. "Sei davvero gentile certe volte." Confessó il moro. "Oh Dio, non che sia un difetto, anzi ho sempre pensato che non esistessero più persone come te all'infuori di Jimin, anche se lui ha dei difetti." Si rese conto solo dopo che aveva detto a Taehyung che era privo di difetti. Direttamente. In faccia. A freddo.

"Nessuno è perfetto, io ho miei difetti." Poi ci pensó un attimo. "Ma sono esattamente quelli che ci rendono umani e non macchine da guerra, tutto sta nello scovare le persone che riescono a ritrovare se stessi anche nelle parti più nascoste e scure del nostro animo." Poi pensó che, detta così, era fin troppo poetica. "Cioè, quelle che riescono ad accettare i difetti, insomma."

"Perché ti sminuisci?" Chiese Jungkook con innocenza. Di fatti, era la verità. Taehyung aveva mille cose che gli giravano per la testa e avrebbe voluto condividere il più possibile con quel ragazzo. Eppure, quando si ritrovava ad esprimere ciò che voleva, non era mai come se l'era immaginato ed era quel fatto che lo faceva indugiare per poi ridurre il succo in poche,vane e semplici parole. "Dici delle cose cosí wow e poi le riduci in concetti elementari." Spiegó quindi il minore. "Cerca di non farlo, mi piace ascoltare ciò che pensi." Riveló dopo la moltitudine di volte che si era crogiolato beatamente ad ascoltare la profonda e calda voce del ragazzo. Abbassó la testa immediatamente visto che quella conversazione si stava facendo altamente imbarazzante e incredibilmente lunga.

"Questa è una delle cose più belle che mi abbiano mai detto." Sussurró lo stilista, riprendendo la matita che aveva tristemente abbandonato sul lato del foglio e cominciando a buttare giù qualche disegno.

Jimin in palestra stava riflettendo su come prendere a schiaffi Yoongi in modo che gli fosse impossibile qualsiasi difesa. «Sapeva quanto mi aveva ferito quel commento eppure continuava a ridere come una foca con gli spasmi.» Pensó al sorriso del ragazzo e il suo cuore cedette per un attimo. «Mah, spasmi? Ma nemmeno, quelle erano convulsioni, proprio.» Sbatteva sempre con più forza i piedi sul povero tapis roulant che subiva emanando un fruscio sofferente e qualche cigolio qua e là. «Gliene dico quattro, oh sí che lo faccio.» Si disse con una volontà impressionante. I muscoli delle braccia si contraevano ad ogni movimento e la maglietta cominciava a bagnarsi sul colletto. «Puoi scommetterci, appena finisco i quindici minuti gli faccio vedere io.» Jimin sapeva che tra loro c'era semplicemente tutto ciò che riguardava la sfera del bisogno sessuale ed era consapevole che Yoongi l'avrebbe rigirata a suo discapito come un frittata, tuttavia la voglia di chiarire quella cosa lo faceva stare anche più male. Poteva sembrare stupido, infantile, una cosa leggera e Jimin un permaloso che se l'era presa per niente, ma qualcosa dentro di lui ribolliva, come se avesse bisogno di rivelare qualcosa a Yoongi, qualcosa di così profondo che brancolava ancora nel buio. Quando ebbe finalmente terminato il suo allenamento, decise di attuare il suo piano. Non si cambió nemmeno, controllando comunque se puzzasse o meno di sudore, e si diresse spedito verso l'ufficio del maggiore. Una volta arrivato, ricontrollò lo stato della sua maglietta e gli sembrò che il poco sudore sul colletto si fosse ormai asciugato e difficilmente si notava. I capelli erano ancora un po' sfatti e bagnaticci solo sulla radice, le guance erano rosate, come accadeva sempre quando il biondo si allenava. Bussó alla porta che aveva come nominativo "Genius Lab" e sentì un po' della sua volizione scivolare via come scivolava la sabbia tra le dita, lasciando solo quei pochi residui che quasi non si vedevano, ma che si percepivano perfettamente al tatto. Una voce gli permise di entrare e, appena mosse un passo dentro l'ufficio, si guardó un attimo intorno. Il suo cuore ribolliva all'interno del petto e le gambe quasi cedettero alla vista di Yoongi che stava sistemando dei fogli su degli scaffali, in punta di piedi. Realizzó che quel ragazzo era solo un centimetro o due più alto di lui e una risatina gli venne spontanea.

"Ma cosa..." Si giró l'altro contrariato. "Perché sei qui, Jimin?" Chiese, con un sopracciglio alzato e la lingua premuta contro l'interno della guancia. Jimin distolse lo sguardo dal ragazzo, cercando di trovare le parole giuste per parlare senza balbettare e osservó per un attimo l'ufficio in questione. Sugli scaffali di metallo nero accanto al maggiore erano posti numerosissimi documenti, un mobiletto dello stesso colore era appoggiato al muro e reggeva una stampante di ultima generazione. La scrivania non era al centro della stanza, bensì posta lungo la parete accanto alla porta e altrettanti fogli sparsi sopra di essa.

"Hai voglia, Biondino?" Continuó Yoongi, girandosi e sperando con tutto se stesso che la risposta fosse positiva. Già aveva gli occhi puntati sul ragazzo in piedi davanti a lui e niente di niente avrebbe più potuto distoglierli. Notò l'affaticamento sul viso del biondo, reputandolo seraficamente perfetto, come sempre. Vide anche che Jimin non stava reagendo, segno buono dato che quando lo faceva significava che lui aveva ragione. "Allora?" Cominció a muovere i primi passi verso di lui con un viso pienamente complice, ma Jimin si allontanó appena ebbe avanzato.

"No, non ho voglia." Ebbe il coraggio di dire il minore con sguardo fermo e mettendo avanti le braccia per bloccare l'avanzata del maggiore, che sicuramente non la pensava come lui. "Perché ti sei preso gioco di me, oggi?" Domandó poi con un tono che di domanda aveva ben poco.

"Come scusa?" Si straní Yoongi, facendo ricadere le braccia lungo i fianchi.

"Sai benissimo a cosa mi riferisco e sai anche che mi da fastidio quando le persone ridono di me. Sei incoerente." Jimin non balbettó. Cercó di prendere i respiri il più lentamente e profondamente possibile. Sentiva i polsi instabili, le gambe che cominciavano a sciogliersi e più guardava quel beffardo ragazzo di fronte a lui e più la voglia aumentava, la voglia che pochi minuti prima era quasi assente.

"Intendi la battuta di Youngjae?" Chiese allora il maggiore, incupendosi subito in volto. Jimin notò che Yoongi si era fatto più torvo e accigliato e qualcosa in lui fremette a causa di un brivido di timore. "Io faccio quello che mi pare, non ti ho mica sposato." Disse poi, in tono cosí freddo da far venire freddo al minore.

"Lo so, ma almeno avresti potuto evitare di ridere e magari difendermi, visto che non potevo far nulla oltre che stare a guardare." Ed ecco che Jimin espose le sue fantasie apertamente a Yoongi. Avrebbe desiderato davvero che il maggiore lo avesse difeso a quel punto come aveva fatto la prima volta che si erano visti, invece le sue aspettative erano state completamente ed inesorabilmente deluse.

"Ma per favore, come se mi importasse qualcosa se qualcuno ti prende in giro per una cravatta." Esclamó sbuffando Yoongi. "Lo sai qual'é il nostro accordo e non mi pare che contenesse anche una guardia del corpo." Ruotò gli occhi, incrociando le braccia al petto e allargando le gambe. «Lo sapevo...» Si ripeté in testa, la quale stava ragionando su altrettante cose.

"Ti sto chiedendo di non farlo più." Gli disse volitivo Jimin. "Non m'importa se mi difendi o meno, ma non ridere mai più di me in quel modo." Il suo tono era fermo e serio, intendeva davvero ciò che diceva e ne era sicuro, completamente.

"Ma chi ti scopi oltre a Jungkook?" Gli chiese il maggiore, con gli occhi che luccicavano di una bizzarra e brillante luce.

Jimin corrucciò le sopracciglia schifato e arricció il piccolo naso. "Jungkook?" Chiese.

"Si vede da chilometri che te lo fai, non mentirmi." Yoongi ricominciava ad avvicinarsi e stavolta notò con piacere che Jimin non si stava spostando. "Non devi mai e poi mai mentirmi." Mancavano solo due passi e si sarebbe trovato abbastanza vicino al corpo del minore.

"M-ma io non sono mai stato con Jungkook in quel contesto, stai delirando." Poi ci ripensó meglio e decise di operare nel senso inverso. "Peró, sai, grazie di avermi dato quest'idea, credo che ci proverò presto o tardi." Fece un sorrisetto, mentre guardava il volto di Yoongi alterarsi visibilmente. Era come se il marmo candido della sua pelle si stesse seccando e crepando silenziosamente.

"Tu pensi che in questo modo io tiri fuori il mio lato geloso e ti faccia una specie di scenata?" Chiese quello, prendendosi gioco di Jimin. "Secondo te mi importa qualcosa se vai a letto con lui o meno? Io ti parlo ancora solo perché voglio delle cose da te." E azzerò la distanza tra i loro corpi, e avvicinando le labbra alle sue. "Che sarebbe questo." E cominció a passare le mani lungo i fianchi di Jimin, facendo schiudere le labbra a quest'ultimo che già si sentiva privato della possibilità di reagire. "Questo." E strinse forte una mano sulla sua natica fino a farlo ansimare. "E questo." Cercò di fa scivolare un palmo nei pantaloni e succedette nella sua impresa, iniziando a toccare l'intimitá di Jimin mentre il biondo stringeva i pugni e rivolgeva gli occhi al cielo. "Trova qualcuno che ti fa sentire come ti faccio sentire io." Gli Sussurró sulle labbra, mentre ritraeva le mani dal suo corpo e si allontanava blandamente. "Prendere o lasciare, Biondino."

Jimin era completamente pietrificato. I suoi neuroni non mandavano più messaggi al sistema nervoso e i polsi potevano solo continuare a tremare senza rispondere ai comandi che cercava di dare al suo corpo. Riuscí a muovere un passo e uscire silenziosamente dalla porta senza più proferire parola. Era ferito ed umiliato. Non si era mai sentito in quel modo e fu sicuro che quella fu una delle sensazioni peggiori che avesse mai provato. L'angoscia che quel ragazzo gli provocava era direttamente proporzionale al piacere che aveva avvertito durante quelle precedenti notti, piacere a cui non poteva più fare a meno. Riprese l'ascensore da solo e non riuscì a pensare a nulla fuorché alle parole di Yoongi.

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