♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vk...

By bisdrucciola

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"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le ste... More

✤ P R O L O G O ✤
family is where life begins and love never ends.
you'll regret someday if you don't do your best now.
kill 'em with success, bury 'em with a smile.
don't ever run backwards.
never work just for money or for power.
you can be the moon and still be jealous of the stars.
and then you came into my life.
i'm jealous. wanna know why? because we started as 'just friends' too.
love is both: how you become a person, and why.
can i be your lei-tsu?
i like people who shake other people up & make em feel uncomfortable.
heavy hearts don't have to drown.
kiss me until i forget the thought of somebody else near your lips.
you became one of my stories.
the tip of my finger is tracing your figure.
we're too young and immature to give up, you idiot.
i just want you to talk to me. tell me how you feel. about life. just talk.
i want you. all of you. on me. under me. tasting me. wanting me.
it hurts too good to say no.
the more i learn about you, the more i like you.
to die would be less painful.
life is not about hiding, life is about living.
there's nothing wrong with you.
i am desperately craving your lips.
a sea of whiskey couldn't intoxicate me as much as a drop of you.
i hope you can see me for what i am and continue to love me the same.
i've been holding back for the fear that you might change you mind.
i tried so hard to not fall for you, but then our eyes locked and it was over.
my heart's your home, no matter where you are, u'll always have a place to stay.
all my mistakes are drowning me, i'm trying to make it better piece by piece.
perhaps it's better this way.
he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".
i think i need you, and that's so hard to say.
tell me pretty lies, tell me that you love me, even if it's fake.
how can i look at you and feel so much happiness and sadness all at once?
i've hella feelings for you, but i'm so fucking scared.
you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.
lips so good i forget my name.
one of the hardest battles we fight is between what we know and what we feel.
he dreams more often than he sleeps.
mommy, daddy, don't you know? You lost your daughter years ago.
ça ne casse pas trois pattes à un canard
i wanna feel you in my veins.
as humans we ruin everything we touch, including each other.
I just wish i could lose this feeling as fast as i lost you.
look at your cuts. each one is a battle with yourself that you lost.
in the end, we'll all become stories.
And he dreamed of paradise every time he closed his eyes.
un piccolo regalo...
you're burning inside of me and i'm still alive in you.

do you think the universe fights for souls to be together?

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By bisdrucciola


"Hyung, ma cosa..."

Jimin era in piedi, con la schiena appiccicata al muro freddo e bianco, attorno a lui regnava un colore chiaro non ben specificato. Davanti ai suoi occhi si ergeva dominante una figura vestita di nero pece, la quale stoffa risultava profondamente in contrasto con la pelle bianchissima del ragazzo che si stava avvicinando al suo volto.

"Che diavolo ci fai tu qui?" Chiese Jimin attonito, focalizzando lo sguardo sugli occhi sfumati di nero di Yoongi.

"Mi hai chiamato tu." Rispose l'altro con un' ovvietà schietta, mentre aggrappava violentemente i fianchi del minore con le mani lunghe e venose. "Non te lo ricordi?" Gli sussurró all'orecchio, facendo sfiorare la pelle liscia dei loro volti e provocandogli brividi sconvolgenti lungo tutta la schiena.

Jimin ci ripensò, anche se a fatica dato il tocco del maggiore sui suoi fianchi, e indubbiamente era vero. Lo aveva chiamato lui quella scura notte di sabato per farsi toccare di nuovo e Yoongi fu stranamente d'accordo con la sua richiesta. Era tutto normale. "Certo..." Jimin decise dunque di abbandonarsi completamente a quel piacere folle che desiderava provare almeno un'altra volta con tutto se stesso. Sentì le mani del maggiore farsi più strette e cingergli i fianchi quasi a fargli male e ansimò rumorosamente appena il ragazzo lo attaccò di più al muro scontrando insieme i loro bacini e i loro petti. Tutto era come amplificato, Jimin percepiva giá una tremenda eccitazione correre per tutto il corpo e il desiderio immane di essere assoggettato da Yoongi gli faceva già fremere tutto il corpo.
In tutta risposta, il maggiore cominció a baciargli il collo e Jimin riuscì a sentire solo le scosse derivanti quel gesto. Era come se quel ragazzo non ci fosse, ma allo stesso tempo come se Jimin percepisse ogni singola cosa che gli stava facendo. Un bruciore gli colpí la clavicola e a quel punto prese un gran respiro, annusando i capelli grigi e profumati di cocco di Yoongi che gli solleticavano il collo. Poggiò una mano tra essi, malgrado riuscisse a percepire solo una massa informe morbida e astrusa, quasi irriconoscibile. Capí che quello non era il momento per pensare a tali e vani particolari e si limitò a stringerli, proprio quando sentì che il maggiore stava facendo frizionare le labbra lungo tutto il suo petto. Jimin avvertì ogni singolo respiro che quel ragazzo emetteva sulla sua pelle e gli vennero dei forti brividi lungo la schiena. Portó la testa verso l'alto, serró gli occhi e schiuse le labbra per poi sentire la lingua di Yoongi disegnare piccoli cerchietti intorno al capezzolo. Tutto quello che provava era come amplificato, ogni movimento gli toglieva il fiato, ogni sensazione risultava più forte e più violenta di quanto in realtà fosse e così si ritrovó già a gemere sonoramente solo a quei primi contatti. La voglia di baciarlo era aumentata fino quasi a fargli male e ferirgli il petto come artigli. Stavolta forse ce l'avrebbe fatta o forse no, non conosceva le intenzioni di quel ragazzo, non sapeva come avesse cambiato idea, né tantomeno il motivo per cui non volesse baciarlo, ma quell'obbligo di appoggiare le labbra alle sue era un bisogno vitale che sorvolava tutte quelle insicurezze.

"H-Hy-Hyung." Sussurró con una voce così flebile che dubitava l'avesse sentito, però strinse i suoi capelli così forte che sicuramente il maggiore avrebbe percepito quel contatto. Purtroppo, sentì la lingua del ragazzo andare sempre più giù verso il basso ventre, fatto che gli fece capire che non aveva sentito assolutamente niente. Jimin cercó di tirare su verso il suo volto e fortunatamente riuscì a fargli capire che voleva premere le labbra sulle sue, anche se avrebbe rovinato tutto, anche se Yoongi non sarebbe stato sicuramente d'accordo. Appena si ritrovó il volto bellissimo ed etereo di quel ragazzo davanti al suo, gli premette entrambe le mani dietro la nuca, lo spinse verso la sua bocca con tutta la forza che aveva in corpo e sentì la stoffa della camicia nera appoggiarsi sulla pelle del petto nudo. Il suo corpo combaciava perfettamente con quello di Yoongi, il suo naso era schiacciato sul suo viso, ma non riuscì a sentire le braccia di Yoongi stringerlo a lui. Era come se stesse baciando il più completo e vuoto nulla. Aprí gli occhi e tutto quello che riuscì a vedere fu bianco, un colore così puro e accecante che lo fece perdere completamente. Si guardó intorno e sentì solo un penetrante e freddo gelo circondargli il corpo, di Yoongi non c'era più traccia. Un orribile senso di disorientamento e insoddisfazione lo colpì come una mattonata e non riuscì a sentire più niente a livello sensoriale. Era come se il tatto, l'udito e l'olfatto si fossero disattivati solo per far spazio ad un completo e profondo niente. Si rannicchió a terra non sapendo più cosa fare, la mente confusa e le piccole mani tremanti. Erano state quelle labbra a portarlo lì e ora non sapeva più come uscirne. Appena alzó gli occhi impauriti, una forte luce gli fece serrare gli occhi e poi sopraggiunse il più completo buio.

Jimin riaprì gli occhi di scatto e si alzó immediatamente, realizzando che il luogo dove in realtà si era rannicchiato non era altro che il suo letto. Respiró affannosamente con gli occhi spalancati e, guardandosi intorno, scoprì che quella si trattava solamente della sua solita camera da letto e che era già mattina inoltrata. Si toccó la fronte e sentì il sudore colagli da essa come una cascata e la stessa situazione era per il petto e per la schiena. Prese un grande respiro e rivolse gli occhi verso il soffitto prima di rendersi effettivamente conto di cosa avesse sognato quella notte.
Era consapevole di desiderare quel ragazzo da quando aveva passato quella notte, sapeva che i succhiotti stavano svanendo e che tutto stava gradualmente ritornando alla normalità. Tuttavia, era convinto che lui non sarebbe mai tornato com'era prima di esser stato trovato da Yoongi. Si sentì le labbra secche e anche la ferita su di esse, la quale si stava rimarginando quasi completamente, bruciava ancora.

Lo bramava. Ne era consapevole anche prima di fare quel sogno talmente esplicito e terrificante da avergli fatto gelare il sangue nelle vene. Desiderava ancora quelle mani stringere ogni parte del suo corpo, quelle scosse che solo lui aveva saputo donargli e, più di tutto, voleva ancora quelle labbra premute sulle sue in modo da sentirne il sapore e farsi completamente, inconfutabilmente di sua proprietà. Non importava se fosse per una notte o un'ora. Sapeva che da quel punto in poi avrebbe tentato di parlargli e gli avrebbe impedito di scappare di nuovo. Quei giorni infatti Yoongi non aveva fatto altro che progettare qualsiasi piano di fuga per filarsela, indipendente da cosa Jimin volesse dirgli. Pensó che fosse un vigliacco, una di quelle persone che non si prendeva la responsabilità per ciò che commetteva, ma non aveva idea che ciò che stava facendo Yoongi era un comportamento necessario mirato solo a proteggere sia se stesso che Jimin.

Voleva urlargli in faccia che avrebbe dovuto prendersi la responsabilità di quello che gli aveva fatto e che lo voleva di nuovo. Sperava di non vederlo più andare via da lui senza nemmeno degnarlo di uno sguardo poiché, nonostante ci avesse passato solo relativamente poco tempo, gli faceva male, lo feriva e non riusciva a capirne il motivo.

Afferró il cellulare e guardó l'ora, erano le undici e un quarto della mattina e tutto quello che fu capace di fare fu dare un occhiata fuori dalla finestra e alternarla con lo schermo del cellulare, il quale presentava tutti i contatti che possedeva. Digitó l'inizio di un nome e avvicinó l'indice sulla cornetta verde che consentiva di chiamare Yoongi.

«Non posso farlo.» Si disse poi, allontanando il dito. «Peró ho bisogno di parlargli.» E lo riavvicinó. «Ma se lo chiamassi non mi risponderebbe, o peggio, mi chiuderebbe in faccia.» Riallontanó il dito quasi immediatamente. «Ma forse...» Ci ripensó. «No, è impossibile, lasciamo perdere.»

Si arrese all'idea che, per come era fatto Yoongi, avrebbe sicuramente ignorato la sua chiamata o addirittura gli avrebbe risposto in modi non troppo gentili come aveva fatto diverse volte durante quei giorni. Decise dunque di non chiamarlo e aspettare di potergli parlare faccia a faccia, alzando di molto l'effettività del suo gesto.

Nel momento in cui gli squilló il cellulare, gli fu difficile non sperare che fosse Yoongi, ma era talmente improbabile che era una speranza di cui lui stesso si prendeva gioco. Girando lo schermo lesse infatti il nome di Jungkook.

"Pronto Kook?" Gli disse, accorgendosi solo in quel momento che dopo quel sogno la situazione tra i suoi pantaloni non era delle migliori.

"Ehy, ehyyy." Rispose quest'altro tutto contento. "Ti avevo avvertito della cena con i miei, vero?" Chiese il ragazzo. Jimin riusciva a sentire il suo sorriso solo dal tono di voce.

"Me l'avevi accennato, sí." Rispose allora il biondo, alzandosi dal letto.

"Ebbene, domani mi comunicheranno la data ufficiale." Disse il moro in tono pomposo, quei giorni sprizzava davvero energia da tutti i pori. "Ma la cena si farà... momento suspence..." Fece una pausa lunghissima. "All'atelier! All'ultimo piano che si tratta di una specie di sala ricevimenti! Con uno chef! Un cazzutissimo cheeeeef!"

"Wow, figo." Replicó Jimin, cercando di metterci più enfasi possibile e non farla risultare una finta, che in realtà era, ma poi ci pensó di più. "Come mai questo cambiamento?"

"È tutto grazie a Taehyung! Abbiamo un capo davvero fantastico! Li ha invitati lui, pensa!" Esclamò Jungkook.

"Taehyung? E perché lo avrebbe fatto?" Il biondo cominció a stranirsi. "Cioè, sono felicissimo per te, non fraintendermi."

"In realtà non lo so..." Disse l'altro con un po' di indugio. "Ma non è fantastico?! Insomma, i miei ne saranno felicissimi! Sono entrambi dei grandissimi fan di Taehyung." La felicità che sprizzava quella voce fece allargare un sorriso sul volto di Jimin.

"È...è davvero meraviglioso, ringrazia Taehyung dell'invito, a questo punto." Si limitó a dire il ragazzo. Non voleva assolutamente smontare l'allegria del moro, sapeva quanto amasse la sua famiglia e sentirlo così incredibilmente felice gli fece scaldare il cuore.

"Ci vediamo domani a lavoro, allora." Esordì il più giovane dall'altro capo del telefono con una risatina.

"Certo, a domani." Jimin chiuse la telefonata, si diresse verso il suo divano e gettó il cellulare sopra di esso con svogliatezza.

La domenica di Jimin passó in questo modo, fino a quando non fu invitato ad un'assurda rimpatriata tra vecchi amici delle superiori, con persone che non aveva mai considerato e che men che meno sopportava, ma almeno era una buona scusa per staccare la spina e pensare ad altro.

Quel weekend passó così velocemente per Jungkook che quasi non se ne accorse. Non aveva fatto nulla in particolare, ma era come se si fosse alleggerito di un peso enorme. Il fatto strano è che nemmeno lui sapeva a cosa questo peso fosse dovuto, tuttavia si sentiva così tremendamente felice che tutto gli sembrava stupendo e sconosciuto. Il lunedì mattina era stranamente promettente e Jungkook si sentiva veramente bene.

Il ragazzo stava, come tutti i giorni, guidando per le strade di Seoul e, seppur quelle fossero le solite strade che percorreva ogni singolo giorno, in quel momento gli sembrarono stranamente diverse e bellissime. Il sole gli apparí così luminoso da far lacrimare gli occhi anche se si trattava solamente di un fiacco e giallognolo sole invernale; le strade gli parevano addirittura più piacevolmente lisce, quando in realtà erano consumate dal traffico; la gente la vedeva tutta sorridente, sebbene si trattasse sempre della stessa gente che vedeva tutti i giorni, solo con volti diversi. Il ragazzo alzò lo sguardo e guardó le nuvole che risiedevano pacifiche nel cielo un po' brumoso e notó che alcune di esse assumevano forme molto curiose. Ammettiamolo, non era usuale per un ventunenne guardare le nuvole e addirittura realizzare che fossero simili a fiori o oggetti di varia natura. Ciononostante, a Jungkook piaceva concedersi questo genere di cose quando era davvero felice. Si ricordó dei genitori, coloro che lo avevano sempre supportato e aiutato qualunque cosa facesse. Si erano interessati con lui al mondo della moda e gli era piaciuto così tanto da diventare loro stessi dei fanatici delle creazioni di Taehyung. Erano state le persone più importanti della sua vita, il rapporto con i suoi era una delle cose più preziose che avesse mai avuto e perciò cercava in tutti i modi di far sentire un po' di calore a Taehyung. Non aveva idea di come fosse perdere un genitore e solo l'idea gli faceva accapponare la pelle. Avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, sempre se ci fosse ancora qualcosa da fare, ovviamente. Una parte della sua gioia era condizionata infatti dal suo rapporto col ragazzo. Non era chissà cosa, ne era consapevole, ma avere un rapporto pressoché intimo con lui gli piaceva e non poco. Taehyung era sempre stato un esempio da seguire per lui, giacché ad una giovanissima età aveva già fatto strada in un mondo nel quale era difficile accedere, quello della moda. Se Jungkook ce l'aveva fatta, era anche un po' merito suo e questo lo rendeva in qualche modo un po' riconoscente.

Arrivò all'atelier e si ricordò della proposta che il ragazzo gli aveva fatto qualche giorno prima, quella di farsi trovare nel suo ufficio affinché gli parlasse di un altro argomento un po' meno triste del precedente. Era sicuro che lo stilista fosse già presente in quel luogo visto che proprio in quel momento, solcando a grandi falcate il parcheggio enorme dell'azienda, vide la sua Porsche grigia posizionata al solito posto.
Entró dalla porta di vetro e non degnó di uno sguardo il grande tavolo centrale, dirigendosi nell'ascensore e schiacciando il tasto che indicava il penultimo piano. Quando le porte si aprirono, davanti a lui si paró davanti la visione dell'ufficio lucido e nero, circondato da vetrate che aveva già visto la prima volta che Taehyung lo aveva chiamato da lui. La stessa familiare sensazione gli colpí il petto quando notó che lo stilista stava compilando qualche modulo sulla scrivania nera di vetro. Non era libera e pulita come lo era l'ultima volta che l'aveva vista, bensì era occupata quasi interamente da documenti impilati uno sopra l'altro.
Lo stilista alzó lo sguardo di scatto, udendo il primo passo del minore all'interno della stanza e stette a guardarlo per qualche secondo. Si accorse che aveva il viso più raggiante del solito e un sorrisetto promettente stampato sul volto, il quale lo faceva sembrare un coniglietto. Decise di rivolgergli un sorriso di rimando e di salutarlo mentre il moro si metteva seduto davanti a lui.

"Anche oggi hai accettato il mio invito, interessante." Disse Taehyung, mettendosi il palmo sotto il mento per reggere la testa.

"Eh, già." Sorrise più ampiamente il moro "Che fatica." Scherzó poi.

"Ma come siamo simpatici e allegri oggi, successo qualcosa?" Poi si riprese. "Non che ci debba per forza essere un motivo in particolare per il quale tu debba essere felice, ovviamente." E tornó a guardare i documenti, un po' imbarazzato.

"Oggi i miei dovrebbero dirmi quando mi faranno visita e sono gasatissimo." Evitó di dirgli che fosse felice anche a causa sua, poiché gli sembrava una cosa un po' troppo intima da rivelare così su due piedi in quel contesto, anche se si trattava della pura verità.

"Non vedo l'ora di conoscerli, se la metti in questo modo." Gli rispose lo stilista, tornando a guardarlo negli occhi. Quelli di Jungkook erano così tondi e grandi che lo stilista ci si perse dentro per un attimo, o meglio, un lungo attimo.

"C'è...c'è qualcosa che non va?" Chiese il moro, avendo paura che parlargli così apertamente dei suoi genitori lo ferisse in qualche modo.

"No, no..." Taehyung ebbe l'immediato bisogno di giustificarsi, ma non gli venne in mente nulla di buono dunque si sforzò a dire quello che pensava. "È che... hai davvero dei begli occhi."

Jungkook distolse subito lo sguardo e lo tenne fisso sulle scartoffie di fronte a Taehyung. "Ehm... grazie, anche i tuoi non sono per niente male." Rispose poi, in preda al panico. «...per niente male... PER NIENTE MALE.» Si rimproverò, chiedendosi se spiaccicarsi una manata in piena fronte fosse lecito o meno in quella situazione.

"Okay, va bene, finiamola qui e grazie per il commento." Esordí Taehyung ridendo. «Per fortuna non si è offeso...credo.» Pensò Jungkook nel frattempo. "Voglio parlarti di un'altra tipologia di tessuto oggi." Iniziò poi lo stilista. "Non penso tu conosca la leggenda del filo rosso." Disse poi, a mo di domanda.

"Hai ragione, non la conosco." Confessó Jungkook un po' a disagio. Certe volte si domandava come sarebbe stato ascoltare una storia che conosceva già, anche se sapeva che probabilmente non sarebbe mai successo.

"Meglio." Si limitò a dire il ragazzo. "La leggenda giapponese del filo rosso la trovo io stesso abbastanza macabra, ma l'unica che si adatta ad una domanda che vorrei farti dopo, quindi ti prego di ascoltarla con molta attenzione." La gentilezza di Taehyung era fuori dal mondo per Jungkook, era come se ogni volta che parlasse lo avvolgesse un telo di seta profumata. "Si tratta della storia di un uomo cinese di nome Wei che era rimasto celibe fino all'età adulta. I suoi genitori erano defunti ed egli, nonostante i numerosi sforzi per trovare una moglie adatta a lui, rimase comunque insoddisfatto per molti, molti anni. Un giorno, mentre passeggiava per le vie della città di Song, notò un anziano signore seduto su un gradino con gli occhi attenti su un libro e accanto un sacco appoggiato al muro. Wei gli chiese cosa stesse leggendo, ma l'anziano ignoró completamente la sua domanda e si presentò come il Dio dei matrimoni. L'uomo ne fu estasiato e guardó il Dio dare una rapida occhiata al suo libro per poi comunicargli che sua moglie aveva appena tre anni e che era destinato ad aspettare altri quattordici anni prima di conoscerla e sposarla. Wei fu molto deluso dalla risposta del vecchio e chiese cosa contenesse il suo sacco. Il Dio non lo aprí, ma gli rivelò che all'interno di esso c'era un filo rosso che che serviva a legare i mignoli di mariti e mogli. Il filo non poteva essere reciso in nessun modo, dunque il destino non poteva essere cambiato e due anime erano costrette a sposarsi, nonostante i loro comportamenti o voleri. Wei se ne andò così infuriato, poiché non poteva scegliere sua moglie di proprio conto, che ordinó ad un suo servo di uccidere la bambina di tre anni, nonché sua promessa sposa. Il servo però non fu abile di uccidere la bambina e gli lasciò solo una grave ferita alla testa, portatrice di una successiva e visibile cicatrice. Un lontano giorno, anni dopo l'accaduto, Wei conobbe una bellissima fanciulla di diciassette anni e finalmente si sposó. La ragazza però portava sempre una benda sulla fronte anche quando si lavava o dormiva. Una mattina il marito gli chiese il motivo di questa scelta e lei gli confessó tristemente che, quando era piccola, un uomo l'aveva ferita con una coltellata e per questo si vergognava della sua cicatrice. Wei rimase stupefatto e inorridito da se stesso a quella confessione e le riveló la verità in lacrime. La storia si conclude dicendo che i due, una volta chiarito tutto ciò, vissero felici e contenti, amandosi più di prima." Concluse.

"È davvero molto macabra." Confessò il moro, senza parole. Era curioso della domanda che Taehyung gli avrebbe fatto successivamente. Eppure, aveva una paura indicibile, visto che non sarebbe stato sicuramente in grado di rispondergli.

"Credi a questa leggenda, Jungkook?" Gli chiese lo stilista, guardando tranquillamente altrove. "Ovverosia al fatto che noi tutti siamo uniti attraverso un filo rosso che ci lega e non possiamo farci nulla? Oppure al fatto che il destino sia qualcosa di infrangibile ed intoccabile ma allo stesso tempo così fragile da non riuscire nemmeno a predirlo? E sopratutto, credi al fatto che, nonostante il filo crei intrecci e giri estrusi, le due anime congiunte saranno alla fine destinate ad incontrarsi?" Domandó poi, con volto serio.

«Oh mio Dio.» Pensó il moro con il cervello che gli friggeva. Non aveva mai riflettuto su questo genere di cose e le sue paure di non essere all'altezza di quelle domande lo pervasero. "Io...non lo so."

"Tranquillo, non ti mordo mica." Lo rassicurò Taehyung. "È che mi interessa sapere cosa ne pensi."

"Se mi stai chiedendo se credo nelle anime gemelle o cose così...no, non ci credo." Jungkook osó parlare dopo aver messo insieme le prime parole che gli vennero in mente.

"No, no." Fece Taehyung. "Per me il concetto dell'anima gemella è un concetto molto più ampio, che invalida un congiungimento attraverso la reincarnazione e un'unione cosmica ed universale, non solo terrena. Un legame che coinvolge l'anima e il corpo, ovvero un rapporto che provoca il raggiungimento dello stato massimo dell'amore umano, il quale porta a sua volta all'interezza e totalità dell'animo."

Jungkook restò a guardarlo con due occhi enormi, la mascella che gli arrivava a terra e le mani insensibili, poggiate sul tavolo di vetro. "M-mi dispiace ma..." Non sapeva cosa dire, Taehyung gli stava parlando di cose ben più grandi di lui e semplicemente non si sentiva pronto per sentirle.

Taehyung gli prese e strinse una mano con forza, cercando di compatirlo. "Senti, scusa, non volevo fare il saputello filosofo, ma sono cose su cui ho riflettuto." Fece una pausa. "Voglio solo sapere cosa ne pensi dell'amore predestinato, l'amore terreno, passionale e che coinvolge errori e disgrazie. Insomma, ti sei mai sentito un po' solo? Ti sei mai sentito come se volessi una famiglia o qualcuno con cui condividere il resto della vita? Hai mai sperato di, non so, svegliarti al mattino e trovare la persona che ami più al mondo accanto a te, anche se non hai idea di chi ella sia?" Glielo chiese con tono calmo, per niente agitato mentre lasciava la presa della mano.

Jungkook rimase inchiodato alla sedia, con la mente in subbuglio e gli occhi fissi sul ragazzo davanti a lui. Quella solitudine che lo colpiva ormai di consueto, quel desiderio di una persona da amare e la ricerca di un senso di completezza che dipenda da una relazione con qualcuno di speciale era esattamente ciò che lui stava provando in quegli ultimi tempi.
Non era mai stato innamorato. Solo il fratello gli aveva spiegato a grandi linee come fosse, poi aveva visto Jin e Namjoon abbracciarsi quel lontano giorno e Jimin arrossire violentemente a causa di Yoongi, ma nella sfera personale non aveva mai provato nulla del genere. Eppure, aveva cominciato a desiderare di farlo. Avrebbe voluto innamorarsi, vivere la sua vita con qualcuno, crescere e magari sposarsi, ma per uno che in ventuno anni non ha mai provato nulla del genere, era difficile riconoscere tale sentimento. Tutto quello che sentiva in quel momento, seduto davanti a Taehyung con i suoi occhi che lo guardavano tranquillamente, era solo un formicolio al petto che gli stava togliendo il respiro.

"Come hai..." Sussuró. "Io mi sento cosí da mesi..." Era completamente senza parole. Quei discorsi lo colpirono così nel profondo da sbalordirlo visibilmente. Si chiese se Taehyung fosse una specie di psicologo o se avesse studiato qualche facoltà simile, ma non gli venne in mente niente a quel punto. I suoi pensieri furono interrotti dalla suoneria del suo cellulare. Jungkook chiese a fatica il permesso di rispondere e, appena lesse il nome, il suo volto si illuminò della precedente luce.

"Pronto, mamma?" Disse, con un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro.

"Tesoro... come va?" Appariva come una voce po' malinconica, ma Jungkook era così eccitato che gli parve il solito tono fine e velato della madre.

"Tutto bene, voi?" Chiese il ragazzo, nella speranza che gli comunicasse la data.
Taehyung era ancora lì davanti e faceva finta di non ascoltare, anche se gli era impossibile visto che il volume della chiamata era altissimo. Dunque, decise di fissare le vetrate dell'ufficio, fingendo di essere concentrato su altro.

"Noi..." La madre esitó. "Tuo fratello sta bene?" Chiese poi, ignorando la domanda del moro.

"Mamma, ma tu e papà non dovrete venire a trovarci tra poco?" Domando invece Jungkook che cominciava a stranirsi al tono triste e sommesso della madre.

"Amore mio..." La madre sembrava faticare solo a pronunciare quelle due parole. "Ci sono stati... dei problemi con delle azioni con un'azienda russa, ultimamente e... purtroppo, io e tuo padre siamo costretti a restare qui a Daegu per qualche mese e poi dovremmo trasferirci alla sede estera della nostra azienda... a Mosca, in Russia." Alla madre si infranse la voce. "A tempo indeterminato."

Ci fu un silenzio interminabile alternato da vari "mi dispiace" soffocati, pronunciati con difficoltà dalla voce ormai flebile della madre.

"Va bene, ora devo chiudere, salutami papà." Taehyung udí la voce di Jungkook spaccarsi come vetro all'ultima parola e poi il suono del termine della telefonata. Si giró di scatto e lo vide con la testa completamente abbassata e le mani che reggevano il telefono stavano tremando in modo percettibile.

Tutto in Jungkook stava crollando come una povera città in vista di un terremoto. Come se tutta la spensieratezza di quei giorni fosse stata messa da parte e buttata in luoghi oscuri e sconosciuti. Forse, si disse, non avrebbe più rivisto i genitori e tutto si fece improvvisamente più grigio. Il sole che filtrava dalle vetrate ritornó il fiacco sole invernale, le persone ritornarono le solite e tristi persone e i suoi occhi cominciarono ad appannarsi, impedendogli di vedere.

Taehyung si avvicinò di soppiatto al minore, il quale era ancora seduto sulla sedia, ma indugió un secondo, chiedendosi se fosse o meno cosa giusta da fare. Dopo qualche secondo, si inginocchiò davanti al ragazzo in modo da avere il viso in linea col suo, gli fece alzare il capo e con mano gentile gli scostò la frangia scura dagli occhi. I capelli morbidi e lisci del moro rispettarono il gesto affettuoso dello stilista e appena gli occhi di quest'ultimo incontrarono quelli pieni di lacrime di Jungkook, Taehyung non ci pensò nemmeno un secondo prima di stringerlo tra le sue braccia così forte da soffocarlo.

Sentì la testa del ragazzo incastrarsi nell'incavo del suo collo, le mani scivolare dietro la sua schiena e stringere forte la sua felpa per trovare un appiglio resistente. Fece passare la mano dietro la sua nuca e cominciò ad accarezzare quei lisci e morbidi capelli corvini. Avvertí il minore trattenersi il più possibile per non versare nemmeno un lacrima e Taehyung avvicinò la guancia alla sua tempia, premendola per trasmettergli un po' di sicurezza. Sapeva benissimo come fosse non avere una spalla fidata su cui piangere ed ebbe la generosità di offrirgliela. "É normale piangere, Kookie." Appena pronunciate quelle parole, percepì il corpo di Jungkook rilassarsi e iniziare a tremolare. Subito dopo, lo sentì singhiozzare sommessamente sul suo collo e alcune umide lacrime bagnargli la stoffa della felpa. Taehyung chiuse gli occhi e strinse di più a se' quel ragazzo tanto spensierato, quanto fragile.

Scusate per eventuali errori :/

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