ADESSO CHE NON CI SEI

Por BiceRivera

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(IN CORSO) Maia ha diciannove anni ed è irreparabilmente infelice, non accetta niente della vita in cui è rin... Más

Descrizione
Prologo
Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Trentuno
Trentadue
Trentatrè
Trentaquattro
Trentacinque
Trentasei
Trentasette
Trentotto
Trentanove
Quaranta
Quarantuno
Quarantadue
Quarantatré
Quarantaquattro
Quarantacinque
Quarantasei
Quarantasette
Quarantotto

Sette

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Por BiceRivera

Giorno 10
24 Ottobre

MAIA

«No ma dai! Non potevo fare altro! Stai scherzando?! Avresti dovuto lasciarmelo!» presi le due carte sul letto e le trascinai nel mio mazzetto. «Hai già raccattato ventiquattro punti! Come potevo non prendere l'asso? Almeno undici punti concedimeli no?» sbuffai senza smettere di sorridere.

Giocare a briscola era, da quando eravamo bambine, il nostro passatempo preferito. Nessuna delle due era più brava dell'altra, la fortuna girava per entrambe, a volte vincevo io, altre lei. Una cosa, però, era sicura: il conto finale lo poteva fare solo lei, io, a contare, facevo proprio schifo.

Lei contava i suoi punti, che io poi sottraevo a 120, i punti totali. In questo modo riuscivo ad evitare spiacevoli figuracce facendo capire a tutti quanto odiavo la matematica e i numeri.

Anche quel pomeriggio, con la gamba destra stesa davanti a me, pescavamo e ributtavamo le carte sul letto, cercando, nel frusciare delle carte,una distrazione per far passare il tempo.

«Mi fa male il taglio, i punti mi tirano»

«Vedrai che il prossimo mese te li tolgono tutti, passerà prima che tu te ne renda conto» sorrise flebilmente Angy.

«Hai notizie dall'esterno?»

«In effetti sì, tuo fratello è venuto a conoscenza dell'incidente e ha dato di matto, sopratutto quando ha saputo che hai bloccato le indagini, e data la sua istintiva reazione abbiamo modificato un po' la verità, evitando la questione dell'ex carcerato, magari lui lo conosce e non sarebbe piacevole»

«È l'ex carcerato che mi ha salvato la vita Angy, anche se lo conoscesse non penso che si arrabbierebbe, anzi, dovrebbe essergli grato, se sono qui è grazie a lui»

«Non importa, è meglio che si concentri solo su di te, potrebbe spronarlo a comportarsi meglio, per uscire più velocemente da quel buco» alzai le spalle giocando con le dita.

«La mamma?»

Respira Maia, sei pronta.

«Non so, dice che ha molto da fare ma che verrà a trovarti nel fine settimana, queste sono le uniche cose che sono riuscita a cavarle di bocca» una fitta allo stomaco mi colpì impreparata.

«Va bene, ma dille che non è forzata a venire, sto bene qui»

«Immagino» sussurrò velenosamente abbassando lo sguardo sulle carte.

«Scusa?» lei non rispose.

«Sai chi era coinvolto con te nell'incidente?»

«No» mentii con disinvoltura.

«Cazzata» rise amaramente, aggrottai le sopracciglia cercando di mantenere la calma.

«Sai che preferisco la verità alle bugie Maia, qualunque essa sia»

«Non capisco» ammisi.

Lei infilò una mano nella borsa e ne estrasse un foglio di giornale. In dimensioni spropositate c'era impressa la foto dell'incidente: i vetri a terra, la strada macchiata di sangue, i cerchi di gessetto bianco e i cartellini gialli per i rilievi. Sotto era scritto per filo e per segno ciò che i carabinieri pensavano fosse successo, con le nostre iniziali in bella vista, circondate da un evidenziatore giallo.

«Vuoi leggere le iniziali ad alta voce Maia?»

«No grazie, ci leggo bene»

«Menomale, allora sai fare bene altre cose oltre che mentire» alzai gli occhi al cielo.

Cazzo, non di nuovo.

Sapevo essere davvero cattiva quando litigavamo, odiavo rischiare di dire qualcosa che avrebbe potuto ferirla.

«A.C. sono delle belle iniziali non credi? E non ti pare un caso che siano proprio le iniziali del ragazzo uscito qualche giorno fa di galera, che abbiamo visto alla festa di Jo e con cui hai parlato?» rimasi in silenzio.

Lei continuo alzando il tono di voce «Non importa che ti inventi un'altra balla, ho chiesto al piano terra se qui è ricoverato un certo Alec Casale. Pensavi fossi scema?» iniziai a sentire l'irritazione far frizzare i muscoli delle braccia, Angelica si era intromessa nella mia vita come se fossi una bambina da proteggere, una cosa che non sopportavo nemmeno da parte di mia mamma.

«Pensavo che non fossero affari tuoi»

«Ci siamo sempre dette tutto, da quando la tua vita non è anche affar mio?»

«Ascoltami bene, e non ho intenzione di ripetere questo un'altra volta» raddrizzai la schiena puntandole un dito contro «Tu potrai anche essere al corrente di tutto ciò che mi succede nella vita, ma il modo in cui la vivo e le scelte che faccio sono solo ed unicamente affar mio» strinsi gli occhi.

«Sono stanca di sentirmi dire cosa devo fare, con chi devo parlare e con chi devo uscire. Non ho quattro anni e non devo consultare nessuno» strinsi in un pugno il lenzuolo bianco «E se quel ragazzo non ti piace non me ne frega un cazzo, mi ha salvato la vita e questo lo devi accettare»

«Il mio era solo un consiglio e diciamocela tutta, lui non passava di lì per caso perché intorno a quella biblioteca non c'è veramente un cazzo. Lui era venuto lì per te e tu ci hai parlato anche quella mattina, dopo che ti avevo esplicitamente detto di stargli alla larga. E ribadisco che il mio era un consiglio perché ti voglio bene, ma se a te non frega un cazzo evito di sprecare fiato e tempo» cercò di trattenersi fino all'ultimo ma, mentre rimetteva con violenza il pezzo di giornale nella borsa, iniziò a singhiozzare.

In qualche minuto era fuori dalla camera e non sapevo se sarebbe tornata. L'avevo fatto di nuovo e mi sentivo male, l'avevo ferita, umiliata.

Avevo messo un'altro paletto fra di noi, un'altro spazio vuoto doloroso, un'altro peso da portare sulle spalle, come se entrambe non ne avessimo avuti già abbastanza.

ALEC

Spensi la sigretta sulla ringhiera del piccolo terrazzo per poi buttare giù il mozzicone, presi un respiro profondo e osservai le macchine muoversi sulla strada di fronte a me. Iniziai distrattamente a contarle. Dodici nere, nove grigie, quattro blu e tre rosse.

Pensai alla lunga strada che attraversava i campi di terra rossa pieni di ulivi e che portava a casa della nonna, l'unica, la mia nonna, che invece di venirmi dietro con un fucile, aveva accettato la mia scelta e mi aveva lasciato andare. L'unica per cui sarei tornato laggiù.

Ricordai il modo in cui da bambino mi aiutava ad arrampicarmi su quegli ulivi dai rami robusti sotto il sole rovente, mentre mia madre ci urlava contro che mi sarei sporcato i pantaloncini bianchi che aveva fatto lavare solo il giorno precedente.

Non mi era mai importato, né allora, né in quel momento, di quello che mia madre voleva che facessi o voleva che fossi e per questo ero stato considerato come un traditore.

Alla famiglia bisogna sempre essere grati, dicevano tutti. Eppure io non gli ero grato per niente, anzi, se avessi potuto tornare indietro e scegliere dove nascere avrei sicuramente scelto un'altra famiglia, magari del nord, che mi avrebbe insegnato quanto è importante la legge, quanto è importante aiutare gli altri, quanto è importante studiare e guadagnarsi un lavoro.

A me quelle cose non le aveva mai insegnate nessuno, e quando non te le insegna nessuno impari anche a viverne senza.

Pensi sempre di fare la cosa giusta, quando invece non è così. Ciò che pensi che sia la cosa giusta in realtà è la cosa più sbagliata da fare, ma non importa, non lo senti il senso di colpa che non ti fa dormire la notte perchè ciò che fai è quello che ti hanno insegnato, è quello che fanno tutti quelli che ti stanno attorno, è quello per cui sei nato.

Se cresci in una famiglia di ladri, non sentirai mai il senso di colpa dopo il primo furto e ti arrabbierai con quelli che ti vogliono punire perchè nessuno ti ha mai insegnato che, per vivere all'interno di una società, servono delle leggi e che queste leggi vanno rispettate.

Ti punteranno tutti il dito contro perchè non sanno, non sanno che ti hanno plagiato, che ti hanno fatto il lavaggio del cervello e che tu, così, mica ci sei nato. Dopo ogni arresto proverai un tale senso di odio verso chi ha scritto le leggi che ogni occasione sarà buona per ferirlo, per farlo crollare.

Era questo che loro volevano da noi, ci crescevano perchè un giorno diventassimo armi, mezzi per arrivare al potere, usavano noi, che il rimorso non lo conoscevamo.

Pensai a come sarei stato, a dove sarei stato se le cose fossero andate diversamente, se avessi potuto continuare a vivere a casa mia, nella mia città, con la mia famiglia ed i miei amici.

Pensai a come ci si sente a dover nascondere una sbronza dai genitori, a dover chiedere il permesso per rimanere fuori fino a tardi, a ricevere una paghetta o dei regali per il mio diciottesimo. Io le avevo saltate tutte queste sensazioni. Io, a casa, non ci mettevo piede da quando avevo diciassette anni.

Tornai sui miei passi, guardai l'orologio e mi tolsi la maglietta per prenderne una pulita.

18.00

Sbuffai, non avevo assolutamente nessuna voglia di andare su quel dannato balcone ed incontrarla, eppure mi sentivo quell'ansia addosso di quando sei in ritardo per qualcosa di importante. Calciai il borsone sotto al letto e mi avviai verso la porta per poi chiuderla alle mie spalle.

Trovai la chiave sotto al vaso di orchidee come mi aveva detto la bambina dai capelli rossi, la girai nella toppa e aprii la porta.

18.05

Mi incamminai lungo il bianchissimo corridoio, probabilmente l'ultima zona ristrutturata dell'ala, guardando a desta e a sinistra cercando il balcone.

Fu quando avevo quasi perso la speranza che vidi una porta finestra aperta, l'unica. Mi fermai sulla soglia guardando l'ampio balcone e godendomi la sensazione dell'aria fresca colpirmi il viso, un'aria che mi era mancata.

Lei se ne stava lì, seduta a terra fra la polvere e i calcinacci, la schiena appoggiata alla ringhiera di ferro mentre si rigirava una ciocca di capelli fra le dita e guardava il cielo limpido.

Una voce si fece spazio nella mia testa.

Complimenti Alec, hai appena messo un piede nella fossa.

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