Monster; v k o o k

By softpornbaek

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- with your sweet blood I'll pay for all of my sins. Dove Taehyung è solo un ostinato demone che non desidera... More

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f o u r t e e n
f i f t e e n
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s e v e n t e e n
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n i n e t e e n
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t w e n t y - o n e
t w e n t y - t w o
t w e n t y - t h r e e
t w e n t y - f o u r
t w e n t y - f i v e
t w e n t y - s i x
t w e n t y - s e v e n
t w e n t y - e i g h t
t w e n t y - n i n e
t h i r t y
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By softpornbaek

Neve, neve, neve.

A Taehyung era capitato di vederla soltanto una volta in tutta la sua vita, ed era passato talmente tanto tempo che quasi ne aveva dimenticato le vere fattezze; ormai ne aveva solo un'idea vaga, appena percepibile, per quanto riguardasse il candore naturale e la sensazione pungente che avvertì quando la prese sulla propria mano con occhi curiosi, bramosi di poter capire cosa significasse davvero entrare a contatto con tale meraviglia, ma poi per il resto niente, sia per la caratteristica immancabilmente soffice e gelida collegata ad essa, sia per il suo dolce senso di malinconia che, a questo punto, il giovane nemmeno sentiva più, a distanza di un così evidente stacco temporale.

Era successo sulla Terra, durante una di quelle notti dove le temperature sfioravano i gradi sotto zero, evento non esageratamente raro, e l'aria feroce, invadente, graffiava senza alcun scrupolo prima la pelle scoperta, lasciata in balia del tocco del tempo, e dopo i polmoni, con quelle improvvise folate di vento capaci di farti rabbrividire in un attimo e che, una volta terminate, continuano a lasciarti la loro sensazione addosso, da cui inizi a credere di non poter più liberarti fino a quando non sarai vicino a una degna fonte di calore, ciò che al momento ti manca come non mai.

Il demone si trovava lì per quel suo solito motivo e, più precisamente, quando l'atmosfera secca si accinse ad annunciare a tutti trionfante, gloriosa, la venuta di quei suoi sospirati, immacolati, dolci fiocchi, questo si ritrovava ad aspettare l'attimo più propizio e favorevole per agire e precipitarsi di conseguenza con uno scatto disumano, nemmeno da noi immaginabile, sulla preda in questione, che era intento ad adocchiare e studiare senza accennare a distogliervi lo sguardo, azione che gli era diventata mano mano fin troppo familiare.

Perché, per un po', aveva passato in tale maniera la maggior parte delle sue monotone e infinite giornate, non avendo il lusso di poter concedersi altri tipi di passatempi possibili, magari anche migliori; osservava chiunque lo circondasse, non importava se i soggetti in questione se ne accorgessero o meno oppure, in caso contrario, si sentissero addirittura infastiditi da quelle pupille puntate attraverso seria rigidità addosso, scrutando con aria minuziosa e concentrata ogni singolo, minuscolo dettaglio che potesse apparirgli un minimo interessante, almeno quanto bastasse affinché fosse in grado di farlo distrarre pur per poco tempo, solo quel che si rivelasse necessario da non dargli la possibilità materiale di soffermarsi a pensare ad altro, ultimo suo desiderio, stanco di ridursi a quelle condizioni che odiava con tutto se stesso.

Trovava qualunque oggetto, anche del più ignobile tipo, degno di ammirazione e di interesse da parte sua: era finito col diventare un ottimo osservatore senza nemmeno accorgersene, per forza di cose, in un mondo che nemmeno gli apparteneva e che, se mai lo avesse dovuto avere come sua parte integrante, vitale, nemmeno lo avrebbe voluto -come nell'altro, in fondo- ne era certo.

A dir la verità però, impegnato com'era adesso, in un primo istante non badò eccessivamente all'incupirsi omogeneo della volta presente sopra il suo capo, o tantomeno alle nuvole divenute assai gonfie, grigiastre più del solito, troppo fisso su quella figura massiccia che arrancava a passi sconnessi sulla strada ancora -se pur per questione di attimi- limpida, vergine da qualsiasi altra sostanza possibile.

Se ne era stato per una mezza nottata lì, in silenzio, seduto sul tetto della prima casa che gli era capitata di adocchiare dall'alto, mentre attendeva che l'uomo prescelto si trovasse al punto di inalare i suoi ultimi, affaticati respiri, prima di poter prendere davvero pace.

Questa volta, se ci è concesso osare dire un'affermazione simile, forse il giovane non stava commettendo in modo completo una cattiva azione: non aveva preso a caso quell'uomo, anzi, era già da un paio di giorni che lo aveva intravisto e analizzato meglio, e per ciò già aveva le idee abbastanza chiare sul da farsi.

La vittima poteva essere sulla sessantina, su per giù, però ormai era destino che la sua vita non potesse portarsi avanti per un lungo periodo, dati i danni irremovibili che le bottiglie di alcool a cui ancora si teneva stretto, fino alla fine, insieme all'aggiungersi del fumo gli avevano arrecato, senza lasciargli la possibilità, se pur incerta, di provare magari a intervenire per rimediare o far qualcos'altro.

Si trattava di un povero ubriacone triste, per cui quasi provare un sentimento non indifferente di pietà,totalmente consapevole della sua esistenza misera, sciatta, vuota, insensata, che tante volte aveva ipotizzato di portare a termine prima ma che, per mancata forza e coraggio, codardo come era stato sin dalla sua nascita, si era limitato a trascinare attraverso svariate difficoltà in quella maniera inutile fino ad allora, tra un'annata di un contenitore vitreo e una sigaretta, con il rimorso di tutte le porte che gli erano state subito chiuse in faccia quando aveva supplicato con le lacrime che minacciavano di uscir fuori dagli angoli degli occhi, o che già brillavano nitide e chiare, un letto confortevole e una zuppa risanante, avendo perso una moglie fidata, delusa dal suo fare, una bellissima bambina che non aveva avuto l'occasione di proteggere nel modo appropriato e un figlio che gli aveva augurato il peggio, prima di cacciarlo, per la condizione a cui si era spontaneamente ridotto.

A Taehyung era bastato pochissimo per venire a conoscenza di ciò, come accadeva con ogni singolo essere con cui veniva a contatto, e forse anche per questo stava aspettando tanto pazientemente lì, senza proferire parola, ignorando il fumo proveniente dai caminetti del quale spesso avvertiva l'odore amaro solleticarlo le narici, non curandosi del fatto che avrebbe dovuto esser già andato via, di ritorno per quel posto che lo vedeva sempre più lontano, in veste di nemico.

Si era ripromesso di non intervenire prima del necessario, lasciando a quel disgraziato la possibilità di accasciarsi lentamente, agendo da solo, offrendogli l'opportunità di ammirare per un'ultima volta la luna brillare e le stelle chiamarlo a sé.

Avrebbe potuto senza problemi intervenire prima e porre fine a quell'agonia, sentita da entrambi, risparmiando lui per primo tempo, però in quel caso avrebbe dovuto far finta di non aver percepito il volere sproporzionato del signore di godersi quegli ultimi secondi in totale serenità, cullato dalla consapevolezza di non dover più avere il timore di preoccuparsi di niente, perché ormai un posto migliore sicuramente lo stava aspettando, dato l'inferno che aveva già -o almeno secondo lui- passato sulla Terra.

Per cui il ragazzo aspettò anche quando si accorse del primo fiocco infrantosi sulla punta del suo naso, portandolo in maniera istintiva ad alzare lo sguardo e a notare come i piccoli coriandoli bianchi scendessero giù, con una danza calma e continua, in direzione del suolo su cui poi si sarebbero obbligatoriamente ritrovati.

Allora, a quella vista, non accennò nemmeno un sorriso abbozzato, non potendo d'altronde capire a pieno sotto quale magnifico spettacolo fosse, limitandosi ad ammazzare lo scorrere del tempo come spettatore, passandosi ogni tanto la mano fra i capelli o sul collo al tocco gelido che la neve gli concedeva.

Alla fine, quando finalmente poté scendere da quel tetto e avvicinarsi all'uomo, erano passate un paio d'ore e il bianco si era già ammucchiato in alcuni angoli del luogo, tra cui proprio quello dove il corpo morente si era fermato.

Quando l'umano notò, con gli occhi ridotti a due fessure, la figura di Tae, scorgendo nonostante il buio le sue indistinguibili ali nere, capendo in parte la situazione sorrise lievemente, per quanto riuscisse, muovendo poi di poco il capo in segno di affermazione, ritenendosi pronto a ciò che lo stesse aspettando.

L'altro rimase a guardarlo impassibile, piegandosi dopo a terra, inginocchiandosi accanto al povero malcapitato soltanto nel momento in cui stava per serrare in modo definitivo le palpebre, restando a guardare la scena dove la mano nera lo portava dalla sua parte mentre lui terminava il lavoro, quasi si trattasse di un suo aiutante.

Così, in seguito a non molto, quella purezza naturale venne sfigurata dalle macchie di sangue ancora caldo che si sparsero a getti sulla sua tenera superficie, dove le sagome degli unici due rimasti fuori erano ora impresse e che, a mattino giunto, sarebbero state viste da chissà quanti, fortunati ad essersi persi quello spettacolo inadeguato al clima di felicità comune che nasce nei cuori di chiunque allo scorgere, una volta svegli, quella lunga distesa innevata, capace di far così felice la gente.

Quando ebbe terminato tutto, il rosso sfiorò con le dita lo strato morbido che aveva lui stesso reso scarlatto e fu solamente allora che poté avere un primo contatto con ciò che lo aveva già raffigurato come un assassino imperdonabile, appiattendo la palla che aveva creato, unica nel suo genere per i due pigmenti opposti di cui era caratterizzata, lasciandola poi cadere infrangersi a terra in seguito ad averla accarezzata per bene, convinto di poter andare, avendo portato a termine il suo compito.

E adesso, tornato a casa e di fronte alla finestra della sua nuova stanza, condivisa con una persona in più, mentre questa era intenta a riposare tranquillamente l'altro se ne stava là, a ricordare quell'avvenimento lontano, ammirando l'identica scena -ora però suo frutto- che al contrario della prima volta stava apprezzando di più, tentando di imprimerla meglio in mente.

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