Il ragazzo della 113

By SthefannyStories

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Le regole alla Columbia University sono poche e precise: puntualità alle lezioni, tenere uno studio costante... More

Cast
Prologo
1. Columbia
2. Frutto proibito
3. Guida Turistica
4. Connie
5. "Siamo amici"
6. Football&Cheesburger
7. Fuoco
8. Questione di fiducia
9. MagBlue's
10. Cappuccino
11. Rissa
12. Tregua
13. Il tuo tocco
14. Insieme
15. Bacio Rubato
16. Fratelli Protettivi
17. Fratelli giganti e buoni
18. Nostalgia
19. Maglioni imbarazzanti
20. Momenti imbarazzanti
21. Il Ringraziamento
22. Goodbye Brother
23. Auschwitz 1941
24. Giro Turistico In Presidenza
25. Casa Walker
25. Casa Walker
26. Mi affido a te
27. La partita
28. Il ballo
28. Il Ballo
29. Un mare di bugie
30. La verità
Epilogo
SEQUEL
Ringraziamenti
LULLABY

17. Fratelli giganti e buoni

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By SthefannyStories

▶️Bruno Mars - That's What I Like

Parte Seconda

Una volta posizionata davanti alla porta della stanza 113, alzai lo sguardo sulla figura atletica appartenente a Matt - in piedi al mio fianco - nel mentre che si passava - per l'ennesima volta in un arco di dieci minuti - il palmo della mano lungo la superficie dei capelli.
Era talmente nervoso, che pensai che da un momento all'altro potesse svenire e distendersi lungo il pavimento del corridoio della Columbia.
Cercai quindi di alzare gli angoli delle mie labbra all'insù, rivolgendogli un sorriso - più che gentile - con l'intento di incoraggiarlo.

Ricevetti un accenno della testa da parte sua e dopo aver annuito in sua direzione, alzai un pugno ben stretto verso la superficie in legno della porta, bussando tre volte su essa.
Non ottenni, però, alcuna risposta con il permesso di farci entrare.
Alzai nuovamente la mano e riprovai a bussare, ottenendo - inutilmente - alcuna risposta.
Spostai lo sguardo su Matt, che aveva trasformato l'espressione del volto in una smorfia, segnando il quanto evidentemente si stesse preoccupando. "Probabilmente sarà uscito." Optai ad una soluzione, studiando nel frattempo le linee che si formarono sulla sua fronte leggermente aggrottata, donandogli un'aspetto molto severo.

Allungò una mano in direzione della maniglia al mio fianco e con una pressione delle dita, fece capolinea sulla soglia della porta, bloccandosi immediatamente all'immagine che ci si piazzò davanti.

Distolsi lo sguardo dalla sua figura atletica, per riporla sulla grande sagoma distesa sul morbido tappeto grigio, che ricopriva il pavimento bianco della stanza. "Isaac!" Alzai di gradi la tonalità di voce, probabilmente per l'impatto improvviso, portandomi i palmi delle mani alla bocca nel mentre che mi inginocchiavo al suo fianco. Spostai i capelli - che mi erano caduti sulla fronte - dietro all'orecchio prima di sfiorare la sua fronte, sentendo il calore eccessivo che emanava la sua pelle. "Scotta, ha la febbre." Contastai dopo essermi assicurata che non avesse ferite, lividi o qualunque altra traccia che mi avrebbe fatto pensare agli incontri al Blue's. "Matt, aiutami a metterlo a letto." Chiesi al ragazzo ancora in piede sulla soglia della porta, intento a guardare in silenzio la scena davanti a sè. Scosse la testa, come a voler mandar via i pensieri che avevano preso posto nella sua mente, dirigendosi - un attimo più tardi - in mia direzione.

Si abbassò sui talloni e allungò le mani lungo il corpo di Isaac, che in quel momento era soltanto un ammasso di muscoli pesanti.
"Sei troppo minuta, lascia fare a me." Parlò Matt guadagnandosi un'occhiataccia per avermi definita minutta, prima di portarsi le braccia di Isaac lungo il suo collo. E stringendogli una mano lungo il suo bacino, lo alzò fino a trascinarlo di peso sulla superficie - decisamente più comoda del tappetto - che era il letto. Lo appoggiò con cura, attento a non fargli sbattere la testa sulla testiera o al muro alla destra.
"Vado a prendere delle pasticche in farmacia, nel frattempo bagna un panno con dell'acqua fredda, strizzalo per bene - in modo da farlo diventare umido - e lasciaglielo in fronte finché non si scalderà nuovamente. Ripeti questa procedura fino al mio ritorno, servirà a ridurre la temperatura elevata del suo corpo." Mi informò, nel mentre che mi chiedevo fra me e me come sapesse tutte queste cose. "Ho due fratelli gemelli più piccoli, queste situazioni erano continue routine prima che mi trasferissi qui." Mi rivelò, rispondendo - senza nemmeno saperlo - alle mie domande. Annuìì con la testa per più volte, prima di vederlo sparire e chiudersi la porta alle sue spalle.

Tornai a rivolgere lo sguardo sulla figura inerme che era il corpo di Isaac, che notai fosse - soltanto in quel preciso momento - privo di un indumento a coprirgli il petto. Respirava regolarmente e il suono del suo respiro tranquillo mi tranquillizzò da quell'impatto improvviso che ricevetti, non appena lo vidi - qualche minuto prima - disteso a terra. Mi avvicinai, allungando le mani sul piumino bianco per poterlo coprire, in modo che l'aria che circolava - dovuto alla finestra aperta - evitasse di andare a contatto con il suo corpo. Posizionai per bene il cuscino dietro alla sua nuca, adaggiandola in modo che gli riuscisse comodo dormire e riposare. Nel frattempo mi incamminai in direzione delle ante della finestra, per poterla chiudere e scostare le tende per far entrare un po di luce all'interno di quella stanza avvolta dalla penombra. Successivamente mi incamminai in direzione del bagno, presi un piccolo asciugamano grigio fra le mani e lo immersi nell'acqua fredda che avevo appena fatto accumulare all'interno del lavandino. Lo strizzai per bene e per più volte - come mi aveva spiegato Matt - prima di piegarlo un paio di volte e far nuovamente rientro nella stanza.

Isaac continuava a dormire avvolto dal piumino, che lo teneva finalmente al caldo e preoccupandomi per non far alcun rumore, spostai la sedia della sua scrivania fino al lato sinistro del suo letto matrimoniale, accomodandomi su di essa subito dopo. Con premura e con attenzione, appoggiai il panno sulla sua fronte che emanava più calore rispetto a prima, spostandogli i capelli in modo da non creargli nessun fastidio. E senza nemmeno rendermene conto, iniziai a sfiorarli e ad accarezzarli con le dita, guardando con attenzione i particolari che raffiguravano il suo viso.

Notai le ciglia lunghe, che circondavano le palpebre chiuse, che mi impedivano di poter guardare il colore verde - dalle pagliuzze castane - che erano i suoi occhi. Le guance scavate mettevano in risalto i suoi zigomi - ora - arrossati a causa della febbre. Mi meravigliai di essermi accorta soltanto in quel momento, della presenza di piccole lentigini sulla superficie del suo naso sottile, che andavano ad estendersi - non in maniera esagerata ma soltanto accennata - sulle sue guance. Erano piccolissime, quasi invisibili. Restai a guardarle con attenzione, fino a quando il mio sguardo - sotto la montatura rettangolare dei miei occhiali - non passarono alle sue labbra. Erano più gonfie del solito e avevano un colore rosato, nettamente in contrasto con il colore bianco della sua pelle. Si schiusero per emettere un suono simile ad un lamento, facendomi aggrottare la fronte. Che stesse nel bel mezzo di un brutto sogno?

Portai le mie dita sulle sue guance, toccai la sua mascella fino a fiorare le labbra. E fu allora che notai il modo in cui si rillassò sotto le mie carezze, facendo piegare gli angoli delle mie labbra all'insù.

Sobalzai seduta sulla sedia non appena la porta si aprì, rivelando la figura di Matt con in mano un sacchettino con lo stemma della farmacia e nell'altra una busta della spesa. "Ho pensato che al suo risveglio avrebbe magari gradito mangiare qualcosa, sai se apprezza lo stufato di carne?" Mi domandò, portando successivamente lo sguardo da me ad Isaac, per poi ripporlo nuovamente su di me. Arrossìì inevitabilmente, sperando che non mi avesse colta nel fragante, nel mentre che accarezzavo - a vicinanze ridotte - il ragazzo dormiente al mio fianco.

Mi lisciai i palmi delle mani sui miei pantaloni, prima di alzarmi e dirigermi in sua direzione. "Sai cucinare?" Gli domandai, prendendogli dalle mani la busta per appoggiarla sul ripiano del piccolo angolo cottura, presente nel lato destro della stanza.

Alzò e riabbassò le spalle. "Si, e me la cavo anche abbastanza bene. Come ti ho accennato prima, ho due fratelli più piccoli e a forza di saltare le feste studentesche il sabato sera, in assenza dei miei genitori che mi lasciavano il compito di prendermi cura di loro, ho imparato a manovrare pentole e fornelli." Mi rivelò appoggiando il sacchettino della farmacia sopra alla scrivania, prima di affiancarmi e aiutarmi a svuotare la busta, per riempire lo scaffale e il piccolo frigo. Separò da parte una vaschetta di carne, un paio di verdure già pre-cotte, tre latine con la polpa di sugo di pomodoro e altri ingredienti che sarebbero serviti per fare il piatto. Tirò fuori una pentola e una padella in pochissimo tempo, come se conoscesse già a memoria quella cucina. "Saresti così gentile da poter lavare le verdure e disporle in questa vaschetta?" Mi domandò gentilmente, nel mentre che tagliava - con un coltello ben affilato - la carne in estrema velocità, sorprendendomi visibilmente.

Annuìì con la testa, andando verso il lavandino alle sue spalle. Lavai con cura le carotte, una cipolla e del sedano, togliendo ogni traccia e residuo di batteri, appoggiandoli successivamente sulla vaschetta e iniziandoli a tagliare a pezzettoni, sbucciando - in piccoli pezzi - la cipolla . "Come si chiamano i tuoi fratellini?" Domandai con l'intenzione di fare conversazione, senza voler risultare - però - invadente sulle sue questioni personali.

Riempì la pentola con dell'acqua per far bollire il brodo, che era la base dello stufato, accendendo il fuoco. "Jackson e Reed, si assomigliano talmente tanto che se non fosse per la cicatrice sul sopracciglio di JJ non li riconoscerei nemmeno." Parlò facendomi sorridere.

"E si sono sempre comportarti bene con te?" Domandai nonostante sapessi già che risposta aspettarmi da parte sua, nonostante l'innocenza che potevano avere i bambini, erano tutto fuorché perfetti angioletti.
Adorabili? Probabilmente sì.
Furbetti? Anche.

Ridacchiò sentendo la mia domanda, scuotendo successivamente la testa in senso di negazione. "Tutto il contrario, sono due eccellenti combinaguai." Annunciò piegando gli angoli delle labbra all'insù. "Oramai vanno alle medie, ma ai tempi delle elementari sono stati un vero tormento per i miei genitori. Sono amanti dell'arte e della pittura, e qualunque scusa era buona per poter disegnare sui muri bianchi del salotto o sulle fatture e documenti di lavoro di mio padre. Pensa che una volta si presentò al lavoro, pronto per esporre ai clienti e soci di elevata importanza, i suoi elaborati. E senza nemmeno rendersene conto espose soltanto immagini di spongebob e patric." Disse gettando il dado sull'acqua che iniziava a bollire, all'interno della pentola.

Tentai - per più volte - di mordermi il labbro per non scoppiare a ridere, nel mentre che la scena si presentava nella mia testa, in un scenario davvero divertente al solo pensiero. Dovetti portarmi una mano alla bocca, non appena sentii di non farcela. "Divertente, vero?" Mi domandò sorridendo, facendo evidenziare le fossette ai lati delle guance. "Mio padre è morto mille volte quel giorno dall'imbarazzo, fortunatamente i clienti l'hanno presa sul ridere e senza complicazioni gli hanno dato l'opportunità di rifare la riunione." Spiegò mettendo all'interno della pentola la carne tagliata a pezzettoni.

"E cos'è successo ai gemelli? C'è stata qualche punizione?" Domandai leggermente incuriosita dalla sorte dei gemelli.

"Puoi ben dirlo. Un mese senza colori a pastello o qualunque altro oggetto di pittura, senza televisione e Playstation per tre settimane." Rispose mettendo anche le verdure al suo interno, chiudendo il tutto con un coperchio. "Sono impazziti dal terzo giorno e la cosa ha divertito un mondo mia madre, che si asteneva da tutta quella situazione."

Ridacchiai, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Posso soltanto immaginare."

"E tu, hai fratelli?"

Annuìì. "Ho un fratello maggiore, Aidan. È quel ragazzo, con i capelli biondi, che era con me prima che mi venissi a parlare." Gli rivelai mettendo nel lavandino alcune cose che avevamo sporcato, per poterle lavare.

Aggrottò la fronte come se si stesse sforzando di ricordarsi l'immagine, del volto di mio fratello. Parve illuminarsi non appena sembrò ricordarsene. "Pensavo fosse il tuo ragazzo, sembravate avere un'ottima complicità."

Scossi la testa sorridendo. "Sembra strano a dirlo, ma per essere fratelli, abbiamo un bellissimo rapporto. È la mia fetta di felicità." Gli rivelai con sincerità, trasformando le mie labbra in un sorriso affettuoso.

"Devi volergli un gran bene, non è così?"

"Non potrebbe mai essere il contrario." Risposi passandogli i piatti per farglieli asciugare, a man mano che li lavavo. "Tende - in più delle volte - a comportarsi come un bambino, si lascia sopraffare dal suo lato infantile e può essere anche tremendamente insopportabile. Ma devo ammetterlo, è insostituibile." Ammisi.

Mi rivolse uno sguardo comprensivo, avvolgendo un mestolo con un panno rosso, adaggiandolo permettamente sul ripiano.

Continuammo a parlare del più e del meno, pulendo l'angolo cottura della stanza e aspettando che lo stufato fosse pronto. L'odore che esso emanava s'infiltrava nell'aria, dandomi l'idea che - in cucina - Matt se la cavasse più che bene.

E una volta terminato, tolse il cucchiaio dalla pentola per poter assaggiare ciò che aveva appena finito di cucinare. Lo portò successivamente in mia direzione, volendo un mio giudizio al riguardo dopo averlo sperimentato. Presi il cucchiaio in mano, stando attenta a non far versare il brodo sul pavimento e dopo averci soffiato sopra, me lo portai alle labbra. Chiusi le palpebre non appena la mia lingua fu a contatto con quella prelibatezza, i pezzetti di carne erano stati conditi perfettamente e cotti al punto giusto, mentre le verdure mi si scioglievano lentamente in bocca.
Era un paradiso per il mio palato.
"Allora, come ti sembra?" Mi domandò nel mentre che estraevo il cucchiaio dalle labbra, trasformando la testa in alcune pieghe, segno che fosse leggermente a disagio nel ricevere un mio giudizio.

"È buonissimo, Matt, dico davvero. Te la cavi molto più che bene in cucina." Annunciai notando l'espressione soddisfatta, che aveva preso posto nel suo volto. Non potei fare a meno di trovare carine quelle fossette, che si presentavano nuovamente ai lati delle sue guance, ogni qual volta che sorrideva. Nonostante la grande struttura fisica, parlandoci si era rivelato più che altro un gigante buono. Un fratello maggiore premuroso e un cuoco impeccabile.

Alzò le spalle, leggermente a disagio dal mio complimento sulle sue evidenti doti culinarie. Grattandosi successivamente la testa con una mano e arricciando il naso, su cui era presente il septum, prima di prendere un piatto fondo per poter mettere - al suo interno - lo stufato destinato ad Isaac. Nonostante le grandi mani, trattava tutto con molta cura e attenzione. Tagliò in quattro fette il pane che aveva comprato, tagliò in spicchi una pera e riempì un bicchiere con dell'acqua minerale. Sistemò tutto quanto in un vassoio a mano, per poterlo portare a letto da Isaac, in modo che non facesse sforzi per alzarsi.
Lasciò il vassoio sul comodino, non aveva avuto il cuore per svegliarlo, decidendo di lasciarlo dormire fino al suo risveglio, in cui avrebbe trovato qualcosa - di straordinariamente buono - da buttare nello stomaco.

Nel frattempo - la sottoscritta - non riuscìì a non resistere alla tentazione di mangiare, così disponendo due piatti fondi misi una porzione e mezza per entrambi. Non potevo fare a meno di complimentarmi ogni qual volta che mandavo giù un boccone, quello stufato mi faceva tanto ricordare la cucina di mia nonna. Era buonissimo.

Una volta terminato di mangiare, Matt prese i piatti dalle mie mani e andò in direzione del lavandino. Lavò nuovamente ciò che avevamo sporcato e li sistemò nei loro appositi spazi.
Certo che, non potevo non ammetterlo, era una casalinga perfetta.
Una volta terminato, tornò al mio fianco, asciugandosi le mani bagnate con una salviettina. "Dovrei andare, ho gli allenamenti fra meno di due quarti d'ora. Avviserò al Coach sulle condizioni di Walker." Mi informò, prima di rivolgere uno sguardo in direzione di quest'ultimo, che continuava a dormire tranquillo nel proprio letto. "Assicurati che una volta sveglio, metta qualcosa nello stomaco e che prenda le pasticche che ho preso in farmacia. E rimetti sulla sua testa il panno umido, gli farà scendere completamente la febbre." Parlò con un tonno da madre premurosa, facendomi alzare gli occhi al cielo e sorridere.

Annuìì con la testa per più volte, mostandogli il pollice in senso di conferma da parte mia. "Grazie Matt, per avermi aiutata a prendermi cura di Isaac. Il tuo aiuto è stato preziosissimo. Se fosse stato sveglio lo avrebbe sicuramente apprezzato, ne sono più che sicura." Gli rivelai, porgendogli le mia sincera gratitudine. Se non fosse stato per lui, non ce l'avrei mai fatta a portarlo a letto da sola e ne tanto meno cucinare qualcosa di azzeccato per qualcuno che ha la febbre. "Puoi anche dire al Coach, che il capitano tornerà nelle sue forme migliori. Dopotutto ha avuto un grande sostegno da un amico." Parlai sottolineando l'ultima parola appositamente, facendo trasformare le sue labbra in una perfetta circonferenza. Non si sarebbe mai aspettato di essere definito un amico, per il ragazzo della 113, forse nemmeno quest'ultimo lo sa, ma vorrei che sapesse che ciò che ha fatto per Isaac, è stato davvero più che apprezzato.
E io gliene sono grata.

Lo accompagnai alla porta della stanza, salutandolo con un abbraccio di ringraziamento e porgendogli su un sacchetto una vaschetta in plastica, su cui avevo messo al suo interno un po dello stufato che aveva preparato. Dopotutto ne aveva fatta una grande quantità e non credo che Isaac sarebbe riuscito a mangiare tutto quello da solo, più tardi ne avrei anche portato una parte a mio fratello. "Ricordati di fargli prendere le particche." Mi informò premuroso, facendomi ridere.

"Sì, sì. Non ti preoccupare." Lo liquidai con un gesto della mano, prima che mi rivolgesse un cenno del capo e mi desse le spalle larghe per andarsene.

Chiusi successivamente la porta alle mie spalle, appoggiandomi su quest'ultima sospirando. Andai successivamente verso Isaac per controllargli la febbre, contastando come quest'ultimo scottasse ancora come un termosifone acceso al massimo. Tolsi il panno dalla fronte, oramai completamente asciutto, per poterlo bagnare nuovamente con dell'acqua fredda. Mi assicurai di strizzarlo per bene e una volta di ritorno dal bagno, lo appoggiai con attenzione sulla sua fronte. Socchiuse le labbra piene - una volta che il panno freddo fu a contatto con la sua fronte calda - sospirando e aggrottando la fronte.

Oramai si era fatta sera, decisi di portare il restante di ciò che Matt aveva cucinato, a mio fratello. Sarei tornata a controllare Isaac prima di andare a dormire. Sistemai alcune cose, presi fra le mani la vaschetta e mi chiusi alle spalle la porta della stanza con cautela e senza far alcun rumore. Passeggiai fra i corridoi della Columbia, nel mentre che le mie gambe si incamminavano da sole verso la mia stanza, che si trovava a pochi passi da lì. E una volta entrata trovai mio fratello seduto sul letto di Kara, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le grandi mani a coprirgli il viso, completamente avvolto dalla penombra. Le luci erano spente e l'unica fonte di luce che mi permetteva di scorgere la sua figura, era data dalla presenza della luna, che faceva filtrare la sua luce oltre le vetrate. "Aidan?" Lo chiamai quasi in un sussurro, lasciando la vaschetta sopra la mia scrivania e avvicinandomi - in un brevissimo arco di tempo - alla suo corpo massiccio. Mi accomodai seduta al suo fianco, mettendogli una mano dietro la schiena larga e iniziando ad accarezzargliela. "Hei, che succede? Ti senti bene?" Domandai allarmandomi, puntando lo sguardo sulle quattro bottiglie di birra - completamente vuote - che erano poste una di fianco all'altra, vicino ai suoi piedi scalzi.

Sospirò rumorosamente, passandosi le grandi mani mal curate - a causa del duro lavoro - sul viso, su cui si alleggiava un'espressione sofferente. "Mary Jane, è venuta qui a New York per vedermi. Mi ha mandato un messaggio, vuole incontrarmi domani per un caffè." Mi informò con voce rauca, facendomi rabbividire a causa del forte odore dell'alcool che alleggiava sulla sua bocca e soprattutto per la notizia stravolgente.
Mary Jane - la sua attuale ex - è stata l'unica ragazza capace di farmi salire l'istinto omicida, le avrei strappato tutti i capelli con il traglia erba, tagliata a cubetti con una motosega e inviata per posta in Canada, con un biglietto di solo andata senza ritorno.

Nonostante l'attuale voglia di aprire bocca per gettarle contro miriadi di imprecazioni, mantenni la bocca chiusa per lasciarlo parlare.
Si sarebbe sfogato e io ci sarei stata per lui, come oggi e come per sempre.
"Non sono mai stato bravo a prendermi cura di me stesso, lasciavo - ogni volta - che fosse lei a farlo. Il punto è che avevo giurato di non affezionarmici, ma ho finito col perderci la testa, nel mentre che lei si perdeva nel letto del mio migliore amico." Parlò nel mentre che si lasciava sfuggire dalle labbra, una risata amara che non raggiunse gli occhi. "Questo è un grandissimo motivo per cui dovrei spiaccicarle in faccia un glorioso tornate a casa e andare avanti con la mia vita, ma la schifosa realtà è che sto morendo dalla voglia di rivederla. A volte mi manca così tanto, che credo di non farcela. Poi ce la faccio e mi manca comunque." Confessò portando le mani sulle cosce, per stringere fortemente il tessuto dei pantaloni da tuta che gli fasciavano perfettamente le gambe. "Sapere che domani potrei incontrarla ancora una volta, mi fa ricordare le volte in cui lei si addormentava sulla mia spalla ed io restavo immobile per non svegliarla. E mi chiedevo ogni volta come facesse il cuore a starmi così comodo." Parlò, scuotendo successivamente la testa. "Ci sono molti modi per tradire una persona, ma lei ha scelto il peggiore. Non ha mai dato senso alle parole che pronunciavo, non ne conosceva il significato e lo ha dimostrato. E provo rabbia. Perché le avrei voluto dare il mondo, quando a lei è bastato soltanto un po di sesso." Ridacchiò chinandosi con il busto, per allungare una mano in direzione di una birra.

Mi occupai quindi di stringerlo fortemente in un abbraccio, per evitare di fargli aggiungere altra quantità di alcool nel corpo. Non mi piaceva affatto quando si riduceva in quella maniera per lei, perché sapevo perfettamente che a raccoglierne i pezzi - alla fine - sarei stata io.
"I rapporti devo essere costruiti da due persone, non da uno che ci mette l'anima e l'altra che ci mette la testa di cazzo che è." Parlai senza tabù riferendomi a Mary Jane nell'ultima parte, facendolo ridere, nonostante sapesse già la mia crudele opinione sul suo conto. "Meriti qualcuno di stabile. Meriti di poterti addormentare, senza aver paura di chiederti se domani ci sarà ancora nel tuo letto o in quello di un altro." Continuai nel mentre che si accomodava con la testa sulle mie gambe, allungando le sue lungo il letto intento a distendersi. Iniziai ad accarzzargli la testa, coccolandolo e regalandogli tutto l'affetto che meritava. "Prima di distruggerti, avrebbe dovuto pensare a quel tempo di assicurarsi di aver qualcosa di meglio per sostituirti. E non c'è niente a questo mondo, migliore di te, Aidan. Lei c'ha solo perso e ha perso tantissimo. Domani se deciderai di rivederla, assicurati di non prenderti colpe che non hai e di non accettare situazioni per cui starai male, solo per trattenere delle persone - di basso valore - nella tua vita. Da una donna stupida, avrai soltanto quello che vuoi. Ma da una donna intelligente, otterrai soltanto quello che meriti. Vedi tu se vale la pena riaverla nella tua vita o di mettere finalmente un immenso punto a questa storia, è arrivato il momento di rifare la tua strada anche senza di lei." Conclusi abbassando la testa per incontrarmi con i suoi occhi, che mi facevano ricordare quelli di nostra madre.

Girò la testa in direzione della mia pancia, per lasciarmi un bacio sul ventre. "Certo che sei proprio brava con le parole, eh Scricciolo?" Parlò con voce assonata, facendomi sorridere.

"E queste birre?" Domandai inarcando un sopracciglio, in senso di disaprovazione.

Fece per alzare e riabbassare le spalle, inocentemente. "A mali estremi, estreme bevute." Confessò, con un sorriso beffardo sulle labbra che mi fece alzare gli occhi al cielo.

Continuai ad accarezzargli il viso, i capelli e a riempirlo di baci. Una delle cose a cui apprezzavo di più, era il fatto che mi lasciasse il permesso di prendermi cura di lui.
"Merito molto di più." Mormorò chiundendo lentamente le palpebre, una mezz'ora più tardi, lasciando che il sonno lo avvolgese completamente.

"Proprio così." Sussurrai assicurandomi che si fosse addormentato, prima di alzarmi. Facendo attenzione ad appoggiare la sua testa sul cuscino, per avvolgerlo successivamente con le lenzuola e il piumino. Guardai l'orario sullo schermo acceso del mio cellulare, rendendomi conto che sarei già dovuta passare a controllare la situazione di Isaac.

E una volta incamminata in direzione della sua stanza e aperta la porta di quest'ultima, mi affrettai a raggiungere immediatamente la figura agitata nel letto, che era il corpo massiccio di Isaac. "Mamma, no per favore." Mormorò girando la testa a destra, con espressione agrottata, stringendo con gran forza le dita sul piumino.

Un incubo, pensai.
"Non spegnere la sigaretta su di me, non di nuovo. No!" Urlò questa volta, facendo eccheggiare la tua voce roca sugli angoli bui di quella stanza avvolta dalla penombra della notte. "No, ti prego! Mamma!" Continuò, facendo scivolare lungo le guance completamente arrossate, una scia di lacrime che mi devastò il cuore.
Le mani mi tremavano davanti a ciò, che i miei occhi stavano assistendo.
Non avevo la minima idea di cosa fare.

Allungai le mani lungo i suoi zigomi, accarezzandogli le guance con i pollici.
"Isaac, Isaac svegliati." Tentai, sentendolo tremare sotto il mio tocco. "Isaac!" Alzai di gradi la voce, nel mentre che i suoi occhi si aprivano improvvisamente, andando ad incrociarsi immediatemente con in miei.

E senza nemmeno rendermene conto scostò il piumino e si mise a sedere, allungando le grandi mani sul mio viso.
Guardò con attenzione in direzione delle mie iridi, come a voler chiedere un permesso al quale non compresi, finché non sentii il calore delle sue labbra sulle mie.

Commenti, alquanto inutili, dell'Autrice:
Non mi sono fatta sentire da parecchio tempo, lo so, non ammazzatemi. Vengo in pace con un capitolo abbastanza carino al quale ci ho messo un parto di settimane per poterlo pubblicare.
Vi prego di apprezzarlo.
Se volete lasciare un commento, ne sarei più che felice.
Sorprese per il bacio?
Che ne avete pensato di Matt?
Aidan?
Personaggio preferito fino ad ora?
Fatemi sapere!
E niente,
Fanny.

Ps: Se siete interessate a far parte di un gruppo WhatsApp di questo libro, mandatemi il vostro numero in privato con il Nome e Cognome. Sarei davvero felice di conoscere le ragazze che seguono il mio libro.

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