Anthea #WATTYS2017

By Rebecca_Mazzarella

40.2K 3.2K 1.2K

• Vincitrice #WATTYS2017 • Categoria Nuovi Arrivati • Loto è un'adolescente come molte altre alle prese con p... More

Ciao a tutti!
Prologo
Capitolo 1 - Un imprevisto...
Capitolo 2 - Capelli blu
Capitolo 3 - A scuola
Capitolo 4 - Oxo
Capitolo 5 - L'esame, l'alce e il nonno.
Capitolo 6 - La festa
Capitolo 7 - Archema
Capitolo 8 - Il sogno...
Capitolo 9 - Sect Aconitum
Capitolo 10 - La "famosa" zia Flora
Capitolo 11 - Merefin
Capitolo 12 - Nascondersi
Capitolo 13 - Anthea
Capitolo 14 - La nuova vita di Loto
Capitolo 15 - Arcobaleno
Capitolo 16 - Liberum Coscientiam
Capitolo 17 - Il Lago Lunare
Capitolo 18 - Ramus Aureus
Capitolo 19 - Incontro Segreto
Capitolo 21 - Archezo
Capitolo 22 - Paura
Capitolo 23 - L'Albero Sacro
Capitolo 24 - Ricerche
Capitolo 25 - Corri!
Capitolo 26 - Tendini spezzati
Capitolo 27 - Occhi azzurri
Capitolo 28 - Desolazione
COMUNICAZIONE IMPORTANTE
Capitolo 29 - Amici
Capitolo 30 - Peacock
Capitolo 31 - Sangue
Capitolo 32 - Ti voglio bene!
Capitolo 33 - in cammino
Capitolo 34 - Ghemor
Capitolo 35 - Firer
Capitolo 36 - Risveglio
Capitolo 37 - Cambiamento
Capitolo 38 - Imboscata
Capitolo 39 - Pianificare
Capitolo 40 - I Tregar
Capitolo 41 - Panico
Capitolo 42 - Silenzio
Capitolo 43 - Avvicinati
Capitolo 44 - E guerra sia!
Epilogo
SONDAGGIO! Ho bisogno di Voi!
ANTHEA BIRTHDAY GIFT - CHIUSO

Capitolo 20 - A Rockwood

743 63 16
By Rebecca_Mazzarella

«Cosa diavolo sta succedendo?» pensò John fra sé.

Erano fermi come spaventapasseri, disposti uno di fianco all'altro, intorno alla proprietà di Mr. Ego.

L'unico momento in cui aveva pensato fossero ancora vivi, era stato quando un uccellino aveva deciso di appoggiarsi sventuratamente sulla spalla di uno di essi. Lo ridusse in polvere prima che l'uccellino ebbe il tempo di capirlo.

Erano vestiti di nero, anche la faccia era coperta, tranne gli occhi che erano di un azzurro iridescente, come se dentro di loro ardesse una un fuoco di ghiaccio.

Guardarli gli metteva i brividi, c'era qualcosa di innaturale nel loro modo di fare.

Pensò a un modo per entrare in quella villa. Il cielo si stava oscurando all'orizzonte, le nuvole avanzavano portando aria di pioggia ovunque. Il bosco, in attesa della tempesta, si era fatto più silenzioso e tetro, sospeso nel tempo.

Il giorno prima, uno di loro lo aveva scoperto passeggiare nei boschi. Se fosse stata una persona normale sarebbe probabilmente morto. Una sentinella mandata ad ispezionare i dintorni. In realtà John era pronto all'attacco ed era riuscito a sorprenderlo alle spalle, da giorni studiava il nemico e attendeva il momento giusto per fare la sua mossa.

Si era acquattato dietro a un grosso albero monco, uno dei tanti scempi che avevano disseminato nel bosco di Rockwood.

Lo aveva visto camminare sempre più vicino e spietato. Lo aveva morso ripetutamente e si era impadronito dei suoi vestiti, per poter fare la mossa successiva.

Prendendo coraggio e indossati gli abiti neri, aveva posizionato la fascia davanti alla bocca che aveva un vago odore di tabacco, misto ad alito puzzolente e spezie.

Solo gli occhi erano visibili.

John camminò attraverso il prato lentamente, ma con passo deciso. Le mani gli tremavano ma cercò di calmare il respiro. Si avvicinava sempre di più alle sentinelle. Sentiva gli occhi azzurri, glaciali e spietati su di lui.

John fece un altro passo e per sua sorpresa, le sentinelle tornarono a guardare davanti a loro. Il suo cuore sussultò.

Un odore nauseante lo investì, accompagnato da un conato di vomito che riuscì a controllare e rispedire in fondo alla gola.

Procedette con passo sicuro e raggiunse la villa che un tempo aveva attraversato in altre vesti. Fece il giro, entrando dal cancello spalancato, si guardò attorno in cerca di qualche indizio o pista da seguire.

«Ehi attento!» gli urlò un uomo ciccione con la barba incolta alla guida del camion.

John lo fece passare e poi fu il suo turno.

Attraversò i confini della villa, osservò la piscina coperta da un telo verde. Un gruppo di tre Archema parlavano fra loro ai piedi della scalinata. Altri invece erano fermi come statue, come quelli che aveva visto all'esterno. Fissavano il vuoto con quello sguardo che faceva venire i brividi.

John continuò per la sua strada, all'interno della villa. Quella grande sala, che una volta conteneva un gruppo di ragazzini pronti a festeggiare la fine degli esami, ora sembrava un ritrovo per serial killer.

Ovunque c'erano Archema che, indaffarati, camminavano con passo sicuro da una parte all'altra e anche li c'era il ricordo dell'odore nauseante che aveva sentito all'esterno.

«Tu!» gli gridò un Archema.

John cercò di rimanere impassibile, controllando le proprie emozioni. Un Archema avanzò, accompagnato da uno di "quelli". Non appena furono abbastanza vicini la nausea lo assalì, raschiandogli la gola.

«Hai da fare ora?» chiese l'Archema con voce autoritaria.

Lui fece cenno di no con la testa, cercando di controllare i conati di vomito.

«Bene, ho bisogno che tu raggiunga gli altri per eseguire una spedizione nelle vicinanze di Rockwood Est. Abbiamo bisogno di altri di loro...» con un cenno del capo indicò l'Archema che gli stava a fianco.

John per tutta risposta, non riuscì più a controllare la nausea. Si piegò e, voltandosi di lato per non colpire l'Archema, vomitò tutto il contenuto del suo stomaco a terra. La gola gli bruciava. Ancora quell'odore... Non riusciva a capire da dove provenisse.

L'Archema sghignazzò divertito.

«La fascia» disse risoluto. «È da troppo tempo che non la sostituisci. Vieni con me».

Seguì i due Archema che camminavano sicuri verso quella che un tempo doveva essere stata la cucina: tutta bianca e con mobili costosi, ora sembrava il laboratorio di uno scienziato pazzo. I fornelli e il tavolo, una volta utilizzati per il cibo, erano occupati da barattoli neri.

L'Archema aprì uno sportello sopra al piano cucina e tirò fuori una fascia, gli strappò dalla bocca quella vecchia e gli porse quella nuova.

John la legò stretta attorno alla bocca e l'eucalipto gli penetrò nel naso come un'esplosione di ghiaccio, gli bruciava la pelle e gli faceva lacrimare gli occhi. Ecco a cosa serviva: inibiva la loro capacità di fiutare odori.

Seguì i due Archema fuori dalla cucina e oltre il garage che si trovava nel retro della casa.

Altri Archema erano sul posto: svuotavano il camion che aveva visto arrivare poco prima.

Moltissime casse di legno venivano appoggiate e aperte per controllare il loro contenuto. Erano pieni di barattoli. Gli stessi che aveva visto in cucina poco prima.

Un altro gruppo di Archema trasportava alcune di quelle casse nel bagagliaio di due autobus neri parcheggiati li a fianco.

«Vai con loro e non tornate a mani vuote, o questa volta si arrabbierà» ordinò l'Archema che lo aveva accompagnato.

Lui annuì e con sicurezza si diresse vicino ai pulmini, affiancandosi agli Archema che attendevano ordini. Uno di loro ordinò di salire e così fecero, collocandosi dentro l'autobus.

Partirono in silenzio, tutti guardavano davanti a loro, privi di espressione mossi solo dagli scossoni della strada sconnessa. Attraversarono la città a sera inoltrata, le nuvole rendevano ancora più buie le strade circostanti. Il tempo sembrava essersi fermato. Gli sembrava di essere un fantasma dentro a un carro funebre che correva lungo la strada della morte.

Svoltarono a destra imboccando una strada in discesa, costeggiata da file di cipressi alti e imponenti che mostravano la via verso il cimitero.

Parcheggiarono nel piazzale vuoto, illuminato da luci arancioni che contribuivano a rendere tetro tutto ciò che li circondava. Scesero in strada e andarono sul retro del bus, tirarono fuori le casse e i badili, piedi di porco e martelli.

Un Archema si avvicinò al cancello del cimitero, prese una tenaglia e con forza ruppe la serratura. I cardini arrugginiti ruotarono su sé stessi, dando libero accesso a quelle ombre nere.

Il cielo sulle loro teste pesava, carico di nuvole nere, candele rosse si muovevano sulle bare rendendo paurose le fotografie dei defunti. C'era solo il rumore della ghiaia che scricchiolava sotto i loro passi cadenzati e in lontananza lampi di luce illuminavano l'orizzonte.

Seguì il gruppo in silenzio e si divisero, prendendo direzioni opposte. John, essendo l'ultimo della fila, seguì il gruppo di destra. Arrivarono a una lapide all'estremità del muro. Ognuno di loro possedeva una pala e cominciarono a scavare, mossi dallo stesso ordine silenzioso, come robot programmati. Cominciarono a scavare le fosse fino alle bare, il primo Archema che finiva, si accodava alla fine della fila e ricominciava il lavoro sulla lapide successiva.

Sulla buca scavata invece, ne entrava un altro con martello e scalpello, e toglieva il coperchio.

Quando John finì il suo scavo non fece in tempo a dire nulla che l'Archema era già dentro a martellare e a scoperchiare la bara. Il cadavere dissotterrato non era di bell'aspetto, tantomeno in ottimo stato di conservazione.

Di nuovo il conato tornò a minacciarlo, nonostante il suo naso fosse ignaro degli odori che stavano fuoriuscendo dalla buca in quel momento.

«Datti una mossa!» sbraitò un Archema alle sue spalle che teneva in mano un barattolo nero.

John andò avanti come un robot: il sudore impregnava i suoi vestiti e la bandana gli rendeva difficile la respirazione, complicando il ritmo dell'operazione. Il suo cuore batteva sempre forte.

Dopo aver dissotterrato tre bare, un ruggito gutturale all'inizio della fila, lo congelò sul posto. L'Archema addetto corse presso il primo scavo e saltò al suo interno. Poco dopo il corpo che aveva prodotto quel rumore sordo, agitato dai convulsi e legato come un salame, venne issato e portato verso l'entrata del cimitero.

«Ti vuoi muovere?» urlò l'Archema che era impegnato a scavare la fossa prima della sua.

Entrò nella fossa, non ancora finita, tolse la fascia e vomitò succhi gastrici che vennero subito assorbiti dal terreno umido.

«Cosa diavolo stai facendo?» chiese uno di loro arrabbiato.

«Colpa della fascia» rispose secco John.

«Sbrigati!»

Con fare sicuro si alzò, andando a sistemare le fosse che avevano appena aperto.

Il piano era quello di portare via quanti più cadaveri possibili in una notte, coprendo le loro tracce. Andarono avanti per molte ore, a ritmo spedito. Lo stomaco vuoto e dolorante continuava a brontolare, la pioggia aveva cominciato a cadere, aumentando la sensazione di umido e infetto.

All'improvviso si bloccò, la pala gli scivolò dalle mani finendo a terra, con un tonfo.

"Alex Papetti" recitava l'epitaffio della bara su cui si trovava.

Una lacrima scivolò lungo il suo viso. Non poteva fargli questo.

John si guardò intorno e con rabbia cominciò a scavare. Arrivato alla bara di legno, si adagiò sul fondo della buca, si trasformò e attese.

Uno di loro mise il piede dentro la fossa e lui lo morse. L'Archema cadde all'interno, mosso da spasmi di dolore che richiamarono gli altri del gruppo. Arrivarono uno dopo l'altro. Quelli del suo gruppo perirono tutti, senza sapere chi avesse sferrato l'attacco. Era allo stremo delle forze ma non poteva ancora mollare.

Sotterrò i corpi gonfi e privi di vita. Aprì la bocca al cielo, nutrendosi della pioggia che veniva assorbita dalla sua lingua assetata. Poi si avvicinò alla zona dove stava operando il secondo gruppo ed eseguì la stessa operazione con silenzio e pulizia, sfoderando una calma agghiacciante, alimentata dalla rabbia.

Si diresse verso gli autobus per vedere quale fosse la loro mossa successiva. Sentiva rumori gutturali, ringhi inumani che provenivano dall'interno. Salì il primo scalino e ciò che si trovò davanti lo sconvolse. Usci di corsa e vomitò per l'ennesima volta.

Le lacrime unite alla pioggia, gli rigavano il viso e lavavano la polvere che si era depositata su di lui. I cadaveri all'interno del bus si muovevano convulsi e furiosi, perché risvegliati dal loro eterno riposo.

Cosa stava succedendo? Come riuscivano a risvegliarli dalla morte?

Fece il giro dell'autobus e aprì il portabagagli dove trovò ciò che aveva sperato: archi e frecce.

Tornò dentro, dove tutti quei corpi in decomposizione si muovevano arrabbiati. Scagliò la freccia contro un cadavere. Si conficcò nell'occhio senza scalfirlo, mentre questo continuava a dimenarsi. Provò a colpirli con calci e pugni, ma non riuscì a ucciderli, bensì ad aumentare la loro rabbia.

Uno di questi, un anziano senza denti e capelli, si liberò dalla presa che lo teneva imprigionato e si scagliò contro di lui che, interdetto, rimase immobile.

Il cadavere cominciò a graffiarlo e a morderlo. John cercava di allontanarlo con tutta la forza che possedeva. Nonostante gli sforzi e la violenza con cui lo colpiva, continuava a rialzarsi senza mostrare nessuna fatica.

Altri dopo il vecchio, si liberarono e lo inseguirono mentre cercava di allontanarsi più in fretta possibile.

L'odore era terrificante e nonostante fra loro ci fosse qualche metro di distanza, li sentiva addosso pressanti e cattivi.

Una donna corpulenta e putrefatta, faceva fatica a deambulare, lo prese per una caviglia. John cadde a terra battendo violentemente la testa contro il marciapiede e il gruppo di morti gli fu addosso.

Lo calciavano e graffiavano. Gli tiravano i capelli e i vestiti. Maschere della morte paurose e distorte, ringhiavano come bestie affamate. L'odore lo soffocò e perse i sensi.

Continue Reading

You'll Also Like

1.2K 58 8
Un giorno venne mandato a cercare ed uccidere la gorgone Medusa come prova del suo coraggio. Medusa era così orrenda che guardarla negli occhi signif...
2.3M 17.7K 17
IN E-BOOK E CARTACEO SU Amazon e principali store online!! **COMPLETA** Jane Right viene allontanata dal Kansas e mandata via dalla sua famiglia be...
346K 5.7K 13
[Storia COMPLETA] Raya Whitmam non crede più nelle coincidenze, soprattutto quando il suo dono si risveglia pretendendo che lei ascolti. Le ombr...
291K 14.8K 77
Che una principessa fosse diventata una ladra lo sapevano tutti, ma che quella principessa fosse lei, nessuno. Scappata dal palazzo reale per vivere...