Dreamkeepers

By milunaz01

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«Un mondo di bugie e sotterfugi, dove gli incubi diventano realtà e dove il sangue detta legge. Ecco dove viv... More

Informazioni
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 pt. 1
Capitolo 12 pt.2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18 pt. 1
Capitolo 18 pt. 2
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Epilogo
Sequel & ringraziamenti

Capitolo 38

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By milunaz01

Mercoledì 8 febbraio

Ero arrabbiato, talmente arrabbiato che avrei potuto uccidere Phil con le mie stesse mani senza provare alcun rimorso.

Certo, questo solo se si fosse degnato di onorarci con la sua presenza, idea che tra l'altro sembrava non sfiorarlo minimamente dal giorno in cui lui e mia zia erano spariti, lasciandoci senza una spiegazione accettabile e con una Veggente impreparata da proteggere.

Ero nel suo studio da ore, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse chiarirmi le idee sui poteri di May e sul motivo per cui i Jones potessero essere tanto interessati a lei. Aveva un potere raro, era vero, avrebbe potuto prevedere i loro piani e comunicarceli, ma non poteva essere la sola ragione. Non giustificava un tale dispendio di energie da parte loro, né i rischi che stavano correndo. Le sue visioni erano utili, ma di certo non di facile lettura; erano più che altro simboliche, imprecise, e da quel che sapevo non ne aveva più avute da molto tempo, a meno che non me le stesse in qualche modo nascondendo.

Ma allora perchè l'avevano rapita? Solo per incastrare me? Riponevano così tanta fiducia sulla mia avventatezza da rischiare la vita senza preoccuparsene? No, qualcosa non quadrava, per niente.

Dovevo solo trovare quel libro, accidenti. Il libro blu e i documenti che May mi aveva mostrato qualche giorno prima, mi bastavano quelli per comprendere a cosa Phil stesse lavorando prima di partire... Ma, evidentemente, doveva aver deciso di portare con sé tutte le sue scartoffie, perchè non riuscivo a scovarle in nessun angolo dell'ampia biblioteca.

Scesi dall'ennessima scala, atterrando sul parquet con un piccolo tonfo, quasi inudibile.

Avevo analizzato tutti gli Annali che nell'Indice erano segnati come importanti per la tematica 'Poteri e doni particolari', ma non avevo trovato nulla di soddisfacente.

Mi serviva il 'Libro delle Famiglie'. Dovevo capire come avesse fatto May a trovarsi un potere da Guardiano senza averlo ereditato dai suoi genitori. Forse una mutazione avvenuta nel suo DNA, la prima volta nella sua famiglia, ma nessun neo-Guardiano era dotato di simili capacità. Ci voleva tempo, allenamento. Solitamente tutti i novizi, se lasciati al loro destino, non scoprivano mai il loro potere, rimanendo semplici Sognanti.
Quindi, come giustificare il dono di May, venuto alla luce senza nessun aiuto?

Tirai un pugno alla spalla di una libreria, facendone scricchiolare il legno, nel tentativo di scaricare la tensione che avevo accumulato. Non avevo ancora avuto modo di prendere fiato dopo lo scontro con Kyle; dopo essere usciti dalla discoteca attraverso una porta secondaria io e Kenneth avevamo subito riportato le ragazze a casa nostra, Amber le aveva cambiate e il fratello si era messo di impegno nel creare qualche impacco per medicarle.

Ed io? Io ero corso nello studio di mio zio, tormentato dai miei stessi pensieri, a cui non riuscivo a dar pace.

Rimasi a guardare le vibrazioni che avevo provocato nel mobile finchè non si dispersero del tutto, cedendo il posto ad una calma piatta e densa.

Sospirai. "Maledizione, Phil, perchè continui ad escludermi?" pensai fra me. Ero stanco di essere trattato come un bambino, a cui si devono celare i problemi del mondo, troppo complessi per la sua fragile mente. Ero forte, più di mio zio, nonostante lui fingesse il contrario.

Phil era il fratello minore di mio padre e alla sua morte ufficiale aveva preso il controllo della famiglia, come mio tutore. Perchè io ero minorenne, ovviamente. Ero io il diretto discendente di mio padre, ero io a dover comandare, eppure Phil non sembrava prendere in considerazione il mio diritto di nascita e condividere i suoi misteri con me sembrava quasi disgustarlo.

Certo, in realtà non potevo criticarlo per una simile scelta. Ero un bravo Guardiano, ma la mia reputazione era ormai macchiata. Se fossi stato un capo fin dal principio avrei gettato nella cenere l'intera famiglia con i miei comportamenti. Già, perché ora cosa stavo facendo? Avevo soltanto incasinato tutto.

Percepii un movimento con la coda dell'occhio e i miei muscoli si irrigidirono, pronti ad un eventuale attacco.

Mi addossai allo scaffale dietro cui si nascondeva la scrivania di mio zio, socchiudendo gli occhi. Avevo la mente ancora annebbiata, ma riuscii ad estenderla quanto bastava per raggiungere quella dell'intruso e riconoscerla.

Mi rilassai sentendo quell'aura familiare e nello stesso momento uscii dal mio involontario nascondiglio per andare incontro al mio migliore amico. «Stavo per lanciarti un coltello. Pensavo fossi un aggressore» lo salutai.

Lui sembrava assorto nei suoi pensieri e quando sollevò la testa verso di me capii dal suo sguardo che non aveva ascoltato una sola parola fra quelle che avevo detto. «Cosa?» domandò, confermando la mia ipotesi.

Roteai gli occhi, trattenendo una risata alla sua espressione confusa. «Niente. È successo qualcosa di significativo? Si sono svegliate?» mi informai.

«Juliette si è ripresa da un po'. È già cosciente e mi ha raccontato l'accaduto. Era ed è ancora furiosa come una iena.»

«Immagino» commentai con un debole sorriso. In fondo era pur sempre mia sorella, e oltre all'aspetto fisico condividevamo anche parte del carattere. In particolare la parte aggressiva, violenta e sarcastica. «Cosa ti ha detto di preciso?»

«A quanto pare Kyle si è lasciato mettere al tappeto da lei poco fuori dai bagni. Gli ha puntato un pugnale contro e di conseguenza non poteva scappare. May allora ha pensato di sfruttare il loro apparente vantaggio per farsi portare dalla sua amica succube.»

"Naturalmente" pensai con ironia. "Chi altro avrebbe potuto essere così sprovveduto?"

Kenneth continuò, ignorando il mio pensiero. «Lui le ha condotte nel cortile con la fontana bianca dove siamo stati anche noi, e lì c'era la ragazza che cercavano. May è corsa da lei, anche se non poteva riconoscerla, e approfittando di quell'attimo di distrazione Kyle si è liberato dalla presa di Juliette. Ha usato delle erbe soporifere per farle addormentare e alla fine deve averle trascinate dall'altro lato dello spiazzo, a giudicare dagli strappi e dalle abrasioni su vestiti e pelle.»

A quelle parole un odio da poco assopito tornò a farsi spazio nel mio cuore. Contrassi la mascella e strinsi i pugni, come se potessi colpire Kyle anche senza averlo davanti a me. Se avessi potuto, l'avrei fatto volentieri. «Gliela farò pagare» mugugnai fra me. «Dovrò aspettare finchè la faccenda non sarà conclusa, e non so quanto ci vorrà, ma gliela farò pagare amaramente, può starne certo.»

Kenneth sospirò e si appoggiò ad una parete, come se avesse bisogno di aiuto per reggersi in piedi. Aveva gli occhi cerchiati, sembrava infinitamente esausto. «Sei sicuro che la vendetta ti faccia davvero bene, Ewan? Sai già come è andata a finire l'ultima volta» mormorò. «Potresti sopportarlo ancora?»

Scoppiai a ridere con amarezza, ricordando quell'episodio. «Non posso dire che mi sia dispiaciuto aver fatto ciò che ho fatto, perchè mentirei. Non me ne pento, e ho adorato la sensazione che le mie azioni, per quanto pessime, mi hanno procurato. Mi sono sentito così... invincibile. Anche giusto, in un certo senso. Ma in fondo hai ragione, vendicarmi in un modo simile servirebbe solo a distruggere quel poco di buono che mi è rimasto. Mi limiterò a spaccargli la faccia, giusto per non fargli dimenticare la brutalità con cui ha trattato mia sorella.»

«Juliette sta benissimo, Ewan. Ed è troppo orgogliosa per lasciare a te il piacere di vendicarsi.»

«Probabilmente hai ragione» dissi, facendo spallucce. «Ma non è detto che Kyle non meriti una doppia punizione.»

Kenneth aggrottò le sopracciglia in una linea interrogativa. «Ewan, ti stai ascoltando? I tuoi propositi sono contro la legge. Questo non è il modo in cui parlerebbe un capo degno di questo nome. Cerca di riprenderti.»

Ecco. Quella parola: capo. Mi presi i capelli fra le mani, tirandoli con rabbia, e chiusi gli occhi. «Non voglio riprendermi!» urlai. «E non sono un capo. Phil farebbe qualsiasi cosa pur di non lasciarmi in mano le sorti di questa famiglia, e forse non me le merito nemmeno, come d'altronde pensi anche tu. Non sono saggio, né riflessivo, né so prendere decisioni senza farmi dominare dalle mie emozioni. Ho cercato di organizzare una missione, ed è fallita miseramente. Non sono fatto per comandare, Kenny.»

Non lo vedevo, ma lo sentii avvicinarsi, pur mantenendo le distanze. Non lo biasimavo. Ancora con i vestiti fradici, i capelli sparati in ogni direzione e un sorriso tetro sul volto dovevo sembrargli completamente pazzo. Pazzo, distrutto e profondamente sbagliato dentro.

«Cosa stai cercando di dirmi, Ewan?» sussurrò.

Raprii gli occhi, fissandoli in quelli del mio migliore amico. Era come un fratello per me. Condividevamo pochissimo sangue, ma le nostre anime erano sempre state collegate, fin dal primo giorno, dal primo sguardo. Non mi sarei mai fidato di nessun altro come di lui. «Devi prendere tu il comando» dissi con decisione. Ci stavo pensando da tempo, e dopo tutto il casino che avevo combinato mi sembrava l'unica decisione logica. L'unica che avrei potuto prendere nelle mie condizioni, con molta probabilità.

Lui sussultò, facendo un passo indietro. «Non posso. Non sono nemmeno un vero Blackwood.»

«Questo non conta. Tu sei la mente e io il braccio, ok? Devi aiutarmi, Kenny. Io sto impazzendo. Se fosse per me sarei già andato a cercare quel verme per finire ciò che ho iniziato, capisci? E mi rendo conto anche da solo che questo non deve accadere. Mi sono chiuso qui dentro per cercare di non pensarci, cercando qualcosa che potesse aiutare May, ma poi scopro che Phil si è portato ogni documento di rilievo con sé. Prendi il comando, o non so cosa potrei fare.»

Ci fu un lungo silenzio, durante il quale non accennai ad abbassare lo sguardo. Ero stato duro con lui, lapidario, ma avevo detto semplicemente la verità. Sentivo che il mio cervello stava per esplodere. Avevo bisogno di qualcuno che mi ordinasse di calmarmi, di fare qualcosa che mi impedisse di far emergere quel lato di me. Avevo già rovinato abbastanza le carte in tavola quella notte. Non occorreva che peggiorassi la situazione.

Kenneth continuò a fissarmi per qualche minuto, senza aprir bocca. Alla fine si aprì in un piccolo sorriso, timido ma pieno di affetto. «Sarò la tua mente, Ewan. Non preoccuparti.»

«Ci contavo» risposi, buttando fuori il fiato che avevo trattenuto fino ad allora, senza rendermene conto. Anche se non l'avrei mai ammesso, temevo che potesse rifiutare la mia offerta. Temevo di dover continuare quella farsa, perdere la testa e mandare tutto all'aria, come sempre.

Lo sentii schiarirsi la voce, imbarazzato. «Cosa vuoi che faccia ora?» mi chiese. Sembrava a disagio nella sua nuova carica, ma sicuramente sarebbe stato un capo migliore di me.

«Dammi un compito da svolgere. Qualsiasi cosa. Ho bisogno di tenermi occupato.»

«Oh, beh, ok. Vai...» Ci pensò un attimo, grattandosi la nuca con una mano. Poi il suo sguardò si addolcì e mi fece un sorriso strano. «Vai da May» disse.

Spalancai la bocca per protestare, ma lui mi zittì con un gesto. «Sono stato da lei poco fa. Si è svegliata, anche se... non è del tutto in sé. Mi ha detto che vuole vederti, ma non mi ha chiarito il motivo.»

«Non lo voglio sapere, il motivo.»

«E invece lo scoprirai» ribattè lui. «May è una brava ragazza, Ewan. Devi smetterla di ferirla.»

«È solo colpa sua, Kenny. Se mi stesse lontana come le ho chiesto più volte di fare non soffrirebbe.»

«Sicuro, Ewan? Sicuro?»

Mi morsi le labbra. Non sapevo mai come comportarmi con quella ragazza. Mi odiava, me lo aveva detto e dimostrato più volte, e ora chiedeva di vedermi. Non la capivo, non l'avrei mai capita, e non avevo intenzione di farlo. Non potevo essere nulla per lei, se non un Guardiano, come appunto ero, e non avevo bisogno di sapere cosa nascondevano i suoi pensieri più intricati, né tanto meno il suo cuore.

«Ewan» mi riscosse Kenneth. Lo guardai e mi accorsi che mi stava fissando con la fronte corrucciata, mentre batteva un piede a terra. «Il mio era un ordine» mi fece notare. «Vai. Ora.»

Gli scoccai un'occhiata furiosa, ma alla fine feci come mi diceva. Avevo bisogno di farlo. Dovevo tenere la mente impegnata, anche se ciò mi costringeva a rapportarmi con lei.

Raggiunsi la porta della sua camera e bussai lievemente, senza molta convinzione. Non mi rispose, come era ovvio che accadesse. Nemmeno io avevo sentito il rumore dei miei colpi, troppo fievoli.

Presi un respiro e colpii il legno applicando una forza di poco maggiore, che tuttavia comportò un rimbombo ben udibile.

Percepii un mugolio all'interno della camera e una parola che suonò simile ad un 'avanti' strascicato. Per un attimo pensai di far finta di nulla e dileguarmi, finchè ero ancora in tempo, ma i pensieri di morte che soggiornavano al limite della mia coscienza mi ricordarono il motivo per cui ero giunto fin lì. Dovevo pensare ad altro. Dovevo ignorare la mia voglia di vendicarmi.

Aprii la porta producendo un cigolio acuto e prolungato, mi passai una mano sul viso e infine, rinunciando al tentativo di sorridere in un modo pressochè umano, mi decisi ad entrare.

La stanza era immersa in una tranquilla penombra, grazie alle pesanti tende di velluto marrone che coprivano l'unica finestra presente. I pochi raggi di sole che riuscivano a oltrepassare quell'ostacolo erano comunque troppo deboli per rischiarare l'ambiente, essendo le prime luci dell'alba. Di un giallo pallido, tracciavano linee sul legno del pavimento e illuminavano i minuscoli granuli di polvere che impregnavano l'aria scura.

Tutto era così immobile da fermarmi il respiro: i fogli sulla scrivania, i libri negli scaffali, i vestiti strappati sul pavimento.

Solo le coperte si muovevano, di un leggero ma ritmico sussulto.

Mi avvicinai al letto e mi sedetti sul bordo, cercando di non far scricchiolare le molle e di non inclinare eccessivamente il materasso col mio peso.

May sembrava ancora assopita, nonostante la parola che aveva mormorato per permettermi di entrare. Era stesa su un fianco, come quando l'avevo sollevata, accoccolata in una felpa verde scuro di due o tre taglie più grande. La mia felpa, ad essere precisi.

Inarcai un sopracciglio, chiedendomi perchè Amber non le avesse prestato una delle sue vestaglie per dormire. Forse aveva pensato che così sarebbe stata più comoda.

Ed effettivamente sembrava stare benissimo: era quasi simile ad una bambina, raggomitolata su sé stessa, i riccioli scuri sparsi sul cuscino e la pelle pallida chiazzata di rosso sulle guance. Sentii un moto di tenerezza nei suoi confronti, ma lo trattenni prima che potesse prendere il sopravvento.

Le sfiorai una spalla e lei sbattè le ciglia, per poi stropicciarsi gli occhi con i pugni chiusi. Quando mi vide accanto a sè spalancò gli occhi e schiuse la bocca in un'espressione sorpresa. «Cosa ci fai qui?» mi chiese.

Corrugai la fronte. «Kenneth mi ha detto che volevi parlarmi.»

«Oh, è vero» ridacchiò. Si tirò faticosamente a sedere, appoggiando la schiena al muro di cuscini dietro di lei. Infine tornò a fissarmi.

«Quindi?» la incalzai dopo un po'. «Cosa dovevi dirmi?»

Fece una smorfia. «Non ricordo.»

Perfetto... Era ancora sotto l'effetto del miscuglio di Kyle. Avevamo già analizzato le erbe. Quelle che aveva utilizzato avevano un effetto simile ad una droga, in quanto inibiva il funzionamento corretto del cervello. Sospirai. «Prova a pensare.»

«Ah, sì!» esclamò dopo un po', con gli occhi scintillanti. «Volevo ringraziarti.»

«Ringraziarmi?»

«Sì» sussurrò, arrossendo. «So che per te non valgo molto, quindi ti ringrazio per non aver salvato solo tua sorella ma per aver pensato anche a me.»

La guardai scioccato. «Pensavi davvero che ti avrei lasciata lì? Con un Jones?»

Scrollò le spalle. «Boh, non lo so. Tu sei strano. Mi odi.»

Mi scappò una risata aspra. «Anche tu mi odi, giusto? Ed è un bene» osservai, inclinando la testa di lato. Sperai che mi desse ragione, o tutto il mio lavoro sarebbe andato in fumo.

Lei aggrottò la fronte e mi guardò negli occhi con un'aria pensierosa per un lungo attimo, tanto che pensai si fosse dimenticata della mia presenza.

Quando sollevò una mano, sfiorandomi la linea della mascella, sussultai per la sorpresa. Aveva un tocco leggero, come se temesse di farmi male. Lasciò scivolare le dita lentamente sulla mia pelle, fino ad arrivare all'angolo della bocca, dove si fermò. Socchiuse gli occhi. «Hai un livido, qui» disse.

Non capivo cosa c'entrasse ciò con la nostra conversazione. E non capivo nemmeno perchè non mi fossi ancora allontanato. «Mi sono azzuffato con Kyle, alla festa.»

«Per colpa mia?» domandò.

"In un certo senso..." «Non preoccuparti di questo» risposi, scuotendo la testa.

Le sue dita seguirono il mio movimento, accarezzando la chiazza violacea che dalla bocca mi arrivava al mento. «Mi dispiace che quel tipo ti abbia fatto del male» mormorò. Sembrava seriamente sul punto di piangere, cosa che non riuscivo a spiegarmi. Forse quelle erbe le avevano danneggiato seriamente le funzioni cerebrali. Non poteva essere preoccupata per me dopo quello che le avevo fatto. Non poteva matematicamente esserlo. Era impossibile.

«Ewan» disse, distraendomi dai miei rimuginamenti. Aveva un sorriso dolce sul viso. Con un movimento veloce spostò i polpastrelli dalla mia guancia alle labbra, disegnandone il profilo con l'indice. Percepii un brivido attraversarmi la schiena.

Le bloccai il polso, allarmato. «May... Cosa stai facendo?»

Lei mise il broncio come una bambina, ritirando entrambe le mani sul petto e mettendosi a giocherellare con il suo ciondolo. «Niente» borbottò.

Una risata mi montò nel petto, doppiata da una strana sensazione di stupore. «Quello non mi sembrava esattamente 'niente'» replicai.

May continuò a tenere lo sguardo basso, mormorando fra sé. Mi avvicinai per sentire cosa stesse dicendo. «Tu mi confondi. In certi momenti sei un mostro con me e vorrei ucciderti, in altri sembri quasi un angelo, bello ma irraggiungibile. E allora vorrei tanto riuscire a raggiungerti...»

Chiusi gli occhi, rimproverandomi per quelle mancanze. La mia parte buona era esattamente quella che lei doveva ignorare. «May» la chiamai perchè mi guardasse. «Io non sono il principe azzurro dei tuoi sogni. Non lo sono nemmeno lontanamente. Sono molto più simile all'uomo nero dei tuoi incubi, e dovresti fartene una ragione.»

Lei scosse la testa. «Sei tu a non capire. Sogno o incubo, buono o cattivo, rimani comunque un chiodo fisso nella mia mente. Anche quando ti odio, non riesco a fare a meno di pensarti, proprio perchè non ho mai odiato nessuno come odio te. Tu riesci a farmi passare da un estremo all'altro, e quando un momento prima ti detesto, quello dopo....»

«Zitta» la bloccai, il respiro fermo in gola. Deglutii per poi fissarla con cattiveria. Il mio tono era acido quando le parlai, tanto aspro da ferirmi la voce. «Io non devo essere nulla per te. Se vuoi odiarmi, bene, fallo, basta che tu non ti metta a correre fra le braccia di quelli che oltre miei sono anche tuoi nemici. Puoi desiderare di vedermi morto, va bene, puoi rimanere indifferente, va bene anche questo, ma niente di più, intesi?»

«Ma...»

«Niente ma, May.»

«Non posso cambiare i miei sentimenti a tuo piacimento» mugugnò, spalancando i suoi grandi occhi scuri, simili a quelli di un cerbiatto impaurito.

«Non devi cambiarli. Devi far crescere quelli giusti.»

«Ovvero l'odio e la rabbia?»

«Esattamente.»

«Non credo che...»

Mi alzai di scatto, avvicinandomi alla soglia della stanza. «Provaci. Provaci e cerca di riuscirci. E ora, ti prego, dormi. Hai bisogno di riposare e chiarirti le idee» dissi, uscendo e chiudendomi la porta alle spalle.

Cercai di ignorare la lucidità del suo sguardo quando mi guardai indietro, prima di andarmene, nonostante fosse difficile da non notare.

Corsi nella mia camera, spalancando la porta con un calcio che fece tremare le fotografie ai suoi lati e mi ci chiusi dentro a chiave. Mi buttai in ginocchio sul pavimento mentre mi stringevo le mani in grembo, in modo tanto spasmodico da rischiare di strapparmi la camicia di dosso.

Ero furioso, con May, perchè continuava a cercare dentro di me qualcosa che ormai era solo il riflesso di ciò che era un tempo, e con me, che continuavo a mostrare quel riflesso nella vana speranza di renderlo reale.

Ma non lo era, non più. E dovevo smetterla di illuderla.

"Ma è così difficile a volte dimenticare ciò che si è stati e ricordare ciò che si è adesso..."

Gettai uno sguardo al mio violino, ultimo regalo di mia madre prima di sparire dalla mia vita, sempre pronto per essere suonato. Sul suo fianco, la frase preferita di Elizabeth Blackwood occhieggiava come una lingua di fuoco nero. 'Amor omnia vincit', diceva. 'l'Amore vince ogni cosa'.

Quanto era falso. L'amore muore, così come ogni altra cosa bella nella vita. L'amore ti abbandona, quando più ne hai bisogno. L'amore è tanto fragile da venire spazzato via al primo colpo di vento.

"Ti sbagliavi, mamma" ringhiai fra me, affondando le dita nel duro legno del pavimento, ignorando il dolore alle unghie. "L'amore non vince la morte. La morte vince ogni cosa."

Angolo autrice:

Questo capitolo è uno di quelli a cui tengo di più. È come diviso in due parti, così come lo sono i due diversi lati di Ewan: quello crudele, freddo e ironico all'inizio contro quello dolce, sofferente e pessimista alla fine. La lotta fra questi lati di lui lo sta pian piano divorando. Quale credete che vincerà, alla fine? Riuscirà May a cambiarlo definitivamente?

Alla prossima,
Mi🌙

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