I cavalieri del Nord - Saga d...

By EilonwyOfPrydain

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Prima parte dell'epopea dei Cavalieri dei Draghi, ispirata alla saga di libri di Cressida Cowell e ai film d'... More

Dedica
Prefazione ai tre volumi
Cronologia degli antefatti
Personaggi
Epigrafe
Prologo
Capitolo I. La spada di fuoco
Capitolo II. L'assalto
Capitolo III. La missione
Capitolo IV. Verso la montagna proibita
Capitolo V. Il figlio degli Hooligan
Capitolo VI. Risveglio a Berk
Capitolo VIII. Il villaggio degli Hooligan
Capitolo IX. Dove volano le aquile
Capitolo X. Lezioni di volo
Capitolo XI. La festa del solstizio d'estate
Capitolo XII. Il regno delle Morti Sussurranti
Capitolo XIII. Lo straniero
Capitolo XIV. Il segreto dei Cavalieri
Capitolo XV. Rotta verso l'Impero
Capitolo XVI. La condanna
Capitolo XVII. Omicidio a palazzo
Capitolo XVIII. Fuga sui monti
Capitolo XIX. Gladiatori
Capitolo XX. La baia dei cuori infranti
Capitolo XXI. Segreti e proposte
Capitolo XXII. Il patto

Capitolo VII. Il libro dei Draghi

905 61 209
By EilonwyOfPrydain

—   1   —

Stava camminando con le stampelle su e giù per la stanza da ormai mezz'ora.

Dopo quattro giorni passati in quella camera la sua cognizione del tempo si era ridotta a un processo di attimi concatenati e sospesi in un circolo d'inerzia deperita. L'unico modo per respirare un po' d'aria fresca e sapere l'ora del giorno era fare quei quattro passi fuori casa per andare alla latrina. Ci andava spesso, durante le frequenti pause tra le visite snervanti dell'amica noia, o in quei momenti di riflessione in cui la nostalgia traviava i suoi pensieri verso le distese di un mare sconosciuto alla ricerca del suo villaggio, di sua madre, suo zio e tutti i ragazzi, perfino di quel pallone gonfiato di Thuggory.

Era metà pomeriggio. Hiccup sarebbe arrivato dopo un paio d'ore a portare da mangiare con il suo tipico passo ferrato e il suo sorriso sghembo.

Quel ragazzo non corrispondeva affatto alla solita immagine del berkiano. Anzi, dall'aspetto non sembrava neanche un vichingo. Forse era stato abbandonato da qualche parte da piccolo e poi adottato – magari veniva dalla Britannia o da qualche altra isola sperduta chissà dove; e poi era troppo gentile ed educato, per essere un hooligan. Forse era un povero disgraziato, oppure uno di quegli strani casi in cui gli dèi decidono di dare al mondo qualcosa di diverso, una volta ogni cent'anni. Aveva l'aria di essere uno che sta sempre per conto proprio e che prende sempre una direzione diversa dagli altri, per sfortuna o per carattere.

Il giorno prima gli aveva chiesto come faceva ad essere così magro, se fosse dovuto a qualche malaccio o al fatto che mangiasse poco, ma lui non le aveva risposto. Sembrava che ne fosse consapevole, della sua carenza fisica, e che questa fosse una sorta di nemico contro cui aveva lottato e con il quale era ormai costretto a convivere.
Ma sotto quel mucchio traballante di pelle e ossa c'era una tale energia, una forza e una motivazione che non aveva mai visto prima in nessun altro.

Non sarebbe mai riuscita a capire quel ragazzo, ma di una cosa era certa: lo trovava odioso e ripugnante, come tutte le volte in cui le diceva che poteva fidarsi di lui e che quando la sua gamba sarebbe guarita avrebbe parlato con il Capo e gli uomini del Consiglio per liberarla.

Lei lo sapeva bene, come sarebbe andata a finire: l'avrebbero presa e portata nel bosco, e una volta lontani dal villaggio l'avrebbero fatta fuori. Infine sarebbe bastato gettare il cadavere a marcire in un fosso e tenere la bocca chiusa.

Il modo migliore per risolvere tutti i problemi, pensò tra sé e sé, è sempre eliminarne la fonte.

Dopo aver camminato avanti e indietro altre dieci volte sentì di avere un certo languorino, così le venne un'idea. Si avviò verso la porta, l'aprì, fece due passi e si ritrovò in cima alle scale. Scese lentamente i gradini aiutandosi con la stampella e con la mano poggiata alla parete. Arrivata in fondo voltò a sinistra e si ritrovò nella stanza principale.

L'arredamento era essenziale e l'ambiente era scandito da due grosse colonne in legno con le basi decorate. Al centro un focolare di pietra riscaldava e illuminava la stanza e accanto stava il tavolo da pranzo. A capotavola si ergeva un'enorme poltrona in legno di quercia. Si avvicinò e la contemplò nella sua grandezza, poi si sedette e si sentì incredibilmente piccola rispetto all'alto schienale e allo spessore del sedile. Chissà quale specie di gigante poteva accomodarvisi...

Cominciò a rovistare tra gli scaffali e trovò qualche striscia di carne essiccata. Prese un pezzo d'agnello tra i denti, lo ammorbidì con la saliva e lo masticò, poi mise la carne nella cintura e infilò le mani dentro a un grosso cesto. Lo svuotò tutto e trovò un sacchetto, lo aprì ed estrasse un biscotto all'orzo. Ne mangiò due, tre, quattro e uno tira l'altro li spazzò via tutti tranne uno. Richiuse il sacchetto, rimise tutto a posto e tornò al piano di sopra.

Nascose la carne sotto la pelliccia arrotolata che usava come cuscino e si mise a gironzolare per la camera. Arrivò di fronte a uno scaffale e fece scorrere le dita tra i diversi libri che vi erano riposti, ne prese uno piccolo e cominciò a sfogliarlo. Le carte ingiallite erano piene di strani segni, lettere che non aveva mai visto prima; un alfabeto, degli appunti e in alcune pagine c'erano intere parole scritte in colonna con accanto le rispettive traduzioni in lingua norrena. Provò a leggerne qualcuna, ma non avendo idea di che roba fosse chiuse il libretto e lo rimise a posto. Ne prese un altro molto più grande, rilegato da una veste in cuoio. La copertina era decorata da una raffinata cornice a intrecci e riportava lo stemma di Berk, un drago racchiuso da un anello di stringhe incatenate. Aprì e guardò il frontespizio:

In alto a sinistra c'era una scritta sbiadita e un po' sbilenca:

Curvò la testa e rilesse più volte il cognome. Quel mezzo troll era un Horrendus Haddock? Il terzo erede della nobile e rinomata dinastia? Voltò pagina.

«Manuale di addestramento» zoppicò fino al letto senza staccare gli occhi da quella pagina. Si buttò sulle assi e cominciò a sfogliare il libro a caso. «Ma allora è vero che li cavalcate...»

Le pagine erano piene zeppe di disegni accuratamente dipinti e alcuni appunti erano stati aggiunti di recente.

Affascinante, pensò.


SCALDERONE

...

GRONKIO

...

ORRIPILANTE BIZIPPO

...

SKRILL

...

CAMBIA ALA

...

MORTE SUSSURRANTE


Sentì la porta del piano di sotto chiudersi improvvisamente. Pensò che fosse Hiccup, ma quando riconobbe il suono marcato di quei passi che era solita sentire solo la sera tardi sussultò e si mise in allerta. Una stampella scivolò e cadde con uno schianto. Silenzio.

Imprecò sottovoce, chiuse il libro, spinse le stampelle sotto al letto e andò a nascondersi nell'angolo buio dietro la colonna dove Hiccup aveva trovato il Terribile Terrore giorni prima. Ebbe il cuore in gola quando sentì quei passi venire su per le scale e i cardini cigolare poco dopo.

Vide un'ombra grandiosa proiettarsi lungo il pavimento fino alla parete, i lineamenti di un uomo dalla massa titanica, un elmo con due lunghe corna sulla sua testa. Lo sentì emettere uno strano grugnito e si tappò la bocca per non farsi sentire. L'ombra guardò a destra e a sinistra, poi si grattò la testa con fare confuso e richiuse la porta. Il suono dei passi si allontanò per le scale.

Aspettò qualche secondo e lasciò andare l'aria, premendosi la mano sul petto.

Thor, c'è mancato poco, pensò.

—   2   —

La compagnia proseguì la marcia nella foresta per un tratto di quasi due leghe verso le pendici del colle e si fermò presso un torrente. Finn avanzò sul guado, si abbassò e immerse l'otre nell'acqua scura e fredda, poi guardò i compagni accendere i fuochi e appuntare le stecche per pescare.

Si alzò in piedi e si voltò verso la macchia di olmi e frassini che cresceva lungo il greppo a ridosso dell'argine e i meandri del corso d'acqua che, più in là, scorreva negli alvei della fossa ghiacciata seguendo il richiamo della corrente. Bevve un sorso d'acqua e vide una strana ombra muoversi dietro gli alberi.

«Osvald.»

Il compagno si avvicinò: «Ci sta seguendo da giorni».

«Ma chi è?»

«Forse una spia berkiana.»

«C'è solo un modo per scoprirlo.» Sfoderò la spada e fece cenno ai compagni di stare in allerta. Osvald puntò la balestra verso gli alberi e insieme fecero qualche passo avanti. Videro le frasche scuotersi nella neve e Osvald si preparò a scoccare il dardo.

«Oh, oh! Fermi!» gridò una voce.

Finn corrugò la fronte. «Chi accidenti è?»

La figura si fece spazio e uscì allo scoperto con le mani in alto: «Sono io».

«Thuggory?» disse Osvald, incredulo.

«Che sei venuto a fare qui?»

Il giovanotto discese il greppo affondando gli stivali nella neve alta. «Sono venuto per aiutarvi nelle ricerche.»

«Ti ha mandato Mogadon?»

Thuggory scosse la testa.

«Sei scappato?»

«Durante la notte.»

Gli uomini scossero la testa con disapprovazione.

«Ragazzo mio,» disse Finn, «non sai cosa ti aspetterà, quando tornerai a casa.»

«Sì, mio padre mi ammazzerà,» rispose Thuggory, «ma non ho paura della sua spranga. Sono venuto per cercare tua nipote.»

«Tu?» disse Berg da dietro. «Davvero tu vuoi cercare Astrid? Come mai questa botta d'altruismo?»

«È pericoloso venire da soli in questa parte d'isola. Sono preoccupato per lei.»

Berg si grattò la testa. «Preoccupato? Ma se sono stato io a dividervi quando vi siete presi a cazzotti lo scorso mese nella Grande Sala!»

«Durante la gara di braccio di ferro» disse Osvald.

«Quella fu una vera e propria rissa,» rise Finn, «distruggeste una tavola intera.»

«E soprattutto vi auguraste l'un l'altro di crepare malamente» aggiunse Berg. «Insomma, mi chiedo da dove salti fuori tutta questa solidarietà.»

«Beh,» rispose tranquillamente il ragazzo, «consideratela una sorta di tregua.»

Berg imbracciò i bastoni e tornò a pescare. «Mah, io questi giovani non li capirò mai.»

«Finn,» il ragazzo parlò all'Impavido, «lascia che vi dia una mano. Insomma, un paio d'occhi in più vi saranno utili, no?»

Finn guardò Osvald, che fece un volenteroso cenno d'approvazione. «D'accordo.»

«Vieni, ragazzo mio» gli disse Osvald, sorridendo. «Vieni a sederti con noi.»

* * *

Arrivarono alla forra dopo una lunga marcia tra scarpate, fossati, filari di cespugli intricati e sentieri occulti tra i querceti che ricoprivano i declivi rivolti a ponente.

Finn s'inginocchiò a esaminare il terreno. Scrutò i granelli di neve e terra con estrema cura, sperando di riuscire a individuare la traccia di un passaggio sepolto. Davanti a lui si apriva la gola rocciosa del confine proibito. Era certo che sua nipote fosse arrivata lì e che avesse attraversato, ma sperava di sbagliarsi.

«Finn!» Thuggory lo chiamò da sinistra.

Si alzò e raggiunse il ragazzo, che gli mostrò una piccola borchia di ferro trovata lì vicino.

«Questa deve essere sua. Astrid ama indossare questo tipo di borchie qui, dalla punta sporgente. Magari», rifletté, «si è staccata dalla sua borsa. Hai una vista acuta, bravo.»

Non appena il giovanotto gli passò il piccolo oggetto, Finn lo strinse tra le dita e guardò per terra, immaginando il percorso che Astrid avrebbe fatto nella neve con i suoi stivali di pelliccia, per poi svanire nel nulla.

Thuggory vide le rughe del suo viso affievolirsi e gli occhi farsi mesti nel freddo pallore del giorno.

«Dobbiamo andare a cercarla dall'altra parte» disse.

—   3   —

Non appena Astrid ebbe finito con gli esercizi giornalieri di ginnastica per braccia e gambe si alzò in piedi, lasciando andare un respiro colmo di soddisfazione. La sua incapacità di stare a riposo si era fatta sentire presto e quindi aveva iniziato, anche prima del dovuto, a fare qualche movimento per cercare di ritornare alla vecchia mobilità.

Si diede una ripulita, si mise la tunica che aveva lasciato sul letto e si sedette, poggiando il dorso alla testiera intagliata e allungando le gambe fino a posare delicatamente la caviglia ancora fasciata. Prese tra le dita un piccolo flauto di legno che Hiccup le aveva regalato giorni prima e cominciò a improvvisare delle note acute e stonate, quando udì degli strani rumori provenire dal piano di sotto.

Mise un orecchio in ascolto e sentì tonfare e strascicare su per le scale. Restò impietrita a fissare la porta per qualche istante, quando un drago nero fece capolino annusando per terra. Guardò un po' su e un po' giù, e non appena incontrò lo sguardo della ragazza assottigliò le palpebre e la fissò con fare sospettoso.

Astrid sbiancò di colpo. Ma come ha fatto a entrare?

Sdentato fece il suo ingresso nella camera facendo ondeggiare la lunga coda sul pavimento e si fermò a guardarla, dritto e silenzioso. Non indossava la sella o le staffe, e neanche la protesi alla coda. Restò fermo per diversi attimi, una punta di superbia ad affinare l'atteggiamento da solo e unico padrone di casa.

La ragazza decise di comportarsi da animale sottomesso. Si limitò quindi ad abbassare la fronte e a sfogliare il Manuale dei Draghi. Sdentato curvò la schiena con straordinaria eleganza felina e, senza distogliere l'attenzione da lei, salì sulla piattaforma di roccia e cominciò a girare in tondo. Astrid alzò gli occhi e lo vide sprigionare e diffondere sulla superficie uno strano fuoco bluastro.

Il drago si accucciò, poggiò il muso sulle zampe anteriori e continuò a tenerla d'occhio, piegando la coda in avanti come per mettere in mostra la menomazione.

Astrid si tenne fissa su un paragrafo della Morte Urlante e rilesse la stessa frase almeno dieci volte. Cominciò a mordicchiarsi le unghie per il nervoso e guardò di sottecchi ogni particolare del suo aspetto, dalle squame sul muso alle orecchie grandi, gli occhi verdi e brillanti e le macchie sul dorso.

Passarono i minuti. Astrid pensò di alzarsi, ma si fermò subito, intimorita dall'espressione del drago che era rimasto tutto il tempo immobile come un sasso. Cominciò a sudare freddo e maledì se stessa, quando capì di avere un urgente bisogno fisiologico.

* * *

Il silenzio che aleggiava tra i pilastri e le colonne imponenti della Grande Sala era a tratti interrotto dalle voci gagliarde di due uomini. Gli altri berkiani riuniti lì per la cena avevano fatto ritorno alle loro case, lasciando i tavolacci sporchi di briciole e un olezzo dolciastro d'idromele nell'aria delle navate.

Skaracchio inghiottì un bel sorso di birra e poggiò il boccale sulla tavola. «Basta, Stoick,» disse, «è da stamattina che sgobbi come un mulo con quella roba.»

Il Capo sollevò gli occhi dalla mappa che teneva tra le mani: «Sì, Skaracchio, hai ragione».

Il fabbro rimosse la schiuma rimasta incastrata tra i baffi con il pollice e se la portò alla bocca. «Rilassati un po', parliamo di qualcosa di bello.»

Stoick affondò le dita nella lunga barba rossa impreziosita dai crini bianchi dell'età e si grattò il mento. Guardò il suo amico piantare la protesi a uncino nel tavolo e sorseggiare la birra fresca e si passò una mano sulla testa, emettendo un respiro di sollievo. «Ogni tanto ci vuole, eh?»

«Da quando sono spariti i pesci non c'è più pace su quest'isola. Vedi? Dovremmo trasferirci a Hysteria. Là sono matti come capre scavezzate, ma almeno hanno da mangiare.»

Stoick sorrise e accese la pipa. «Ho mandato questi ragazzi in esplorazione ma non hanno ancora trovato niente. Sto cercando di capire cosa diamine possa essere successo, se uno sterminio o una migrazione.»

«Forse è tornato un Leviathorgan da queste parti e li ha mangiati tutti per merenda.»

«Può anche darsi.»

«A proposito di merende,» esclamò Skaracchio, «hai assaggiato i biscotti di Freda*?»

«Ecco!» rispose Stoick, tirando una boccata di fumo. «Sono scomparsi.»

«Come sarebbe scomparsi?»

«Per Odino, li avevo nascosti proprio bene! Tiro fuori il sacchetto per mangiarli e quanti ce ne trovo? Uno.»

«Sarà stato Hiccup, ma mi sembra strano.»

«No, no, Hiccup non va mai a frugare nei cesti in cerca di roba da scroccare. Anche perché non sta mai a casa.»

«Appunto.»

«E poi me lo avrebbe detto.»

«Mi spiace, Stoick, perché erano deliziosi.»

«Lo so!»

Sentirono il portone aprirsi, ma non vi badarono e continuarono a parlare. Hiccup attraversò la sala e trovò il grande Capo seduto sulla panca davanti a Skaracchio. Sul tavolo erano sparsi alcuni rotoli di carta.

«Padre» lo chiamò.

«Eccolo!» disse Skaracchio, grattandosi un orecchio con la punta dell'uncino.

«Hic,» gli disse Stoick, «li hai mangiati tu i biscotti all'orzo di Freda?»

«Quali biscotti?»

Stoick si rivolse a Skaracchio: «Visto? Te l'avevo detto».

«Ma che è successo?»

«Niente, niente. Ma ti senti bene?»

«Be', sì. Perché?»

«Non so, figliolo, hai una faccia...»

Hiccup rimase un po' perplesso. «Ti devo parlare.»

«Sì, dimmi.»

Meravigliato del fatto che suo padre lo stesse ascoltando, il ragazzo tossicchiò per esprimere con chiarezza ciò che aveva da dire, ma uno strano nervoso gli fece impastare le parole: «Sì, ecco», guardò entrambi, in attesa. «Praticamente c'è una ragazza...»

«Fermi tutti!» esclamò il Capo, facendo rimbombare il suo vocione per tutta la sala. «Skaracchio.» 

«Ha detto...» 

«Ha detto ragazza?» 

Hiccup fece per replicare, ma fu interrotto dal rombo delle grida dei due vichinghi. Stoick gli mollò una pacca sulla spalla talmente forte da scaraventarlo quasi contro il tavolo. «Miseria ladra, figliolo! Era ora!» 

«Alla fine hai deciso di darti da fare con le signorine, eh?» 

Hiccup schiacciò la mano contro la fronte, pentendosi amaramente d'essersi espresso male. 

«Dai, racconta. Dov'è questa fanciulla?» 

«È a casa. Cioè, no!» 

Le urla bestiali dei due uomini fecero quasi tremare le colonne. 

«Non solo le rimorchia,» gridò Stoick, «ma le porta anche a casa!» 

«Che credevi, Stoick? Qui si fa sul serio!»

Hiccup sbuffò: «Mi fate spiegare, per favore?»

«Su, su, spiega» disse il padre mettendosi comodo sulla panchina. «Skaracchio, prendi nota.»

«Questa non me la perdo.»

«Avanti, chi è la fortunata? La figlia di Phlegma?»

Scaracchio provò a indovinare: «La cugina di Gunnar. Oppure la figlia della seconda moglie di Seamus».

«La nipote di Bucket? È carina.»

«La prendiamo!»

«Altrimenti chi ci sarebbe?»

«Testa Bruta!»

Hiccup deglutì con una smorfia.

«No, no,» disse Stoick, «c'è qualcun'altra. Ce lo tieni segreto, eh? Mi ricordi me ai vecchi tempi!»

«Eh! Me lo ricordo che combinavi, Stoick, ai vecchi tempi!»

«Io però ero un rubacuori, ci andavo piano. Lui invece ha proprio deciso di darci dentro!»

«Sì, ma attento a non darci troppo dentro, sennò qui ci scappa il pupo!»

Hiccup sbarrò gli occhi.

«Ma ci mancherebbe altro!» rise Stoick.

«Per l'amore di Thor, ma che vi salta in mente?»

«Ragazzo mio, non è mica vergogna» disse Stoick.

«È vero,» disse Skaracchio, «è normale che vi venga la fregola, alla vostra età.»

Il ragazzo si sedette e poggiò i palmi sulla fronte per nascondersi dall'imbarazzo prorompente che si era creato, mentre Skaracchio faceva uno strano gesto a Stoick con l'uncino. Hiccup non capì cosa voleva dire, ma vide suo padre piegarsi in due dalle risate e battere il pugno sulla tavola.

«Quando avrete finito di ridere, magari potremo parlare.»

Stoick tossì e si ricompose, mentre Skaracchio si asciugava una lacrima. «Scherzi a parte, hai un annuncio da fare?»

«No. Dovrete ascoltarmi bene, perché ho combinato un casino.»

«Nuova!» dissero i due in coro.

Hiccup prese un gran respiro, sapendo bene che l'espressione divertita di suo padre si sarebbe presto trasformata in qualcos'altro.

* * *

Astrid deglutì pesantemente. Stava aspettando da un'ora che quel drago se ne andasse, ma evidentemente aveva deciso di passare la notte lì. Aveva escogitato un piano per raggiungere la porta e aveva fatto un elenco delle conseguenze più dolorose. Basta, si disse. Si alzò dal letto, raccolse una stampella e si mosse verso la porta.

Ritornò con una certa fretta, ma il rettile non si mosse di un centimetro. La guardava ancora, ma con occhi tranquilli. Fu incuriosita da quel comportamento e iniziò a sfogliare il libro, in cerca della sua specie:

La sezione dedicata era piena di appunti e disegni realizzati di recente.
«E quindi tu saresti la progenie diabolica nata dall'unione del fulmine e della morte?»
Vide una vecchia nota a fondo pagina:

«Sei un drago pericoloso» gli disse. «Classe Attacco, raffiche di fuoco al plasma...»

Sdentato inarcò la testa e mostrò le gengive e Astrid ebbe un'idea. Prese il vassoio poggiato sul comodino, spostò il panno e sollevò il pezzo di merluzzo islandese che non aveva mangiato a pranzo. Lo mosse a destra e a sinistra, catturando l'attenzione del drago che cominciò a seguirlo con gli occhi. Glielo lanciò e lui lo prese al volo, buttandolo giù in un sol boccone.

Incrociò le braccia, soddisfatta del piccolo progresso che era riuscita a fare. Lo guardò leccarsi le gengive e pensò che quel nome gli donasse davvero.

«Sdentato» disse sottovoce.

* * *

«Di tutti gli irresponsabili, indisciplinati, insubordinati...!»

Hiccup ascoltava l'elenco drastico di suo padre tenendo la testa poggiata sulla mano sinistra. «Hai finito?»

«No, Hiccup, non ho ancora finito. Ci tengo proprio a farti sapere che sei un emerito, autentico cogl...»

«Va bene, va bene. Ho capito!»

Stoick cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro: «Mi sono raccomandato, l'ho ripetuto cento volte: nessun histerico deve sapere che qui a Berk cavalchiamo i draghi, perché altrimenti per noi sarà la fine. La fine! La situazione è precaria, Hiccup, e l'alleanza coi Draghi è l'unica possibilità, l'unica ancora di salvezza che abbiamo».

«Lo so.»

«Sapevi anche di poter evitare di farti vedere con Sdentato.»

«Non c'era altra soluzione, che avrei dovuto fare?»

«Per l'amore di Thor, uno come te, che ha sempre la soluzione pronta!»

«Sempre? Non sono mica perfetto, io!»

«Hiccup!» il tono assordante del Capotribù fece quasi tremare il soffitto. «Hai messo in pericolo di morte Berk e tutti i nostri draghi, solo perché non sei stato capace di puntare la spada contro una ragazza. Ti rendi conto o no?»

Hiccup abbassò lo sguardo di fronte a quello del padre, che riprese a parlare con un tono più calmo. «Guarda che ho capito perché l'hai fatto, non sono mica nato ieri.» Riprese a camminare: «È la condanna di ogni uomo. Una grazia e una pena. Un fenomeno che non si può controllare e comporta in certi casi delle scelte difficili».

Hiccup ritirò le labbra e restò muto, mentre suo padre camminava e rifletteva.

«Dopo che hai fatto?»

«Ho cercato di risolvere la cosa.»

«Prendendola in ostaggio.»

«Primo, non l'ho presa in ostaggio. Secondo, tu che avresti fatto al posto mio?»

«No, la domanda è un'altra: noi che cosa facciamo, adesso?»

«Tu lascia fare a me, rimedierò ai miei errori.»

«E cosa pensi di fare?»

«Insegnarle i nostri costumi.

Stoick fece uno sbuffo di scherno: «E se fosse una spia?»

«Le farò cambiare opinione su di noi.»

«Se gli Histerici vengono a sapere che la ragazza si trova qui non esiteranno a dichiararci guerra. Hai intenzione di usare i tuoi giochi di persuasione anche con loro?»

«Per evitare la guerra? Sì.»

Skaracchio, che aveva assistito in silenzio alla discussione, decise di dire la propria: «Stoick, secondo me la cosa migliore da fare è fidarci, a questo punto».

Il Capo si sedette sulla panca e si massaggiò la fronte.

«Padre» Hiccup gli si avvicinò. «La decisione è solo tua.»

Stoick si alzò e camminò verso i gradini. «Solo lei ne è al corrente?»

«Sì, almeno credo. Non gliel'ho mai chiesto.»

«Ecco, allora chiediglielo. Vai, vedi di parlarci un po'.»

Hiccup annuì.

«Anzi, facciamo così» lo fermò Stoick. «Portala qui, la voglio conoscere di persona. Meglio che ci parli io stesso, prima che ne combini un'altra delle tue.»

Hiccup abbozzò un sorriso e si avviò verso l'uscita. «Grazie» disse.

Stoick si toccò una tempia e lo scacciò con un gesto della mano: «Fila, disgraziato».

La porta si richiuse e Stoick dondolò verso il tavolo, scuotendo forte la testa: «Ahi ahi ahi...»

Si sedette di nuovo sulla panca, mentre Skaracchio se la rideva sotto i baffi. «Mi stai dicendo che mi ha tenuto nascosta una ragazza straniera in casa per più di una settimana e io non me ne sono neanche accorto?»

Il fabbro ridacchiò alzando le spalle e Stoick si portò la mano sugli occhi: «Ecco svelato il mistero dei biscotti di Freda».

* * *

Hiccup entrò in camera e vide Sdentato accucciato sulla sua roccia. «Ah, ecco dov'eri finito!»

Si avvicinò alla ragazza e la chiamò sottovoce, poi le scosse la spalla per svegliarla. «Astrid!»

Lei si voltò di scatto spaventata e gli puntò il pugnale alla gola.

«Dèi, ma sei impazzita?»

«Brutto idiota,» gli gridò contro, «ti sembra il modo di svegliare le persone, questo?»

«Shhhh!»

«E non provare a zittirmi, per...» lui le tappò la bocca prima che potesse finire e lei continuò a mugugnare.

«Ascoltami, ho parlato con il Capo.»

Tolse la mano e Astrid lo guardò come congelata: «E quindi?»

«Vuole conoscerti.»

Freda: chiamata Fainting Freda è, nella serie di libri, la mamma di Moccicoso.

Sintesi illuminante | I nomi dei personaggi sopra citati (Phlegma, Gunnar, Seamus, Bucket) sono ripresi dai film e dalle serie tv.

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