VERBENA

By Lilith-23-

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-TERZO LIBRO DELLA TRILOGIA DI "BIANCOSPINO"- Dopo l'ultima battaglia avuta contro i licantropi, la vita di L... More

CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33

CAPITOLO 13

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By Lilith-23-

<<Quanto manca?>>, gli domandai quando il viaggio si fece fin troppo silenzioso.

<<Il mio navigatore satellitare mi dice che manca una mezz'oretta circa prima di trovare il primo autogrill>>, rispose guardando l'aggeggio attaccato al vetro della macchina, <<comunque, mi chiamo Daren>>, si presentò poi.

Mi era dispiaciuto il fatto che non avesse parlato per tutto il tempo. Insomma, era da molto tempo, ormai, che non interagivo più con degli umani veri e propri. Era una cosa che mi mancava, che mi faceva riabbracciare il passato.

<<Bene. Io sono Lidya, piacere mio>>, gli sorrisi guardando per la prima volta nella sua direzione, <<e grazie per il passaggio>>, lo ringraziai, coscienziosa del fatto che fosse comunque stato molto gentile. Tutto il resto delle persone mi avevano sorpassata e guardata in malo modo.

<<Allora, Lidya, come mai ti trovavi al bordo strada?>>, mi domandò in maniera curiosa.

Lo capii. Certo, non era da tutti i giorni ritrovarti una ragazza in autostrada che faceva l'autostop. Come ci ero finita lì?

<<Ecco, io... la verità è che abito con la famiglia del mio fidanzato>>, gli spiegai inventandomi una scusa.

<<Oh, e i tuoi genitori?>>, domandò poi con voce triste.

<<Loro... sono morti>>, mentii e questo mi fece molto male. Era da tanto, ormai, che non li vedevo. Erano loro che credevano che io fossi morta, più che scomparsa.

<<Oh, mi dispiace...>>, scosse la testa e accellerò.

<<Sì, beh, così sono andata ad abitare con la famiglia del mio ragazzo>>, spiegai ancora cercando di arrivare al punto, girandoci un po' attorno.

<<Ma con loro non ti trovi bene?>>, domandò ancora.

Più o meno, ora come ora...

<<No, mi trovo bene. Molto>>, sospirai, <<solo che... il mio ragazzo doveva partire per andare a trovare un suo vecchio amico che abita vicino al lago Tahoe. Lui credeva di partire da solo; ma io gli ho voluto fare una sorpresa e farmi trovare lì all'autogill dove sapevo si sarebbe fermato per fare benzina>>.

<<Quindi hai deciso di fermarti in autostrada per chiedere un passaggio?>>, domandò facendo una smorfia e sorridendo appena, <<saprai anche tu che non è così un'ottima idea chiedere un passaggio agli sconosciuti>>,  m'informò come un padre avrebbe fatto con la propria figlia.

<<Lo so; ma... volevo andare con lui a tutti i costi>>, replicai sicura di me.

<<Sì, beh, forse so il perché...>>, bisbiglio passandosi una mano tra la barba e, successivamente, cambiando marcia.

A quella considerazione, mi voltai di scatto pronta a capire che cosa intendesse.

<<Girano strane voci sul lago Tahoe. Ogni anno scompaiono più di un centinaio di persone. Soprattutto turisti che non conoscono le leggende del posto e che quindi s'addentrano per mangiare vicino al lago>>, mi spiegò con sguardo serio.

Annuii.

<<Sì, è per quello>>. All'incirca, avrei voluto aggiungere, <<tu ci sei mai stato?>>.

Scosse la testa.

<<No, per quanto non credi alle leggende; molte persone sono scomparse sul serio. Quindi, ho sempre pensato che ci fossero altre persone dietro tutti questi morti. Magari, qualcuno che alimenta la leggenda o che vuole semplicemente apparire sui giornali. Sai, il mondo è pieno di persone strane...>>, mormorò allibito.

Annuii nuovamente: <<sì, è vero. Ne è pieno>>.

<<Ma, sentiamo, sei sicura di voler andare fin lì?>>, mi domandò poi.

<<Beh, l'amico del mio ragazzo abita lì vicino e non gli è mai successo nulla; quindi, ho poco da preoccuparmi>>, alzai le spalle trattenendo un brivido.

Allora, la storia della sirene era vera.

<<Beh, spero che vi andrà bene, ragazzi. Sai, potresti essere mia figlia...>>, bisbigliò con fare protettivo.

Sorrisi, facendomi così mancare il tono di voce dei miei genitori. Quello protettivo.

<<E il tuo fidanzato? State assieme da molto?>>, domandò poi.

<<Oh, sì... stiamo assieme da circa tre anni>>, mentii nuovamente.

<<E come si chiama?>>.

Adrian.

<<Jason>>. Su questo non potevo mentirgli o, in caso l'avesse voluto conoscere, sarebbe stato un bel guaio per entrambi.

<<Ti trovi bene con lui?>>, domandò ancora.

Annuii pensando al carattere di Jason.

<<Lui è... dolce. Molto dolce. Ed è anche molto protettivo nei miei confronti>>, gli spiegai sorridendo, <<se non fosse il mio fidanzato sarebbe di sicuro il mio migliore amico>>. Ed era la pura e semplice verità.

<<E tu, Daren, sei sposato? Hai figli?>>.

<<Mia moglie mi ha lasciato sei anni fa per andarsene con un altro, lasciandomi i nostri figli in custodia>>, con una mano acchiappò una foto posizionata sotto a un mucchio di cartacce, <<ecco, sono loro>>.

La presi in mano e sorrisi, accarezzando con l'indice i due bambini.

<<La più grande è Rose, ha dieci anni; mentre il più piccolo, Spencer, ne ha otto>>, mi spiegò poi.

Sorrisi.

<<Sono bellissimi>>, mormorai.

<<Beh, per quello dovresti ringraziare quella stronza della loro madre. Rose ha i suoi stessi capelli biondi e occhi azzurri; mentre il piccolino, ha parte gli occhi presi dalla madre, ha il mio stesso colore dei capelli>>, mi fece notare. E, in effetti, aveva dei bei capelli dal color del cioccolato.

<<Stai andando da loro?>>.

Annuii.

<<Sì, io lavoro in giro per il mondo. Sono in una compagnia che monta i palchi per quando si fanno concerti. Quindi, quando c'è da lavorare devo essere fuori città>>, sorrise rimettendo la foto apposto, <<menomale che in questi casi c'è mia sorella, loro zia. Lei è sposata ed ha anche due bambine; perciò i miei figli rimangono a casa con lei e giocano con le cugine>>, mi spiegò.

<<Quanto devi stare via ogni volta?>>.

<<Beh, anche una o due settimane. Dipende da dove devo andare>>, alzò le spalle e, con un dito, puntò l'autogrill alla nostra destra, <<eccolo! Siamo arrivati>>.

Sorrisi. Ora avrei solamente dovuto aspettare Jason che, in teoria, sarebbe dovuto arrivare di lì a poco. Oltretutto, Daren non era andato molto veloce; perciò Jason avrebbe fatto prima del dovuto.

Accostammo e, con velocità, aprii la portiera fiondandomi fuori e sgranchendomi le gambe.

<<Sicura di volerti fermare qui?>>, domandò preoccupato, abbassando il finestrino e guardandomi dritto negli occhi.

Scossi la testa.

<<Tranquillo. Dovrebbe arrivare tra pochi minuti. Intanto, magari, andrò a mangiare qualcosa>>, lo tranquillizzai.

<<Va bene; allora, io vado>>, mi sorrise, <<e, mi raccomando, fate attenzione non appena sarete lì>>.

Annuii, preoccupata.

<<Senz'altro>>, confermai, <<torna a casa e salutami i tuoi figli. Sei un buon padre, Daren>>.

<<Grazie mille. Buon viaggio!>>. Detto questo alzò il finestrino e fece la retro, uscendo dall'autogrill e partendo velocemente in direzione dell'autostrada.

Ero sola. Sola e con l'assoluta convinzione dell'esistenza delle sirene.

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