Welcome to Crystal Lake (ITA)

By itachiuchihaforever

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Una ragazza, i suoi genitori, il suo cane e una nuova casa. Un lago, una foresta e un campeggio sventurato. G... More

Capitolo 1 - L'arrivo
Capitolo 2 - Cena in compagnia e visite inaspettate
Capitolo 3 - Nuove informazioni
Capitolo 5 - Pensieri notturni
Capitolo 6 - Shopping e uccisioni
Capitolo 7 - Risparmiata ancora
Capitolo 8 - L'aereoplanino di carta
Capitolo 9 - Incubi e fobie
Capitolo 10 - Preoccupazioni e dubbi
Capitolo 11 - La spesa
Capitolo 12 (Prima Parte) - Le rose della comprensione
Capitolo 12 (Seconda Parte)- Preparativi
Capitolo 13 - Venerdì 13
Capitolo 14 - Ubriaco
Capitolo 15 (Prima Parte) - Slaughter Party
Capitolo 15 (Seconda Parte) - Slaughter party
Capitolo 16 - Nuove amicizie
Capitolo 17 - Una chiacchierata Padre-Figlia
Capitolo 18 - Introspezione
Capitolo 19 - Area Video Sorvegliata
Capitolo 20 - Scelte
Capitolo 21 - Decisioni
Capitolo 22 - Confessione

Capitolo 4 - Avvistamenti

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By itachiuchihaforever

Jasmine si alzò abbastanza tardi. Durante la notte si era svegliata più volte, senza un motivo apparente. Dopo la solita routine mattutina decise di impiegare il tempo che le restava prima di pranzo sistemando un po' meglio le stanze. Avevano ancora uno scatolone pieno di quadri e foto da appendere. Una fra le cose che proprio non sopportava era vedere le pareti spoglie. La sua vecchia camera era piccola, ma non si poteva certo dire che non rispecchiasse la personalità della padrona. Aveva occupato ogni superficie disponibile, anche dentro e fuori gli armadi. Data questa sua fissa, il padre le aveva insegnato come piantare i chiodi nei muri con il giusto metodo. La madre però le aveva chiesto di non attaccare troppe cose sui muri della sua stanza, finchè era così nuova. Jasmine andò in cantina a raccattare la cassetta degli attrezzi trovata il giorno prima e se la portò in camera insieme allo scatolone. Per prime tirò fuori le sue iniziali in legno rosso, da appendere alla porta della camera. Ora una J e una H indicavano che quella era la sua stanza. Appese poi un disegno incorniciato regalatole dalla sua amica Alex. Lei era molto brava a disegnare, le aveva regalato un bel po' di disegni e Jasmine li teneva tutti conservati con cura. Quello che appese rappresentava il loro piccolo gruppo di amici seduti su un divano e dietro di loro i loro personaggi preferiti. Jason dietro di lei, Leatherface dietro Alex, Michael Myers dietro Wendy e Freddy Krueger dietro Stuart.

Jason aveva girato attorno alla casa per buona parte della mattina, attendendo che la ragazza uscisse. Invece lei era rimasta dentro ed era uscito solo il padre, di buon ora. Ogni tanto riusciva a scorgerla da qualche finestra, poi lei aveva iniziato a martellare. Chissà che stava facendo.

Anna raggiunse la figlia nella sua camera, guardando come stava sistemando le cose, e le chiese di appendere anche alcune foto nel resto della casa, dato che c'era ancora tempo prima di pranzo. Tirò fuori tutte le foto incorniciate e insieme alla madre decise dove metterle.

Era in soggiorno ad appendere una grossa foto di famiglia, scattata davanti al Colosseo qualche anno prima durante una vacanza, quando inclinando la cornice il vetro riflettè quello che si trovava alla destra della ragazza, ovvero una grossa figura che la osservava dalla finestra. A Jasmine non servì certo molto tempo per riconoscere quella sagoma e si girò di scatto. Purtroppo per lei il movimento improvviso le fece perdere l'equilibrio, cadendo con un sonoro tonfo dalla sedia su cui stava in piedi.

Jason si nascose non appena si accorse che la ragazza lo aveva notato. Non si aspettava cadesse in quel modo però. Doveva ammettere che la scena gli era risultata piuttosto esilarante e sulle sue labbra, o quello che ne rimaneva, si formò un sorriso appena accennato. Si allontanò dalla finestra, mettendosi dietro dei cespugli. Riusciva a vedere l'interno della casa, ma loro non potevano vedere lui.

"Jasmine!" sentì la madre accorrere, preoccupata, insieme al cane. La ragazza era ancora a terra, seduta adesso, con la cornice illesa tra le mani, e guardava la finestra. Finalmente Jason aveva scoperto il suo nome. "Che è successo?"

"Ehm...niente...sono solo caduta, ho messo il piede male" rispose lei, con una mezza verità. Jason si chiese come mai non avesse parlato di lui, era sicuro che l'avesse visto. Temeva che non le credesse?

"Devi stare più attenta! Che stai guardando?" Anche la donna si rivolse verso la finestra, non vedendo nulla di particolare.

"No, niente. Cerco di non pensare al livido che mi spunterà"

"Mmh..." la mamma sembrò crederle, aiutandola a tirarsi su. "Dai alzati. La cornice?"

"Tutta intera" si rimise in piedi, prendendo la mano della madre "ora l'appendo."

"Il pranzo è quasi pronto, vai a lavarti le mani quando hai finito e fai attenzione."

Detto fatto, la ragazza finì il lavoro, con una gamba e un braccio doloranti.

Jason continuava ad aspettare che uscisse. Continuava a non avere intenzione di ucciderla per il momento, non aveva fatto nulla di male ancora. Questo gli riportò alla mente un episodio avvenuto molto tempo prima, anni fa: aveva trovato una ragazza addormentata nel bosco, sotto un albero. Aveva da poco finito di piovere. Si era avvicinato ma lei si era svegliata. Aveva iniziato a piangere, a urlare, a insultarlo. Lui l'aveva presa, non per ucciderla, ma per portarla via, anche se aveva un coltello in mano. Non stava facendo nulla di male, ma lei non doveva stare lì. Visto come stava facendo non vide altra soluzione che trascinarla per il bosco. Nonostante le urla nessuno sarebbe arrivato a salvarla dal grosso mostro cattivo. Quando svenne, con grande gioia delle sue orecchie, se la caricò in spalla e la riportò davanti casa sua. I suoi genitori la trovarono davanti la porta e la misero nel suo letto. Lo aveva insultato, lo aveva chiamato mostro ed era anche riuscita a colpirlo più volte. Però l'aveva risparmiata. Sua madre era stata molto fiera di lui. Era stato buono con lei anche se quella ragazza non se lo meritava. Ma quando, qualche tempo dopo, era ritornata a Crystal Lake, insieme ad un gruppo di ragazzi, non gli lasciarono altra scelta che eliminarli tutti. Lei era riuscita a scappargli però, dopo aver tentato di impiccarlo e dopo averlo colpito in testa con un'ascia, crepando la sua maschera. Ah già, quello era anche il giorno in cui trovò la sua maschera. Sapeva che quella maschera, insieme al machete, era ormai diventata un simbolo. Il suo simbolo. Sapeva che qualcuno aveva fatto dei film e degli oggetti su di lui. La città era piena di negozi con queste cianfrusaglie, le aveva viste. Molte delle persone che venivano a disturbarlo sapevano di lui proprio a causa di questi film. Ormai aveva praticamente rinunciato alla pace. Dicevano di sapere tutto di lui, volevano vedere se esistesse davvero o se fosse ancora vivo. Ma quando lo trovavano la loro reazione, e la loro dipartita, era uguale a quella di chi non aveva idea di chi lui fosse.

Jason si chiedeva se quella ragazza, quella Jasmine, fosse come tutti gli altri. Se lo era ci stava mettendo più tempo del previsto a dimostrarlo.

La giovane intanto andò in bagno a lavarsi le mani e a riflettere un momento su quello che era accaduto: aveva bisogno di stare da sola qualche minuto. Aveva visto Jason, ne era sicura, anche se solo per un istante. Doveva essergli sembrata davvero ridicola. Ma se Jason sapeva di loro, ed era anche arrivato così vicino, perché non aveva fatto nulla? Non avevano fatto nulla per infastidirlo, quindi forse le sue teorie erano fondate. Magari era solo passato a controllare che nessuno gli stesse causando problemi. La rassicurava pensare che forse Jason non era intenzionato a fare del male alla sua famiglia. Decise che avrebbe di nuovo portato Finn in riva al lago con lei dopo pranzo. Voleva capire se effettivamente Jason fosse stato a spiarli anche il giorno prima. Una pessima idea, doveva ammetterlo.

Dopo aver mangiato e pulito con la madre, come faceva sempre, andò a cambiarsi, essendo rimasta in pigiama per tutta la mattina. Mise gli shorts di jeans e la maglietta di Star Wars del giorno prima, un paio di converse azzurro chiaro e poi mise il guinzaglio a Finn.

Da quando uscirono di casa fino a quando arrivarono sul lago, nello stesso punto dell'altra volta, non la smise un attimo di guardarsi intorno con fare circospetto, volendosi assicurare che non ci fosse nessuno a seguirli. O forse che invece ci fosse. Effettivamente lei non vedeva nessuno, non aveva sentito rumori strani e Finn era tranquillo. Sospirò, pensando: "Tranquilla Jas, se avesse voluto farti del male lo avrebbe già fatto."

Calmata, tirò fuori dalla tasca dei pantaloncini il suo cellulare e iniziò a fare foto al paesaggio e al suo cane. Si accorse che non c'era segnale lì per qualche strana ragione.

Jason non l'aveva certo persa d'occhio, ma stavolta era stato molto più cauto a non fare rumori, tenendosi leggermente più lontano. La vide fare delle foto, non sembrava preoccupata come pochi minuti prima. Ad un certo punto la ragazza cominciò a camminare sulla riva del lago, lungo il sentiero che lo costeggiava. Ovviamente lui continuò a seguirla, era curioso di vedere dove voleva andare. Dopo un po' arrivarono davanti ad un pontile di legno. Voleva forse buttarsi in acqua? Estrasse il machete dal fodero al suo fianco e si avvicinò di poco, senza farsi notare. Si fermò quando la ragazza arrivò alla fine del pontile e si sedette, guardando l'acqua.

Jasmine pensò che rimanere un po' lì non sarebbe stato male. Finn le si era accucciato accanto e lei lo stava accarezzando. Le gambe le penzolavano oltre il bordo, ma stava facendo attenzione a che non toccassero l'acqua. Mentre osservava l'acqua brillare a causa dei raggi del sole si ritrovò a chiedersi se effettivamente a Jason stesse bene che lei e la sua famiglia si fossero trasferiti lì, invadendo il suo territorio in un certo senso. Ci aveva già pensato più volte, ma dopo quello che era successo era ancora più importante saperlo. In ogni caso sapeva di essere felice, e probabilmente non doveva. A meno che non avesse avuto le allucinazioni, lei aveva davvero visto Jason! Ora aveva la conferma che aveva sempre aspettato. Lui era reale ed era lì, magari la stava osservando proprio in quel momento e lei ne era del tutto ignara. Sarebbe potuto piombarle alle spalle o spuntare fuori dall'acqua e trascinarla nelle profondità del lago. La seconda opzione era quella che le piaceva di meno in ogni caso.

Non si accorse del tempo che passava e dopo un po' Finn aveva iniziato a stufarsi di non fare nulla. Vendendolo un po' infastidito, Jasmine si alzò e notando un sentiero che si inoltrava nel bosco pensò di seguirlo, almeno per un poco, tanto oramai era lì. Non passò molto che arrivò davanti ad una bella casa azzurra e bianca, un po' più alta della sua e con un giardino decisamente più grande. Tutte le finestre erano chiuse, segno che nessuno probabilmente era all'interno.

La ragazza sobbalzò quando il suo telefono iniziò a suonare, spaventandola un po' dato che era in allerta. Rispose senza neanche guardare bene lo schermo e scoprì che era sua madre. Aveva provato a chiamarla più volte ma il telefono era sempre irraggiungibile e si era preoccupata. Così Jasmine e Finn ripercorsero all'indietro tutta la strada, diretti verso casa.

Jason era sorpreso, non si aspettava che la ragazza sarebbe rimasta tutto quel tempo semplicemente ferma a guardare il lago. Non gli era mai capitato fin ora di vedere qualcosa del genere. Si era anche accorto ad un certo punto che le era comparso un livido violaceo sulla gamba sulla quale era caduta. Non le aveva staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo. Tutti andavano lì solo per farsi il bagno, spesso completamente nudi, per far baccano o per accoppiarsi come animali in calore. Jason provava un odio viscerale per gli adolescenti, lo disgustavano più degli altri. Era tutta colpa loro. Era sempre colpa loro.

Prima di tornare a seguire la ragazza si fermò a guardare la casa azzurra per qualche secondo. Anche i bambini erano disgustosi molte volte. Parte della colpa ce l'avevano anche loro. E guardando quella casa gli venne in mente un nome che difficilmente sarebbe riuscito a dimenticare: Tommy Jarvis, il bambino e poi il giovane che aveva tentato di ucciderlo. Ma come sua madre Pamela gli diceva in quelle occasioni "Tu non puoi morire Jason. Tu non morirai mai." E aveva ragione. Sarebbe sempre ritornato.

Jasmine arrivò a casa e trovò parcheggiata lì davanti la macchina di suo padre, tornato dal lavoro sperava, e non chiamato dalla madre. Entrò in casa e subito fu travolta dalle domande di sua madre. Dovette spiegarle che era solo andata a fare un giro, il cellulare non riceveva segnale e si era solo dimenticata che il tempo intanto passava. Non aveva fatto nulla di pericoloso e non era successo niente. Il padre era tornato a casa dopo il turno di lavoro ed entrambi i suoi genitori si erano preoccupati. Le fecero addirittura promettere di dirgli sempre quando e dove andava.

Il resto del pomeriggio passò in maniera abbastanza tranquilla, suo padre portò in soggiorno la sedia a dondolo dopo averla pulita e Jasmine poté portarsi in camera il baule blu mettendolo ai piedi del suo letto. L'accostamento dei colori non era il massimo, ma più avanti avrebbe potuto riverniciarlo magari, o semplicemente gli avrebbe trovato un posto migliore. Suo padre forse aveva trovato un lavoro a sua madre. C'era un posto libero in un locale vicino l'ospedale, dove era stato con i nuovi colleghi durante la pausa pranzo. Decisero che Anna sarebbe andata a fare un colloquio ed eventualmente una prova il giorno dopo. Probabilmente Jasmine avrebbe passato gran parte della giornata da sola, e anche lei avrebbe dovuto trovarsi un lavoro. Pensò di andare a fare un giro in bici il giorno seguente, magari arrivare fino in città e vedere cosa c'era di interessante.

Il killer si era stufato poco dopo il rientro a casa della ragazza. L'aveva osservata abbastanza per quel giorno, trascurando il suo solito giro d'ispezione del bosco. Fece il giro di tutto il lago, ma non trovò nulla di nuovo, nessuna presenza indesiderata. Prima di tornarsene a casa volle comunque tornare a controllare a casa della giovane, senza saperne bene il motivo. Il suo istinto gli diceva di farlo e lui lo seguiva senza farsi troppe domande. Nascosto come sempre riuscì subito a vedere la ragazza, una volta arrivato. Era ormai sera e Jasmine era in una posizione alquanto insolita. Era seduta sulla tettoia che copriva la veranda, davanti alla finestra che era probabilmente della sua camera. La tettoia era piatta, quindi non c'era un grande rischio di scivolare. Jason notò che in caso di necessità si sarebbe potuto tranquillamente arrampicare su di essa ed entrare in casa da una delle finestre. I suoi pensieri vennero interrotti dalla suoneria del cellulare della ragazza, anche lei distolta da quello che stava facendo, ovvero guardare le stelle. Lui riusciva a sentire solo quello che diceva la ragazza, essendo troppo lontano per poter ascoltare anche l'altra persona.

"Pronto?"

"Ehi Jasey!"

"Alex, ciao!"

"Come va? Tutto bene?"

"Alla grande e tu?"

"Bene, nulla di nuovo...che stavi facendo?"

"Nulla di che, mi stavo rilassando un po' e tu? Stuart come sta?"

"Nulla anche io, mi stavo annoiando e ti ho chiamato. Stuart ha comprato un nuovo gioco e non si è staccato dal computer per tutta la sera. Little Nightmare, lo conosci?"

"Sì che lo conosco, è bellissimo, dovresti giocarlo anche tu"

Le due ragazze chiacchierarono per un po' e Jason non era riuscito a seguire bene la conversazione dopo le prime tre frasi. Ad un certo punto Jasmine si zittì, iniziando a sondare con lo sguardo la zona circostante. L'aveva visto? La persona all'altro capo del telefono le aveva detto qualcosa su di lui?

"Allora, hai esplorato la zona? Hai trovato qualcuno di interessante?"

Jasmine non rispose, non sapeva se dirle la verità o no.

"Jas? Mi senti?"

"Sì, ti sento..."

"Allora? Che hai? Oddio...l'hai visto?"

"Non lo so..."

"Come sarebbe a dire?!"

"Non lo so! Credo di averlo visto...oggi, forse anche ieri"

"Oh mio Dio, Jasmine! Lo hai davvero visto?!"

"Ti ho detto che non lo so! È stato solo un attimo, magari me lo sono solo immaginato."

"Andiamo, Jas. Non sei il tipo da avere allucinazioni"

E infatti la ragazza non aveva immaginato nulla, lo aveva visto davvero quella mattina, Jason ne era sicuro.

"Beh allora sono nei guai..." Un piccolo sorriso spuntò sulle labbra della ragazza. Non era solo nei guai, ma in pericolo di vita, eppure sorrideva. Non era spaventata?

"Ovvio che lo sei! Lo sapevi già prima di andare lì. Che hai intenzione di fare?"

"Nulla, che potrei fare? Non voglio causare problemi ai miei e non li voglio io, quindi posso solo starmene tranquilla e godermi questo posto bellissimo." Jason era di nuovo sorpreso. Ormai gli era evidente che la ragazza sapeva abbastanza di lui da riconoscerlo, forse non abbastanza da temerlo quanto avrebbe dovuto però. Ma a nessuno aveva sentito definire quel posto "bellissimo". Quella ragazza si comportava in maniera strana per lui, fin ora diversa dai normali avventori del luogo. "Stavo guardando le stelle prima. In città non riuscivo a vederle praticamente mai, ma qui se ne vedono tantissime" Lei tornò a guardare il cielo.

"Ahahah Jasmine, sei sempre la solita. Ma sul serio, vuoi solo startene a casa e non disturbare nessuno o vuoi provare...bhe lo sai..."

"In realtà ci ho già pensato. Fra tre giorni è il suo compleanno, sai?"

Di chi stava parlando? Di chi era il compleanno? Possibile che stesse parlando anche stavolta di lui? Il 13 sarebbe stato il suo compleanno, oltre che l'anniversario della morte di sua madre. Qualcun altro compiva gli anni quello stesso giorno?

"Ah già! È vero!"

"Volevo fare una cosa, spero gli piaccia."

"E cosa? Vedi di fare attenzione"

"Non posso dirtelo"

"E perché?"

"Potrebbe sentirmi, voglio che sia una sorpresa. Sarà solo una piccola sorpresa, nulla di particolare. Voglio fare bella figura però"

"Non lo so, ne sei convinta? Intendo...è sicuro?"

"C'è solo un modo per scoprirlo, no? Ora ti devo lasciare, si sta scaricando la batteria"

"Ok, tesoro. Ci sentiamo presto. Fai attenzione"

"Tranquilla, Lex. Buonanotte."

"Notte Jasmy"

Jasmine chiuse la chiamata e si mise il telefono in tasca, sospirando. Jason non sapeva cosa pensare. Parlava di lui o di qualcun altro? Che stava pianificando quella ragazza? Lei semplicemente si guardò il livido sulla gamba, passandoci delicatamente una mano sopra, e poi si alzò, scavalcò la finestra e tornò dentro casa.

Jasmine mise il cellulare in carica e andò in bagno a prepararsi per andare a dormire. Quando tornò in camera si avvicinò alla finestra per chiuderla, iniziava a fare freddino. Fu in quel momento che lo vide di nuovo, e questa volta molto bene.

Se ne stava lì, proprio sotto la sua finestra, e la guardava. Era proprio come se lo era sempre immaginato, un misto tra tutti quelli che aveva visto nei film. Maschera da hockey un po' rovinata e spaccata nella parte alta a destra, machete in mano. Scarponi da lavoro, pantaloni scuri e una vecchia camicia grigia sporca e strappata. La fissava attraverso la maschera: due buchi neri dalla sua prospettiva. Un brivido le attraversò la schiena e si rese conto che stava tremando. Non gli staccò gli occhi di dosso, a stento sbatteva le palpebre, voleva essere sicura che fosse reale. Doveva fare qualcosa, non poteva certo stare lì immobile. Così alzò una mano e la mosse impercettibilmente, dato il tremore, in segno di saluto. Era sicura di sembrare una perfetta idiota, ma non le importava.

Lui era lì ed era reale e stava guardando lei.

"Jasmine!"

La ragazza sobbalzò, con il cuore che le martellava nel petto. Si girò e si ritrovò sua madre davanti, con un'espressione preoccupatissima in viso.

"Jasmine che hai? Ti sto chiamando da un bel pezzo, perché non mi hai risposto? Che hai visto?" Anna guardò fuori dalla finestra, insieme alla figlia. Ma non c'era nessuno lì.

"..." Jasmine non riusciva a dire nulla, ancora un po' sconvolta da quello che era successo.

"Jasmine mi stai spaventando...perché stai tremando?" sua madre era preoccupatissima, non aveva mai visto la figlia in questo stato.

"Io...non lo so..." doveva trovare una scusa in fretta, non voleva spaventare sua madre ancora di più "Non mi sento molto bene...e mi hai spaventata"

Anna guardò la figlia, cercando di capire se le stesse mentendo.

"Sicura?"

Jasmine annuì. "Sì. Credo che andrò a letto...mi porteresti un bicchiere d'acqua?"

"Va bene. Mettiti a letto, torno subito." La madre uscì dalla stanza e Jasmine si guardò allo specchio. Aveva un aspetto orribile: era più pallida del solito, stava sudando e tremando nello stesso tempo e aveva gli occhi sbarrati. Si ritrovò di nuovo a pensare di aver avuto un'allucinazione, ma sapeva che non era così. Era sparito come era apparso, senza lasciare traccia, in un attimo, esattamente come la mattina. Si stese a letto, stringendo tra le braccia il cuscino col cervo. Non sapeva come si sentiva. Spaventata ed eccitata, preoccupata e felice.

Sua madre tornò col bicchiere d'acqua, si assicurò che la figlia stesse al meglio, chiuse la finestra e le diede la buonanotte, poi andò via socchiudendo la porta dietro di sé. Non prima di aver lasciato entrare Finn.

Il cane saltò sul letto della ragazza, percependo la sua agitazione. Voleva fare qualcosa per aiutare la sua amica, quindi le si accucciò in grembo, trasmettendole il suo calore. Jasmine non potè che tranquillizzarsi un po' accarezzando il suo peloso amico. Si stese e provò ad addormentarsi, dopo aver bevuto l'acqua.

Chiuse gli occhi, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare erano le vuote orbite della maschera di Jason e la lama del suo machete che rifletteva i raggi della luna.



A/N

Ciao a tutti!

Come va? Eccomi tornata col quarto capitolo della storia!

Faccio capitoli decisamente lunghi, devo riuscire ad accorciarli in qualche modo.

Spero comunque che possano piacervi.

La casa dell'immagine è quella del quarto film. Ho dovuto usare un'immagine del gioco perchè non sono riuscita a trovarne una presa dal film XD

Fatemi sapere che ne pensate della storia ;)

A presto!

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