Proteggiti da me (#3) - Marco...

By ccharlotts

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Sequel di "Ti ho voluto bene veramente (#1) - Marco Mengoni" e di "Ricorderai l'amore (#2) - Marco Mengoni" More

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AVVISO!
QUARTA PARTE ♥

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By ccharlotts

"Mi presti il tuo cellulare?"

"Il mio cellulare?"

"Sì, devo lasciare un messaggio a mia cugina. Dovrò pur avvisare qualcuno, no?"

"Okay, ma il tuo cellulare?"

"L'ho spento da un pezzo.."

Si erano lasciati alle spalle la casa della nonna di Michelle da poco meno di un'ora e da qualche minuto avevano imboccato l'autostrada. Immaginava che avrebbero impiegato almeno tre ore, forse quattro, ma, pur essendo notte fonda e non avendo chiuso minimamente occhio, il sonno non lo spaventava, anzi, al momento non lo avvertiva affatto. C'era Michelle al suo fianco, bastava girare la testa per osservare il suo viso, c'era una meta da raggiungere per una specie di fuga d'amore, avrebbero visto insieme l'alba e chissà cos'altro li aspettava nei giorni a seguire. Il sonno era l'ultimo dei suoi pensieri.

Aveva spento il telefono già a Milano, poco prima di entrare in macchina per tornare indietro, direzione Bologna. Sapeva che Clarissa l'avrebbe cercato in tarda serata, non vedendolo ritornare. E sapeva anche che, sempre lei, si sarebbe preoccupata e avrebbe avvisato prima Claudia e poi Marta, e se sua cugina non avesse collegato i pezzi del puzzle, allora ben presto sarebbero stati avvisati anche i suoi genitori e in pochi minuti il suo cellulare sarebbe stato inondato di telefonate e messaggi a cui rispondere, e anche quello, come il sonno, al momento era l'ultimo dei suoi pensieri o desideri. Avrebbe avvisato Claudia lasciando a quest'ultima la libertà di chiamare a sua volta chi riteneva più opportuno.

Osservò con la coda dell'occhio Michelle allungarsi verso il sedile posteriore, lì dove aveva lasciato lo zaino con all'interno il minimo indispensabile: cellulare, caricabatterie, documenti e qualche medicina. Aspettò poi, con una mano ferma sul volante e l'altra sul cambio, che la ragazza sbloccasse il telefono.

"Ho il numero di Claudia, me l'ha lasciato ieri mattina."

"Tanto lo ricordo a memoria, ma meglio così!"

Prese il cellulare tra le mani delicatamente, marcando però il contatto con le dita di Michelle. Poi, tenendo comunque un occhio sulla strada, cercò l'icona di Whatsapp con l'idea che una nota audio sarebbe stata più efficiente che un semplice messaggio scritto. In una situazione normale quello non sarebbe mai stato un orario ideale per contattare sua cugina, ma immaginava che l'allarmismo di Clarissa avesse già preso il sopravvento da un pezzo e che quindi Yaya fosse sveglia e lucida.

"Oi, sono io. Sono con Michelle e non so quando tornerò perché ce ne stiamo andando per qualche giorno, o forse per tutta la vita, chi lo sa. Se mamma si preoccupa dille la verità. Stessa cosa per Marta. Per tutto il resto non importa. Cià cià."

Con un mezzo sorriso stampato sulle labbra bloccò il telefono di Michelle e lo posò nuovamente sulla mano della ragazza, che attendeva aperta a pochi centimetri da lui. Poi riprese a guidare con concentrazione e, forse spinto da quell'euforia crescente, premette esagerando sull'acceleratore. L'autostrada era semi-deserta, quasi a voler indicare la giustizia di quella decisione, quasi a volerli rassicurare di aver imboccato la strada corretta con quella partenza improvvisa.

Per tutto il resto non importa. Non si riferiva soltanto a Clarissa. Certo, lei era il soggetto principale di quella frase, ma c'era altro. C'era il lavoro. E anche se quello era un periodo di pausa, anche se non ricordava di avere particolari impegni segnati sull'agenda, niente lo avrebbe riportato a Milano in quei giorni, a costo di chiedere a Michelle di incatenarlo da qualche parte e di sotterrare la chiave del lucchetto nella neve, così da ritrovarla solamente una volta che quest'ultima si fosse sciolta.

"O forse per tutta la vita, eh?!"

"Ti dispiacerebbe?"

"Ho un lavoro, Marco, sai?"

"Anche io ho un lavoro, quindi siamo pari!"

Il tono ironico di Michelle e quel sorriso dipinto sul suo volto lo confortarono circa lo stato d'animo della ragazza. Immaginava che presto sarebbe tornato il malumore perché conosceva le fasi del lutto e sapeva che niente poteva essere sistemato dopo soltanto un giorno, soprattutto nel caso di un legame così forte come quello tra nonna e nipote, ma nel frattempo un sorriso poteva bastare, un sorriso, in quel momento, significava molto.

"Mi sa che lo spengo anche io. Ho avvisato mio papà e Connor e loro potranno dare la notizia a mia mamma e a Laurel, quindi.."

"Aspetta, vediamo che risponde Claudia prima. Tanto sarà sveglia."

"Perché dovrebbe essere sveglia, Marco?"

"Perché io, a differenza tua, non ho avvisato nessuno prima di andarmene da Milano.."

Michelle annuì e poi rimase in silenzio. Immaginò che nella mente della ragazza, in quei secondi, stessero prendendo forma domande e dubbi che, con grande probabilità, necessitavano di chiarimenti e spiegazioni. Ma il cellulare, stretto tra le mani di quest'ultima, si illuminò.

"Eccola. E' proprio lei!"

"Che dice?"

"Ci sono una sfilza di cuori e di faccine con i cuoricini al posto degli occhi. Però sta scrivendo dell'altro, aspetta.. Ecco. Dice che sei pazzo, ma di stare comunque tranquillo e sereno e di non pensare a niente tranne che a me. E ora è passata offline, quindi direi che ha finito. Quindi spengo."

Non poté fare a meno di notare che il sorriso sulle labbra di Michelle non aveva smesso di ingrandirsi durante la lettura dei messaggi. Così come notò che era difficile riuscire a concentrarsi totalmente sulla guida, e quindi sulla strada, impedendo ai suoi occhi di roteare verso il volto della ragazza.

"Che fine ha fatto la vecchia Claudia?"

"Intendi dire quella che pensava che io non fossi adatta a te?"

Voltò la testa completamente di lato questa volta. Michelle lo stava guardando dritto negli occhi, ma il viso della ragazza non aveva mutato espressione, c'era sempre quel sorrisetto stampato su di esso. Forse era arrivato il momento. Forse ora poteva sciogliere finalmente quel dubbio che gli aveva attanagliato la testa per un giorno intero e anche di più.

"Michelle, ora me lo dici cosa c'era venuta a fare Claudia a Parigi da te?"

"Non ci sei ancora arrivato, Marco?"

"Ho un'idea, ma non so se è corretta."

"Prova a dirla.."

"Ti ha chiesto di tornare da me?"

Pur tenendo lo sguardo fisso sulla strada davanti a sé, riuscì a notare quel movimento di Michelle lungo il sedile, le gambe maggiormente stese, il gomito ora appoggiato allo sportello e la mano che sorreggeva la testa, come a volersi mettere più comoda, come a volersi rilassare, ma, soprattutto, come a voler guadagnare alcuni secondi prima di rispondere.

"Più o meno è così. Ho intuito che volesse parlarmi di te dal primo istante e l'ho lasciata fare, anche se all'inizio non avevo intenzione di lasciarmi andare, ma alla fine si può dire che mi sono fregata con le mie stesse parole."

"In che senso non avevi intenzione di lasciarti andare?"

"Claudia ha cercato di capire se io provassi ancora qualcosa per te.."

"Così che poi avrebbe potuto spiegarti la mia situazione, o meglio ciò che lei vedeva nella mia relazione, giusto?"

"Esatto. E se devo essere sincera ora non ricordo cosa mi abbia detto di preciso. Sai cosa è successo dopo, quindi non ricordo alla perfezione le ore precedenti alla telefonata di mio padre."

"Cosa ti ha detto su di me?"

"Mi ha detto che sei cambiato e che non sei più quello di prima. E ricordo anche che mi ha detto che non si riferiva al lavoro, o almeno non alla parte sul palco. Ma che per tutto il resto sei diventato piatto."

"E per quanto riguarda Clarissa?"

"Dobbiamo parlarne sul serio, Marco?"

"Non ti va?"

"Non è che non mi va di parlare di lei, anzi, ne avrei di domande, ma non vorrei fare un torto a Claudia. Non mi ha detto cose propriamente leggere, insomma."

"Michelle, mia cugina è stata probabilmente l'unica a capire fino in fondo che cosa io stessi vivendo e quali fossero i miei problemi. Nemmeno io avevo capito in che situazione mi fossi cacciato, almeno non prima di rivederti. E non mi riferisco soltanto alla mia relazione con Clarissa, ma anche alla mia vita e a quanto questa sia diventata monotona e piatta. Non potrei mai avercela con Claudia per avermi indirettamente, tramite te, riaperto gli occhi, quindi tranquilla."

"Mmm, okay.."

"Quindi, cosa ti ha detto?"

"In parole povere mi ha detto che Clarissa era, o è, non so con che tempo verbale parlare, ma comunque lei sarebbe un semplice ripiego utilizzato per rimediare alla mia mancanza. E mi ha detto che però tu non ti rendevi conto di ciò. A me è sembrato strano perché il Marco che credevo di conoscere, e che ancora oggi credo di conoscere, non sarebbe capace di fingere di amare. Quindi non ho creduto a Claudia, ma alla fine, inevitabilmente, ho dovuto confessare i miei di sentimenti."

"E lei?"

"Mi ha chiesto di tornare. Ma non l'avrei mai fatto, Marco. Non di mia spontanea volontà. Non pensavo di poter pretendere di irrompere nella tua vita come se niente fosse e di spezzare l'equilibrio da te raggiunto, reale o fittizio che fosse."

"E poi?"

"E poi ci ha pensato mia nonna a farmi tornare, ancora una volta.."

Sorrise di quelle ultime parole di Michelle. Sapeva perfettamente a cosa si riferisse la ragazza con quel ancora una volta. I ricordi della notte a Verona e poi della serata trascorsa proprio a casa della nonna li aveva conservati ben stretti nel suo cuore e sotto la pelle. Quella stessa pelle che ora sentiva la necessità di sfiorare Michelle, così stacco la mano dal cambio, ormai perennemente con la quinta marcia ingranata per via del traffico inesistente, e la posò sulla coscia della ragazza, lì dove un istante dopo si posarono le dita di quest'ultima.

"Non ti ci vedo proprio piatto e monotono, sai?"

"Sono cambiato, Michelle. Non me ne sono reso conto, ma sono davvero cambiato. E senza Claudia, ma soprattutto senza te, non so se me ne sarei mai reso conto."

"Okay, ma credere di amare una persona senza provarlo realmente?"

"Che ti devo dire? Non me lo spiego nemmeno io."

"Io voglio il Marco che ho lasciato, però."

"Io sono quello, Michelle, lo sono sempre stato. Solo che me ne sono dimenticato per un po'. Se tra noi due non fosse finita non sarebbe mai accaduto niente di tutto ciò."

"Noi.. Noi.. Mi fa strano parlare di noi!"

"Senti, a proposito di noi, credi davvero che non siamo fatti per stare insieme?"

"Marco.."

"Michelle, ci stiamo parlando a cuore aperto, non trattenerti, ti prego."

"Non voglio trattenermi. E' che non voglio correre. O almeno non voglio farlo mentalmente, perché fisicamente, beh.."

Michelle si fermò nel bel mezzo della frase sorridendo, questa volta vistosamente. Fu impossibile trattenere una leggera risata a quelle parole e quindi al ricordo della foga e della passione che soltanto qualche ora prima li avevano completamente travolti a tal punto da lasciarli senza respiro e, soprattutto, immemori di quell'anno e mezzo trascorso a distanza e delle loro nuove vite, come se in realtà nulla fosse cambiato, come se fossero ripartiti da quella stanza di Parigi dove tutto era terminato.

"Comunque, voglio andarci piano, Marco. Tu hai vissuto con un'altra persona fino a ieri e io mi sono convinta di non poterti più riavere. Tutto questo ancora mi sembra assurdo. Diamo tempo al tempo e sono sicura che avremo le risposte che cerchiamo. Non lo so se siamo fatti per stare insieme o meno. Sento che voglio stare con te, ma sento anche di volerlo fare nella maniera più giusta e corretta per evitare di soffrire e di farti soffrire. Credo che dovremmo andarci piano, insomma, però insieme."

Rimase in silenzio ad ascoltarla, lasciando a quelle parole la piena libertà di fare breccia nel suo cuore. E proprio quella parole gli regalarono la consapevolezza che Michelle fosse maturata in quell'anno e mezzo e il desiderio che col tempo e lentamente, proprio come lei aveva appena detto, sarebbero finalmente riusciti a costruire una storia sicura, fondata su sentimenti che non avevano più bisogno di essere riconosciuti e accertati, ma anche su basi solide e sulla volontà di non sbagliare più, di non ferirsi più.

E nemmeno in quel momento, con quel desiderio di poter amare Michelle senza freni e di essere in grado di porre tutto quel sentimento in una storia reale e concreta, riuscì a percepire il minimo senso di colpa nei confronti di Clarissa. Forse la consapevolezza di non averla mai amata realmente lo rassicurava sul fatto di non essere in torto e che, probabilmente, la decisione di troncare quella relazione non solo fosse quella più giusta, ma anche l'unica possibile e plausibile.

"A me le cose semplici non sono mai piaciute, Michelle. Per questo mi rendo conto di non poter mai avere amato realmente Clarissa. Con lei è filato tutto liscio come l'olio. E questo a cosa ha portato? Sono diventato piatto e motono!"

"Con me invece era un continuo sbattere la testa contro ad un muro e non so davvero cosa sia meglio!"

"Credo che con te sarà sempre un continuo sbattere la testa contro ad un muro, ma non importa. Mi spaccherò la testa cento volte e cento volte me la fascerò. Perché ti amo e non potrei fare altrimenti."

"Sicuro?"

"Sto fuggendo con te, durante la notte, con i cellulari spenti e senza vestiti e cibo per andare in un posto in cui la temperatura sarà gravemente sotto zero. Se questo non è un gesto di incondizionato amore allora dimmi tu che cosa dovrei fare?"

A quelle parole Michelle si lasciò andare ad una dolce e leggera risata. Desiderò di poter entrare nella mente della ragazza in quel momento e di conoscere quali dubbi la tormentassero e quali domande, perché era certo che ce ne fossero, ma allo stesso tempo percepiva, guardandola negli occhi, un'aria di tranquillità e, quasi, di serenità. Per una volta poteva dirsi certo dei sentimenti di Michelle e quindi di ciò che era contenuto all'interno del suo cuore. Forse non era mai riuscito a captarlo così chiaramente quell'amore e si chiese se fosse giusto, solamente osservando i suoi occhi, poter sperare e credere che quella sarebbe stata la volta buona, quella giusta, piuttosto che andarci con i piedi di piombo e quindi basarsi sui fatti e sulle certezze, un passo alla volta.

"Metto un po' di musica?"

"Sì, sono proprio curiosa di sapere cosa ascolta ora Mengoni!"

"Ho il cellulare spento, dovremo accontentarci della radio.."

"E forse è meglio!"

Alzò gli occhi al cielo e sbuffò, in risposta a quella leggera ironia di Michelle. Poi lasciò andare la mano di Michelle per posare le dita sulla radio e accenderla. La prima stazione captata altro non era che l'ultima ascoltata nel viaggio tra Milano e Bologna, ovvero, banalmente, la radio autostradale per informarzioni su eventuali situazioni di traffico e incidenti. Quindi fece scorrere la rotellina delle frequenze.

"Radio Bruno! Lascia!"

Le dita di Michelle si posarono sulle sue per allontanarle dalla rotellina e quel gesto, così spontaneo quanto al limite della schizofrenia, non poté che portare ad altre risate e sorrisi. Cercò poi di concentrarsi sulla canzone da poco iniziata e riconobbe la voce di James Bay, senza però riuscire a capire immediatamente di quale brano si trattasse. Poi Michelle iniziò a canticchiare.

"But now we're sleeping at the edge, holding something we don't need. All this delusion in our heads is gonna bring us to our knees.."

Questa volta, pur continuando ad ascoltare la voce di Michelle, non si voltò velocemente, ma restò con lo sguardo fisso sulla strada che stava percorrendo in quel momento. Ricordava di averla sentita cantare, anzi urlare, nei locali che avevano frequentato insieme. E non avrebbe mai potuto dimenticare quei momenti in cui, con in mano una chitarra, avevano ripercorso insieme a Laurel e Connor la maggior parte dei più grandi successi internazionali e italiani.

"So come on let it go. Just let it be. Why don't you be you and I'll be me?"

Ma non ricordava di averla mai sentita cantare così, a tu per tu, durante un viaggio notturno in macchina, con il freddo e il buio esterno contrastato dal calore interno emanato da quella nuova situazione in cui i loro cuori sembravano essere stati asportati al di fuori dei loro petti per battere l'uno di fronte all'altro, annullando paure, insicurezze e dubbi e concedendo un momento di confidenza totale, di intimità e di amore, in cui era possibile parlare sinceramente, dirsi tutto quello che era mancato in quell'anno e mezzo, in cui era possibile mettere in campo desideri, speranze, piani per il futuro, e in cui era possibile anche cantare senza alcun imbarazzo, così come Michelle stava facendo. E così la lasciò continuare indisturbata, mantenendo le mani sul volante e lo sguardo fisso davanti a sé, ma con l'orecchio rivolto a lei e lasciandosi trasportare dalla sua voce e dalle emozioni scaturite da quella situazione, quasi fino alla fine della canzone.

"Quindi sai anche cantare?"

"Mi scusi, signor cantante, non volevo rubarle la scena.."

"Mica scherzavo!"

"Non è la prima volta che mi senti cantare.."

"Non ti ho mai sentito cantare qualcosa del genere.."

"Non ti ci abituare!"

"Se sto zitto me ne canti un'altra?"

"No, scordatelo. Hai rovinato il momento karaoke!"

"E se canto insieme a te?"

"Nemmeno!"

"Vuoi provare a dormire un po'?"

"Vorrei che tacessi così forse riuscirei ad ascoltare la prossima canzone!"

"Acidella!"

Michelle rispose con una mezza linguaccia, giacché la stava guardando in quel momento. Poi la vide rimettersi comoda e sistemarsi nuovamente con il gomito sullo sportello e la testa adagiata sul palmo della mano. Immaginò che non avesse dormito la notte precedente, ma poi si ricordò che anche lui non era riuscito a chiudere occhio, quindi si chiese se anche il suo volto, come quello di Michelle in quel momento, dovesse apparire così stanco e stravolto.

"Sicura di non voler dormire? Sembri parecchio stanca."

"Non voglio dormire, voglio stare con te."

—  

Era come ritrovarsi sotto ad una campana di vetro. Una di quelle capaci di isolare completamente dall'ambiente e dalle situazioni circostanti e di attutire qualsiasi colpo si parasse davanti. E Marco era lì, insieme a lei, protetto al suo stesso modo, ma allo stesso tempo capace lui stesso di proteggere e di infondere sicurezza anche con una semplice carezza.

Poteva allontanarsi fisicamente dalla casa della nonna, ma sapeva che mentalmente non sarebbe stato altrettanto semplice. Eppure, mentre la macchina di Marco scorreva veloce lungo l'autostrada del Brennero, si sentì piena di un'inaspettata serenità. Forse il peggio sarebbe arrivato in un secondo momento, magari quel giorno stesso durante il pomeriggio, o in serata, ma per il momento non avvertiva alcuna tensione e, soprattutto, ora sapeva di poter contare sul ragazzo al suo fianco nel momento in cui la tranquillità sarebbe svanita per lasciare spazio ai tormenti e ai ricordi.

Così non aveva chiesto a Marco che intenzioni avesse con Clarissa. Quella era la domanda che le ronzava in testa ormai da un paio di ore. Non era spaventata da quel pensiero, e quindi il suo tacere non era dovuto ad un qualche timore, ma immaginò che quella sensazione di ritrovarsi al sicuro, sotto ad una campana di vetro appunto, potesse essere percepita anche da Marco e così, forse, anche lui non era ancora disposto a pensare al peggio, a cosa lo avrebbe inevitabilmente aspettato in un futuro piuttosto prossimo. Entrambi avrebbero affrontato momenti di sconforto, era inevitabile, ma per ora erano al riparo. L'amore ritrovato stava agendo come il più potente incantesimo in grado di allontanare qualsiasi motivo di preoccupazione e lei non avrebbe fatto nulla per spezzarlo.

Stavano viaggiando ormai da due ore quando, dopo alcuni minuti di silenzio, Marco prese a fischiettare nonostante in sottofondo ci fosse la radio accesa. I due ritmi non si equivalevano e ciò che fuoriusciva dalle labbra del ragazzo le faceva riaffiorare alla mente un ricordo lontano, ma un po' confuso, così, stranita, si voltò verso il ragazzo e lo guardò perplessa.

"Cosa fischietti?"

"No, niente. Niente."

"Niente?"

"Niente di importante, mi andava di fischiettare."

"La conosco la canzone che stai fischiettando, vero?"

"Forse.."

"E' tua! Non ricordo dove e quando io l'abbia sentita, ma è tua!"

"L'hai sentita a Verona probabilmente.."

"E allora perché menti dicendomi che non stai fischiettando nulla?"

Non sarebbe riuscita a tenere la lingua a freno quella notte, né per quanto riguardava i discorsi più sinceri e importanti, né per quelli più frivoli, come quelli su di una canzone fischiettata e poi negata. Continuò a fissare Marco e lesse nei suoi occhi una certa nota di imbarazzo nascosta dall'attenzione per la guida. La cosa la divertì a tal punto da sorriderne.

"Vuoi sapere una cosa, Michelle?"

"Dimmi.."

"Ti sei mai resa conto che con te non ho mai parlato troppo del mio lavoro?"

"Mmm, ora che mi ci fai pensare sì, è vero, ma cosa c'entra questo ora?"

"Non voglio fare paragoni, e spero che questo sia soltanto uno dei pochi, ma con Clarissa non è stato così. Il mio lavoro era sempre al centro dell'attenzione. Credo non ci sia stato un solo giorno in cui lei non mi abbia chiesto se c'erano novità o come stessero andando le cose in studio. E, credimi, Clarissa non stava con me per chi sono o per cosa faccio nella vita. Non ne è il tipo. Però tu non l'hai mai fatto."

"Vorrei ricordarti che io e te litigavamo per il tuo lavoro, Marco!"

"Vabbè, tu devi sempre riportare alla luce ricordi tragici. Ad ogni modo, intendevo dire che non ne sei mai stata ossessionata."

"Paradossalmente eri più tu ad interessarti del mio lavoro che viceversa.."

"Esatto!"

"Ma questo cosa vuol dire? Ha un certo significato per te tutto ciò?"

"L'unica volta in cui ti sei interessata davvero tanto è stata all'inizio. La nostra missione."

"Oddio, la missione. Sembra passata una vita!"

"Comunque non so se abbia un qualche particolare significato tutto ciò, ma credo che mi faccia sentire più libero."

"Marco, il fatto è che io non l'ho mai realmente vissuto il tuo lavoro. Forse se io e te avessimo abitato a Milano in quel periodo, o comunque in Italia. Insomma, se avessi avuto modo di vivere da vicino tutto quello che facevi, allora sicuramente me ne sarei interessata di più. Ma quando eravamo a New York, così come quando siamo stati a Parigi, per me era tutto così lontano. E, come ti ho detto, vedevo il tuo lavoro solamente come un ostacolo nei confronti del tempo che avrei voluto passare con te."

"Lo so, e infatti non so nemmeno se ha senso tutto questo discorso."

"Ha senso, io ho capito cosa vuoi dire. In questo anno e mezzo a Parigi ho capito cosa voglia dire essere qualcuno di fuori dall'ordinario, se così posso definirmi e definirti. Ho capito cosa voglia dire avere accanto una marea di persone che non fa altro che parlarti del tuo lavoro, continuando a fare domande per la maggior parte inutili e banali. Non fraintendermi, amo il mio lavoro e non potevo scegliere di meglio facendo il provino all'Opéra. Però a lungo andare senti la necessità di avere accanto delle persone che continuano a confrontarsi per te in quanto Michelle, o in quanto Marco, nel tuo caso, e non come Michelle Veronesi o come Marco Mengoni. Quindi ti capisco. Ma penso che queste persone possano ritrovarsi soltanto tra i familiari e tra gli amici più stretti. Il mio momento preferito della giornata è quando torno a casa e ritrovo Oliver e Connor. Può sembrare un paradosso, dato che anche loro sono ballerini e comunque si continua a parlare di danza, ma per loro sono ancora io, cioè la persona che hanno conosciuto prima di tutto ciò."

"Tu non mi hai conosciuto prima che io diventassi famoso, però."

"Io non sapevo chi tu fossi, Marco."

Al ricordo del loro primo incontro e di quelli a seguire non poté che sorridere spontaneamente. Sembrava passata un'era geologica, eppure ricordava alla perfezione quel primo giorno nel locale in cui Liam aveva dato appuntamento a Marco per discutere dei termini dell'affitto, così come la sua prima visita al loft, lì dove si era dimenticata i documenti sul pianoforte, quegli stessi documenti che erano diventati un pretesto per invitarlo a cena, ovviamente grazie alla complicità e alla tenacia di Laurel e Connor.

"E quindi ora sei famosa anche tu?!"

"Non cominciare, eh!"

"Firmi autografi? Ti fermano per strada?"

"Raramente."

"Interviste?"

"Qualcuna."

"'mazza, Michelle, ti ho lasciata che eri una semplice ragazza di città e ti ritrovo Carla Fracci!"

"Ma la vuoi smettere? Piuttosto, dimmi che canzone stavi fischiettando che sono curiosa!"

"Mai!"

"Perché?"

"Perché mi imbarazzo.."

"Oh, poverino! Su, muoviti!"

"E va bene. Va bene. Mai e per sempre."

"Mmm, la ricordo molto vagamente. Come fa?"

"No, Michelle, non canterò!"

"Se ho cantato io puoi cantare anche tu, anzi, tu dovresti farlo per primo!"

"Puoi scordartelo!"

"Okay, allora tu scordati la mia parola fino alla fine di questo viaggio!"

"Fino alla fine del viaggio in macchina o per tutta la fuga?"

"PER SEMPRE!"

Le piaceva scherzare con Marco, battibeccare, sbuffare, alzare gli occhi al cielo e fare anche la vocina da poppante se necessario. Stavano percorrendo una strada nel bel mezzo di una notte, diretti verso un piccolo nido d'amore, lontano da qualsiasi altra persona conosciuta e portando con sé soltanto i cellulari, tra l'altro spenti, senza cibo o vestiti, quindi, cosa non era lecito in quel momento?

Rimase in silenzio, con le braccia conserte e lo sguardo fuori dal finestrino, fingendosi imbronciata, per alcuni minuti. Sentiva su di sé lo sguardo di Marco, che ogni tanto voltava la testa per poterla osservare meglio. Poi, tutto d'un tratto, qualcosa, o meglio, qualcuno, abbassò completamente il volume della radio.

"Le stelle in silenzio ci lasciano fare, gli piace ascoltare il nostro dolore. L'amore che tutti ricordano ancora non sciopera mai, lavora anche ora."

Marco non cantò quelle parole. Le pronunciò lentamente, scandendole quanto bastava per permettere loro di arrivare dritte al bersaglio. D'istinto guardò fuori dal finestrino, questa volta concentrandosi verso l'alto e non tenendo lo sguardo basso come in precedenza. Le nuvole erano scomparse facendo posto ad un cielo completamente limpido e spalmato di centinaia e centinaia di stelle.

E un po' per quella frase, un po' per la nuova visuale, sentì ancora più fresca quella sensazione di serenità e di pace. E, in mezzo a quella ventata positiva, questa volta appoggiò lei la mano sul quella di Marco, a sua volta posata sul cambio, e poi lo guardò immaginando che in quel momento i suoi stessi occhi potessero esprimere nella maniera migliore tutto l'amore che provava per lui.

"Ho sempre pensato che tu dica parole bellissime nelle tue canzoni, Mengoni!"

"Non ci provare perché tanto non canterò comunque!"

"Dicevo sul serio!"

"Non canterò ugualmente, non una mia canzone."

"Mi spieghi perché?

"Ci tieni così tanto?!"

"Un po' sì, a dire la verità. Immagino che sia normale, no?"

"Allora forse, un giorno, magari.."

"Marco, per caso ti imbarazza l'idea di cantarmi una tua canzone?"

"Michelle, da quando ci siamo conosciuti ad oggi ogni mia canzone ha parlato di te!"

"Proprio per questo penso che dovresti cantarmene qualcuna.."

Pronunciò quelle ultime parole nella maniera più spontanea e dolce possibile senza nemmeno volerlo o prestabilirlo. E, forse proprio per quel suo repentino cambio di tono di voce, Marco prima sorrise e poi, sporgendosi lentamente verso di lei, si avvicinò quanto bastava per lasciarle un bacio sulla tempia, prima di tornare in posizione di guida con gli occhi fermi sulla strada.

"Devo chiederti una cosa, Michelle."

"Il vizio di chiedere di poter domandare una cosa prima di farlo non ti è passato a quanto pare!"

"Dai! Comunque, riguarda una cosa che mi hai detto pomeriggio al bar."

"Cosa in particolare?"

"Quando mi hai detto che nessuno sarebbe stato alla mia altezza.."

Già quel pomeriggio, al bar, aveva immaginato che Marco potesse chiedergli spiegazioni circa quella frase. Ma ora che era tornato indietro, ora che stavano fuggendo insieme, ora che la volontà di entrambi era quella di non annientare più quel loro amore, le probabilità di quella domanda si erano alzate vertiginosamente e sapeva che non avrebbe tardato ad arrivare. Così sospirò, approfittando di quel gesto per acquisire qualche secondo prima di provare a rispondere. Cosa c'era da spiegare, dopo tutto? Quella frase parlava chiaro da sé.

"Marco, io non ho cercato nessuno in questo anno e mezzo. E se devo essere sincera non ho avuto una corte di ragazzi dietro di me. Ma inevitabilmente qualcuno ha provato ad avvicinarsi. E così come si sono avvicinati se ne sono anche andati. Non ho dato modo e tempo a nessuno di provare a conoscermi, ma perché d'altra parte io non ero interessata a conoscere loro. Quando ho incontrato te è scattato qualcosa Marco. So che sembra una frase da film detta così, ma è la pura verità. Ci sono voluti secoli per capire cosa provassi per te, e questo lo sappiamo bene, ma a te mi sono interessata dal primo istante. Ero curiosa di conoscerti e scoprirti. E non ho più provato questo genere di curiosità. Nessuno ha suscitato in me il minimo interesse e credo che questo sia dovuto al fatto che nel mio cuore ci sei sempre stato tu e il paragone era inevitabile. E, sì, nessuno sarebbe stato alla tua altezza. Nessuno!"

"Prima, mentre eravamo a letto, ho pensato a come sarebbero potute andare le cose se tu avessi trovato qualcun altro, e per un istante ho avuto paura."

"Ma non è stato così!"

"Ma sarebbe potuto accadere.."

"Avresti comunque avuto Clarissa e la tua nuova vita, se così si può dire."

"Una vita basata su sentimenti fittizi. Bella storia!"

"Marco.."

"Tu come ti sei sentita quando hai saputo di Clarissa?"

"Vuoi la verità?"

"Certo che voglio la verità!"

"Uno schifo. Mi sono sentita uno schifo. Ma perché io ho continuato ad amarti, Marco, e credo che sia normale avere solamente voglia di piangere nel vedere le foto di colui che si ama insieme ad un'altra, no?"

"Perché non mi hai fermato quel giorno? Perché non mi hai interrotto per dirmi dell'Opéra mentre ti vomitavo addosso quel mare di stronzate?"

"Marco.."

"Ho bisogno di saperlo, Michelle."

Deglutì. Aveva immaginato che sarebbero arrivati anche a quel momento, a quelle domande, e all'inizio si era sentita pronta e disponibile a rispondere. Ma ora la sua motivazione sembrava così sciocca e banale e l'idea di non aver combattuto a fondo per quell'amore che aveva continuato a bruciare dentro di lei la rendeva stupida e incoerente ai suoi stessi occhi.

"Tu perché non sei tornato, Marco?"

"Perché ti avevo ferita e ho avuto paura di averlo fatto in maniera irreversibile. Quando ho letto quel contratto mi sono sentito il peggior uomo sulla faccia della terra. Al tuo gesto di incondizionato amore io ho risposto dicendoti addirittura che non saresti mai stata in grado di amare qualcuno. Con che pretese sarei potuto tornare?"

"Sì, forse ti sei sbagliato sul fatto di non poter amare qualcuno, ma tutto il resto non erano stronzate, Marco."

"Michelle.."

"Credimi! Se non sono tornata indietro è stato proprio per tutto il resto. Mi sembra così sciocco parlarne ora perché avrei dovuto farlo, sarei dovuta tornare indietro e cancellare dalla mente quelle tue parole dettate dalla rabbia. Ma non l'ho fatto. E non l'ho fatto perché c'era un fondo di verità in ciò che mi hai detto. E dopo averti promesso che sarei diventata una persona migliore, la consapevolezza di non aver fatto altro che peggiorare mi ha convinta di non meritarti. E mi ha convinta anche della nostra incompatibilità."

"Siamo due idioti, lo sai, vero?"

"Sì, lo so. Ma abbiamo l'opportunità di rimediare ora!"

"Non so come, non so grazie a chi, ma a me e a te in un modo o in un altro viene sempre data la possibilità di rimediare. Te ne sei resa conto?"

"Mi chiedo come faremo a rincontrarci la prossima volta che ci allontaneremo ora che non c'è più mia nonna disposta a rompersi una gamba o andarsene direttamente via per sempre.."

"Michelle.."

"E' tutto okay, Marco. Mia nonna sarebbe felice di sapere che sono con te ora. Te l'ho detto, tu gli piacevi davvero tanto!"

Continuarono a viaggiare in silenzio, a volte cantando sottovoce le canzoni che passavano per radio, a volte persi con lo sguardo all'orizzonte, altre volte voltandosi per potersi guardare anche solo per qualche secondo, giusto il tempo che era concesso a Marco prima di dover tornare con gli occhi vigili sulla strada.

Desiderò che quella notte potesse non finire mai, che la strada potesse allungarsi rendendo quel viaggio infinito. La sua casa a Cavalese li stava aspettando, ma quel momento portava con sé qualcosa di magico. Per questo aveva preferito non addormentarsi. Da una parte non voleva lasciare da solo Marco alla guida, dall'altra non voleva essere lei a rimanere da sola con in suoi sogni, o peggio, incubi. E poi sapeva di dover godere a pieno quegli istanti, perché la campana di vetro non li avrebbe protetti a lungo, quindi doveva assorbire al massimo quella magia e farne tesoro, custodirla segretamente e gelosamente per poterla utilizzare come arma di difesa nei momenti peggiori, per ricordarsi che per quanto potesse andare male, momenti come quelli vissuti durante quella notte esistevano e, insieme a Marco, avrebbero continuato ad essere possibili.

Arrivarono a Cavalese quando ormai l'alba aveva già iniziato a fare capolino e una luce rosea e suggestiva si espandeva dietro le montagne rivolte ad est. Erano passati svariati anni dall'ultima volta in cui era tornata in quel posto. Altro non si trattava di uno di quei luoghi chiave della sua infanzia che, da quando i suoi genitori avevano divorziato e da quando lei si era trasferita all'estero, aveva frequentato di rado e per periodi di tempo piuttosto brevi, ma era comunque un altro posto che considerava casa e, da quel momento, un altro di quegli spazi che avrebbe frequentato con Marco e che, di conseguenza, avrebbe assunto un significato ancora più speciale e prezioso.

Guidò Marco fino alla sua casa, leggermente discostata rispetto al centro del paese, e, per questo motivo, immersa nella neve dei prati circostanti. Non c'erano più che una decina di case in quell'angolo di Cavalese. Villette in perfetto stile montanaro, con tanto di copertura in legno e comignoli dei camini, e questo non faceva altro che rendere ancora più suggestivo quel paesaggio già reso tale dalla presenza delle montagne, degli immensi pini e della neve che era caduta a fiotti dall'inizio dell'inverno.

"Sembra la casa di Heidi, Michelle."

"E' la casa di Heidi praticamente!"

Sorrise di quelle parole di Marco, ammirando la casa dall'esterno, e poi, con accanto quest'ultimo e con le chiavi in mano, si apprestò ad aprire la porta principale, completamente stretta in se stessa per il freddo. Una volta entrata accese immediatamente la luce dell'ingresso, curiosa di notare magari qualche cambiamento, qualche dettaglio fuori posto, e invece tutto era rimasto così come lo ricordava.

I mobili in legno chiaro, per rispecchiare lo stile del luogo, l'orologio a cucù appeso in sala e perfettamente funzionante, il tavolo rettangolare con le sei sedie disposte attorno, il divano e la poltrona in sala, di fronte all'immenso camino e addirittura qualche cesto pieno di legna accanto, i quadri ripieni di ogni tipo di foglie di bosco, catalogate e incollate, che aveva creato suo padre stesso, le finestre agghindate con tende in pizzo bianco e fermate da nastrini alla cui estremità pendevano piccoli cuoricini di legno e, soprattutto, quella sensazione di un caldo abbraccio familiare, nonostante i termosifoni e il camino fossero spenti, nonostante fuori si gelasse e la temperatura dovesse essere di gran lunga sotto lo zero.

Le braccia di Marco attorno al suo collo la riportarono alla realtà. Non si voltò, ma trovandosi di fronte ad una delle finestre della sala, e notando che era ancora possibile guardarne il riflesso, osservò la loro immagine in essa. La testa del ragazzo era sulla sua spalla. La barba le pizzicava sulla guancia.

"Mi piace questo posto, Michelle, sai?"

"Non è perfetto per noi due in questo momento?"

"Perfetto è dire poco!"

Si ritrovò in un istante di fronte a Marco, questa volta occhi dentro agli occhi. Dapprima sorrise, ma poi, insieme, presero a ridere contemporaneamente. L'effetto della campana di vetro non era ancora terminato. Era ancora serena, era ancora felice. Quelle mura sarebbero state la loro fortezza inespugnabile e per un secondo si lasciò andare all'idea che là dentro nessun pensiero negativo li avrebbe raggiunti. Se lo avessero desiderato realmente allora sarebbe anche potuta andare così, avrebbero potuto continuare a vivere di abbracci, baci e amore.

Insieme esplorarono anche il secondo piano, felici di constatare che suo padre avesse lasciato pulito e pronto il letto matrimoniale nella stanza dei suoi genitori, così da non dovere prodigarsi, con tutta quella stanchezza addosso, nel riassetto delle lenzuola e del piumone. Diede poi uno sguardo veloce alla sua piccola stanzetta, quella con il letto a castello, perché spesso aveva portato con sé in montagna qualche amica e a volte anche la nonna era partita insieme a loro. Alla fine cercò nell'armadio, dalla parte di suo padre qualche maglietta a maniche corte e dei pantaloncini che potessero essere utilizzati come pigiama durante quella prima notte e li ripose sul letto.

"Me la concedi una doccia prima di metterci a letto?"

"Stavo per dirti lo stesso, Marco. Preferisci la doccia o la vasca? Nel bagno giù c'è la doccia, qui la vasca."

"Vasca. Non faccio un bagno da una vita!"

"Allora io vado giù.."

Prese con sé la sua maglietta e i suoi pantaloncini. Pochi secondi dopo stava già scendendo le scale diretta al bagno del piano terra. Poi, tolti i vestiti e restando in intimo, si guardò per alcuni istanti allo specchio. Aveva il viso solcato da profonde occhiaie, ma tutto sommato la situazione non era così drammatica come aveva immaginato al pensiero di non dormire da due notti.

Poi alzò gli occhi verso il soffitto, perché, d'altra parte, pensò che ora se volesse rivolgersi a sua nonna era lì che doveva guardare, in alto. E in silenzio, mentalmente, le raccontò ciò che era accaduto dal pomeriggio precedente a quel momento. Forse sua nonna aveva già visto tutto, forse conosceva alla perfezione i suoi sentimenti, senza il bisogno di spiegarglieli, ma scoprì ben presto che parlarle la rassicurava e l'aiutava maggiormente a conquistare la certezza di stare facendo la cosa più giusta.

Nel frattempo l'acqua, che aveva aperto da qualche minuto così che potesse riscaldarsi, doveva aver raggiunto la temperatura ottimale, così si avvicinò alle ante della doccia, ma il rumore della porta che si apriva di scatto la bloccò.

Marco.

Portava addosso soltanto i pantaloncini, il petto era nudo, e a giudicare dal poco tempo passato da quando lo aveva lasciato da solo in camera intuì che era impossibile che lui avesse già fatto la doccia. Così, coprendosi istintivamente con le braccia per la folata di freddo che l'apertura della porta aveva provocato, lo guardò perplessa.

"Posso fare la doccia con te?"

"Marco?!"

"Eddai, ti prego!"

Glielo stava chiedendo con occhi supplichevoli e voce da bambino. Ma se da una parte avrebbe potuto continuare a guardarlo senza abbassare il sopracciglio, così come stava facendo da quando era entrato in bagno, dall'altra sapeva già che rispondergli di no sarebbe stato impossibile, così come non scoppiare a ridere nel giro di pochi secondi. E Marco trasformò quella risata in un bacio, uno di quelli che mozzavano il respiro facendo mancare il fiato, uno di quelli capaci di durare anche per minuti o, nel loro caso, il tempo di ritrovarsi sotto la doccia abbracciati, insieme, ora ridendo, ora continuando a baciarsi.

E così i loro corpi, nudi, si rincontrarono e nel giro di qualche secondo stavano rifacendo l'amore. E mentre Marco la teneva in braccio, stretta a sé, lei stringeva il viso di quest'ultimo, senza riuscire a far terminare quel contatto tra le loro labbra, senza riuscire ad immaginare qualcosa di più simile alla felicità e all'amore. Ma non era l'atto fisico in sé a donarle quella sensazione. C'era altro. C'erano i discorsi in macchina, quel viaggio verso un posto sicuro, soltanto per loro, e soprattutto c'erano quei cuori, ora, così stretti nella doccia, separati soltanto dalla pelle e dalle ossa delle loro gabbie toraciche, che battevano all'unisono e al ritmo dello stesso sentimento. Quel sentimento che, in maniera differente, entrambi avevano represso troppo a lungo senza rendergli giustizia e provocando ad esso un torto a cui ora solamente con tutti quei baci e tutto quell'amore avrebbero potuto porre rimedio. E non c'era più tempo da perdere.

"Qualcosa mi dice che sarà difficile andarsene da qui, Michelle."

"Non dobbiamo andarcene per forza, Marco."


SORPRESAAAAAAA! Lo so, lo so, sono troppo buona, motivo per cui mi merito una marea dei miei adorati commenti, giusto? ♥
Ovviamente scherzo (o forse no), ma avevo un incredibile voglia di scrivere e non me la sono lasciata sfuggire. Non abituatevi ai due capitoli a settimana, perché questo, in questo periodo soprattutto, è un evento più unico che raro. Però, ecco, spero vi abbia fatto comunque piacere.
Non è un capitolo in cui succede molto questo, me ne rendo conto, ma è pieno di dialoghi e di spiegazioni, perché era questo ciò di cui avevano bisogno Marco e Michelle in questo momento, e quale situazione migliore di un viaggio in macchina? Quindi spero vi sia piaciuto ugualmente e che non vi abbia annoiate. Così come spero che qualcuna si sia accorta che ancora nessuno dei due si è ricordato che stanno vivendo il giorno di Natale nonché il compleanno di Marco ahahah.
Detto ciò, non avremo gioie per sempre, questo è chiaro, ma una gioia ve la voglio dare ugualmente dicendovi che.. (RULLO DI TAMBURI) ..non contenta di avere già progettato una quarta parte, pur essendo soltanto all'inizio della terza, ne ho anche già pensata una quinta, così che davvero non vi libererete mai di me e facciamo in tempo a far andare Marco in pensione che io sarò ancora qui a scrivere di lui e Michelle! Contente? 
Per quanto riguarda il capitolo, che chiedervi? Credo che Marco e Michelle abbiano parlato fin troppo. Vi aspettavate fossero questi i motivi per cui nessuno dei due è corso dall'altro dopo il litigio a Parigi? E cosa vi aspettate da questa fuga d'amore? Pace, gioia e amore, oppure pianti, crisi e tragedie? Fatemi sapere! 
Io vi ringrazio, come sempre, per il vostro affetto e per la vostra dolcezza. In quattro capitoli mi avete fatto superare le 1k visualizzazioni che per me che non mi capacito mai di nulla non è assolutamente poco. Quindi grazie, davvero, GRAZIE

Un abbraccio
Elisa

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