Blackvoyant

By FioreDArgento

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Forse io mi ero sempre sentita diversa perché io il mio nome, a differenza degli altri, lo conoscevo. Quando... More

Prologo
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Caro lettore
Marchio & Regolamento
Avviso! Nuova storia!

Capitolo XIX

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By FioreDArgento


Sussultai. "Lo sapevi sin dall'inizio?"

"Nessun insegnante ha una stanza su questo piano" eluse la mia domanda Beatrice. "Ma è stato piuttosto divertente vederti fingere di considerare Corinne una sconosciuta, anche perché sei troppo egoista per soccorrere una persona con cui non hai alcun legame affettivo. Ora potresti dirmi, sul serio, cos'è successo?"

Rimasi a fissarla per alcuni secondi, sulla difensiva. "Perché dovrei fidarmi?"

"Forse perché noi due abbiamo avuto una conversazione che, in caso venisse riportata a Miss Key, sarebbe un motivo sufficiente per farmi perdere questo lavoro?" ironizzò.

"Ero venuta qui per parlarle" esordii, dopo una lunga esitazione. "Lei non c'era. Ho trovato quelle lettere, sparse lì sul pavimento, e le ho lette per pura curiosità."

"O pura invadenza" ribatté Beatrice, serafica. "Punti di vista."

"Lei ha visto me, ha visto le lettere ed è scoppiata a piangere. Ha iniziato a ripetere frasi prive di senso, finché io non l'ho fatta tornare in sé con uno schiaffo."

"Molto delicata."

"Allora si è alzata ed è quasi svenuta" terminai.

"Comprensibile. Immagino abbia trentanove di febbre o giù di lì."

"Ma lei non è vecchia. Non è una bambina piccola. Perché sta male?"

"Il Marchio è strettamente connesso alle emozioni. Fortifica quanto indebolisce. È possibile che uno shock, o un evento difficile da elaborare, o..." S'interruppe bruscamente, gli occhi pensosi puntati sui fogli di carta abbandonati a terra e la cesta rovesciata. "Mi puoi dare la lettera che stavi leggendo?"

"Non ero io a essere invadente?" la accusai.

"O curiosa. Punti di vista, ribadisco."

Raccolse quindi dal pavimento i pezzi di carta e cominciò a scorrerne le righe, la fronte aggrottata e un'ombra di tristezza che calava come una tenda polverosa sul suo sguardo.

"Non fatico a immaginare perché stia così." Distolse l'attenzione dalla carta e lasciò una carezza sulla guancia di Corinne. "Oh, bambina mia. Perché ti sei tenuta tutto dentro?"

"Faraji... lui è davvero..." Fratello. Non riuscii ad articolare quel suono. Otto spine conficcate in gola.

"Sì. Sono fratelli di sangue."

Una botta allo stomaco, la stanza di Corinne vibrò qualche istante sotto il colpo.

"Lei non me ne hai mai parlato."

"È un argomento molto delicato" ribatté Beatrice. "Ti assicuro che non ha mai avuto il coraggio di affrontare la questione solo perché tu non la guardassi in modo diverso."

"Lei mi ha detto che l'Heddem Institute l'ha presa dall'orfanotrofio a sei anni, che le hanno offerto una vita migliore." La mia voce si spezzò, nel rendermi conto d'un tratto quanto quella realtà, che fino al giorno precedente avevo accettato di buon grado, fosse troppo serena, troppo limpida, per le mura severe dell'Istituto. Una menzogna dalle vesti brillanti. "Non è così, vero?"

Beatrice guardò in tralice Corinne, intenerita. "No, in effetti è una storia piuttosto surreale e fiabesca, ma all'età a cui te l'ha raccontata non avrebbe potuto osare di più."

"E perché non me l'ha detto dopo?" ribattei.

"Non ti avrebbe mai messo addosso un peso di tale portata. Per quale motivo avrebbe dovuto, d'altronde?"

"Perché sono io. Per questo avrebbe dovuto."

Realizzai di star stringendo i pugni, le nocche sbiancate, un'immensa rabbia in corpo.

Socchiusi le palpebre e fra le spire dell'oblio riuscii a calmarmi.

Le riaprii di scatto.

"Dimmi la verità."

"Non è il momento adatto."

"Non ci sarà mai un momento adatto, dopo dieci anni di momenti inadatti" obbiettai a denti stretti.

"D'accordo, vuoi sapere la verità? Perfetto, ma non aspettarti che io abbia la delicatezza che avrebbe Corinne."

"Benché sia impaziente di chiudere questo discorso, immagino che innanzitutto debba aprire i tuoi giovani occhi su alcune questioni. Ebbene, come saprai, o almeno m'illudo te lo abbiano insegnato, il Marchio si tramanda. Dunque tu sei una Marchiata perché lo sono stati i tuoi avi , così come i miei, e quelli di chiunque altro in questo Istituto."

Annuivo automaticamente, anche se in realtà non avevo ricordo di qualcuno che avesse accennato all'argomento in maniera esplicita; lo davo per scontato, come supponevo lo desse per scontato W. L'aria che respiravamo, i discorsi che ci inculcavano lasciavano sottintendere che appartenessimo a un'elìte. Per questo motivo l'idea che la nostra posizione fosse dovuta al sangue non mi sconcertò più di quanto non mi avrebbe sconcertato scoprire che la maggioranza o la totalità dei collegi fosse ben meno rigida dell'Heddem Institute. Esprimere ad alta voce tali considerazioni sarebbe stato sciocco, quasi scontato.

"Affinché il numero di Marchiati rimanga costante, tranne che in eventualità straordinarie, è obbligatorio per qualunque membro della Comunità lasciare un successore."

"E questo cos'ha che vedere con Corinne?"

"Impara ad ascoltare in silenzio." 

"Non avevi detto che non saresti stata delicata?"

"Non lo sarò" assicurò asciutta Beatrice. "I Marchiati non sfuggono alla sterilità. In quel caso, si è chiamati a compiere una decisione: domandare a una famiglia interna alla Comunità di generare, oltre ai due bambini che riceveranno il Marchio in quanto loro successori, un altro Neomarchiato che sopperirà alla propria mancanza o adottare un bambino da mandare direttamente al macello. Atto ignobile, a mio avviso, ma a quanto sembra dai più è ritenuto sintomo di onore e nobiltà d'animo."

Ascoltare Beatrice era come ingoiare schegge di legno.

"Corinne è stata in orfanotrofio" mormorai.

Era accaduto qualche mese dopo il mio arrivo. Corinne era stata rapida nell'introdurre l'argomento, così rapida che mi aveva impedito di reagire. Un accenno colmo di spontaneità, cucito fra parole che allora, nella sua voce, sembravano di maggiore rilievo. E da allora quegli accenni avevano continuato a comparire, di tanto in tanto, finché non avevo assimilato il suo passato tanto da smettere di farvi caso.

Beatrice annuì silenziosamente. "Lo lasciò a otto anni, quando Faraji ne aveva solo tre. È scomparsa come un fantasma per il fratellino. Giunta qui, a Corinne è stato imposto il Marchio, per quanto alla sua età fosse rischioso. Il genitore adottivo, il cui unico interesse era che la bambina frequentasse l'Istituto, non sentì ragioni." Un bagliore di rabbia attraversò lo sguardo mite di Beatrice. "Il Marchio l'ha quasi uccisa."

Quella parola trapassò la mia mente, ago affilato. Il sangue defluì dal mio volto.

"Ti avevo detto che non sarei stata delicata" sentenziò Beatrice. "Corinne è sopravvissuta, ma è stato chiaro fin da subito che per quella bambina fosse già tardi. Il dolore l'aveva già toccata. Lei lo aveva ascoltato, saggiato, e respirato. Introdurla nelle classi regolari sarebbe stato fatale per i bambini, felicemente incastrati nella loro bolla di sapone. È stata isolata, come hanno fatto con te, ma in modo permanente."

"Ma quelle lettere..."

"Quelle lettere sono un mistero anche per me."

Uno strano senso di leggerezza invadeva il mio capo. Spostai lentamente lo sguardo su Corinne. Giaceva addormentata fra le lenzuola. D'un tratto ebbi la sensazione che crescesse davanti a me. Una bambina sola in un mondo grigio. Una ragazza forte fra persone deboli. E più la osservavo, più la ammiravo, e più la ammiravo, più la pesantezza del senso di colpa gravava sulle mie spalle.

Soltanto dopo lunghi minuti, riuscii a pronunciare una domanda strascicata.

"E lei come sa tutto questo?"

Un sorriso colmo di calore allora si disegnò sul viso di Beatrice.

"Perché sono stata io, molto tempo fa, a salvarle la vita."

La fissai intensamente per un istante.

"Va'" ordinò infine la donna. "Qui ci penso io."

Quella volta le diedi retta.

Tornai tre giorni dopo. Quando entrai, vidi subito Corinne. Era seduta alla scrivania sulla quale aveva consumato i suoi studi. Osservava con insistenza un foglio di carta, dove i tratti di una biro si ammucchiavano in grovigli d'inchiostro. Non sembrava essersi accorta della mia presenza.

"Ciao."

La donna sobbalzò e volse il capo di scatto. Il suo sguardo carico di sorpresa si attaccò ai miei abiti come colla bollente.

"Amira!" eruppe a bassa voce. "Sai che non dovresti venire qui? Perché non hai chiesto a Inez?"

"Impiegherò poco. Lo giuro." Inspirai, la testa pesante di idee. "Ho trascinato a lungo questa discussione, troppo, e anche dopo che Inez mi aveva parlato, anche dopo aver saputo che avevi bisogno di me, il mio orgoglio ha continuato a imperdirmi di venire qui ad ammettere il mio torto. Sono stata arrogante, immatura ed egoista. Avevi ragione su ogni fronte. Grazie. Grazie, perché mi hai dato la spinta necessaria affinché mi facessi carico delle mie responsabilità."

Corinne rimase immobile, gli occhi sgranati. Lasciai scorrere il tempo, quel tempo che fra le nostre voci si consumò in un silenzio. Né io, né lei, aprimmo bocca, fin quando il disagio fu tale da farmi desiderare il contatto rassicurante della maniglia.

"Spero tu stia meglio. Buonanotte."

Impressi una spinta leggera sulla porta, che rispose al tocco con un cigolio soffocato. E fu forse il cigolio, o l'impalpabile significato che attorno a questo aleggiava, a destare Corinne.

"Te ne vai così?"

"Così come?" ribattei confusa.

La giovane allora mi venne incontro, lucente di quella calma ponderata che temevo perduta, e mi osservò con lo sguardo brillante di commozione. Mi avvolse nel calore del suo abbraccio.

Dovettero sbiadire alcuni istanti, prima che reagissi.

"Mi dispiace."

"Lo so" sussurrò Corinne. "Lo so."

Posò un'ultima carezza morbida sul mio capo e si allontanò, di colpo rigida. "È meglio che tu mi stia lontana, non vorrei che stessi male anche tu."

Ridacchiai piano. "Beatrice ha detto che i Marchiati sono più forti del normale. Non corro alcun pericolo."

"Perfetto, perché anch'io ti devo alcune spiegazioni."

Ero sicura che avrebbe ripreso l'argomento, in un modo o nell'altro; e anche se nelle ore passate più volte avevo desiderato udire la sua voce darmi chiarimenti, in quel momento raggelai.

Volevo domandare, scoprire, conoscere.

Eppure quanto sarebbe valsa una risposta estorta? Quanto sarebbe stata preziosa una verità sofferta? E in quali misure mi avrebbe arricchito una conoscenza rubata?

Così scelsi di porle l'unico quesito che mi avesse assillato in quei giorni, l'unico che avesse davvero importanza.

"Se non avessi trovato quelle lettere, me ne avresti mai parlato?"

La domanda attaccò Corinne alle spalle, colpo furtivo. Una chiazza di rammarico si allargò nelle sue iridi castane. Restò a lungo in silenzio, quasi che gli attimi si tendessero come elastici per offrirle più tempo.

"È così importante?" proferì a bassa voce.

"È necessario che lo sia perché tu mi risponda?" ribattei.

La donna inspirò profondamente. Riuscivo quasi a scorgere le riflessioni annodarsi nel suo capo.

"No."

Secco. Duro. Vero.

"In questo caso, so già più di quanto debba sapere."

Allora liberai i piedi dagli scarponcini. Mi sedetti sul letto, stringendomi le ginocchia al petto, e diressi un sorriso a Corinne. Picchiettai con il palmo lo spazio vuoto sul materasso.

"Che aspetti? Non ci vediamo da un po', e io ho un mese di vita piena da raccontarti!"

Quella sera parlammo tanto, così tanto che alla fine esaurimmo le parole.

"Stavo provando a rispondergli."

Corinne non specificò né il mezzo, né il destinatario della risposta. Non ve n'era bisogno.

"E mi sono resa conto che dovrebbe essere sola un ammasso di bugie. Mi è vietato alludere al Marchio o all'Istituto o al motivo per cui abbia ricevuto per tre anni la posta, senza mai inviarla. Che senso avrebbe? Che senso avrebbe riempire il silenzio, se lo riempissi di menzogne?"

Un sospirò le sfuggì dalle labbra.

"Non so come mi abbia trovata. Forse però è meglio che si convinca di non averlo fatto. Anche se significa ritenermi una sorella fantasma."

Spazio Autrice

Anche se sono lungi dall'essere convinta di questo capitolo, l'ho postato come promesso. Buon Natale!

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