Sex Lessons • H.S

By VittoriaArcidiacono

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Quando il tuo fratellastro ti chiede se è il caso che tu prenda lezioni sul sesso da parte sua, la risposta d... More

00. Prologue.
01. Really?
02. Serios?
03. The introducion.
04. The first lesson.
05. Why?
06. The second lesson.
07. The school.
08. New sister.
09. The police.
10. Cut and psicology.
11. Party and too drink.
12. I lost the verginity.
13. Died and born.
14. My body?
15. Violence.
16. Holiday.
17. Please!
18. How?!
19. The bad messagge.
20. The third lessons.
21. Truth or dare?
22. Where we are?!
23. It isn't a lessons.
24. Hi, it's me.
25. A diary?
26. Sexting or not?
27. Tatoo.
28. Home sweet home.
29. Sex or love?
30. Did you know?!
31. I can't believe it!
32. Wanning and memories.
33. Hair cut.
35. I wrot this.
36. Bathtub.
37. Is this possible?
38. Some years later.
39. Go away.
40. Airport and journey in the memories.
Epilogo.
Ringraziamenti ed altro.
Amate Harry Styles? Bene, allora leggete!

34. Peter!

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By VittoriaArcidiacono

Sono praticamente saltata addosso a quel pazzo di mio zio Peter; la mascella mi fa male poiché sto sorridendo troppo. Ma, Dio del Cielo, il fratello di mio padre è qui e mi sta abbracciando; quindi ho tutto il diritto di spaccarmi i denti per le troppe risa.

In realtà vorrei anche piangere perché è troppo tempo che non lo vedo, non lo tocco e non gli parlo dei miei problemi da adolescente frustrata. L'ho sempre considerato un fratello, dato che ha solo dodici anni in più di me; è come un cugino, diciamo.

«Peter!» esclamo lasciandogli baci in tutte le parti del viso nel quale, noto con piacere, si è fatto crescere quella famosa barbetta incolta che fa molto "Brad Pitt".
«Come stai, principessa?!» inizia a camminare verso casa mia, ricordando perfettamente dove abito, nonostante non entri in quella casa da forse decenni.
«La solita maledetta vita di merda e tu?» non so esattamente se raccontargli cosa mi stia capitando o no; mi fido, ma non vorrei poi così tanto esagerare. E se lo dicesse a mia madre? Okay, sicuramente non andrebbe così, ma sono sempre un po' intimorita.
«Queste parole, H!» mi chiama con il nomignolo da lui datomi all'età di quattro anni, rimproverandomi per un stupida ed innocua parolaccia. Quanto mi sia mancato quest'uomo, è indicibile.

Qualche minuto dopo varchiamo la soglia di casa e subito ci dirigiamo in cucina per scolarci una birra insieme.
«Allora, ancora verginella?» mi chiede alzando un sopracciglio ed ingoiando un sorso di bevanda alcolica. Arrossisco per le sue parole; cavolo, non ricordavo fosse così espansivo a livello colloquiale.
«No, finalmente non più!» sorrido battendogli il pugno.

So perfettamente che il nostro rapporto è veramente strano; ma nella mia vita nulla è mai stato normale (sempre che la definizione di tale parole si possa dare in modo neutro), quindi è perfetto così. Ricordo ancora quando Peter, all'età di quindici anni, mi chiese se mi piacessero le donne o gli uomini - "sei dell'altra sponda?" mi domandò. Risposi con un "no" un po' titubante. A quell'età non avevo ancora capito da che parte stavo. Comunque fui felice di averne parlato con lui, anche perché non avevo poi così molte persone con cui parlare e sfogarmi.

«No! Non ci credo.» urla ed io, in modo sommesso, inizio a ridacchiare dicendogli di abbassare un po' il tono.
«Con chi?» spalanca gli occhi e apre così tanto la bocca che ho paura la sua mandibola tocchi terra; è davvero così difficile pensare che io non abbia più l'imene?
«Un mio ex, si chiama Niall ed è molto carino. Siamo rimasti amici, comunque.» rispondo in modo naturale, ricordando quella notte che non so se definire speciale o tremendamente strana.
«Non puoi restare amica con tuo ex, è contro le regole naturali di questa vita di merda!» mi dà un colpetto sulla spalla e, ridacchiando, mi fa un occhiolino e se ne va in salotto.

Vado in bagno per svuotare la vescica e, quando torno nella sala d'ingresso per parlare un po' della vita di mio zio, trovo Harry che mi guarda in modo strano.
«Haz, lui è mio zio Peter.» glielo presento e vedo il mio ragazzo tirare un enorme sospiro di sollievo: ha sicuramente pensato fosse qualche mio vecchio amico.
«Piacere.» Peter gli batte il pugno e ritorna a farsi i fatti suoi spaparacchiato nel divano.

«Vieni un secondo con me?» mi chiede Harry indicandomi il piano superiore con la testa. Annuisco e lo seguo.

Quando entriamo in camera sua mi sbatte sulla porta e mi bacia come se non mi vedesse da anni a questa parte. Che gli succede, adesso? Ricambio, chiaramente, felice di questo suo gesto ma anche un po' sorpresa.
«Harry?» parlo sulle sue labbra mentre lui inizia a toccarmi dovunque, come se non avesse mai visto o sentito il mio corpo.
«Mh? Ho troppa voglia di te.» mi strattona i pantaloni e mi attira verso il suo bacino.
«Amore, non siamo soli a casa, ti ricordo.» dico accarezzandogli i ricci mentre lui inizia a leccarmi da sotto la maglietta tutto lo stomaco.
«Allora vedi di non gridare.» dice infilando una mano nei miei pantaloni e stuzzicandomi da sopra le mutande.
«Oh cielo.» farfuglio e gli tiro un riccio.

Dieci minuti dopo siamo sul suo letto, mezzi nudi ad eccitarci a vicenda. Probabilmente mio zio Peter si starà chiedendo perché io non sia più tornata nel salotto, ma questo poco importa. Ho sotto di me il ragazzo più bello del mondo eccitato e fremente e niente, proprio niente, mi farà distogliere la mia attenzione.

Niente tranne il rumore della maniglia che viene girata e il cigolare della porta.

Mio zio entra con gli occhi sbarrati mentre io mi copro il reggiseno ed il mio fratellastro si infila la maglietta. Lo sguardo dell'uomo vicino alla porta è indescrivibile, non mi meraviglierei se scappasse o svenisse; in entrambi i casi io sarei fregata.
«Merda.» sento sussurrare il ragazzo accanto a me in preda al panico; cosa succederà adesso? L'ansia è divenuta palpabile in questa strana situazione ed io vorrei scomparire per sempre, magari scavandomi una fossa con i miei stessi piedi.

«E batti questo cazzo di cinque! Finalmente la mia nipote santarellina inizia a capire quanto magnifico sia il sesso!» si avvicina a me ed io arrossisco violentemente alzando la mano e poggiandola sulla sua molto più grande.
«Tu,» indica Harry con un sguardo che non saprei definire (sorpreso o geloso), «fila fuori, devo parlare con H.» gli mostra la porta aperta e lo caccia via.

«Cos'è questa merda, Holland?» adesso il suo sguardo non è per niente felice, come se tutta la contentezza di qualche secondo fa fosse svanita in qualche secondo, come se avessi fatto qualcosa di così grave da essere paragonato ad un Dissennatore.
«Cosa?» chiedo con un cipiglio notevole in volto; non sono abituata ad alcuni sbalzi d'umore a parte quelli miei o di Harry.
«Sono felice che finalmente tu abbia trovato qualcuno con cui stare, ma non il tuo fratellastro.» dice con un tono che non saprei se definire duro o compassionevole - o magari entrambi, data la sua espressione.
«Già.» risposi solamente, come a voler specificare il fatto che neanche io, nonostante sia passato tutto questo tempo, quasi un anno, ho capito perché sto facendo tutto questo, sapendo che non è possibile.

«Già, Holland? Già?! H, tu sei fuori di testa! Tuo padre cosa penserebbe di te, mh? La figlia che si scopa il fratellastro? Holland, svegliati. Sai che ti voglio un bene dell'anima e che ti considero come una figlia, ma non può andare avanti. Ragione: se tua madre o suo padre lo scoprisse? Cosa succederebbe?» non sta urlando, ma preferirei se lo facesse: nella sua voce c'è un qualcosa di molto preoccupante; come se avessi fatto qualcosa di non deludente, ma di sorprendente - nel senso negativo del termine.

Lo guardo senza dire nessuna parole, anche perché non so cosa uscirebbe dalla mia bocca se solo provassi a formulare una frase; così sto zitta e rifletto sulle sue parole. Non mi colpiscono, né le trovo sensate o tali da essere prese in considerazione.

«Piccola mia, stai sbagliando tutto.» mi rinfaccia con uno sguardo patetico. Consideravo mio zio una delle poche persone a cui volevo in questo pianeta?, bene, ho parlato troppo esageratamente presto.
«Hai ragione.» pronuncio le parole con un certo disgusto, ma ringrazio le mie doti da attrice poiché lui non se ne accorge.

Esco dalla stanza e mi dirigo in salotto prendendo un pacco di patatine in mano per poi iniziarle a mangiare sul divano davanti a qualche serie tv su Sky. Le parole di mio zio Peter (adesso non mi va neanche più chiamarlo solamente con il suo bel nome) echeggiano nel mia maledettissima testa, ma senza arrivare a nessun punto preciso. Non c'è una soluzione in realtà, perché non c'è un problema.

Continuo a mangiare e cerco di distrarmi anche quando mio zio viene a sedersi accanto a me. Harry ritorna nel salotto con i capelli bagnati e da ciò capisco che si è fatto una doccia, probabilmente per addolcire i bollenti spiriti o per finire il lavoro da me iniziato. È una situazione veramente molto stramba quella in cui vivo, ma non mi lamento in quanto accanto io abbia una persona meravigliosa come il mio ragazzo.

Sono stufa dei giudizi altrui e mi sono rotta bellamente le scatole di coloro che non fanno altro che darmi lezioni di vita. Quest'ultima mi è stata data per un motivo, fate che io la gestisca da sola, per l'amor di Dio!

«Harry, usciamo.» dico semplicemente prima di alzarmi dal divano, leccarmi le dita dai rimasugli di patatine al formaggio e andare verso la porta.
«Certo.» lo sento semplicemente rispondere mentre mi sciacquo il viso.

Un'ora dopo stiamo camminando in spiaggia, mano nella mano, completamente in silenzio, come se le parole non servissero a niente.

A spezzare il silenzio è Harry che canticchia una canzone che probabilmente, nella sordità del silenzio, gli è venuta in mente. La riconosco come una vecchia canzone di Adele che mi sembra si chiami Rolling In The Deep. La sua voce è soave e mi rilassa alquanto, nonostante in realtà sia molto agitata per il semplice fatto che è quasi tutto finito ed io non so cosa farne della mia vita.

La scuola è quasi finita, manca poco meno di un mese ed io ho diciannove anni, sono fidanzata con un diciottenne ed ho una famiglia completamente sfasciata. Non so come fare, dopo il college, intendo.

Sono distratta dall'acuto strabiliante che riesce a fare alla fine della sua canzoncina e mi giro a guardarlo con occhi sognanti. Non so se mi piacerebbe avere una lunga vita con lui: insomma, io lo adoro perché sono innamorata del fatto che con lui ho sempre corso pericoli, ma quali di questi correrei stando con lui ventiquattr'ore su ventiquattro? I miei pensieri sono maledettamente contrastanti e mi dispiace essere una persona del genere perché adesso, mentre cammino accanto a questo magnifico ragazzo, sto iniziando a prendere in considerazione l'idea di Peter.

E se avesse ragione? Insomma, se mi stessi impegnando in qualcosa che successivamente non mi porterà a nulla? È un po' come se stessi concentrando le mie forze e tutta la mia anima in qualcosa che poi si dissolverà in aria; un po' come, purtroppo, succede sempre nelle situazioni che vertono nella mia vita. I miei sentimenti sono contrastanti, ma, a questo punto della mia relazione, cosa fare?

«Harry.» lo richiamo mentre lui, guardando il mare con sguardo vacuo e definirei pienamente vuoto, si gira verso di me come se sappia la domanda che voglio porgli.
«Secondo te, finita la scuola, che cosa faremo?» chiedo, cercando di far acquisire al mio tono un che di calmo: non voglio farlo preoccupare se non ce n'è il bisogno.

«Immaginavo di andare al college, fin da piccolo, sai? Ne parlavamo sempre con mia madre: lei mi ha sempre considerato molto intelligente. Sognavo anche di avere una bella ragazza accanto, sai mi sarebbe piaciuta con i capelli scuri e magari anche lunghi e lisci,» mi guarda e ridacchia passandosi la mano sul retro del collo, segno che è lievemente in imbarazzo, «ma va bene così.» continua dandomi un bacio sulla fronte e lasciandomi un buffetto sulla guancia morbida, quasi da bambina piccola.
«Mi sarebbe piaciuto studiare medicina o giurisprudenza, l'idea di poter aiutare magari le persone in difficoltà mi piaceva.».

Smette di parlare per qualche minuto come a voler ricordare perfettamente quali da bambino erano i suoi sogni nel cassetto. La cosa che più mi sorprende di questi piccoli pensieri è che non sono i soliti assurdi ed irrealizzabili (come: «voglio diventare un astronauta!»), ma erano semplici.

«E Dio! Ho sempre voluto un cane, cazzo! Mia madre e mio padre erano scettici sul fatto di volerne comprare uno, perché, come già tutti sapranno, è un grossissimo impegno. Quindi sì, vorrei un cane: magari uno di quelli di grandi dimensioni e dal pelo molto ma molto folto. Tipo un Terranova, sarebbe molto figo.» dice passandosi una mano tra i capelli ribelli ma molto più corti del solito.

«Oh.» l'unico suono che esce dalle mia labbra è questo, ma esprime perfettamente ciò che sto provando in questo momento. Stupita sì, ma comunque felice del fatto che abbiamo parlato di una cosa del genere; non c'erano mai stati discorsi come questi in una nostra conversazione.

«E tu?» mi chiede fermandosi di colpo, facendomi quasi inciampare nei miei stessi piedi, Dio, per un pelo non cado.

«Uhm. In realtà io non ho mai sognato molto da piccola. Quando dicevo, ad esempio, che mi piaceva recitare mia madre mi smontava le idee dicendomi che non sarei mai riuscita nel mio intento. Ma non perché si ha una possibilità su un miliardo, ma perché non avevo alcuna dote da attrice, al contrario di come mi dicevano tutti gli altri.» spiego semplicemente per poi agganciare le mie braccia dietro il suo collo.

Mi bacia lievemente, ma poiché io ho bisogno di maggiore contatto, schiudo la bocca e permetto alla sua lingua di giocare con la mia. La nostra saliva si mischia ed io decido che se proprio devo staccarmi sarà per cause maggiori, e non per una mia decisione o di Harry.

Le sue mani pochi secondi dopo scivolano sul retro delle mie cosce e applicando una lieve pressione mi alza da terra facendomi sentire leggere come una piuma. Qualche minuto dopo piego le gambe e le avvolgo attorno al suo bacino mentre lui mi abbraccia dalla vita, tenendomi spasmodicamente attaccata al suo corpo. Tranquillo non scappo, penso incastrando le mie dita tra i suoi capelli.

Poco dopo Stan, che abbiamo lasciato un po' libero per dargli la possibilità di svagarsi per bene, arriva ed inizia a leccarmi le caviglie nude ed io ridacchio staccandomi da Harry. Quest'ultimo ride insieme a me facendo la linguaccia al nostro cane che, notando, è veramente cresciuto in queste ultime settimane - dovrei dire a Des di dargli meno cibo, per non farle esageratamente ingrassare.

Il mio ragazzo mi dà una pacca lieve sul  sedere per scherzare e poi prende in braccio Stan che, in preda all'entusiasmo, ulula ed inizia a leccare l'intera faccia di Harry.

Quando arriviamo di nuovo a casa, Peter non c'è: probabilmente sarà andato a correre; ricordo perfettamente la sua assurda fissa per il fisico perfetto - non che io possa giudicarlo. Rimugino sulle sue parole ed arrivo ad una conclusione: le avrei prese in considerazione solo se avessi avuto una disperazione tale da farmi venir voglia di morire piuttosto che condurre un'esistenza.

Vado in camera mia e mi butto sul letto cercando di non pensare al fatto che, volenti uno lenti e, l'indomani dovremo andare a scuola. Mi metto una mano tra i capelli rossi e accarezzo le orecchie di Stan mentre lui brontola, come per apprezzare quel gesto distratto e spontaneo.
«Stavo pensando,» entra in camera Harry e si viene a sedere nella sedia che era posta sotto la mia scrivania «e se affittassimo un appartamento invece di stare al college?» conclude chiudendo gli occhi ed ispirando.

Lo guardo aspettando che mi dia una spiegazione valida che mi faccia capire perché questa sua domanda e soprattutto perché proprio adesso.
«Perché avremmo più privacy e più comodità più o meno in tutto, no?» spiega non appena vede il mio sguardo un po' interrogativo ed indagatore.

Un realtà, essendo al massimo sincera sia con me stessa che con il ragazzo che ho dinnanzi, non è per niente una brutta idea. Avremmo più libertà per uscire e i nostri orari non sarebbero qualcosa di assurdo come quelli dell'istituto (non mi piacerebbe molto dover andare a dormire per forza alle dieci di sera). Rifletto, quindi, sulle sue parole che, da surreali, stanno pian piano acquisendo una logica tutta loro che mi fa accapponare la pelle delle braccia, a prescindere dal calore della mia stanza.

Guardo Harry ed annuisco pensierosa mentre mi mordo il labbro con fare distratto e abbastanza sconvolto: non pensavo che lui potesse già aver pianificato queste cose, ma sono felice che abbia riflettuto sul nostro futuro.

L'indomani quando sono tra i banchi di quella stupidissima scuola, ho un sonno tremendo e l'unica cosa che vorrei fare è ingurgitare un caffè di caffè. Ma, ahimè, non credo di poterlo fare in quanto le lezioni siano appena iniziate e la ricreazione sia fra due ore e mezza. Comunque, cerco anche di concentrarmi sulla lavagna e sulla scrittura geroglifica che vi è scritta (penso sia matematica, ma non ci giurerei), ma non ci riesco. Non so perché, ma la mia vita sta prendendo una piega che non mi sarei mai aspettata potesse prendere: la monotonia. Sento che quest'ultima prende parte sia di me che della mia esistenza e la cosa mi attanaglia le viscere.

L'unica cosa che mi ha sempre fatto andare avanti dando il meglio di me stessa è il pericolo ed il rischio, ma, per adesso, l'unico tra questi due che sto correndo è quello di sbagliare porzione di croccantini per Stan.

A distrarre i miei pensieri è la professoressa che mi richiama e mi sventola una mano davanti con fare perentorio e di scherno. Chiedo venia e lei, con quel suo orribile tailleur, gira i tacchi verso la cattedra e annota qualcosa sulla sua piccola agenda; scommetto che mi vorrà levare crediti.

«Questo è Zac.» mi dice il mio professore sorridendomi fintamente, tanto che quella fessura inutile che lui chiama bocca vorrei strappargliela con un assestato pugno.
«Sicuramente sarai felice di aiutarlo nelle materie.» continua con questa maledettissima farsa ed io, a questo punto, sono veramente decisa nel mandarlo a cagare perché, Santo Dio, che bisogno c'è di fare tutta questa scena da idioti?!

«Allora, Zac, io sono Holland Jonson.» gli dico uscendo dall'aula dove ci siamo appena conosciuti.
«Devo essere sincera con te: non ho capito per quale assurdo motivo tu ti sia trasferito a qui a questo punto dell'anno. Cioè, tra un mese ci sarà la cerimonia dei diplomi, no? Ma, in realtà questi non sono cazzi miei, quindi fa' come se non t'avessi detto niente.» concludo il mio piccolo monologo con gli occhi azzurri di questo magnifico (sono fidanzata, non cieca) ragazzo puntati addosso.

Lo aiuto con un po' di materie ed alcuni libri e gli faccio capire dove sono le aule, i laboratori ed anche i bagni, visto che questa scuola sembra essere un labirinto senza uscita. Proprio mentre gli spiego come deve comportarsi nel caso la professoressa di epica lo becchi a parlare con qualcuno, vedo Harry che mi fa un occhiolino da lontano e fa per avvicinarsi a noi due.

«Ehi, piccola.» mi saluta e mi stampa un bacio sulle labbra ed io immediatamente capisco che, avendo visto un bel ragazzo come Zac accanto alla sottoscritta, vuole marchiate il territorio.
«Lui è Zac Efron,» dico indicando la persona davanti a me e, quest'ultima, fa un cenno del capo come a voler presentarsi «colui che sto aiutando per volere di McMillan.» concludo e gli faccio un occhiolino.

Quando io ed Harry, dopo una lunga e sfiancante giornata di tante altre, arriviamo a casa troviamo i nostri genitori sul divano intenti a vedere un film.
«Ciao.» salutiamo semplicemente e saliamo ognuno nella propria camera.

Ma, come probabilmente sapevamo entrambi non avremmo mai resistito così lontani (forse due o tre metri) e, quindi, come già previsto, vado in camera di Harry. Senza bussare, entro e trovo il mio ragazzo seduto a gambe incrociate intento a scrivere nel suo diario, bello e di un cuoio consumato proprio come lo ricordavo.
«Hai scritto altro, amore?» chiedo sorridendo lievemente, ricordando le parole che ho letto tempo addietro. Dio, sembra passato così tanto!

Il mio fratellastro che non si è accorto che sono entrata in camera sua, alza lo sguardo verso di me, chiude immediatamente il piccolo quaderno e lo metto sotto la sua gamba, come a volerlo proteggere da non so quale estrema forza.
«Come?» mi domanda ed io sbianco all'istante; come sono stata talmente idiota da chiedergli se avesse scritto qualcos'altro?!
«Cosa?» chiedo sperando che non si sia accorto minimamente delle mie parole; succederebbe il putiferio se così non fosse.
«Mi hai chiesto se ho scritto qualcos'altro. Cosa significa? Tu non dovresti nemmeno sapere l'esistenza di ciò.» ringhia ed io divento paonazza e pallida - anche se non penso sia una descrizione degna di nota.

Ingioio la saliva che, per l'ansia, mi ha invaso la bocca. A volte la mia stupidità riesce a stupirmi, Santo Cielo.
«Io, no. Cioè, intendevo: tu scrivi oltre ai temi scolastici?» improvviso una scusa che di credibile ha veramente ben poco e mi mordo il labbro sperando vivamente che mi creda.
«No, Holland, cazzo. Tu mi hai chiesto se avessi scritto altro.» dice alzandosi e venendomi pericolosamente incontro.

Indietreggio e la mia schiena sbatte contro il muro: adesso sono bloccata tra quest'ultimo e il suo corpo possente.
«Holland.» ringhia mettendo le mani ai lati della mia testa, facendomi quasi spaventare; non per essere fraintesa, so che non mi farebbe mai nulla di male - ma mi sta intimorendo con questi rudi gesti.
«Hai letto il mio diario.» soffia ed io stringo la mascella in una morsa alquanto fatale. La cosa che mi spaventa maggiormente è che la sua non è una domanda, ma un'affermazione vera e propria: lui sa, ha capito perfettamente.

«No.» nego praticamente l'evidenza.

Detto ciò, sento il muro dietro di me tremare: Harry ha appena sferrato un pugno su quest'ultimo, mancando la mia testa di pochi centimetri. Dio, cosa schifo ho combinato? Sono un'idiota perché: (a) non dovevo permettermi di leggere un qualcosa di così personale come un diario e (b) non dovevo essere così stupida da farglielo capire. Il mio ragazzo (o ex - non saprei come definirlo al momento) è furioso e la colpa è unicamente mia: ho tradito la sua fiducia.

«Hai tradito la mia fiducia.» ed ecco le parole che sapevo, certamente, sarebbero arrivate nel giro di pochi minuti.
«Quando?» chiede allargando ampiamente le narici, segno che è più furioso del Pelide Achille.
«Cosa quando?» la mia voce è un sussurro, tanto che non sento la mia gola vibrare come in realtà dovrebbe fare.
«Quando lo hai letto, Holland!?» urla così forte che cerco di arretrare - senza risultati, chiaramente, appoggiandomi maggiormente al muro.
«Quando eravamo in vacanza.» rispondo sinceramente in tono sommesso, preoccupata dal fatto che, forse, è uno dei più grandi sbagli che io abbia mai commesso.

«Bene. Esci dalla mia camera.» mi indica la porta con fare disgustato, come se avessi appena ucciso una persona di fronte a lui e ne avessi mangiato l'intestino.

Esco e mi dirigo subito verso la porta d'ingresso per uscire e poter un attimo riflettere da sola.

Cammino fino al parco più vicino, quello dove una volta Harry mi prese in braccio e mi baciò contro un grande albero. Mi siedo nella prima panchina che trovo e incrocio le gambe, come a voler trovare una posizione perfettamente comoda che mi permetta di pensare senza tanti problemi. Come ho potuto fare una cosa del genere? Sono stata in grado, non solo di fare uno sbaglio madornale, colossale, ma anche di farlo capire senza filtri. Come mi sarei sentita se il mio diario, invece, l'avesse letto Harry? Mi sarei infuriata come è giusto che sia, quindi non posso biasimare il mio fratellastro.

Adesso, in questa giornata che iniziata bene si sta concludendo veramente male, penso ad un modo per potermi fare perdonare. Insomma, non posso solamente aspettare che si aggiustino le cose da sole; attenderò qualche ora, il giusto tempo nel quale Harry magari potrà calmarsi e non essere più sul punto di esplodere.
«Porca puttana!» urlo in un sussurro e tiro un piccolo sasso che avevo trovato per caso vicino al mio piede.

Holland Jonson, il guaio vivente, non può stare in pace con sé stessa e con il mondo che poco volentieri - secondo lei - la circonda, senza creare danni, uno dopo l'altro. Ebbene sì, la sottoscritta non è in grado di fare almeno una cosa giusta.

Angolo autrice

Buonasera a tutti, gente! Mi scuso immensamente per l'attesa, ma per l'amor di Dio, ho avuto così tanti impegni che non ho neanche avuto il tempo di afferrare il computer e iniziare a scrivere. Spero che il capitolo vi piaccia e vi prego di farmelo capire con voti e commenti, come avete sempre fatto! Adesso, felice di aver pubblicato e augurandovi tutto il bene di questo mondo, vi saluto.

La vostra Tori.

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