Amore di strada

De GiadaCestaro

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Caroline Johnson è una donna sui 34 anni sposata ormai da 18 anni con suo marito Drake Lewis, un socio di uno... Mais

Capitolo 1: Nei bassi fondi di New York
Capitolo 2: La difficile vita di una prostituta
Capitolo 4: Desiderio e vapore
Capitolo 5: Imbarazzo
Capitolo 6: Conosciamoci meglio

Capitolo 3: Un incontro che fa acqua da tutte le parti

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De GiadaCestaro

Pov Caroline

Stavo guardando il sole sorgere, i riflessi sull'acqua erano magnifici e non potevo fare a meno di osservarli incantata.
Volevo fare un altro passo avanti per vedere il sole colpire la riva del lago dove stavo, quando persi l'equilibrio, finì nell'acqua gelida e torbida. Non so nuotare e disperatamente cercavo di rimanere a galla ma senza risultati. I vestiti bagnati mi trascinavano verso il basso e i polmoni stavano per scoppiare chiedendo aria. Dio se mi stai ascoltando, ti prego, aiutami!
Sentì l'acqua entrarmi nel naso, cercavo invano di risalire, tutto si stava offuscando e il mio corpo iniziava a non rispondere ai comandi che il mio cervello, esasperato dalla mancanza di ossigeno, dava.
Tutto si fece nero, non voglio morire così... ho detto un centinaio di preghiere nella mia testa ma nessuno sembrava volerle ascoltare.
Credo di avere perso i sensi, ho sentito qualche istante dopo un tonfo, qualcuno doveva essersi tuffato in acqua, subito ho sentito due possenti mani prendermi per i fianchi e il mio corpo ebbe un brivido non appena fu messo a contatto con l'aria fredda di Manhattan. Sentivo a mala pena una voce che parlava ma non capivo cosa stesse dicendo. Nemmeno una parola.
Sentivo le stesse mani che mi avevano tirato fuori dall'acqua iniziare a premere sul mio petto in modo ritmico e iniziai a sputare acqua tossendo in modo affannoso cercando aria ma i miei polmoni erano così pieni di liquido che non ci riuscivo, ad un tratto sentì due labbra calde posarsi sulle mie e sentì che finalmente riuscivo a prendere aria.

Iniziai a riprendere conoscenza, aprì gli occhi lentamente per il fastidio che mi dava il sole appena sorto, la vista era ancora offuscata e cercai di mettermi seduta. Iniziai a sputare acqua e sentì qualcosa che mi veniva posato dolcemente sulle spalle, era una giacca. Una volta che la vista fu tornata normale e i miei polmoni non avevano più acqua da espellere e iniziai a fare lunghi respiri. Sentì una voce profonda e una grande mano posarsi sulla mia spalla.
"Stai bene?", alzai la testa e vidi l'uomo che a quanto pare mi aveva salvata.
Era molto più alto di me e le spalle, come il petto erano grandi il doppio del mio, il suo corpo sembrava quello di un dio più che di un uomo normale.
Il suo fisico era asciutto e scolpito. La camicia bianca fradicia ormai trasparente mostrava i bicipiti scolpiti e gli addominali, sentì un gran calore alle guance, ero rossa come un peperone. Dannazione!! Provando ad abbassare lo sguardo l'occhio mi caddé sul cavallo dei suoi pantaloni, credo di essere sbiancata perché l'uomo ripeté allarmato la domanda:"Stai bene?!", i suoi pantaloni neri erano molto sottili e si erano attaccati alla pelle a causa dell'acqua che anche con il grande cavallo dei pantaloni non riuscivano a nascondere l'enorme protuberanza.
Sentì di nuovo un intenso calore alle guance. Sono una stupida! Perché mi metto guardare in questo modo?! Dio non l'ho fatto apposta! Che vergogna!
Sorrisi appena:"si sto bene... grazie per avermi aiutata", cercavo di concentrarmi sul suo viso per evitare di guardare di nuovo in un punto che mi avrebbe messo in grande difficoltà. Di membri ne vedo tutti i giorni ma mi imbarazzo comunque.
Il mio salvatore dimostrava di avere più o meno quasi i quarant'anni, i suoi tratti erano marcati, i suoi capelli erano di un meraviglioso rosso scuro, erano pettinati all'indietro e finivano in un codino, alcuni ciuffi gli cadevano in modo elegante sul volto.

Aveva dei baffi non troppo folti e il pizzetto.

I suoi occhi erano di un profondo verde scuro, il suo sguardo era di uno che aveva esperienza e anche di uno che ne doveva aver passate tante.

L'uomo si accucciò d'avanti a me, fece un caldo sorriso e disse:"senti, sei tutta bagnata, forse ti dovrei portare a casa mia per farti asciugare un pò", il tono era pacato e aveva un qualcosa di ammaliante, annui arrossendo visto che il mio vestito rimaneva attaccato al mio corpo, mostrando fin troppo. Guardai il mio salvatore:"grazie ancora per avermi salvata... io mi chiamo Caroline Johnson", cercavo di essere il meno timida possibile nel pronunciare quelle parole, mi sentivo così impacciata.

Oh dannazione!

Dopo pochi minuti di cammino sentì:"Rowen. Rowen Miller.", sorrisi:"è un bel nome Rowen", lui mi guardò con i suoi occhi verdi e ricambio appena il mio sorriso rispondendo:"grazie, anche Caroline non è male".
Gli camminai di fianco e stringendo come meglio potevo quell'enorme giacca nera.

Pov Rowen

Finalmente si era svegliata, quella donna rimase per molto tempo a fissarmi, i colori del suo viso cambiavano dal rosa pallido al rosso fuoco, per poi diventare di un bianco cadaverico in pochissimi secondi.

Una sorta di piccolo semaforo umano.

Accennai un leggero sorriso mentre la vedevo alzarsi in piedi goffamente, era fradicia come un pulcino e sorrise candidamente, come una bambina.
Le avevo messo la mia giacca sulle spalle ma le scivolava via dalle spalle più volte, il suo corpo era pieno di dolci curve, i fianchi erano appena pronunciati e i seni premevano contro quel vestito quasi implorando di uscire dalla prigione di stoffa dove erano costretti a restare.
Sentii tirare il mio membro contro la patta dei pantaloni. Con il più fulmineo dei gesti nascosi con la manica l'erezione, per fortuna non se ne era accorta, era presa a farmi molte domande, alcune stupide, facevo molta fatica a non guardare quella piccola donna, che sembrava quasi una bambolina, avevo paura che se gli avessi posato la mano sulla spalla si sarebbe rotta in mille pezzi.

I suoi capelli erano bagnati e si raggomitolava strusciandosi, inconsciamente in modo sensuale e questo non aiutava affatto le cose.

Sentivo il membro pulsare quasi dolorosamente sotto i pantaloni, non era mia intenzione quella di passare per maniaco o stupratore.
La donna che di nome aveva detto di chiamarsi Caroline iniziò a saltellare gioiosamente indicando i raggi del sole che colpivano le grandi vetrate dei palazzi. Era dannatamente adorabile. Mi passai una mano sul viso e una volta nelle strade più affollate le posai la mano attorno alla spalla, la sua pelle nuda e pallida ebbe un piccolo brivido di freddo, era così delicata che mi sentivo quasi in colpa anche solo per averla sfiorata. Dopo aver camminato per una ventina di minuti finalmente raggiunsi il palazzo dove abitavo.

Era vicino all'Empire State Building.

Lei era a bocca aperta, sembrava una bambina che entrava per la prima volta in un negozio di giocattoli.

"Tu vivi qui?", disse lei indicando il grande grattacielo che si metteva in mostra di fianco a uno degli edifici più alti di Manhattan:"certo che vivo qui", esclamai leggermente sorpreso da quella sua reazione. La portai dentro e il portinaio mi salutò con un:"Buon Giorno Mr. Miller! Ma che cosa vi è successo?", senza guardare l'uomo e tenendo il più possibile coperta Caroline risposi:"un bagno fuori programma", una volta chiamato l'ascensore vidi Caroline guardarsi in giro con aria sbigottita. Era buffa a vederla, i grandi occhi verdi brillavano quasi come se fosse in paradiso, la bocca era leggermente aperta, le labbra erano leggermente carnose ma erano tagliate in modo fine ed elegante, rimasi a guardarla quasi incantato. Certo nel mentre dovevo nascondere la grossa ed evidentissima erezione che tirava nei pantaloni freddi ed umidi.

Una volta sentito il Dling! Che indicava che l'ascensore era arrivato, sospirai di solievo. Entrai e Caroline mi segui subito dopo, premetti il pulsante dell'ultimo piano e lei iniziò a guardarlo quasi come se fosse fatto d'oro, le chiesi un pò confuso:"cosa c'è? Qualcosa ti turba?", Caroline con un'espressione adorabile e infantile disse:"tu vivi nell'attico?!", era sorpresa e anche spaventata, era davvero una donna strana, però era adorabile. Una volta raggiunto il mio attico aprì la porta dell'ascensore. Mi diressi verso la porta blindata e girai la chiave.

Finalmente a casa.

Mi voltai mentre aprivo la porta e vidi Caroline, era in parte spaventata, dalla sua espressione sembrava valutare se entrate nel piccolo corridoio o se restare in ascensore.
Le sorrisi in modo rassicurante, tenendo sempre nascosto il problema nei pantaloni, ero in imbarazzo anche per quello ma non avevo nessuna cattiva intenzione.
"Perché non esci dell'ascensore? Tranquilla non mordo mica", lei tremacchiò appena e sussurrò:"sicuro che posso entrare in casa tua...? Sporcherò il pavimento così...", la guardai e scoppiai in una fragorosa risata invintandola ad entrare. Lei titubante entrò, l'occhio mi caddé sul suo fondoschiena che era rotondo e sodo. Ci volle un pò prima che riuscissi a staccarle gli occhi di dosso, perché più guardavo e più l'erezione si faceva dolorosa.
Lei guardava tutto il mio attico, si fermò d'avanti alla finestra che si apriva sopra ad una ampia terrazza che si affacciava sulla città.

Era bellissima.

Angolo Autrice:

Ciao a tutti! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Se ci sono errori non esitate a segnarli! Grazie per aver letto fino a questo capitolo! Chissà che cosa succederà... lo scopriremo nel prossimo capitolo!

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