She likes Girls // Camren

By heavenseemslikeyou

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Camila ha diciassette anni e sta per frequentare il quarto liceo a Miami. Si trova abbastanza bene nella sua... More

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By heavenseemslikeyou

Capitolo primo.

Ed eccolo arrivare.
Il primo giorno di scuola aveva interrotto la magnifica quiete creatasi nei giorni precedenti.
L'estate era appena finita, portando con sè i vari ricordi: le magiche serate, le giornate al mare, i viaggi fatti sul momento, senza organizzare nulla.
Il mare, la sabbia sul corpo bagnato, i capelli più chiari che si muovono al vento.
Come ogni cosa, anche questa, aveva una fine.

La sveglia tuonò allarmante all'interno della mia cameretta, spingendomi a pensare al suicidio più rapido, meno doloroso possibile.
Schiusi le labbra, mentre un forte peso nel corpo richiedeva di uscire sottoforma di sospiro, presi quindi un grande respiro, sbuffando poco dopo, alzando, controvoglia, il busto, da quello che sembrava essere il letto più comodo del mondo.
Con gli occhi ancora chiusi, a causa del sonno, colpii l'orologio squillante sul mio comodino, facendolo tacere.
Poggiai qualche secondo dopo le mani sugli occhi, iniziando a stropicciarli, così da svegliarmi.

Il mio cellulare segnava le 06:40 am.
Con quale coraggio mi ero svegliata così presto, chi me l'aveva fatto fare?
Non potevo decidere di abbandonare la scuola prima?

Nonostante il mio istinto consigliasse di passare l'intera giornata a letto, mi ritrovai in piedi, con le braccia al cielo, così da stiracchiarmi.

Stava per iniziare il primo giorno del mio ultimo anno a scuola, o almeno lo speravo.
Anche perché non ne potevo più di pazze furiose che mi urlavano contro la mattina presto, in special modo se ciò che le faceva innervosire fosse la mia stanchezza.

Non era mica colpa mia se finivo di studiare alle tre del mattino.

E, no, non era mica colpa mia se iniziavo venti minuti prima.

Solitamente settembre è uno dei mesi che preferisco, non fa nè troppo caldo, nè troppo freddo.
Perlopiù la mattina l'aria è abbastanza fresca, quindi quel giorno decisi di non vestirmi troppo leggera, anche se durante il corso della giornata me ne sarei sicuramente pentita.

Dopo essermi fatta una rapida doccia, infilai i vestiti, preparati qualche sera prima.
Lottai con gli skinny neri, i quali non avevano proprio intenzione di collaborare.
Come se non bastasse il mio piede si infilò in un degli strappi presenti sul pantalone: perché deve essere tutto così difficile la mattina?

Una volta finito di litigare con il pantalone passai alla semplice magliettina grigia, la quale ritraeva un piccolo alieno in alto a destra.
Mi fiondai verso i cassetti neri, vicino il letto, estraendo un paio di calzini prima di indossare le mie air force basse, bianche.

Avevo dormito veramente poco quella sera, ero sicura di sembrare un piccolo zombie con i capelli arruffati e le occhiaie sotto i piedi, non che gli altri giorni fossi uno spettacolo, ma quella mattina ero particolarmente orribile.
Sbuffai e mi recai svogliatamente in bagno.

Non appena pronta qualcuno, o meglio una voce, mi risvegliò dal mio stato di trance mattiniero.

«Mila?sbrigati per favore, arriveremo tardi!» mia sorella minore, Sofia, mi richiamò.

Annuii in risposta, non riuscendo a formulare una frase di senso compiuto di prima mattina, girandomi poi verso la più giovane, intenta a fissarmi.

«Mi guarderai ancora per molto o puoi gentilmente chiedere alla mamma di prepararmi la colazione?»
la voce ancora impastata di sonno parlò per me, in tutti i sensi.
Nonostante tutto la vidi fare una piccola smorfia, così le rivolsi un dolce sorriso, o almeno ci provai.

Quando lei annuì e si allontanò, chiusi la porta del bagno, raggiungendo la mia piccola borsetta piena di trucchi.
Mi posizionai davanti lo specchio e fermai i capelli con una piccola molletta.

Ho sempre odiato chi veniva a scuola con chili di trucco sul volto, era eccessivo, eri lì solo per apprendere cose nuove, non stavi di certo andando in qualche Night Club.

Cercando di fare il più velocemente possibile, passai un po' di correttore sotto gli occhi, quattro ore di sonno non erano il massimo per il mio viso.
In seguito decisi di passare un velo di ombretto chiaro, talmente leggero da non vedersi, così da rendere il taglio decisamente migliore.

Un po' di mascara e la mia lezione di makeup per quel giorno sarebbe finita lì.

Oh, non dimentichiamo il burro di cacao per le mie labbra perennemente screpolate.

Direi che andavo benissimo così, non avevo bisogno di apparire chissà chi per nessuno, giusto?
Felipe e Dinah mi avrebbero comunque accettata, d'altronde sono sempre stati i miei migliori amici.

Controllai un'ultima volta se mi mancasse qualcosa, finché non sussultai, quando qualcuno tempestò la mia porta, richiamando la mia attenzione.

«CAMILA ESCI DAL BAGNO, DOBBIAMO ANDARCENE!»un'altra volta la peste mi urlò contro, convinta di avere la meglio su di me.

«Sofia, sono le sette e mezza circa, e tu devi entrare in terza elementare!»sbottai questa volta, stanca di essere richiamata per nulla, da una bambina di otto anni.

Sbuffai e riposai la borsa con i vari trucchi al suo posto, sistemando poco dopo un'ultima volta i lunghi capelli castani, aprendo successivamente la porta, trovando Sofia qualche metro più avanti, vicino la sua stanza, in silenzio senza guardarmi.
Sbuffai sonoramente, girando gli occhi verso il cielo, prima di raggiungere le scale di fronte la porta del bagno e scenderle frettolosamente.

Il forte odore di pancakes mi invase le narici, era una delle mie colazioni preferite: adoravo i pancakes, in special modo quelli che preparava mia madre, deliziosi.

Presi posto nell'ampia cucina, mentre la donna, già pronta ad accompagnare me e Sofia a scuola, preparava i due piatti per me e la più piccola.

Sentii vari passi dal piano di sopra, segno che Sof stesse scendendo le scale, e rivolsi un breve sorriso a mia madre, non appena mi passò la colazione.
Il colore faceva decisamente venire l'acquolina in bocca, per non parlare del profumo.

Sofia si sedette accanto a me, stesso fece nostra madre mettendosi di fronte.

* * *

«Mila, in quanto a te...-Sofia uscì veloce dalla macchina, correndo verso le sue compagne ed i loro genitori, lasciando me e mia madre nell'auto-...buona fortuna piccola mia, dai, è l'ultimo anno e passerà veloce come i precedenti.»

Si avvicinò per un abbraccio, la strinsi quindi a me, sentendone il bisogno.
Il profumo di mamma mi annebbiò quasi la vista.
Ne stavamo passando tante in quel periodo, lei ed il suo profumo di sempre mi facevano sentire a casa.

Sciolse lentamente la nostra breve unione, incontrando poi il mio sguardo.
I suoi occhi lucidi fissarono i miei, le sue labbra si piegarono in un breve sorriso, cercando di infondermi forza; abbozzai, a mia volta, un sorriso, capendola al volo.

"Grazie, mamma.
Ci vediamo oggi pomeriggio."mormorai prima di lasciare un ultimo bacio sulla sua fronte, aprendo poi lo sportello della grande macchina nera, scendendo rapidamente.

Mamma, una volta assicuratasi che io e Sofia stessimo bene, sfrecciò via, lasciando me con il mondo sulle spalle.

Sospirai pesantemente, seguendo con lo sguardo mia sorella, prima che una mano si poggiò sulla mia spalla, facendomi sussultare.

«CAMI!» Se prima mi sentivo assonnata adesso Dinah mi aveva totalmente svegliata.

Sorrisi e l'abbracciai di scatto, stringendo il suo corpo contro il mio, chiudendo gli occhi, beandomi.

Mi era mancata tanto.
Ci eravamo viste durante le vacanze, ma non riuscivamo a stare separate.

Indossava dei Jeans chiari con qualche strappo, una larga maglietta bianca ed i capelli ondulati le contornavano il viso poco truccato.
Sembrava davvero un angelo, quel colore di capelli le stava da Dio.

Quando ci staccammo scoppiammo entrambe a ridere, senza una ragione precisa, essendo semplicemente felici di essere nuovamente insieme.

«Che ore sono?» mormorai inclinando la testa su un lato, mentre i raggi di sole, adesso più caldi, colpivano le mie braccia scoperte.

«07:58.
sei pronta?»

«assolutamente no»

Ero maledettamente seria, non volevo tornare alla solita routine composta da libri.

Io e Dinah avevamo già programmato di trovarci un piccolo lavoro part-time durante l'anno, ci avrebbe aiutato a stare ancora insieme e soprattutto a realizzare piccoli sogni senza dover chiedere aiuto a nessuno.

Dinah stava per rispondere quando sentimmo qualcuno mugolare di fianco a noi, lei scoppiò a ridere e si girò, mentre io voltai solo lo sguardo confusa.

Una ragazza dai capelli corvini e la pelle chiara era letteralmente attaccata ad un'altra, intente a baciarsi e limonarsi come se fossero sole e non in mezzo a tutte quelle persone.

La mano della mora sul collo della ragazza dai capelli più chiari.
Le mani della ragazza più bassa sui suoi glutei, entrambe emettevano gemiti rumorosi.

Mi venne in mente Sofia, speravo non stesse assistendo alla scena, stanno esagerando, e sì, l'avrei detto anche per una coppia etero.
Effettivamente non pochi erano girati verso di loro, ma sembrava non gliene importasse nulla.

Tossii.

Cercai disperatamente di attirare la loro attenzione, non volevo fare la guastafeste, ma non mi sembrava il caso di mangiarsi a vicenda all'ingresso di un istituto.

Il mio cuore esplose.
Lo sentii scivolare via dal mio corpo, persi quasi il respiro.

La ragazza dai capelli scuri si girò verso di me.
Le labbra rosse e gonfie, umide ancora dai baci che la ragazza le aveva rubato.
Gli occhi chiari, di un meraviglioso verde smeraldo, adesso mi scrutavano, mandando in tilt il mio cervello e facendo bruciare il mio corpo a contatto con il suo sguardo.
Alzò un sopracciglio, guardandomi con aria interrogativa e posso giurare di aver sentito più sguardi su di me.

Dinah mi guardò sconvolta, non si aspettava che io potessi richiamare la sua attenzione, di solito ero la ragazza timida che si fa gli affari suoi.

«Allora?vuoi stare zitta a fissarmi spaventata o hai intenzione di dirmi che cazzo vuoi?»

Era fatta.
Ero morta lì, davanti a tutti.
Non trovavo più il modo di rispondere, sembrava avessi perso l'uso della parola.
Schiusi le labbra ma da esse non uscì nulla se non un sospiro mozzato.

La mora mi guardò un'ultima volta, prima di ridere nervosamente, scuotendo il capo.

Si stava prendendo gioco di me?

«I-io ho semplicemente tossito.» deglutii, nonostante non si sappia come visto che avevo definitivamente perso la salivazione.

Mi sentii in soggezione sotto i suoi occhi, improvvisamente tutta la stima che avevo di me stessa era andata perduta.

Complimenti Camila, hai appena fatto la prima figura di merda dell'anno, inizia il conto!!

Il sangue mi si raggelò nelle vene quando lei rise di gusto.
Il mio sguardo ancora fermo su un punto indefinito.

«Va bene, ma almeno smettila di guardarmi le tette.»

Mi derise ed io arrossii.

Siamo a due, olè!!

Stupido subconscio, smettila.

Avvampai ed alzai lo sguardo scuotendo il capo.
Le labbra screpolate dischiuse, terribilmente imbarazzata.

Incontrai i suoi occhi.
Non l'avessi mai fatto, mi ci persi dentro.
Erano un pozzo senza fine dal quale non appariva nessun'emozione.

«Non ti stavo guardando le..»

La campanella suonò in modo assordante, un parlottio generale partì ed io rimasi a fissare gli occhi della ragazza che non si staccavano dai miei.

Dinah mi prese il braccio, cercando di portarmi all'interno, stesso fece la tipa della corvina con quest'ultima.

«Sta lontana dalla mia ragazza, stupida troia.»

L'ultima cosa che sentii prima di vedere la ragazza dagli occhi smeraldo dare un altro bacio alla sua fidanzata, sparendo poco dopo in mezzo alla folla.

«Cami, Dio santo muoviti, il banco!.»Dinah urlò ed io ripresi coscienza, girandomi verso di lei.

«Giusto, andiamo.»

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