Behind - La Guardiana

De Scorpion_grey

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Cloe Closerlook ha di recente perso sua nonna, una nonna che non aveva mai saputo di avere. Unico suo lascito... Mais

Paura di un riflesso
E noi siamo lo specchio
Anche gli specchi si rompono
L'altro lato delle cose

Mai credere agli specchi

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De Scorpion_grey

Sarò forse presuntuoso ma il mio specchio mi calunnia.
(Gesualdo Bufalino)


La casa in sè non aveva nulla di speciale. Un semplice ammasso di mattoni cotti e legno messi insieme in stile vintage in mezzo ad un boschetto privato vicino Nashville. Cloe continuava a reggere lo scatolone in cui aveva inserito metà della sua breve vita da diciassettenne. L'altra metà era ancora sul furgone dei traslochi, con una veloce scritta in pennarello che diceva CAMERA CLOE (2).

"Tesoro, aiutami con questi scatoloni." La ragazza battè velocemente le palpebre, facendo spaziare lo sguardo dal tetto in tegole rosse al porticato sudicio di terra e polvere, caratterizzato dal tipico disordine delle case abbandonate da un po'. Suo padre si era lamentato quando aveva scoperto che la nonna aveva lasciato a Cloe solo questa vecchia casa delle vacanze, ma la proprietà era vasta, e lui era sicuro che, con qualche ristrutturazione, l'avrebbero rivenduta con quel guadagno che bastava a mandarla in un buon college al Nord. Uno di quelli con l'erba appena tagliata e i ragazzi che studiavano felici sotto gli alberi da depliant. Per chi vuole imparare ad amare la cultura. "Cloe! Ti decidi o no?"

"Arrivo, papà." Andò senza molta voglia all'interno del cottage, scostando un calcinaccio caduto dal muro con un piede prima di superare la porta a vetri. Michael Closerlook era in piedi in mezzo all'atrio, con due scatoloni e un precario equilibrio sulle gambe magre. Cloe vide la sua testa occhialuta sporgere da dietro questi e sorriderle mestamente quando la notò.

"Finalmente. Poggia quella roba e porta queste cianfrusaglie in soffitta."

"C'è anche una soffitta?" chiese, con puro sarcasmo. Inutile dire che non le piaceva quella casa. Non le piaceva l'idea di dover passare l'estate a pulire e ristrutturare insieme a suo padre una vecchia catapecchia, lasciatale da una donna ancora più vecchia che lei non aveva mai visto, se si faceva eccezione per qualche sorriso fugace chiuso negli album di famiglia. Valeva la stessa cosa per sua madre, ma il discorso era diverso. Lei era morta di ovaio policistico nel darla al mondo, quindi, se Cloe doveva veramente incolpare qualcuno per quella mancanza, quel qualcuno era se stessa, o Dio. La scelta era difficile.

"Cloe. Mi stai ascoltando?" Scosse la testa, ritornando alla realtà. Uno della ditta traslochi le passò accanto, dando una cartella a Michael e chiedendogli di firmare. "Sono un pò impedito al momento. Pensaci tu, tesoro." Cloe avvampò per quello stupido vezzeggiativo, prendendo la penna e lasciando una breve firma in una calligrafia orribile. L'uomo annuì soddisfatto, prima di riprendere i suoi compagni e andare via. La biondina prese gli scatoloni dalle braccia del padre, arretrando per la pesantezza.

"Cosa ci hai messo? Mattoni?" sbuffò, facendo qualche passo di prova per testare il suo equilibrio. Non era ancora caduto niente. Cominciava bene. Suo padre si passò una mano tra i capelli scuri e sudati, raddrizzando la schiena con un mugolio di protesta.

"Sono i miei libri per l'Università. Finché in questo posto non troverò una libreria ho paura che dovranno rimanere in soffitta. L'entrata dovrebbe essere in fondo al corridoio a destra. Attenta a non farti male."

"Sì, papà." disse lei, in tono ripetitivo. Da quando Cloe ne aveva memoria, suo padre era sempre stato un uomo pressante. Lavorava come giornalista per il New Journal, un buon giornale della California, ma aveva ottenuto un permesso per quell'estate, il che voleva dire che il suo impegno per tenere Cloe al sicuro da ogni tipo di malattia e/o ferita sarebbe raddoppiato.

Fantastico. Si prospetta un estate indimenticabile.

Girò a vuoto per un pò tra i corridoi in legno ricoperti di pesanti tappeti polverosi, fino a quando i suoi capelli biondi si impigliarono in una cordicella che pendeva tristemente dal soffitto. Uno scatolone le scivolò dalle mani, finendo dritto sul suo piede e lasciandole scappare un'imprecazione, che andò ad unirsi ad un altro tonfo. I libri si sparpagliarono sul parquet in legno polveroso, mentre la cordicella continuava a penderle davanti agli occhi come un crudele scherzo. "Stupidi libri!" sibilò, battendo un piede a terra e tirando con forza la corda. "Stupida corda. Stupida casa." Una scala di legno apparve dalla botola sul soffitto, cogliendola di sorpresa e facendola finire in mezzo ai tomi rilegati. "Odio questa casa!" strillò, incurante che suo padre potesse sentirla. Mentre raccoglieva i resti della vita universitaria di suo padre Cloe pensava alla sua casa in California. Una piccola villetta identica a quelle di tutto il quartiere, con quel piacevole e caratteristico tepore estivo californiano e i suoi amici che abitavano a un tiro di schioppo dalla sua camera azzurra. In quel momento odiò sua nonna, chiunque fosse. L'aveva privata di un'estate di feste e divertimenti, e poco importava che fosse morta. A lei non sarebbe potuto importare di meno.

Non sono cattiva, pensò, mentre trascinava gli scatoloni su quella scalinata stretta e scomoda, sono solo realista. Passerò tre mesi a lavorare e annoiarmi.

Poggiò i libri vicino ad un inquietante cavallino a dondolo, e vide con orrore un topo alzarsi e saltare verso di lei, sbucando dal nulla. Sobbalzò per la sorpresa e la paura, scansandosi e vedendo quel sudicio animaletto viaggiare su bauli e scatoloni, per poi saltare su un telone bianco e scomparire dal piccolo oblò in vetro da dove passava un flebile raggio di luce polverosa. Cloe si voltò di scatto, e i suoi occhi scuri si posarono sul lenzuolo bianco che il topo aveva scosso, ma non fatto cadere. Anzi, non proprio sul quello, quanto sulla busta appiccicatavi, e la scritta vermiglio che vi era sopra

PER CLOE

Rabbrividì, staccando la busta ormai ingiallita ed aprendola facilmente. Dentro c'era un foglio scritto fitto e con caratteri tremolanti.

Mia piccola Cloe,

se stai leggendo queste righe vuol dire che quel testardo di mio figlio ha accettato il mio consiglio e ti ha portato nel cottage. So che non mi conosci, e che probabilmente ti stai chiedendo perchè ti abbia resa intestataria della mia casa. La risposta è sotto questo telo. Ti prego di prendertene cura e di non abbandonarlo. Non chiedermi come ciò che vedrai sia possibile, perchè non lo so. Sono solo una povera donna a cui non è rimasto molto da dire. Sappi solo che avrei voluto trascorrere più tempo con la mia cara nipotina, e lo avrei fatto se tuo padre me lo avesse permesso. Non fargliene una colpa. E' un brav'uomo, e ti vuole molto bene, ma questo già lo sai. Concludo dicendo che lui si chiama Maximilian. E' un tipetto intraprendente, forse un pò scorbutico, ma questo lo scoprirai da sola. Mi dispiace non poterti dire molto altro, ma questo è tutto ciò che posso rivelare nella mia lettera. Spero che col tempo riuscirai a trovare le risposte da sola.

Con amore,

Tua nonna

Cindy Marianne Lighteyes

Cloe aggrottò la fronte, grattandosi i capelli e osservando ancora il telone bianco. Cosa intendeva con questo è Maximilian? Di chi stava parlando? E perché le aveva fatto un regalo? Un raggio di luce si posò sopra al telone, toccando un lembo di oggetto scoperto che lo riflettè all'istante, accecandola brevemente. La ragazza si portò una mano alla fronte e afferrò il lenzuolo con forza, strappandolo via e alzando una nuvola di polvere che la fece tossire e lacrimare gli occhi.

Questa casa vuole uccidermi!

Quando la polvere si fu diradata, ai suoi occhi fu molto chiaro che il telo nascondeva uno specchio. Un misero specchio a figura intera con cornice decorata in uno stile che ricordava molto il new-gotic, con quegli spuntoni neri e di cattivo gusto che lo corcontavano come rovi. L'unica cosa bella erano le rose in metallo rosso che sbucavano in qualche punto, rendendo l'oggetto meno tetro, ma comunque inquietante. Sembrava qualcosa uscito dal set de La Bella e la Bestia.

"Cloe! Che stai facendo lassù?" La voce di suo padre la fece sussultare, ma distolse la sua attenzione dal riflesso nascosto dalla sporcizia.

"Mi sto guardando intorno." disse, riprendendo il lenzuolo e coprendo l'oggetto.

"Sbrigati! La cena è pronta!"

"Arrivo." Si girò, dando un'ultima occhiata al suo regalo. Forse poteva metterlo nella sua stanza. Per lo meno si sarebbe dimostrato utile a qualcosa. Aprì di nuovo la botola per scendere, guardando per l'ultima volta la lettera di sua nonna, prima di accartocciarla e buttarla sul pavimento come immondizia.

Toc. Toc. Toc.

Cloe si bloccò di scatto, voltandosi lentamente verso l'interno della soffitta. L'odore di polvere stantia era quasi insopportabile.

Toc. Toc. Toc.

"Ma cosa diavolo..."

"Cloe! Insomma!" Lei puntò lo sguardo verso il piano inferiore, poi di nuovo nella soffitta, dove i battiti simili alle bussate su una finestra continuavano a ripetersi ad intervalli regolari. Alla fine decise. Tornò su e continuò a guardarsi intorno, ignorando le urla di suo padre che la avvertiva che le lasagne surgelate si stavano freddando.

Toc. Toc. Toc.

Ormai ne era sicura. Proveniva dallo specchio. Come era possibile? Si avvicinò con passo tremante, mentre i battiti diventavano più insistenti e suonavano come rombi di tuono nelle sue orecchie. Le dita si muovevano incontrollate, e non capì neanche lei come riuscì a muovere il lenzuolo bianco senza farlo cadere. Lo scostò come se fosse una tenda, osservando accigliata il vetro sudicio. Sembrava tutto normale. Non c'era nulla che non... Un rumore sordo la fece sobbalzare, poi cinque dita si stamparono sul vetro,come se cercassero di spirgerlo dall'interno. Cloe urlò con tutto il fiato che aveva in gola, lasciando andare il lenzuolo e correndo fuori dalla soffitta, per poi chiudere la botola e andare dritta nella cucina, dove suo padre stava cenando da solo. "Finalmente. Ma cosa stavi..." Si fermò, notando l'espressione sconvolta della figlia. "Cosa succede?" chiese, assumendo la posa da padre apprensivo. Gambe divaricate, braccia incrociate, sguardo preoccupato. Cloe pensò a quello che aveva visto. La mano che sbucava nello specchio, la lettera della nonna. L'avrebbe presa per pazza, recludendola nella sua camera per il resto dell'estate. Magari l'avrebbe portata dallo psicologo. No. Non poteva dire nulla. Magari era stata solo l'immaginazione. Semplice suggestione. Nulla di cui preoccuparsi.

"H-ho visto un topo." balbettò, facendo una faccia schifata al solo pensiero di quell'esserino peloso e infetto sul suo corpo. Michael sbarrò gli occhi verdi, picchiandosi una mano sulla fronte.

"Ci sono anche i topi? Mi toccherà chiamare la disinfestazione. Dio, che nervi." Prese lo smartphone e scomparve nel corridoio, lasciando Cloe da sola con le lasagne e il rimbombo di quei colpetti a frastornarle il cervello.

E' stato solo un'allucinazione. si disse, iniziando a sbocconcellare la cena fredda. Una semplice allucinazione.

La biondina guardava il soffitto della sua nuova camera, tenendo una mano dietro la testa e l'altra sullo stomaco. Aveva cercato di personalizzare la camera il più possibile, ma era talmente intontita da essere riuscita solo a fare il letto e mettere qualche libro su una vecchia libreria sgangherata. Continuava a ripensare a quella mano nel vetro, e al rumore dei colpi.

Devo andare a controllare. Solo un'ultima volta, giusto per togliermi il pensiero.

Le ci vollero cinque minuti per decidere. Si alzò, coprendo la canotta e i pantaloncini con un vecchio cardigan grigio e infilando i piedi nelle ciabatte a forma di Pluto, vecchio regalo di suo padre. Facendosi luce con il suo telefono attraverò il corridoio pieno di scatoloni, passando in punta di piedi quando vide la testa di suo padre poggiata sul cuscino. Avevano camere vicine, situate al primo piano, ma fortunatamente l'ingresso per la soffitta era più in là, nella zona est. La cordicella era ancora lì, immobile sopra di lei. Cloe la afferrò con un gesto brusco, abbassandola con lentezza e arrampicandosi sulla scala in legno. La soffitta, senza la flebile luce del giorno, appariva ancora più tetra. Non c'era neanche la solita lampadina mezza fulminata che si vedeva nei film.

"C'è qualcuno?" sussurrò, puntando la torcia su vari scatoloni finché non raggiunse lo specchio. Ricordò in un lampo di follia la lettera di sua nonna, e le parole le uscirono di bocca di getto. "Maximilian? Sei tu?"

Toc. Toc. Toc.

Cloe saltò sul posto, e il telefono le cadde di mano, lasciandola al buio per brevi, terribili attimi. Quando lo riprese tornò a puntarlo sullo specchio, e si trattenne dall'urlare quando vide il lenzuolo ai piedi dell'oggetto e il vetro sporco in bella mostra, che la invitava ad avvicinarsi. Fece come qualche ora prima, avvicinandosi cautamente e scostando un pò di polvere con la mano, incapace di respirare. Il rumore era cessato, e quello sembrava solo un normale specchio, con la sua immagine a malapena illuminata riflessa come l'ombra di un fantasma. Cloe ne fu confortata, e si concesse un sospiro di sollievo.

Boom!

Due mani sbatterono forte contro il vetro, e lei cadde all'indietro, ritrovandosi stesa a terra con il telefono sullo stomaco. Si affrettò a riprenderlo e puntarlo sullo specchio, mettendosi una mano davanti alla bocca per non gridare. Degli occhi la fissavano in mezzo al sudiciume. Occhi rossastri, infastiditi dalla luce che Cloe li stava indirizzando. Le mani iniziarono a pulire grossolanamente il vetro, rivelando l'intero viso per grossi tratti. I capelli biondo cenere, sporchi e scompigliati, le labbra rosse e spaccate... e delle manette. Quelle ai polsi erano proprio manette!

"Cindy?" La voce arrivò attutita dal vetro, ma Cloe riuscì a sentirla chiaramente. Sembrava speranzosa. "Cindy, sei tu?"

"N-no." disse lei, mettendosi in ginocchio e puntandogli il telefono in faccia. "Sono sua nipote. Cloe." Lui si coprì il viso con una mano, cacciando un suono simile al soffio di un gatto ed indietreggiando.

"Abbassa quella luce." ringhiò, sofferente. Cloe ebbe un minuto di smarrimento, poi puntò la torcia verso il pavimento. Il ragazzo si fece vedere poco dopo, osservandola con un misto di curiosità e diffidenza. Avevano lo stesso sguardo. "Dov'è Cindy?" chiese, e Cloe pensò che fosse bello per essere solo un'allucinazione. Forse il panino mangiato durante il viaggio era avariato.

"Non c'è più. E' morta due mesi fa." disse, e provò quasi una fitta di tristezza al pensiero della morte. Il ragazzo, invece, abbassò semplicemente lo sguardo sulle manette, muovendole un pò.

"E tu chi sei?" chiese, e a lei sembrò quasi un bambino.

Un bambino con le manette! Ricordatelo!

"Cloe. Cloe Closerlook. Tu devi essere Maximilian." Lui annuì, tornando a guardarla.

"Maximilian Caius Magnuspur."

"Wow, bel nome." Cloe si morse la lingua, sperando che non potesse rimanere deluso dal suo sarcarsmo. Fortunatamente il prigioniero dello specchio sembrò non notarlo. Cloe non riusciva bene a vedere cosa avesse alle spalle. Notava solo la sua intera persona. Portava una maglietta dall'aria consunta, strappata in alcuni punti, e vecchi pantaloni di tuta logori. Sembrava appena uscito da una rissa.

"Sei la mia nuova Guardiana?" Guardiana?

"Cosa?" Maximilian la fissò a lungo, fino a farla sentire a disagio e farle intimare di smetterla. "Sei inquietante." lo redarguì, ma lui non voleva saperne di piantarla, e continuava a osservarla attraverso le macchie di unto.

"Sei la nipote di Cindy, quindi devi essere per forza la mia nuova Guardiana. Probabilmente non ha fatto in tempo ad informarti come mi aveva detto."

"Si può sapere di cosa stai parlando?" chiese Cloe, lievemente spazientita. Il biondo si scostò i capelli dagli occhi, continuando a fissarsi i polsi.

"E' semplice. Io sono un detenuto e tu sei quella che deve tenermi d'occhio. Non devi fare molto in realtà. Ti basterà evitare che qualcuno cerchi di liberarmi, o che la mia parte demoniaca prenda il sopravvento. Cose di routine." minimizzò, ma Cloe era rimasta indietro.

"P-parte demoniaca? Sei una specie di iniziatore satanico?" Maximilian la fissò un attimo, prima di scoppiare a ridere.

"No. Davvero non sai nulla? Wow, sei fortunata che quelli come me siano tutti rinchiusi." Quelli come me...

"Stammi a sentire. Sono le due del mattino, ed io sono stanca e confusa, quindi finiscila di prendermi in giro e dammi delle spiegazioni. Velocemente, se non ti dispiace, così potrò tornare a dormire e sperare che questo sia tutto un orribile sogno!" disse tutto d'un fiato, per poi prendere un profondo respiro.

"Parli davvero velocemente. Credevo svenissi."

"Maximilian, parla! Ora!" sibilò, cercando di non urlare. Il ragazzo indurì lo sguardo, per poi fare un breve cenno con il capo.

"Certo, padrona." disse l'ultima parola quasi con dolore, lasciando Cloe di stucco. "Sono un demone. Un Metaemo, per essere precisi, un mezzosangue, metà demone e metà umano. Siamo illegali nella nostra gente, quindi quelli come me vengono rinchiusi nel Limbo." Accarezzò il vetro davanti a lui, facendo un mezzo sorriso stanco. "Il Limbo può essere visibile attraverso diverse superfici riflettenti, ed ognuno di noi ha un Guardiano o una Guardiana scelta tra i demoni purosangue. Nel mio caso Cindy, e adesso tu." Cloe stava per porre un'altra domanda, poi però si fermò, guardando fisso negli occhi rossi di Maximilian mentre il suo cervello elaborava le ultime informazioni.

"Aspetta. Se i Guardiani vengono scelti tra i demoni, come dici tu, questo vuol dire che..." Si portò una mano sul petto, mentre il ragazzo si godeva la sua espressione sconvolta. Mise i palmi dietro la testa, assumendo una posizione da spiaggia e guadandola con un sorrisetto sardonico.

"Sì, tu sei un demone." Aprì le braccia verso di lei, quasi volesse accoglierla in un abbraccio reso inquietante dal tintinnio delle catene. "Benvenuta in famiglia, piccola."

=O6

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