Se le Stelle si vedessero col...

By SimoneDeRuggiero

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Spesso dicono che per capire appieno il valore delle cose, qualunque esse siano, bisogna perderle. Dicono anc... More

Capitolo 0: Prologo
Capitolo I : Elena
Capitolo III: Baci al Cianuro
Capitolo IV: Gioia e Dolore
Capitolo V: Giulio
Il Re Bianco
Capitolo VI: Momenti di Straordinaria Ordinarietà
Capitolo VII: Il Perpetuo Ruggito del Buio
Capitolo VIII: Nadia
VERSIONE CARTACEA

Capitolo II: Mirko

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By SimoneDeRuggiero


#SecondSong : EZA - Burning House
(ft. Aaron Krause )

Un silenzio crudo, illusorio, riempiva la stanza di una sorta di malinconia assolutoria; i ticchettii dell'orologio sul polso di Mirko a tratti sembravano fermarsi per poi riprendere bruscamente e senza un preavviso. In realtà ormai anche il tempo stesso aveva perso la propria consapevolezza dentro quella stanza, il pallido volto di Anna ogni notte sentenziava nell'animo di Mirko pene diverse, dettate semplicemente dall'aspro senso di colpa che perseverava in lui. La sua anima veniva continuamente e costantemente bastonata quando la sera, corretti tutti i compiti in classe e sentito il lamento di qualche genitore, tornava a casa e trovava Anna, sua moglie, stesa sul letto immobile, impassibile, gelida come le acque del Mar Glaciale Artico e pallida come la morte.

Eppure il suo cuore batteva ancora, forse per miracolo, forse per un'ampia dose di fortuna, fatto sta che la vita ancora non l'aveva abbandonata del tutto.

Quella sorta di stato di sopravvivenza nel quale viveva però non poteva di certo considerarsi vivere: la sua giornata «iniziava» alle 10.00 quando finalmente il suo sistema nervoso tornava a percepire qualcosa; Mirko aveva dovuto abbandonare il suo posto fisso, aveva cominciato a lavorare come supplente presso un Liceo Scientifico di Roma e i suoi orari erano piuttosto sballati poiché doveva pur prendersi cura di sua moglie. Quindi capitava piuttosto spesso che rimanesse tutto il pomeriggio a scuola pur di cominciare il suo turno il più tardi possibile.

Insegnando la sua materia, la Fisica, in qualche modo talvolta riusciva a dimenticarsi della realtà e a rifugiarsi nella sua grande passione: la ricerca scientifica. Aveva infatti iniziato la sua carriera lavorativa come ricercatore presso una prestigiosa Università ed insieme al suo team erano riusciti a scoprire e verificare moltissime cose ottenendo anche risultati piuttosto elevati. Con l'ascesa della crisi italiana però i fondi per la ricerca erano iniziati sempre di più a mancare fino a che Mirko aveva dovuto abbandonare quella che considerava essere la sua vita.

Lì all'Università aveva perfino incontrato Anna e dopo qualche anno, in un caldo giorno di Giugno si erano sposati ed erano andati a convivere. Anche lei faceva parte del team di ricercatori, solamente che a differenza di suo marito non era riuscita più ad andare avanti, a voltare pagina ed era affogata nell'alcool e sprofondata nella cocaina.

« Buongiorno amore mio, come ti senti? » sussurrò dolcemente Mirko, nella speranza che il sistema uditivo di sua moglie si risvegliasse ancora una volta.

Per qualche istante il silenzio assordò le sue orecchie, poi una voce sottile, dalla cadenza frammentata, si udì nella stanza: «Sto bene, ho solo mal di testa... Mirko, è successo di nuovo?»

Non vi fu risposta alcuna, ma alla ragazza bastò osservare il riflesso del suo viso per ottenere la risposta che cercava.

«Ti ho portato i cornetti, Stefano li ha appena sfornati, ne vuoi uno?»

«No, grazie, sto a posto così.»

In realtà non stava affatto a posto così, l'unico motivo per il quale non aveva fame era perché la notte Mirko le somministrava delle sostanze nutritive attraverso delle flebo, era diventata un ammasso di ossa, con l'alcool al posto del sangue e la droga ad ostruirle le sinapsi.

Mirko le aveva dovuto nascondere molte cose poiché in passato aveva più volte tentato di togliersi la vita: Anna non accettava il fatto di essere così fragile, schiava di due spietati killer silenziosi e letali che la stavano letteralmente trascinando sul fondo. Il lento e progressivo deterioramento della sua pelle l'aveva sovraccaricata di ansie tanto che aveva smesso anche di far penetrare le emozioni, una massiccia corazza di paure le stringeva il ventre spesso fino a soffocarla, ma ormai nemmeno il dolore osava legarsi a lei.

«Anna, promettimi che mangerai qualcosa dopo»

«Te lo prometto, ora vai, i tuoi alunni ti aspettano, ci sentiamo più tardi»

Una fitta pioggia accompagnò Mirko durante tutto il tragitto verso il Liceo e fortunatamente gli permise di rimettere piede in una piccola fetta di realtà, quella realtà che ormai da un po' di tempo lo aveva abbandonato e che gli mancava quasi più della stessa aria. Nel momento in cui la sera tornava a casa e varcava la porta della loro camera da letto ad un tratto tutto si fermava, cominciava a crollare e l'unico che poteva rimettere insieme i pezzi era lui.

Solamente che reggere tutto quel peso era diventato devastante tanto che anche i suoi alunni si erano accorti del suo profondo disagio. Una in particolare, «la ragazza dagli occhi di vetro», o più semplicemente Elena, Elena Mancini, gli si era avvicinata e aveva provato un po' a rincuorarlo. Il soprannome le era stato affiliato da tutti dopo che si era sparsa voce della sua malattia: la retinite pigmentosa, rara e degenerativa, non curabile del tutto, solamente ritardabile che gradualmente le stava portando via la vista.

Mirko era scoppiato in lacrime ma aveva mantenuto comunque una solidità mentale tale che era riuscito a mascherare la situazione inventandosi che sua moglie non l'amava più. Nessuno doveva sapere cosa stesse accadendo realmente, non poteva permetterselo, avrebbe perso il lavoro, sarebbe stato «compatito» ed era una parola che non faceva parte del suo essere.

Ogni giorno ripeteva a sé stesso che doveva farcela da solo, avrebbe tirato fuori lui e sua moglie da quella situazione di caos e un giorno più o meno lontano tutto sarebbe tornato ad essere quello che era una volta, la tempesta si sarebbe trasformata in un caldo tramonto se solo lui avesse imparato a ballare sotto la pioggia.

«Avete mai sentito parlare dell'equazione dell'Amore?» chiese Mirko ai suoi alunni, generando un'onda di stupore e sorrisi impressionante tra i banchi, un'qualcosa che solitamente durante le ore di Fisica a scuola si vede ben poco, un miracolo quantistico!

«Da quando lei si occupa anche di Filosofia Professore?» rispose in tono ironico, a tratti sarcastico, Andrea, il bel fusto della classe che probabilmente impiegava più tempo nello stirarsi quel suo ciuffo che nello studiare.

«Devi sapere mio caro ragazzo che a volte anche i Fisici hanno un cuore» disse in tono scherzoso Mirko; poi continuò: « A parte gli scherzi, ritorniamo nella nostra sfera scientifica: nel 1928, un certo Paul Adrien Maurice Dirac, un fisico teorico britannico, che per comodità chiameremo solo Dirac, formulò un'equazione d'onda per descrivere il moto dei fermioni, particelle che formano la massa di cui siamo composti noi ed il nostro universo. Tale equazione afferma che se due sistemi vengono a contatto per un certo periodo di tempo, anche se poi vengono separati continuano ad influenzarsi a vicenda, per cui non possono essere considerati due sistemi distinti.»

«Un po' come due persone che, dopo essersi amate, anche dopo che le loro strade si sono separate continuano, nel bene e nel male a conservare dentro di sé una parte dell'altra persona. Per sempre.» disse con voce quasi sibilante Elena.

«Proprio così ragazza, proprio così...»

Mirko amava quell'equazione, aveva fatto parte della sua proposta di matrimonio per Anna in quella meravigliosa giornata di Maggio di 3 anni prima. Erano i ricordi così a donargli la forza per andare avanti nonostante tutto, aveva amato quella donna sin dal principio, il suo era stato un perfetto colpo di fulmine.

«Ricordi il giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta Anna?»

«Certo che lo ricordo, come potrei dimenticare quel tuo primo sguardo Mirko...»

In realtà Anna non ricordava affatto il loro primo incontro ne tanto meno si ricordava il giorno del loro matrimonio: la droga le stava consumando ogni ricordo e l'alcool faceva il resto; l'unica cosa che sapeva per certo era il motivo per il quale si era innamorata e aveva sposato quell'uomo: nessun altro sarebbe rimasto con lei in quelle condizioni, lui l'amava veramente e lo si vedeva, ogni giorno, ogni sera, ogni maledetta notte.

E a volte la notte sognava di farci l'amore, osservava come i loro corpi fossero in perfetta sincronia, sciolti in un'osmosi di baci e battiti, uno, due, tre, venti, cento, mille, e il tempo non era più concepito come tale, era diventato un semplice spettatore di un'opera meravigliosamente infinita che in quel momento racchiudeva tutto ciò di cui lei aveva bisogno. Tante volte aveva provato a eliminare dalla sua vita quella parte oscura che la perseguitava, cercando di fare dell'amore il suo unico vizio, ma aveva sempre fallito.

«Dirac miei cari ragazzi era una persona estremamente chiusa, impermeabile ai sentimenti altrui, solitario ma soprattutto taciturno tanto che i suoi colleghi gli avevano dedicato un'unità di misura: il Dirac, corrispondente ad una parola all'ora, considerato il più piccolo numero di vocaboli che una persona potesse pronunciare appunto in un'ora. Eppure, anche essendo lo stereotipo perfetto dello scienziato apatico e senza fede alcuna, il buon Dirac riuscì a tirar fuori da tutta quella sua eccentricità una cosa che quasi nessuno era mai stato in grado di calcolare in fisica: la bellezza. Una bellezza intrisa di formule, equazioni, teorie e teoremi che in qualche modo ha saputo regalarci tanto e aprirci nuove prospettive.»

La campanella suonò prima che il Professore potesse finire il suo piccolo monologo ma incredibilmente molti ragazzi rimasero incollati alla sedia non curanti del suono prorompente.

«Noto con molto piacere che la lezione vi ha saputo intrigare, ne sono molto felice, ma ora andate, continueremo la settimana prossima.»

Mirko avrebbe desiderato tanto restare altri 10 minuti con quei ragazzi ma in cuor suo sapeva che non aveva tempo a disposizione per farlo... doveva andare da Anna.

Presa la giacca, sistemato qualche foglio all'interno della sua solita borsa di cuoio e posato il registro in sala professori, Mirko si apprestò a raggiungere l'uscita della scuola, quando improvvisamente una voce familiare alle sue spalle gli disse: « La tristezza mio caro professore è causata solo ed esclusivamente dal ricordo della felicità, provi per un secondo a pensare a sé stesso, a cancellare il passato, a togliere quella barriera di titanio che si è costruito davanti e viva, viva il più possibile.»

Mirko si voltò ma non vide nessuno; cercò per tutto il piano, ma l'unica persona che vi trovò fu lui stesso. Ad un tratto il suo sguardo si soffermò a guardare il cielo fuori dalla finestra e qualcosa di straordinario accadde in quel momento: il sole stava tramontando... come era possibile che il tempo fosse passato così velocemente?

«Anna!» gridò Mirko dentro di sé. Era in ritardo, l'avrebbe dovuta accompagnare alla clinica per il lavaggio.

Nell'ultimo periodo la ragazza veniva sottoposta quasi regolarmente ad un trattamento intensivo presso una clinica specializzata nella disintossicazione dopo che i suoi reni avevano ceduto più volte causandole dolori inenarrabili. Mirko era riuscito in qualche modo a convincerla che in questo modo le cose lentamente sarebbero migliorate... e infondo dopo il trattamento per qualche giorno migliorava, fino a che non ricadeva nel suo vizioso vortice senza fine.

Una volta finita la seduta Anna tornava a sembrare una persona. Era come se attraverso quella macchina le venisse fatta una sorta di pulizia dell'hard disk di breve durata che le restituiva almeno esternamente un aspetto umano. Il problema è che, oltre ad essere un trattamento profondamente costoso e stressante, non poteva durare per sempre. Un giorno più o meno lontano quelle macchine non sarebbero più state in grado di aiutarla in alcun modo poiché i danni sarebbero divenuti irreparabili.

Un'immensa nube di fumo si alzò d'improvviso nella stanza: l'aria si fece fitta, irrespirabile, pesante quanto un macigno; un turbinio di quesiti senza risposta attaccò vorticosamente la mente di Mirko come un parassita che si inculca nel suo ospite e lentamente lo divora:

«Dai, dai, dove scapperai ora? Dai, dai, dai, da chi scapperai? Da chi?»

Correre nel buio non serve a niente. Dove scappi? Da chi scappi?

Di fantasmi dentro di sé ne aveva accumulati tanti e proprio in quel momento avevano deciso tutti insieme di attaccarlo alle spalle fino a ridurlo inerme di fronte a sé stesso. Ora immensi muri di vetro avanzavano verso di lui con una singolare insistenza, anche le sue più oscure incertezze stavano tentando di schiacciarlo. Zero spiragli di luce, zero dosi di certezza, di speranza.

Un grido sinistro e tetro proveniente dal nulla stordì Mirko che si accasciò a terra. Come se non bastasse, ora anche le sue peggiori paure si stavano affacciando verso di lui. In pochi istanti lo raggiunsero facendolo per un istante tramortire; quando riprese i sensi, lo vide lì, proprio davanti ai suoi occhi: un essere senza nome, senza volto, senza anima, segregato nei più profondi meandri della coscienza umana, abitante del caos, mangiatore di sogni, di consapevolezze. Secondo alcune interpretazioni di testi sacri, dove veniva chiamato «Mostro degli abissi», rappresentava una presenza maligna annidata nella paura, nelle tenebre intese non come assenza di luce bensì come una presenza, una realtà a sé stante. Secondo queste teorie esse infatti non rappresentano il male, ma sono il male, ne costituiscono la sostanza.

Inquiete ombre semoventi, ballando passi d'un valzer di ricordi e illusioni fecero strada all'informe bestia dal respiro mozzo: il ventre di Mirko fu stretto in una morsa gelida mentre la sua pelle lentamente veniva lacerata dal trascorrere del tempo; ora si trovavano faccia a faccia, respiro a respiro, e fu incredibile come più i due si avvicinassero più assumessero le stesse sembianze: i tratti del viso, gli occhi, i denti, le fauci... molto avidamente l'informe bestia si stava cibando di tutto ciò che di umano era rimasto in Mirko.

Una tensione asfissiante appesantì ulteriormente l'aria a tal punto che gli imponenti muri di vetro esplosero facendo schizzare frammenti ovunque; uno di questi cadde di fronte al sofferente ragazzo che secondo dopo secondo si stava letteralmente consumando, riflettendo nei suoi occhi un'irragionevole verità: di fronte a lui non c'era nessuno.

«Professor Donati, va tutto bene, la vedo un po' scosso?»

«Ma certo ragazza... non ti ho mai vista da queste parti, in che sezione sei?»

«Veramente non lo so ancora, forse in D, forse E, chissà...»

«Capisco, sapresti dirmi che ore sono?»

« Oh, mi dispiace Professore ma non uso orologi, odio la consapevolezza del trascorrere del tempo, non trova che sia una cosa inutile?

«Si...forse hai ragione, arrivederci mia cara»

«Arrivederci»

Cosa accadde in quel momento non fu subito chiaro a Mirko, era come se avesse vissuto un terribile sogno ad occhi aperti e che avesse perso la cognizione di spazio e tempo; e poi quella ragazza che gli era apparsa davanti all'improvviso, con quei brillanti capelli color lilla, la pelle bianca come il latte e le labbra di un rosso intenso come il rubino.

Anna era esattamente uguale a lei prima dell'inizio di tutto: una di quelle bellezze rare che ti tolgono il respiro e non te lo restituiscono più.

«Amore mio sono tornato, sei pronta per la seduta?»

«Non ho bisogno di nessuna seduta Mirko. Lasciami andare, tutto questo non mi appartiene più.»

Il cuore dell'uomo subì l'ennesimo colpo, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine, aveva imparato a soffrire per lei.

«Anna...lo sai che non posso lasciarti andare cazzo. Lo sai che ogni singolo atomo del mio corpo è legato a te e che lo sarà per sempre, io ti amo.»

«Se mi ami davvero come dici, allora devi liberarmi da questa vita di merda. Sono stufa di vivere dentro questa fottuta gabbia, non ne ho più la forza, Mirko.

«Se solo tu mi lasciassi entrare, sarei io la tua forza, Anna.»

«Allora scappiamo via, insieme, in un posto dove il buio non esiste, dove la paura non esiste. Ti prego, portami via con te.»

Una lacrima andò a bagnare il viso della ragazza, era da moltissimo tempo che quegli occhi non diventavano così lucidi. Mirko pensava che col tempo anche il suo apparato lacrimale fosse collassato, eppure, non era affatto così.

«Lo farò Anna, lo farò... ma prima devi fare ciò che ti chiedo, me lo prometti?»

«Te lo prometto...»

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