Tutto Il Coraggio Del Mondo

By freakieber

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Wendy Casey trascorre gli ultimi anni della sua vita insieme ai suoi figli e nipoti nella casa che l'ha vista... More

Prologo
Prima parte - Scommessa indecente
Tormento
Primo appuntamento
Una seconda possibilità
Regali
Cena alternativa
Amici
Un solo sguardo
Sogni
Chicago
Paura di perdersi
Rivelazioni
Seconda parte - Ricordi
Restare
Verità
Destinati ad amarsi
Un'altra volta - Parte prima
Un'altra volta - Parte seconda
L'altra faccia del successo
Casa Bieber
Migliore amica
Conti con il passato- Parte prima
Conti con il passato - Parte seconda
Un nuovo inizio
Epilogo
Ringraziamenti

Di nuovo lui

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By freakieber

"E quindi...adesso vivi qui?" domandò Sebastian, appoggiandosi proprio come aveva fatto Wendy sul cofano anteriore di quest'ultima.

La ragazza annuì debolmente, torturandosi le dita l'una con l'altra. Si sentì tremendamente a disagio: erano trascorsi dieci anni, in quel lungo lasso di tempo mai, neanche una volta aveva avuto l'opportunità di rivedere o parlare di nuovo con Sebastian. Come se fossero tornati a dieci anni prima, erano intenti a chiacchierare del più e del meno senza degnarsi di porre domande un po' troppo sconvenienti per non rovinare l'atmosfera piacevole che si era venuta a creare tra i due amici, dopo qualche minuto di tensione.

Più Wendy udiva la sua voce, più non riusciva a crederci: era così cambiato. Aveva tagliato i capelli, molto probabilmente l'altezza era aumentata di qualche centimetro per non parlare del pizzetto che mai avrebbe immaginato sul volto di quel ragazzo che dieci anni prima pareva tanto giovane. Trentanni e tanto affascino, come d'altronde era sempre stato.

Quando si girò sorridente verso la ragazza, quest'ultima sussultò voltandosi verso la parte opposta, timidamente. Ma di cosa avrebbe dovuto preoccuparsi? Era pur sempre Sebastian, un po' più robusto e più alto, un tantino cresciuto ma pur sempre il buffo Sebastian che nel 1950 era entrato a far parte della sua vita. Il ragazzo scherzoso, spensierato, colui che in un modo o nell'altro aveva sempre la battuta pronta ed era in grado di strapparti un sorriso anche nei momenti più bui. 

"Wendy..." la richiamò lui, dolcemente e notando l'imbarazzo nel gesto svelto dell'amica nel distogliere lo sguardo. 

Quest'ultima respirò pesantemente, sentendo gli occhi inumidirsi ma non riuscì a voltarsi e fissare il suo sguardo nelle chiare iridi di Sebastian. Più gli attimi trascorrevano, più le lacrime minacciavano di scendere una ad una. Si era ripromessa di non piangere, di non cedere e di non darla vinta a quelle stupide goccioline salate ma non avrebbe resistito per molto: un conto sono le parole, un altro è ritrovarsi faccia a faccia con un pezzettino del proprio passato che si è insinuato nel proprio presente, facendoti rivivere con la mente tanti di quei ricordi e trasportandoti nel passato, durante quei meravigliosi anni colmi di amore e di calorose amicizie. Ne era passata di acqua sotto i ponti eppure Sebastian non portava rancore, non era inquieto, non era stato così scontroso con Wendy nonostante fosse stata lei ad essersene andata, scomparendo dalla circolazione di punto in bianco, abbandonando le persone più care.

"Tutto bene?" domandò distaccandosi dal cofano e piantandosi dinanzi alla figura di Wendy che tirò su con il naso. 

La giovane annuì, non riuscendo ancora a guardare dritto negli occhi Sebastian il quale, notando gli occhi rossi dell'amica, si avvicinò talmente tanto da stringerla forte a sé. Wendy in un primo momento non reagì e non ricambiò l'abbraccio, presa alla sprovvista ma alla fine si ritrovò a stringere la vita del giovane e premere il suo volto ormai zuppo sulla maglia di quest'ultimo. Non singhiozzò, non gemette, non sospirò: fu un pianto tanto liberatorio quanto silenzioso.

"Dovresti vederlo, Wendy" annunciò con voce flebile Sebastian. "È la cosa giusta da fare" sussurrò, accarezzandole i morbidi capelli. 

La ragazza si ritrasse leggermente nell'udire quelle parole: è vero, si era recata in quel posto solo ed esclusivamente per vederlo ma in quel momento, dopo aver pianto, sentì di non essere abbastanza forte e del tutto pronta per affrontarlo. Che fosse stato tra soli conoscenti e vecchi amici di data, rincontrare Justin pareva un'idea troppo affrettata.

"N-non lo so" disse Wendy, asciugando una guancia. "I-io non credo che sia la cosa giusta" continuò a balbettare, sentendo la tensione tornare più intimidatoria che mai. 

"Wendy ascoltami" disse fermo il ragazzo, afferrandola per le spalle e sciogliendo uno degli abbracci più belli che Wendy avesse potuto mai ricordare. "Sei arrivata fin qui per un motivo. Sono passati dieci anni, perché farne trascorrere altri? Meritate di confrontarvi, di chiarire..." ma prima ancora che potesse concludere la frase, la tremate voce di Wendy sovrastò la sua roca.

"Appunto perché sono trascorsi dieci anni. Rivederlo complicherà solo le cose..." cominciò, abbassando il capo. "Ho trascorso dieci anni della mia vita a cercare di dimenticarlo. Magari non sarà la cosa giusta ma è quella che fa meno male e credimi, sono stanca di soffrire" disse tutto d'un fiato, lasciando di stucco il giovane che alleviò la presa sulle spalle di Wendy. 

"D'accodo..." disse cupo. "Ma non sei arrivata fin qui per andartene senza concludere niente, tornartene a casa e startene altri dieci anni a pensare a come sarebbe potuta andare se solo ti fossi decisa di parlargli e a rivederlo. Perché è quello che vuoi Wendy: non puoi mentire agli altri se neanche riesci a mentire a te stessa" altrettanto frettolosamente, Sebastian cercò in tutti modi di far ragionare l'amica, inizialmente con scarsi risultati ma poi si rese conto che qualcosa aveva smosso dentro la ragazza, cosa neanche quest'ultima lo sapeva di preciso. 

Wendy sentì una morsa allo stomaco ad immaginarsi seduta sul solito letto, tra dieci anni, intenta a pensare a Justin nonostante il tempo trascorso velocemente, anche troppo e nonostante le loro vite si fossero divise da tanto di quel tempo. 

Morse il labbro inferiore e Sebastian notò quel gesto; gli si illuminò il volto capendo di aver centrato il bersaglio e afferrò la mano dell'amica, stringendola tra le sue dita.

"Vieni con me" la incitò a seguirla, spingendola via dall'auto. "Andrà tutto bene" disse premurosamente e, a quelle parole, Wendy si lasciò definitivamente andare facendo esultare Sebastian.

Corsero dall'altro capo della strada, oltrepassarono l'enorme cancello e i camion, gli addetti ai lavori e qualche altro uomo intento a chiacchierare fuori la struttura. Wendy correva, seguendo a ruota Sebastian ma la verità è che sentiva il cuore batterle forte nel petto, sentiva l'ansia divorarle lo stomaco e una piccola vocina continuava ad urlare di andarsene di lì mentre un'altra, molto più possente, la incitava a continuare. Era combattuta tra due parti di sé stessa: la ragione e il volere, il desiderio, le emozioni. 

Una volta messo piede definitivamente all'interno della struttura, la ragione venne completamente spazzata via dalla voglia matta di rivederlo. Wendy credette alle parole di Sebastian; che in fondo tutto sarebbe potuta andare davvero bene, che non avrebbe dovuto preoccuparsi e che dopo dieci anni era ormai prossima a rivederlo, a parlargli di nuovo. Lo immaginò con un tantino di barba come il ragazzo che ancora le stringeva la mano, con la voce più roca, più alto, più tutto.

Ripensò a tutto quello che era successo in quegli ultimi anni: a quando, nel 1951 prese al volo l'occasione di trasferirsi a Rock Hill insieme al padre, Harry. Cittadina natale dei suoi genitori, proprio lì era sepolta la madre e da due anni oramai...anche suo padre. Perché sì, Harry Casey era deceduto soltanto due anni prima. 

Ricordava alla perfezione le parole colme di dolore di suo padre quando di rientro a casa, dopo l'agghiacciante scoperta sul presunto matrimonio di Justin, le raccontarono di quanto migliore fosse per tutti tornarsene a Rock Hill, soprattutto per Harry. Wendy non potette che dare ragione all'uomo: nonostante avesse sempre sentito sua New York, lei era nata in South Carolina e questo niente e nessuno l'avrebbe cambiato.

Il medico di famiglia aveva consigliato ad Harry di recarsi in una clinica capace di offrire cure molto meno care rispetto alle costose di New York e, fortunatamente, la clinica era a pochi miglia da Rock Hill. Come non poter accettare? 

Due settimane. Soltanto due settimane e si allontanarono definitivamente dalla casa che l'aveva vista crescere, ma non nascere. Sarebbero tornati a Rock Hill, Harry entusiasta di poter finalmente rimettere piede nella vecchia abitazione dei nonni di Wendy, quest'ultima invece con un nodo in gola e una morsa nello stomaco che l'avrebbero tormentata per dieci anni.

Suo padre aveva bisogno di cure, tremendamente e Wendy invece aveva bisogno di dimenticare Justin. Quella casa e quella mastodontica metropoli le facevano tornare alla mente troppi ricordi legati a quell'amore. Non sarebbe riuscita a sopportarlo; non ci riuscì per due intere settimane, chiusa costantemente dentro la sua stanza, a piangere sul suo letto figuriamoci anni interi. Non lo avrebbe mai permesso.

Accettò di tornare in quella piccola cittadina che era stata il nido d'amore dei suoi genitori, riuscì finalmente, dopo tanto soffrire a regalare un fiore a sua madre dopo anni di lontananza. Quando si trasferirono a New York, Wendy era davvero troppo piccola per ricordarsi di quella lapide così fredda, con il nome della madre per esteso inciso sopra: Amanda Marie Hunt. 

Le condizioni economiche disastrose, dopo la morte di quest'ultima, costrinsero i due a cambiare aria, vita e abitudini. Non tanto per Wendy quanto per Harry che aveva sempre detestato New York e aveva sperato di morire nel suo caldo letto, in quella casa che aveva visto andare via anche l'amore della sua vita. 

Wendy non potette che esaudire quest'ultimo suo desiderio, accompagnandolo nel lungo percorso di guarigione che gli avrebbe donato la forza necessaria per andare avanti per ben otto anni, nonostante la malattia lo stesse lentamente consumando e strappando dalle braccia della figlia. Le cure furono efficaci, meno costose sicuramente ma soprattutto efficaci. 

Harry Casey trascorse gli ultimi anni della sua dolorosa vita al fianco della figlia, con la speranza, ogni notte, di rivedere presto la donna che aveva amato e con tutto sé stesso. L'uomo sapeva che un giorno, quando sarebbe andato e avrebbe lasciato da sola la sua bambina, quest'ultima sarebbe riuscita ad affrontare la lunga vita, il cammino, la fede che l'avrebbero accompagnata per sempre. Perché Wendy, anche se gli costava ammetterlo era cresciuta. Maturata, diventata una donna...la moglie e madre perfetta che lo avrebbe reso fiero, ovunque fosse stato.

Da due anni, Harry era riuscito finalmente nell'intento di vedere il suo più grande sogno realizzarsi: riposava di fianco ad Amanda, per sempre, come si erano promessi, nella buona e nella cattiva sorte. Avrebbero vissuti uno di fianco all'altra e da qualche parte, avrebbero continuato insieme a guidare la loro unica figlia. 

Wendy non avrebbe mai dimenticato la notte in cui Harry si lasciò andare, l'ultima stretta di mano sul letto d'ospedale, l'ultimo sussurro; il miglior "ti amo" ricevuto, il più sincero, l'amore di un padre per la figlia che ha dato tutto. Non avrebbe mai dimenticato il momento in cui i suoi occhi si chiusero lentamente, quando la voce straziata dal dolore della figlia lo pregarono di andare e di smetterla di soffrire. L'uomo ascoltò le suppliche della ragazza che rimase al suo fianco tutto il tempo, finché non fu costretta a dirgli addio per sempre, su questa terra...ma un arrivederci per quanto riguarda il futuro che spetta a tutti noi. Perché qualcosa deve esserci dopo la morte, che sia un Paradiso o qualsiasi altro luogo. Harry le aveva insegnato l'importanza nella fede, la speranza di una vita dopo la morte e questo la facevano vivere serenamente nella consapevolezza che un giorno, magari lontano, avrebbe abbraccio di nuovo tutte le persone a lei care, soprattutto i due amati che le avevano donato il dono più grande.

Ad Harry non era mai andato a genio Mark, non almeno come Justin. Non gli piacevano i modi di fare dell'uomo, quella sua serietà e autorevolezza che costrinsero il signor Casey a rimpiangere i giorni in cui Wendy era perdutamente innamorata del biondo dagli occhi caramellati e forse, era anche questo strambo desiderio del padre che convinse ancor di più la ragazza che si aggrappò ulteriormente alla mano di Sebastian che mostrò a due bestioni vestiti in nero un pass speciale. Poi, una volta ricevuto il consenso ripresero a correre.

Aveva il fiatone; attraversarono lunghi corridoi, urtarono decine di persone ma non si fermarono neanche una volta. Non c'era tempo: dopo dieci anni non può esserci tempo. Quando tutto ad un tratto la ragazza cercò di frenare la svelta corsa, si rese conto che per fortuna si erano già fermati dinanzi ad una grigia porta chiusa.

Quando la giovane alzò lo sguardo, tenuto basso per riprende fiato, ebbe un sussultò e senza rendersene conto affondò tutte e cinque le dita nel braccio dell'amico che non si lamentò, stranamente. 

Justin Bieber.

Questo nome era inciso sul pezzo di carta attaccato sulla porta con del nastro adesivo. Un nome che aveva sussurrato per tanto tempo, un nome che le era rimasto impresso  nella mente tutti quegli anni e quel ragazzo era proprio oltre quella porta. 

Non riuscì a crederci in un primo momento: tutti quegli anni divisi, senza mai cercarsi, chilometri e chilometri di distanza e adesso, in quel momento, vi era una misera porta a separare i due. Si voltò verso Sebastian che la incitò con il capo ad avvicinarsi, a spingere in basso la maniglia e ad entrare ma Wendy non riuscì a muoversi.

Justin era veramente lì, o stava sognando? Quando lentamente e con gambe molli afferrò la maniglia, socchiuse gli occhi; l'aveva amato, con tutta sé stessa. Aveva amato veramente Justin ma si costrinse a prendere un gran respiro perché in quel momento l'amore non doveva intralciare le vite che entrambi si erano costruite dopo dieci anni: semplici amici, semplici vecchi conoscenti e nulla di più.

Quando spalancò gli occhi la porta era ormai aperta e Sebastian era sparito, chissà dove, ma cercò di non farsi prendere dal panico. Una fioca luce attirò la sua attenzione e lentamente aprì la porta che cigolò di poco, deglutì rumorosamente e socchiuse le labbra quando una chioma più bionda ostacolò il suo sguardo. Sussultò portando una mano davanti la bocca: era proprio lui.

I capelli più lunghi del solito, più biondi, un po' di barba e quegli occhi caramellati che l'avevano fatta innamorare con un solo sguardo non erano mutati di una virgola. Era Justin. Un pochettino più possente, forse anche più alto ma era il suo Justin.

Aprì ancor di più la porta e questo bastò per far sobbalzare il ragazzo che non si degnò di voltarsi ma anzi, si lamentò.

"Quante volte vi ho detto di bussare?" domandò alzando la voce. 

E quest'ultima, quella voce così roca era cambiata eccome: più calda, più da uomo. Dopo aver udito quelle parole si rese conto di quanto tempo era passato effettivamente e quel Justin, non era più il ventenne che aveva conosciuto in una piccola e sconosciuta palestra di New York, lui era il trentunenne cresciuti, famoso in tutto il mondo, pugile dalla celebre fama. 

Non ricevendo risposta, Justin alzò di colpo il capo che era rimasto curvo sul banco per tutto il tempo. Lo specchio ritrasse il suo volto ancor di più, delineando il naso perfetto, le labbra carnose, le lunghe ciglia e il lungo ciuffo di capelli biondi che gli cadevano sul viso coprendone gran parte.

Il giovane fece per urlare ulteriormente ma si bloccò, spalancando gli occhi e poco dopo il tonfo di un qualcosa di cristallo che si è appena schiantato al suolo fece sussultare Wendy. Un bicchiere di vetro ormai in frantumi e una pozza di whisky erano ai piedi del ragazzo seduto che dallo specchio, ammirava incredulo e scioccato la figura di Wendy dentro la stanza.

Il silenzio crebbe incessantemente tra le quattro mura, i sospiri pesanti di entrambi riempirono la spazio circostante e la bottiglia dello scuro liquido che Justin teneva dalle mani venne abbandonata e finalmente si voltò. A scatti, tremando, con una strana luce che gli brillava negli occhi si girò ancora seduto sulla comoda sedia.

Wendy cercò di dire qualcosa ma si fermò notando solo in quel momento l'espressione stanca del ragazzo, triste e cupa: due occhiaie ben visibili, pelle alquanto pallida e le nocche delle mani come al solito rossastre e nel peggiore dei casi piede di tagli profondi.

"Wendy?" domandò di punto in bianco lui e questo richiamò l'attenzione della giovane che finalmente riuscì ad udire il suo nome pronunciato di nuovo da Justin.

"Ciao, Justin" disse frettolosamente, forzando un sorriso, prima che il silenzio tornasse ad averla da padrone fra i due.

***

Oddio quanto adoro questo capitolo! È uno dei miei preferiti in assoluto e uno dei pochi che sia riuscito davvero ad emozionare persino me che l'ho scritto.

Come vi avevo già anticipato questo capitolo gioca molto sul passato di Wendy e più di tutto e tutti su Harry, suo padre. Non so se molti di voi se lo aspettavano o meglio, non so se ve lo aspettavate a questo punto della storia.

Harry è morto, purtroppo. Ho adorato il suo personaggio anche se non è sempre stato presente, è stato molto di aiuto per Wendy e lo sarà ancora, fidatevi (come al solito parlo troppo ahaha).

Per quanto riguarda Wendy invece, finalmente si è decisa ad incontrare Justin e quest'ultimo, come avrete potuto constatare, lo immagino con i capelli lunghi biondi com'è proprio adesso (evitiamo di parlare dei suoi capelli che seriamente, quel ragazzo deve rivedere le sue priorità).

Spero che la descrizione del Justin stanco vi sia rimasta ben impressa, perché sarà molto importante.

Beh che dire, spero davvero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e quindi alla prossima!

Giulia


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