Celeste - Lasciati trovare [S...

By Ritaska99

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[SEGUITO DI "CELESTE - LA MIGLIOR COSA CHE NON HO MAI AVUTO". È CONSIGLIABILE LEGGERE QUELLA, PRIMA DI QUESTA... More

Prologo
0.2 Peter
0.3 Celeste
0.4 Peter
0.5 Celeste
0.6 Peter
0.7 Celeste
0.8 Peter
0.9 Celeste
1.0 Peter
1. Ruin
2. The Scientist
3. The One That Got Away
4. Always hate me
5. Drunk
6. When We Were Young
7. Friends
8. What Happened To Perfect
9. Places Where We Are

0.1 Celeste

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By Ritaska99

"It's time for me to fall apart.
Now you're gone, but I'll be okay".

Philadelphia; 2015

"Biancheria?" mi informo, rovistando in tutti i cassetti per assicurarmi di non aver dimenticato niente, e percorrendo distrattamente con lo sguardo ogni più piccolo centimetro di superficie.

"Presa" mi comunica Colin, sbirciando nella valigia posta accanto a lui sul mio letto, e scavando per riuscirne a vedere anche solo il fondo.

"Quanti cambi di vestiti ci sono?" gli chiedo, mentre sfreccio davanti ai suoi occhi a velocità supersonica - per controllare anche nei mobiletti del bagno -, con un paio di jeans che non sapevo neanche di possedere ancora in mano.

"Uhm... Uno, due, tre... Ma che cazzo ne so, io! C'è talmente tanta roba, che penso tu abbia svuotato un armadio intero, qua dentro!" lo sento lamentarsi con tono insofferente.

Ridacchio, mentre mi accerto che, no, non ho lasciato niente nemmeno in bagno, quando apro ogni sportello e ispeziono ogni mensola.

"Non farla tragica: sai che per una ragazza dieci paia di scarpe equivalgono a due" mi dà manforte Will, a suo modo.

Scuoto la testa, fingendomi sconsolata, e torno in camera, posizionandomi in piedi davanti al letto con le mani sui fianchi. Sembra che sia esplosa una bomba, in questa stanza. Ci sono indumenti sparsi ovunque sul copriletto, le ante dell'armadio e i cassetti sono tutti aperti, la scrivania è praticamente sottosopra e, se non fossi stata io l'artefice di tutto questo, penserei che sono entrati i ladri a svaligiarmi l'appartamento. Mi blocco con in mano ancora quel paio di jeans, pronta a ficcarli nel borsone alla rinfusa, come tutte le altre cose. Mi perdo a osservare meglio il casino che ho creato e la camera che ho messo a soqquadro, e cado a peso morto sul letto, a fianco a Colin, lanciando i jeans in un punto non ben identificato. Lui mi osserva stranito, così come Will, seduto di fronte a noi, sulla sedia adiacente alla scrivania, intento a giocare con un mio vecchio cubo di Rubik. Li ho sempre odiati, quei cosi: non sono mai riuscita a risolverli. Poggio i gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani, emettendo uno sbuffo di frustrazione.

"Ma che diavolo sto facendo? È una follia! Non so nemmeno come mi è potuto anche solo venire in mente!" mi lagno, amareggiata, nascondendo il viso tra i palmi.

Loro due rimangono in silenzio. Mi massaggio la faccia con le mani e sbuffo per la seconda volta, per poi alzare il capo e analizzare le loro reazioni. Colin sta tentando invano di fare cenni con gli occhi a Will, cenni che lui non coglie per niente, anzi. Osserva il mio migliore amico intontito, senza capire.

"Mi stai confondendo" mormora, come se non fossi anch'io a solo qualche centimetro di distanza da lui e non potessi sentirlo.

Colin rotea gli occhi al cielo, e a me scappa una risatina involontaria, che fa accigliare maggiormente Will. Il ragazzo al mio fianco si schiarisce la voce, e gli indica la porta con un lieve movimento del capo. Ancora una volta, Will non carpisce i segnali, e continua, imperterrito, a rigirarsi quel cubo tra le mani, con un'accortezza che quasi mi spaventa - nemmeno fosse il più prezioso dei tesori.

"Ti dispiace lasciarci qualche minuto? - gli esplicita Colin, esasperato - Da soli" specifica poi, per evitare di essere frainteso.

Will sospira, ma annuisce, si alza, posa il cubo sulla scrivania e se ne va, non senza aver prima rivolto uno sguardo omicida a Colin. Quando si chiude la porta alle spalle, scoppio a ridere e mi getto di schiena sul duro materasso di questo letto oscenamente scomodo. Colin non era tenuto a precipitarsi qui con tutta questa fretta, in verità. Quando gli ho telefonato era più o meno metà mattinata, e adesso è ora di pranzo. È venuto il prima possibile, ed è naturalmente dovuto venire anche Will, perché oggi è il loro giorno speciale. E io, come una cretina, me ne ero anche dimenticata. Ora mi sento terribilmente in colpa per averlo loro, in parte, rovinato con uno dei miei attacchi isterici.

"Mi chiedo perché ci sto insieme, a volte" afferma Colin, sconfortato, dopo svariati attimi di silenzio da parte sua e risate da parte mia.

"Uhm... Perché occhi verdi e capelli scuri sono un'ottima combinazione? O forse perché ci sa fare a..." pondero, ma lui porta una mano a coprirmi le labbra prima ancora che possa completare il mio discorso da ninfomane.

Seguito a ridere fragorosamente, e poco dopo lui non può far altro se non unirsi me. Allontana la mano dalla mia bocca, e io mi alzo nuovamente a sedere, appoggiando il capo su una sua spalla e accoccolandomi a lui. È così strano, a volte, pensare che lui è lo stesso ragazzo con il quale ho compiuto le peggiori assurdità, quando ero adolescente. Ed è ancora più strano pensarlo adesso, mentre è vestito così elegante, nonostante sia fine maggio e si muoia già di caldo.

"Ehi, signorina, non credere di poter cambiare discorso così facilmente, eh! Che ti è preso?" mi domanda dolcemente, cingendomi le spalle con un braccio e accarezzandomi la pelle - scoperta a causa della T-shirt che sto indossando - con la punta delle dita.

Da ilare, la mia espressione si rabbuia in un sol colpo. Inspiro profondamente e mi prendo un po' di tempo, prima di rispondere. Eh, che mi è preso? Non lo so neppure io. So solo che, mentre un attimo prima, spronata dalla chiacchierata con zia, lo chiamo in preda all'euforia, lo convoco nel mio appartamento e incomincio a buttare in valigia roba a casaccio, quello dopo realizzo di star facendo una stupidata e mi pento di averlo anche solo ipotizzato.

"Evan non lo merita, Colin. Nessuno meriterebbe che gli venga fatta una cosa del genere. Non gliene ho nemmeno parlato. Non lo vedo da ieri sera. Sono fuggita e non l'ho neanche richiamato per rassicurarlo e fargli sapere che sono ancora viva. E poi ho delle responsabilità, ora, e... Ma che ne so, non so dove andare a sbattere la testa, e non posso credere di aver anche solo pensato a una stupidata del genere!" mi sfogo, mantenendo lo sguardo fisso sulla scrivania incasinata davanti ai miei occhi.

Solo ora mi rendo conto che, forse, il caos di questa stanza rispecchia di gran lunga il mio stato mentale alquanto confusionario. Colin sospira e smette di coccolarmi, allontanando il braccio e ponendomi l'indice di una mano sotto il mento, per farmi girare e intimarmi silenziosamente di guardarlo negli occhi.

"Celeste, andiamo, non farla così tragica. Innanzitutto, non è detto che tu debba partire immediatamente. Sei incredibilmente testarda e impulsiva, accidenti. Tutto questo è successo semplicemente perché ti sei fatta un film mentale tutto tuo: che ne sai che voleva chiederti di sposarlo? Magari voleva solo farti conoscere la sua famiglia! State insieme da due anni, non dieci. Sei tu che sei andata nel panico per un nonnulla. Questa storia di Peter... Non lo so, Celeste. Forse ti sei sentita oppressa dalle troppe responsabilità, e hai provato un senso di nostalgia per quegli anni in cui potevi commettere tutte le cazzate che volevi, perché tanto le conseguenze non facevano la differenza. Ma ora sì, cara mia, perché devi pensare che non sei più sola. Hai un lavoro... abbastanza stabile, un fidanzato che ti ama e darebbe il mondo per te, vivi in un appartamento che è un tugurio - ma non ci possiamo lamentare... Che vuoi di più dalla vita?" mi domanda retoricamente, facendomi un piccolo sorrisetto.

"Ma..." provo a contestare, fermata da lui prima ancora che possa proseguire.

"Niente ma, Celeste. Se tu lo amassi veramente ancora, come vuoi farmi e farti credere, lo saresti andato a cercare molto tempo fa, non ora, dopo sei anni. Permetti che quel ragazzo si sia anche fatto una vita sua? E che diamine, non puoi essere così egoista..." mi rimprovera, aggrottando le sopracciglia.

So che non lo dice con cattiveria, e che lo sta facendo per il mio bene e per testarmi, per vedere e per capire che cosa intendo fare. E so che ha ragione, maledettamente ragione, e non so come ribattere, perché è così. Se io fossi davvero stata innamorata di lui come credevo, non me ne sarei di certo stata con le mani in mano per tutto questo tempo. Schiudo le labbra per ribattere, ma non ne esce alcun suono. Lo odio quando riesce a zittirmi con questi discorsi filosofici che non sono da lui. Ma si vede che devo averlo proprio esasperato, per aver tirato fuori questo lato del suo carattere tremendamente serioso e perentorio. Un leggero bussare alla porta mi fa ridestare dal mio stato di meditazione trascendentale, e mi fa notare lo sguardo soddisfatto ed eloquente che mi sta dedicando quello che in teoria dovrebbe essere il mio migliore amico. Will socchiude la porta e infila solo la testa nello spiraglio.

"Scusate, ragazzi, non vorrei interrompere le vostre lunghe chiacchierate da amiconi, ma, Colin, dobbiamo proprio andare..." si giustifica, con un'espressione dispiaciuta in volto.

Lui assente, e io provo un inspiegabile senso di vuoto quando si mette in piedi e capisco che a breve rimarrò da sola. E io e i miei pensieri, da soli, non siamo mai stati una buona combinazione. Però non posso neanche trattenere loro due ancora, perché sarebbe decisamente più che egoistico, da parte mia. Colin mi lascia un bacio sulla fronte, afferra la sua giacca da sotto un cumulo di abiti che ho gettato sul materasso, e si avvia verso la porta. Animata da un impeto di orgoglio, sento l'esigenza di dire qualcosa, prima che sia troppo tardi.

"Hai ragione" bisbiglio, a voce bassa, ma abbastanza alta perché mi senta chiaramente, quando impugna la maniglia e tira l'anta verso di sé per spalancarla di più, scoprendo interamente la figura di Will, in attesa e impaziente.

Si gira di scatto verso di me, dubbioso, e anche Will assume la medesima espressione. Alcune volte quasi mi spaventano, per quanto si assomigliano in certi atteggiamenti o movenze.

"A che proposito?" indaga, ancora titubante, consapevole del fatto che sono più che rare le occasioni in cui riconosco di avere torto - siccome ho un orgoglio grande quanto una casa -, nel momento in cui comprende che non ho intenzione di proseguire se non sollecitata.

Faccio una breve pausa per radunare le idee, e intanto rifuggo il suo sguardo. Conto fino a dieci prima di riprendere parola, in modo che non possa accusarmi di essere poco riflessiva. Will è rimasto impalato fuori dalla stanza, indeciso tra l'andarsene e avviarsi già in macchina, o rimanere e regalarmi una delle sue solite "perle di saggezza".

"Però non ho mai detto di essere ancora innamorata di lui" chiarisco, con convinzione, inchiodando gli occhi nei suoi per risultare il più credibile possibile.

Ma chi è che voglio convincere davvero: lui o me stessa? Mi guarda con la faccia di chi non mi crede nemmeno un po', però non dice niente. Annuisce, forse fingendo di darmi ragione e rimandando la conversazione a più tardi, e fa per uscire. Rivolgo un cenno di saluto a Will con una mano, che lui ricambia prontamente, sorridendomi in modo rassicurante. Mi metto in piedi e li accompagno alla porta d'ingresso, percependo la stanchezza della notte trascorsa insonne assalirmi tutta in una volta non appena mi alzo. Dopo qualche attimo di cecità e momentanea debolezza, mi ristabilizzo e li raggiungo. Lascio un timido bacio su una guancia a Will, che intraprende la discesa per le scale di fretta.

"Andrà tutto bene, ehi! I suoi genitori ti adoreranno" conforto Colin, che si è trattenuto con me un altro po'.

Gli sistemo il colletto della camicia bianca e gli lascio un bacio a fior di labbra, come ai vecchi tempi, per rincuorarlo. Il leggero strato di barba bionda mi solletica e punge la pelle, perciò mi distanzio poco dopo, anche se sono abituata a Evan, che - a meno che non lo torturo fino allo sfinimento - non se la fa mai, la barba. Fosse per lui, sembrerebbe eternamente un barbone. Colin mi sorride e sospira.

"Non fare cazzate - mi intima, ponendo un piede oltre la soglia, pronto ad andarsene - Non senza di me, almeno" mi raccomanda, completando la frase e facendomi ridacchiare.

Scende anche lui le scale e io mi chiudo la porta alle spalle, per poi poggiarmici contro. Ripercorro l'ambiente con gli occhi e penso a quando sono tornata qui in America, due anni fa, e mi sono sistemata in pianta stabile a Filadelfia. Non è un super attico, ma l'affitto non è caro arrabbiato, e per una persona sola va abbastanza bene, visto che è un monolocale di una ventina di metri quadrati. Non è proprio in centro, ma non mi ci vuole molto per arrivare in città con i mezzi pubblici. E poi Evan abita a solo un quarto d'ora da qui. Evan... Ritorno in camera da letto e cerco il cellulare tra la miriade di cianfrusaglie sparse ovunque. Compongo a memoria il suo numero, dopo aver constatato che le chiamate perse da parte sua si sono addirittura moltiplicate, e risponde dopo manco mezzo squillo - cosa che non ritengo neanche umanamente possibile.

"Celeste! Cristo santo, stai bene? Mi hai fatto prendere un colpo... Io... Non eri neppure tornata a casa, e..." prelude, senza darmi il tempo di fiatare, facendomi sentire tremendamente in colpa, perché si è veramente preoccupato tanto quanto io avevo previsto e Colin mi ha confermato.

"Evan, respira. Sto bene. Sono andata a trovare mia zia, stanotte, e sono rimasta con lei. Io... Mi dispiace. Non dovevo comportarmi così, sono stata una bambina" mi scuso, accomodandomi sul letto e massaggiandomi le tempie con le dita della mano che non sta mantenendo il telefonino.

"Ma tra noi è tutto okay, giusto? Non sopporterei di aver mandato tutto a puttane per una cretinata che ho fatto senza ragionarci. Non dovevo metterti all'angolo così, a cena, in un luogo pubblico. Dovevamo parlarne fra di noi" mormora, e il suo tono di voce mi risulta così afflitto, che mi si stringe il cuore.

"Certo che è tutto okay tra noi, idiota. Che ne dici di passare da me, stasera, così stiamo un po' da soli, io e te, e ne parliamo con calma?" propongo, omettendo volutamente il fatto che io soffra incredibilmente la sua mancanza.

"Passo dal ristorante cinese che ti piace tanto per prendere la cena, e compro una bottiglia di quel vino che adori al supermercato" afferma, e sembra essersi ripreso, cosa che mi fa automaticamente sorridere.

"Stai cercando di comprarmi?" lo prendo in giro, rilassandomi visibilmente, anche se il mal di testa che ho da stamattina non sembra comunque affievolirsi.

"Sto cercando di far capire alla mia ragazza che la amo davvero, e di farmi perdonare per essere stato un coglione. E poi una donna bisogna conquistarla ogni giorno, anche se è già tua. Sebbene ti confesso di non ricordare dove ho letto questa frase" precisa, e dal tono di voce che sta usando capisco che sta sorridendo almeno quanto me.

"Che donna fortunata" commento ironicamente, ridendo dopo aver pronunciato la frase e giocherellando con una ciocca dei miei capelli.

"Sono io quello fortunato. Ora devo andare: purtroppo il dovere mi chiama. Non vedo l'ora che sia stasera" si congeda, facendomi sorridere ancora più ampiamente.

"A stasera, tizio fortunato" lo saluto, sorridendo ancora e interrompendo la comunicazione subito dopo aver sentito il suo accenno a una risata.

No, Evan non merita che gli faccia un torto come quello. Non lo merita assolutamente. Poggio il cellulare sulla scrivania e mi convinco mentalmente di dover mettere un po' d'ordine in questo porcile e nella mia testa. Non che non somigli a un porcile a sua volta, ma almeno i miei pensieri non può vederli nessuno. Questa casa sì. E se Evan vede tutto questo disordine gli viene un attacco di cuore.

×××

"Buonasera, signorina. È la casa giusta?" mi domanda, non appena gli apro la porta d'ingresso, vedendolo destreggiarsi con due buste di plastica bianca in una mano e una bottiglia di vino rosso nell'altra.

"Dipende da quale casa sta cercando" sto al gioco, mantenendo la porta socchiusa.

"Uhm... Ora che mi ci fa riflettere, non lo ricordo più. Ma doveva essere sicuramente quella di una ragazza sexy dai seducenti e comunicativi occhi azzurri" fa il cascamorto, e io ci cado come una pera cotta, perché gli apro la porta e lo faccio entrare.

Si dirige in cucina a posare tutto, e, quando si accorge di come ho predisposto la tavola e ordinato la casa, si volta sorpreso verso di me e mi squadra sospettoso. Mi avvicino e assumo una finta espressione innocente.

"A cosa devo tutte queste accortezze?" indaga, incastrando i limpidi occhi blu nei miei.

Non rispondo, ma congiungo le labbra alle sue e faccio per allontanarmi qualche secondo dopo, ma lui reagisce e mi bacia con più foga, trattenendomi e ponendo le mani ai lati del mio collo. Io faccio altrettanto, e mi ritrovo presto seduta sul ripiano della cucina, mentre lui passa a depositarmi baci languidi sul collo, facendomi fremere.

"Non possiamo passare direttamente al dessert senza aver prima mangiato niente" biascico a fatica, distratta dalle attenzioni che mi sta riservando.

Mugugna qualcosa di incomprensibile, prima di staccarsi e tornare a guardarmi negli occhi.

"Ho avuto paura di perderti" mi confida tristemente, e il suo viso stanco e provato mi dimostra che la notte scorsa non deve aver dormito molto nemmeno lui.

Gli prendo il volto tra le mani e gli bacio la punta del naso, accarezzandogli con i pollici le guance coperte da un sottile strato di barba.

"Però ora sono qui" lo conforto, spettinandogli affettuosamente i capelli biondo scuro, incapace di promettergli che ci sarò sempre, perché, per qualche strana ragione, sento che non potrei tenere fede alla promessa.

Ma zittisco presto quel ronzio fastidioso nella mia mente e lascio che il suo sorriso radioso mi colmi il cuore.

"Sometimes before it gets better,
The darkness gets bigger,
The person that you'd take
A bullet for is behind the trigger.
Oh, we're fading fast,
I'll miss missing you, now and then".

N/A

Boom, I'm back, bitches!

AHAHAHAH Okay, finito il momento da fangirl di PLL, volevo solo comunicarvi che i primi capitoli saranno tutti più o meno così: non troppo lunghi. Volevo specificarlo per quelle che sono abituate ai poemi che scrivevo per gli ultimi capitoli del prequel. E mi dispiace per questo, ma non me la sento di rifilarvi dei mattoni già a inizio storia.

Al prossimo capitolo con una misteriosa ma piacevole novità x

Un bacio,

Rita

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