Il tuo nome sul mio polso - N...

Galing kay xbondola

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PUÒ ESSERE LETTA DA CHI NON CONOSCE L'OPERA ORIGINALE. Le chiamano anime gemelle: due persone legate da un so... Higit pa

Il tuo nome sul mio polso
I
II
III
IV
V
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
Epilogo
Ringraziamenti

VI

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Galing kay xbondola

L'aria all'esterno del locale era fredda e Thomas rabbrividì nella sua giacca, stringendosela al petto. Newt estrasse dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette e un accendino nero, sul quale era raffigurato un piccolo teschio bianco. « Vuoi? », chiese all'amico. Thomas scosse la testa spostando il peso da un piede all'altro e Newt annuì, infilandosi la sigaretta tra le labbra sottili. L'accese con pochi e rapidi gesti e si lasciò riscivolare pacchetto e accendino nelle tasche. Inspirò a fondo e Thomas lo vide rilassarsi sotto l'effetto della nicotina: il ragazzo biondo abbandonò la sua postura rigida e chiuse gli occhi, appoggiandosi alla parete alle sue spalle. Thomas percorse il suo corpo magro con lo sguardo e deglutì. « Quindi... », mormorò Newt, senza aprire gli occhi, « non sei più in punizione, eh, Tommy? »
« No ». Thomas guardò altrove e ridacchiò, pensando alla messinscena organizzata da Teresa giorni prima. « Dovrei esserlo, effetti », continuò, pensieroso. « La fine della punizione era prevista per domani. Teresa ha convinto mio padre a lasciar perdere ». Scosse la testa, sorridendo. « Adoro quella ragazza ».
Newt sbatté le palpebre un paio di volte e aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse. Stette in silenzio e si portò di nuovo la sigaretta alle labbra.
Thomas si dondolò sui piedi, a disagio. Era così semplice parlare con Newt quando non erano l'uno di fronte all'altro! Adesso, invece, erano separati da un muro invalicabile, fatto d'acciaio, impossibile da eludere o da sfondare. Newt aveva gli occhi bassi, fissi sull'asfalto, tra le punte delle sue converse e Thomas sapeva che era a disagio quanto lui. Non riusciva a spiegarsi come, ma guardare il suo volto era come guardare le pagine di un libro: riusciva a leggerlo meglio di quanto riuscisse a leggere sé stesso. Questa consapevolezza gli provocò un brivido che lo attraversò come un'onda.
« Teresa ha detto che le hai parlato di me », disse Newt, trascinandolo via dai suoi pensieri. Thomas sentì il sangue affluirgli al viso, tingendolo di rosso. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Newt, due pozze scure in cui si era fatta strada la stessa incertezza di poco prima. Riusciva a vederla, nonostante l'altro tentasse di mascherarla con un sorriso storto.
« Le ho parlato di tutti voi », borbottò Thomas, roteando gli occhi.
Newt soffiò via il fumo dai suoi polmoni con una risata. « Che delusione », disse quando si fu calmato. « Ed io che credevo di essere speciale ».
Thomas ridacchiò, ma la sua risata si spense quando alzò lo sguardo e incrociò le iridi dell'altro ragazzo. Scintillavano, divertite, ma sul fondo di quello specchio scuro si agitava qualcos'altro: una smania nascosta, un desiderio celato.
« Se lo fossi davvero? » Thomas trattenne il fiato l'attimo dopo aver pronunciato quelle parole. Si era lasciato sfuggire quella domanda senza rendersene conto e ora Newt lo osservava con gli occhi sgranati. La sigaretta pendeva mollemente dalle sue dita e il fumo si sollevava dalla sua mano per poi dissolversi nel nulla attorno al suo volto.
Thomas era pietrificato. Le braccia distese lungo i fianchi, i pugni chiusi, la mascella serrata: i suoi muscoli erano così tesi da fargli male. Si maledisse dieci, cento, mille volte per non aver tenuto la bocca chiusa: il silenzio che li circondava adesso era così pesante da schiacciarli sotto di sé come insetti sotto la suola di una scarpa. Ben presto divenne insopportabile.
« Newt », cominciò Thomas, muovendo un passo verso il ragazzo che lo osservava. Newt era ancora addossato alla parete, ancora immobile come pietra. Non si mosse neanche quando Thomas fu a un passo da lui, così vicino che avrebbe potuto prendergli le mani tra le sue, se solo avesse allungato il braccio.
« Smettetela di amoreggiare e venite dentro ». La voce di Chuck li interruppe ed entrambi si votarono verso l'ingresso del The Maze, da cui la figura del ragazzino faceva capolino. Il suo volto era attraversato da un ampio sorriso e i suoi occhi scintillavano di entusiasmo.
« Che cacchio vuoi, Chuck? » Il tono di Newt era così tagliente che Thomas gli indirizzò un'occhiata confusa, ma Chuck non sembrò rendersene conto, perché batté le mani con foga e indicò la sala dietro di sé. « Gally ha sfidato Teresa a braccio di ferro! Chi perde paga pegno! »
Newt roteò gli occhi, ma le sue labbra si piegarono in un sorriso divertito. Gettò il mozzicone della sigaretta ai suoi piedi ed esso scintillò per alcuni istanti contro l'asfalto, prima che Newt lo calpestasse per spegnerlo.
« Andiamo a fare un po' di tifo per Teresa, Tommy », disse, indicando la porta con un cenno del capo. « Voglio proprio vedere quel rincaspiato di Gally che viene preso a calci nel sedere ».

« I due piccioncini ci hanno degnato della loro presenza! », gridò Minho quando Thomas, Newt e Chuck si furono avvicinati al tavolo dei Radurai. « La sfida del secolo può cominciare! »
« Rullo di tamburi! », esclamò Winston e Chuck, Minho e Newt cominciarono a battere le mani sul tavolo seguendo un ritmo frenetico. Teresa lanciò uno sguardo a Thomas e posizionò il braccio sulla superficie di legno, puntellando il gomito. La mano di Gally strinse la sua.
« Al mio tre! » Minho si alzò in piedi e si assicurò che tutti stessero in silenzio, poi cominciò a contare: « Uno, due, tre! »
Lo scontro ebbe inizio. I muscoli di entrambi si tesero nello sforzo di piegare l'avversario e condurlo alla sconfitta. Teresa era forte, lo era sempre stata, ma Gally era ben piazzato e Thomas sapeva che frequentava un corso di pugilato o roba simile. Teresa non aveva speranze e lei stessa doveva esserne al corrente: perché aveva deciso di accettare quella sfida, allora?
« Dai, Tes! », gridò Thomas, battendo le mani. Newt lo imitò e « Prendi quel pive a calci nel sedere! », disse, con un sorriso storto che mandò il cuore di Thomas in tilt per un attimo. Lui ricambiò il gesto e tornò a tifare per la sua migliore amica. Teresa digrignò i denti nello sforzo estremo di tenere testa alla spinta di Gally. « Allora », disse, la voce strascicata, « nel caso io perdessi, che pegno dovrei pagare? »
Gally strinse le palpebre e aggrottò le sopracciglia. « Non ho ancora deciso », rispose. « Io? »
« Se perderai », si sforzò di dire la ragazza, « dovrai abbassarti i pantaloni e mostrare a tutti la tua graziosa biancheria intima ».
Il gomito di Teresa scivolò di qualche millimetro e Gally ghignò contro i loro pugni intrecciati, gli occhi attraversati da un lampo di trionfo. « Tanto non accadrà », disse e spinse con più vigore. Il gomito di Teresa scivolò ancora un po'.
« Forse dovrei cambiare pegno ». Fu lei a ghignare, questa volta, e fece un cenno in direzione del suo avversario. « Le tue mutande le hanno già viste tutti, no? »
Gally tentennò e aggrottò le sopracciglia. « Che cacchio dici? »
« Hai la patta aperta, pive ». Teresa marcò l'ultima parola con una certa enfasi. Gally abbassò lo sguardo sui suoi pantaloni e quell'attimo di esitazione gli fu fatale. Teresa bloccò il suo braccio contro il tavolo in un'ultima, decisiva spinta e scattò in piedi, mandando la sedia lunga distesa sul pavimento e alzando le braccia verso l'alto in segno di vittoria. Minho ululò la sua approvazione e le diede una pacca sulla spalla.
Gally batté un pugno contro il legno, il volto rosso e intriso di collera. « Cosa? Ha barato! »
« Andiamo, Gally, ha solo usato l'ingegno! », la difese Newt, sorridendo.
« Esatto! » Minho circondò il collo della ragazza con un braccio. « Non è mica colpa sua se tu ne sei sprovvisto ».
Gally incrociò le braccia sul petto. « È ridicolo. Avrei vinto io se non avesse tirato fuori quel trucchetto del cacchio », sputò fuori, gli occhi dardeggianti di rabbia, puntando un indice contro il petto di Teresa.
« Scusa ». Lei rise e si passò una mano tra i capelli scuri. « Era chiaro che non avrei potuto contare sulla forza fisica per batterti. Mi serviva una strategia. Dovevi aspettartelo ». Si strinse nelle spalle. « Offrimi una birra e siamo a posto », aggiunse poi, indirizzandogli uno sguardo conciliante.
Un coro poco entusiasta si sollevò dai Radurai, ma lei lo ignorò, continuando a tenere gli occhi fissi su Gally, che infine si arrese, abbassò lo sguardo e si allontanò verso il bancone all'ingresso.
« Dovevo immaginarlo », le disse Thomas all'orecchio qualche momento dopo.
« Cosa? » Lei gli circondò il busto con un braccio, sorridendo.
« Che tramavi qualcosa ».
« Sì, avresti dovuto », concordò lei. « Lo sai, Tom, io tramo sempre qualcosa ».
« Ah, sì? » Thomas strinse gli occhi fino a ridurli a due fessure. « Ora cosa stai tramando? »
Teresa gli scoccò un rapido bacio sulla guancia. « Ho intenzione di far ingelosire un certo ragazzo con la passione per i maglioni oversize e la matita nera », mormorò, allontanandosi. Thomas lasciò vagare lo sguardo finché non incontrò quello di Newt, che a pochi metri di distanza osservava la scena con le sopracciglia aggrottate.

Teresa passò il resto della serata appiccicata al fianco di Thomas. Il ragazzo si sentiva a disagio: quando lei prendeva la sua mano tra le proprie, lui scioglieva l'intreccio delle loro dita con un rapido gesto, indirizzandole uno sguardo carico di irritazione che lei non sembrava cogliere. Lei gli si appoggiava contro ogni volta che poteva, gli cingeva le spalle o il busto con un braccio, gli scoccava baci fugaci sulle guance. Thomas sentiva qualcosa nello stomaco che non riusciva a spiegarsi: era una sensazione estranea, aliena, che gli consumava le interiora come acido, ma sembrava, allo stesso tempo, non appartenergli. Era fastidiosa e lo faceva arrabbiare, anche se non ne capiva il motivo: lui non era arrabbiato, si sentiva solo a disagio.
A un certo punto, il ragazzo si alzò in piedi, sbuffando. « Vado a prendere qualcosa da bere », disse e afferrò la sua migliore amica per un braccio. « Vieni con me ». Quando furono lontani dal tavolo dei Radurai, Thomas si voltò per affrontarla. « Credo che la situazione ti stia sfuggendo di mano, Tes », le disse.
La ragazza roteò gli occhi azzurri e incrociò le braccia sul petto.
« Intanto sta funzionando. Newt sta per dare di matto ».
« Davvero? » Thomas si sporse oltre la sua spalla, ma il tavolo occupato dai ragazzi era celato alla vista dal paravento metallico. « Secondo me hai preso un abbaglio, Tes. E poi mi sento a disagio ».
« Oh ». Teresa lasciò che le braccia le scivolassero lungo i fianchi e scrollò le spalle. « Non credevo di darti fastidio ».
« Non sei tu a darmi fastidio, è questa situazione del caspio! »
« Ho comunque raggiunto il mio obiettivo. Newt è geloso ».
« No, non lo è », protestò Thomas, anche se una piccola parte del suo stomaco gridava una cosa diversa. La speranza cominciò a fare il nido tra le sue insicurezze: forse Teresa aveva ragione e lui non si era accorto di niente. C'era una parte del suo cervello che continuava a gridargli che Newt si stava comportando in modo strano da qualche tempo, ormai, restando silenzioso e immobile al suo posto, senza alzare lo sguardo dalle sue mani o dalla bottiglia di birra che stringeva con troppo vigore. Thomas, quando Teresa si era prodotta in una serie di atteggiamenti plateali (sentiva ancora nelle orecchie il suono umido del bacio che gli aveva piantato sulla mascella), aveva osservato l'amico di sottecchi e l'aveva visto alzare gli occhi al cielo, esasperato. La parte razionale della sua mente, però, rifiutava di lasciarsi cullare in simili illusioni.
« Credo di essermi attirata la sua antipatia ». Teresa frugò nella tasca dei jeans e ne estrasse un elastico. Legò i suoi capelli in una coda bassa e si liberò il volto dalle ciocche ribelli sopravvissute alla morsa fatale. « Vedi di sistemare in fretta questa faccenda, così potrò farmi perdonare. Mi sta simpatico ».
« Sistemare la faccenda? »
« Quante domande! » Teresa alzò le mani, esasperata. « Portatelo a letto, Tom! Chiaro il concetto? Vuoi che ti faccia un disegnino? »
Thomas sgranò gli occhi e si batté un palmo sulla fronte. « Teresa! »
La ragazza sbatté le ciglia: era il ritratto dell'innocenza. « Che? »
« Ti ricordo che mi sono ripromesso di aspettare la mia anima gemella ».
« Potrebbero volerci anni. Sai come vanno queste cose, Tom. Tu sei giovane e anche un bel ragazzo e io non permetterò che tu sprechi questa bella faccia che ti ritrovi nell'attesa ».
Thomas scosse la testa. « No. E non insistere, Tes, ti prego. Non cambierò idea ».
Si allontanò verso il bancone e ordinò un'altra birra.

Teresa smise di comportarsi in modo strano. A essere sinceri, ignorò Thomas per il resto della serata. Si sedette accanto a Minho e i due si isolarono presto in una bolla fatta di aneddoti divertenti e storie curiose. Teresa rideva spesso, attirando su di sé gli sguardi degli altri Radurai: aveva una risata contagiosa, di quelle che possono essere osservate, oltre che ascoltate. Il modo in cui chinava il capo all'indietro e batteva le mani era un po' infantile, ma faceva sorridere.
« La tua amica è forte! », sussurrò Chuck all'orecchio di Thomas. Lui si limitò ad annuire, le labbra piegate in un mezzo sorriso. Chuck gli pungolò il fianco con un gomito. « Cosa c'è tra voi? »
Thomas aggrottò le sopracciglia. « È la mia migliore amica, Chuck, non c'è nient'altro ».
Chuck strabuzzò gli occhi, incredulo. « Una gnocca come quella? » Thomas alzò gli occhi al cielo, ma decise di ignorarlo.
« Di' un po', Thomas ». Chuck gli si avvicinò ancora, la voce ridotta a un mormorio inaudible. « Fai parte dell'altra squadra, non è così? »
« Che squadra? »
« Il team opposto ». Chuck alzò e abbassò le sopracciglia, allusivo.
« Opposto a cosa? »
Il più piccolo roteò gli occhi e si lasciò sfuggire un rantolo carico di frustrazione. « Sei gay? », sbottò poi.
« Ah ». Thomas rise e si strinse nelle spalle. Srotolò appena la manica sinistra del maglioncino. « Non proprio, ma - ».
« Tu hai la traccia? » Gli occhi di Chuck si illuminarono. Il ragazzino aveva dimenticato il tono circospetto assunto poco prima e si era prodotto in un gridolino entusiastico che aveva attirato l'attenzione degli altri Radurai, in particolare quella di Minho. Tutti gli occhi erano puntati sul polso di Thomas, che arrossì e balbettò un assenso.
« Tommy », disse Newt, la voce più acuta del solito, « non c'è bisogno che tutti leggano quel nome ». Si era alzato dal suo posto e aveva raggiunto quello di Thomas in un attimo. Le sue dita armeggiarono con la manica del ragazzo e la tirarono giù di qualche centimetro. Ancora una volta, il semplice contatto con la sua pelle scatenò in Thomas una serie di reazioni incontrollabili: era come essere scossi da un terremoto, solo che non era il mondo esterno a muoversi, ma tutto il resto. Thomas strinse la mano tremante di Newt nella sua (qualcosa esplose al centro del suo addome, ma tentò di ignorarlo) e gli indirizzò uno sguardo fugace.
« Non importa, non mi dà fastidio che lo vedano », disse. Newt arrossì e si ritrasse, balbettando delle scuse. « Io esco un attimo a fumare », disse poi e si allontanò dal tavolo.
« Che cacchio gli prende? », chiese Chuck. Nessuno rispose e lui si sporse in avanti per leggere ad alta voce il nome scritto sul polso di Thomas: « Isaac ».
Minho batté un pugno contro la superficie del tavolo. « Lo so io che cacchio gli prende! », sbottò. Si diresse verso l'uscita senza aggiungere altro.
I Radurai si scambiarono occhiate confuse. Frypan si strinse nelle spalle e scosse la testa. « Non ho idea di cosa stia succedendo », ammise.
« Cazzi loro », disse Gally, sbrigativo. « Lasciate che se risolvano questa sploff da soli ».
Chuck annuì. « Non avrei mai pensato di dirlo, ma credo che Gally abbia ragione ».
Winston sorrise. « Troppe cose strane in una sola serata, ragazzi. Cosa caspio sta succedendo qui? »
Thomas abbassò lo sguardo.
Cosa caspio stava succedendo lì?

Quando Minho fece ritorno, era solo.
« Dov'è Newt? », gli chiese Thomas, cercando l'altro ragazzo con lo sguardo. Minho fece spallucce e guardò altrove. « È tornato a casa », gli rispose con voce atona. « Aveva da fare ».
« Quel rincaspiato poteva anche salutare », commentò Gally, ma Minho lo liquidò con un cenno della mano e si sedette al suo posto. Frypan gli poggiò una mano sulla spalla. « Avete litigato? »
Minho se lo scrollò di dosso. « Ma che è tutta questa preoccupazione? », sbottò. « Non è successo niente ».
« Vallo a raccontare a chi ci crede, pive », disse Gally, per poi alzarsi in piedi e infilarsi la giacca. « Io sono stanco e voglio tornarmene a casa ».
« Io no ». Minho gli lanciò uno sguardo di sfida.
Gally si lasciò ricadere sulla sedia, sbuffando. « Dai, Minho », lo implorò.
« Trovati un altro passaggio e non rompere il cazzo, Gally ».
« A chi cacchio lo chiedo? » Gally spostò lo sguardo su Teresa. « Tu hai intenzione di restare qui per molto? »
Teresa indirizzò un'occhiata a Minho, le labbra dischiuse e la fronte aggrottata. « Non lo so », disse, titubante, e Thomas scosse la testa. « Tes, andiamo anche noi, si sta facendo tardi ».
« Amen! » Gally scattò in piedi.
Teresa indugiò per qualche secondo, poi annuì. « Va bene ».

Gally stette in silenzio per l'intera corsa e Thomas gliene fu grato. Anche Teresa non sembrava essere incline al dialogo e questo gli lasciava più tempo per riflettere su ciò che era successo. Aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di strano, un dettaglio che gli sfuggiva e che doveva afferrare ad ogni costo, se voleva sperare di cavare un ragno dal buco.
Quando Gally lasciò l'auto di Teresa e lei e Thomas furono soli, lui parlò. « È successo qualcosa di strano, stasera ».
« Me ne sono accorta », mormorò lei, svoltando a sinistra. Le luci dei lampioni che illuminavano la strada si riflettevano nei suoi occhi e sui suoi capelli, donando loro riflessi arancioni. La ragazza osservò il suo migliore amico di sottecchi. « È stato quando hai mostrato la traccia ai Radurai ».
« Non c'è alcun collegamento tra le due cose. Non può, giusto? »
« Non so ». Teresa sospirò. « Sarà stata una coincidenza ».
« Sì, non c'è altra spiegazione ».
Teresa parcheggiò l'auto di fronte alla casa del suo migliore amico e spense il motore. « Ti piace più di quanto credessi », disse e Thomas fu costretto a distogliere lo sguardo. Lo puntò sulla facciata di casa sua: dalla finestra della camera di suo padre, oltre le tende sottili, si diffondeva una tenue luce azzurrognola. George doveva essersi addormentato con la TV accesa.
« È strano », sussurrò Thomas dopo alcuni secondi. « Spero non sia così evidente come dici ».
« Tom... », cominciò lei, ma le sue labbra si distesero in un ghigno: « o forse dovrei dire Tommy? » Lui le lanciò un'occhiata rovente e lei scoppiò a ridere, alzando le mani in segno di resa. « Okay, scusami, ma devi ammettere che la tensione tra voi si taglia con un coltello ».
Thomas sbuffò e si agitò sul sedile. « Non voglio che questa storia vada avanti. Sono troppo coinvolto, non so neanche come spiegarlo. Se le cose si facessero più serie finiremmo per soffrire entrambi ».
Teresa batté le mani contro il volante e alzò gli occhi al cielo. Dalla sua gola proruppe un verso carico di frustrazione, simile a un ringhio. « Smettila. Di. Essere. Così. Pessimista. Cazzo! » Accompagnò ogni parola con un colpo, prima di accasciarsi in avanti. « Hai sempre fatto le cose senza pensarci su e ora ti metti a rimuginare sul tuo futuro? »
« Non voglio giocare con i sentimenti di nessuno. Questa storia dell'amore libero per noi che abbiamo la traccia è una stronzata e lo sai! » Thomas si slacciò la cintura di sicurezza e aprì la portiera.
« Newt è un adulto », gli ricordò Teresa. La sua voce era più calma, adesso, e il suo sguardo più dolce. « Anche lui possiede la traccia. Se accettasse questa situazione, sarebbe al corrente anche dei rischi che comporta ».
Thomas strinse i pugni lungo i fianchi e uscì dall'auto. « Forse non è per lui che mi preoccupo », disse a mezza voce, prima di chiudere la portiera alle sue spalle. « Forse è per me che ho paura, ci hai pensato? »
Raggiunse la soglia di casa senza guardarsi indietro.

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Fanfiction holdarah