Il tuo nome sul mio polso - N...

By xbondola

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PUÒ ESSERE LETTA DA CHI NON CONOSCE L'OPERA ORIGINALE. Le chiamano anime gemelle: due persone legate da un so... More

Il tuo nome sul mio polso
I
II
III
IV
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
Epilogo
Ringraziamenti

V

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By xbondola

Teresa fece ritorno il mercoledì successivo, senza che Thomas ne sapesse nulla. Quando bussò alla porta della sua stanza, il ragazzo stava sfogliando un libro di fisica. « Sto studiando », borbottò, voltando pagina. La porta si aprì, ma lui non alzò lo sguardo.
« Hai ripreso a studiare? », gli chiese una voce femminile e Thomas alzò la testa di scatto, gli occhi sbarrati. Teresa era ferma sulla soglia. I suoi capelli erano tenuti su in un'alta coda di cavallo, ma qualche ciocca ribelle era sfuggita alla prigione dell'elastico e le solleticava la fronte, appena sopra alle due pozze cerulee che erano i suoi occhi. Sorrideva e Thomas pensò per un attimo che era diventata ancora più bella di quanto già non fosse prima della partenza.
« Tes! », gridò, catapultandosi giù dal materasso per stringerla in un abbraccio. Restarono così per qualche secondo, stretti l'uno nelle braccia dell'altra, dondolandosi piano sui piedi.
« Mi sei mancata tanto », mormorò Thomas al suo orecchio, arrossendo. La stretta di Teresa si fece più forte e lui la sentì sorridere contro la sua guancia.
« Mi sei mancato anche tu », gli rispose lei.
« Perché non mi hai detto che saresti tornata oggi? » Thomas si divincolò dall'abbraccio.
Teresa alzò le mani, stringendosi nelle spalle. « Sorpresa! », esclamò con un sorriso e Thomas le colpì un braccio. Lei spalancò gli occhi e scosse la testa, ostentando un'espressione scioccata. « Bel mondo di darmi il bentornato! » Gli restituì il colpo e lo superò, gettandosi sul suo letto. Indicò con un cenno della mano il libro abbandonato sulle coperte. « Stavi davvero studiando, Tom? »
Lui fece spallucce. « Tentavo », disse, sedendosi accanto a lei.
« Sarei dovuta venire stasera. Non mi va di disturbarti ». Fece per alzarsi, ma Thomas la tenne per un polso e lei sbuffò. « Devi studiare, Tom ».
« Ti va di darmi una mano? E stasera resti a cena, huh? »
Teresa roteò gli occhi, ma le sue labbra sottili erano distese in un sorriso morbido. « Va bene », cedette. « Allora prendi quel libro e mettiamoci a lavoro ».
« Bene così ».

« Allora, Teresa, dove sei stata in queste settimane? », le chiese George, afferrando un trancio di pizza. Erano seduti a tavola da pochi minuti.
Teresa si strinse nelle spalle.
« Mia madre aveva delle faccende da sbrigare. Ne abbiamo approfittato per fare un salto dai miei zii ».
Thomas deglutì il boccone che stava masticando e bevve un sorso di coca-cola. « Senza di me ti sei annoiata a morte, ammettilo », la punzecchiò. Lei rise e scosse la testa, alzando gli occhi al cielo, poi gli lanciò un'occhiata complice.
Era arrivato il momento.
Avevano passato le ultime ore a studiare fisica, finché la noia aveva preso il sopravvento. Si erano ritrovati a chiacchierare del più e del meno, del soggiorno di Teresa dagli zii, delle fastidiose abitudini di sua cugina e poi il discorso era tornato a vertere su Thomas, sui Radurai, su Newt...
« Sono proprio curiosa di conoscerli », aveva detto Teresa. « Potresti portarmi con te, la prossima volta che vi vedete ».
« Questo sabato si rivedono al bar, ma io sarò ancora in punizione, temo ».
« Lascia fare a me ».
Thomas non sapeva quali fossero le intenzioni della sua migliore amica, ma si fidava di lei. D'altra parte, suo padre l'adorava e forse si sarebbe lasciato convincere...
« In realtà è proprio così », disse la ragazza abbandonandosi a un sospiro teatrale. « È stata una noia mortale. Non vedevo l'ora di tornare a casa ». Addentò un trancio di pizza e masticò in fretta, continuando a bofonchiare: « Questo sabato pensavo di andare a fare un giro con Tom ».
George alzò lo sguardo dal suo piatto e scosse la testa. « Mi dispiace, Tom è in punizione ».
Teresa simulò un'espressione di sorpresa. « In punizione? » Si voltò verso Thomas con gli occhi sbarrati e lui alzò lo sguardo al soffitto. Come le riusciva bene!
« Esatto », borbottò George, « e ci resterà fino a domenica. Niente cellulare né uscite ».
« Signor Edison », tentò Teresa, ma lui la interruppe con un cenno della mano. « Chiamami George », le disse con un mezzo sorriso.
Lei ricambiò. « George », si corresse, « non si potrebbe fare uno strappo? »
George sbuffò. « Teresa... ».
« Solo per questo sabato! » La ragazza si raddrizzò sulla sedia e indirizzò a Thomas un'occhiata fugace. « Ho comprato dei biglietti per un piccolo concerto e speravo che Thomas potesse accompagnarmi ».
« Dovrai trovare un'altra compagnia ».
Thomas emise un gemito di frustrazione. « Te l'avevo detto », le mimò con le labbra, senza emettere alcun suono. Lei lo ignorò. « Non saprei a chi altro chiedere », disse, tentando di dare alla sua voce un'impronta di disperazione. Thomas si ritrovò a ringraziare la ragazza e la sua passione per la recitazione: cinque anni di teatro erano serviti a qualcosa.
George sospirò. Tentò di articolare qualche debole protesta, ma Teresa continuò a insistere. « Va bene », cedette infine lui. « Thomas ha comunque sofferto abbastanza ».
Qualche minuto dopo, Teresa attirò l'attenzione del suo migliore amico, che spostò lo sguardo sulla sua mano al di sotto del tavolo. La ragazza gli mostrò il dito medio e, quando fu sicura che George non stesse guardando nella loro direzione, mimò con le labbra: « Fanculo al tuo pessimismo, Tom! »

La settimana trascorse rapida e Thomas se la vide passare davanti agli occhi come un lampo. Non accadde nulla di entusiasmante, in quel lasso di tempo (era ancora senza telefono e ancora confinato tra le mura di casa), ma il sabato sera si faceva sempre più vicino e con esso il momento in cui si sarebbe lasciato alle spalle la punizione e avrebbe rivisto i Radurai.
Il momento in cui avrebbe rivisto Newt.
Quel pensiero gli metteva sotto sopra lo stomaco in un modo che lo rendeva euforico e terrorizzato al tempo stesso. Era la sensazione più strana che avesse mai provato, un mix letale di agitazione e aspettativa, eccitazione e imbarazzo: lo scuoteva dall'interno come un terremoto, gli metteva a soqquadro la mente, gli annodava i pensieri. Le emozioni che gli suscitava il pensiero di Newt si irradiavano in ogni parte di lui come il più dolce dei veleni.
Avevano cominciato a scambiarsi messaggi. Nel pomeriggio, quando suo padre lo lasciava da solo per andare a lavorare, Thomas scivolava nella sua camera e sfilava il cellulare dal solito nascondiglio. Ogni volta si ritrovava a sorridere allo schermo, lì dove il nome di Newt campeggiava a chiare lettere, sempre accompagnato dalla scritta "online". I due ragazzi parlavano del più e del meno e si scambiavano domande, nel tentativo di conoscersi meglio, ma Thomas era tormentato dalla sensazione che si conoscessero da sempre. Era un'idea stupida, se ne rendeva conto, e lo faceva sentire come il protagonista di uno di quei film d'amore che tanto detestava, ma era così che si sentiva quando si ritrovava a parlare con Newt.
Qualche volta, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi cullare da Morfeo, Thomas arrivava a pensare che, forse, avrebbe potuto mettere da parte la traccia, almeno per un po'. Voleva avvicinarsi a Newt, voleva avere la possibilità di scoprire se lui provava le stesse cose nei suoi confronti.
Voleva capire.
Erano pensieri che abbracciavano la sua mente ogni sera, quando nella sua camera la luce era debole e i contorni delle cose si perdevano tra le ombre. Lo assalivano nei suoi momenti di debolezza, quelli in cui Thomas abbandonava ogni difesa per stringere a sé un sogno, rincorrere un'illusione, farsi del male come solo lui sapeva fare.
Al mattino, la consapevolezza lo riportava sui suoi passi. Si ritrovava a sorridere dinanzi allo specchio, Thomas, pensando che, diamine, era stato uno sciocco a credere che fosse possibile, anche se solo per un attimo, un istante, quello subito prima di addormentarsi...
I giorni si erano trascinati l'uno dietro l'altro e sabato era arrivato. Thomas e Teresa sarebbero dovuti essere al bar di lì a poco e lui era ancora svestito. Teresa, seduta sul bordo del suo letto, sbuffò. « Metti quello che avevi scelto ».
« Quella felpa mi va stretta ».
Lei alzò gli occhi al cielo. Indicò un punto nel suo armadio. « O mio Dio. Allora metti l'altra ».
« Brutto colore ».
« E perché diavolo l'hai comprata? »
Thomas scosse la testa e rovistò in uno scaffale. « Era un regalo. Che ne dici di questo? », chiese poi, mostrandole un maglioncino azzurro.
« Carino. Senti, vestiti e basta, si sta facendo tardi e io non vedo l'ora di uscire da qui ». Si alzò in piedi e uscì dalla stanza. « Ti aspetto di sotto ».
Thomas grugnì una risposta e si infilò il maglione, rabbrividendo contro la stoffa ancora fredda. Estrasse la sua giacca nera dall'armadio, prese le chiavi dal comodino e si avviò verso l'ingresso di casa. Suo padre e Teresa stavano chiacchierando in soggiorno, ma, quando vide suo figlio scendere le scale, George si alzò dal divano e gli porse un oggetto, sorridendo. « Dichiaro ufficialmente conclusa la tua punizione », disse. Thomas ridacchiò e afferrò il suo cellulare. « Da quanto tempo », borbottò, sentendo le guance in fiamme a causa della bugia appena pronunciata. Accese il dispositivo e osservò lo schermo illuminarsi. Sorrise appena a suo padre e lanciò un'occhiata complice a Teresa, che soffocò una risata nella manica del cappotto. Thomas si morse l'interno della guancia per trattenersi dal fare altrettanto.
« Ora è meglio che andiamo », disse e si mosse in direzione della porta. Teresa lo raggiunse con poche falcate e, dopo che ebbero salutato George, i due ragazzi si ritrovarono in strada. Teresa guidò Thomas nel punto in cui aveva parcheggiato la sua auto e lui le tenne dietro, controllando i messaggi che gli erano arrivati quel giorno. Ignorò Minho e Chuck e le sue labbra si distesero in un sorriso quando lesse il nome di Newt. Gli aveva inviato la foto di un cliente vestito in modo molto appariscente, commentando: "Tommy, penso che stasera potresti presentarti così al The Maze, che ne dici? ;)"
Da quando avevano cominciato a sentirsi su WhatsApp, Thomas aveva scoperto che Newt lavorava come cameriere per tre giorni alla settimana, compreso il sabato, in un piccolo bar "frequentato da gente strana", come Newt stesso gli aveva raccontato. Ogni tanto gli mandava delle fotografie: una donna con due gonne indossate l'una sopra l'altra; un uomo che se ne stava seduto al proprio tavolo, leggendo un giornale al contrario; una coppia di ragazzi travestiti da banana e poi l'uomo che gli aveva appena mostrato, che indossava un paio di pantaloni attillati (anche troppo) a strisce viola e gialle e un maglione di cashmere verde tiffany. Sui capelli neri, unti e legati in una coda di cavallo, portava un berretto leopardato che recava sulla visiera la scritta FUCK ME.
Thomas scoppiò a ridere mentre si accomodava sul sedile del passeggero dell'auto di Teresa e lei gli scoccò un'occhiataccia. Lui si strinse nelle spalle e digitò una risposta: "Ci tieni tanto a vedermi con dei pantaloni così attillati, eh? :P Peccato che mi sia già vestito...". Esitò e si morse il labbro inferiore prima di inviare, per poi pentirsi di ciò che aveva fatto l'istante successivo in cui ebbe cliccato sulla spunta di invio. Quello era decisamente un tentativo di flirt, cosa gli era venuto in mente? Newt lo avrebbe trovato strano.
Thomas si agitò sul sedile, guadagnandosi un'altra occhiata rovente dalla sua migliore amica. « Cosa diavolo ti prende? », gli chiese, tornando a guardare la strada davanti a sé. Thomas si limito a lamentarsi a mezza voce, senza dire nulla di concreto. Fissava lo schermo del suo telefono con le labbra curvate in un'espressione di disgusto e apprensione.
Quando il dispositivo vibrò, segnalando l'arrivo di un nuovo SMS, Thomas rischiò di lanciarlo contro il parabrezza.
« Tom! » Teresa scoppiò a ridere e lui arrossì. Il sorriso sulle labbra di lei divenne presto un ghigno consapevole. « Stai chattando con tu-sai-chi? », chiese a Thomas, alzando e abbassando le sopracciglia a un ritmo frenetico. Thomas roteò gli occhi e aprì il messaggio, borbottando: « Non credo proprio che Voldemort sia propenso all'utilizzo di certe tecnologie babbane ».
Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo (mescolato a una risatina nervosa) quando lesse la risposta di Newt: "Mi hai beccato, Sherlock. Peccato, perché quei pantaloni ti starebbero una meraviglia ;) almeno adesso so cosa regalarti a Natale".
Thomas non rispose e si infilò il cellulare nella tasca anteriore dei jeans. Teresa sorrise e scosse la testa. « Cosa ti ha scritto? Stai andando a fuoco ».
« Credo stesse flirtando con me ».
Il sorriso le si allargò sul volto e lei trillò: « Le cose si fanno interessanti! »
« Anche troppo », borbottò Thomas, così piano che la sua migliore amica non riuscì a sentirlo. Sbirciò oltre la manica del maglione e percorse ancora una volta il nome della sua anima gemella con lo sguardo, rabbrividendo.

Teresa parcheggiò l'auto accanto all'ingresso illuminato del The Maze, spense il motore e si voltò verso Thomas, inchiodandolo al sedile con i suoi occhi azzurri.
« Siamo qui », disse e Thomas si limitò ad annuire, slacciandosi la cintura di sicurezza. Lei si ravviò una ciocca di capelli. « I tuoi amici sanno che ci sarò anch'io, stasera? », gli chiese.
« Sì, ne ho parlato con Minho ». Teresa annuì senza dire nulla, si sistemò il cappotto e aprì la portiera. Thomas la imitò e insieme si avvicinarono all'ingresso del bar.
L'interno del The Maze era cupo e soffocante come l'ultima volta. La sala era pervasa da un'atmosfera pesante, dovuta in prevalenza alla densa luce bluastra che si diffondeva dalle lampade al neon affisse al soffitto. Il barista, un uomo corpulento dai capelli grigi, alzò a malapena lo sguardo dal bancone quando i due ragazzi gli passarono davanti.
« I tuoi amici hanno un ottimo gusto nello scegliere i loro luoghi di ritrovo », commentò Teresa a mezza voce, carezzandosi le braccia con le mani.
Thomas le sorrise, rivolgendole uno sguardo di scuse. « È un po' claustrofobico », ammise, oltrepassando un paravento metallico. In fondo alla sala, addossato a un angolo celato alla vista da un altro separé, c'era il tavolo a cui erano seduti i Radurai. Thomas individuò subito Chuck, sportosi oltre la superficie di legno per colpire Gally con un pugno. Di fronte a lui, Minho sorseggiava una birra, concentrato a scrivere qualcosa sul suo cellulare con la mano libera. Winston e Frypan parlavano tra loro.
Gli occhi di Thomas si puntarono sulla nuca di Newt: il ragazzo era seduto e gli dava le spalle. Sembrò diventare conscio dell'attenzione di Thomas su di lui, perché si voltò senza che nessuno dicesse niente e le sue labbra si distesero in un ampio sorriso non appena ebbe incrociato lo sguardo dell'amico, che ricambiò il gesto, arrossendo.
« Tommy! », gridò Newt, spostando la sua sedia in modo da poter fronteggiare il ragazzo senza alzarsi in piedi. Percorse il suo corpo con lo sguardo, dal basso verso l'alto, con estrema lentezza, poi scosse la testa. « Non è carino come l'outfit che avevo pensato per te », disse con un ghigno, tornando a guardarlo in volto, « ma stai bene, pive ».
« Oh, grazie ». Thomas roteò gli occhi, cercando di ignorare il calore che gli pervadeva le guance e il dolce bruciore che gli lambiva lo stomaco.
« Ehi, Thomas! » La voce di Minho sovrastò il brusio circostante. « Porti qui la tua amica e non ce la presenti? » Il ragazzo si alzò in piedi e li raggiunse. Tese una mano a Teresa e lei l'afferrò, presentandosi. Minho le rivolse un sorriso storto. « Lo so chi sei », disse, mollando la presa. « Io mi chiamo Minho », le disse, fecendole l'occhiolino, « ma tu puoi chiamarmi stasera ». Ignorando lo sguardo confuso della ragazza e le risate che aveva scatenato attorno a sé, Minho indicò con ampio gesto della mano i ragazzi seduti alle sue spalle. « Quei pive lì dietro sono i Radurai: Chuck, Winston, Gally, Frypan. Il biondino con la passione per i maglioni oversize è Newt ».
Newt alzò gli occhi al cielo e sorrise. Strinse la mano di Teresa. « I maglioni oversize sono più caldi », spiegò. « E più comodi, anche ».
Teresa sorrise. « Ah, quindi tu sei il famoso Newt! », trillò, la voce attraversata da una scarica di entusiasmo.
« Famoso, io? » Newt arrossì e inarcò un sopracciglio. Il sorriso sul suo volto si trasformò in un ghigno screziato di malizia, ma nel suo sguardo si leggeva una nota di insicurezza che contrastava con i suoi modi di fare.
« Tom mi ha parlato tanto di te », proseguì lei, gli occhi scintillanti fissi in quelli di Newt. Thomas nascose il viso nel palmo di una mano e le lanciò un'occhiata rovente attraverso le fessure tra le dita. Lei gli fece una smorfia e aggiunse: « Mi ha parlato tanto di tutti voi. Radurai, eh? Fico! »
Thomas roteò gli occhi e superò i due ragazzi senza guardarli, gli occhi fissi su Chuck, che lo salutava agitando una mano. Ricambiò con un sorriso forzato: avrebbe ucciso la sua migliore amica più tardi, ora c'erano troppi testimoni per i suoi gusti.
« Ehi, Chuck! », salutò, sedendosi accanto a lui. « Come va? »
Chuck scrollò le spalle. « Al solito. È stata una settimana noiosa ».
Thomas annuì. « A chi lo dici ». Si voltò quando sentì qualcuno prendere posto accanto a sé, convinto si trattasse di Teresa. I suoi occhi incontrarono quelli di Newt e il suo cuore perse un battito. Thomas distolse lo sguardo e cercò la sua migliore amica: si era seduta accanto a Minho, che le stava raccontando qualcosa. Thomas tese le orecchie per carpire uno stralcio della loro conversazione: « Avresti dovuto vedere sua madre! Thomas si è nascosto sotto al tavolo per sfuggirle! »
Teresa rise, rovesciando la testa all'indietro com'era sua abitudine. « Non ci credo! », riuscì a dire tra una risata e l'altra, battendo una mano sulla superficie di legno. L'anello che portava all'indice tintinnava ad ogni colpo.
« Ero nel panico », protestò Thomas, sorridendo. « Ho rimediato anche qualche calcio da quel genio di Gally ». Gli indirizzò un'occhiataccia, ma lui non sembrò neanche accorgersene. Si strinse nelle spalle. « È stato un incidente », disse, ma il suo sorriso sghembo raccontava una storia diversa. Teresa ridacchiò. Indicò la bottiglia di birra più vicina.
« Posso? », chiese a Minho, che fece per porgergliela, ma, agitandola, si rese conto che era vuota.
« Tieni ». Fu Gally a parlare. Lasciò che la sua bottiglia scivolasse sulla superficie del tavolo e Teresa l'afferrò, ringraziando il ragazzo con un cenno del capo.
« Tu, Tommy? Niente? »
Thomas trasalì, rivolgendo la sua attenzione a Newt che, seduto accanto a lui, giocherellava con il cerchio di metallo attorno al suo pollice sinistro, lo sguardo basso e fisso sulle sue dita affusolate.
« No. Magari più tardi ».
« Ti va di accompagnarmi fuori? Ho bisogno di una cacchio di sigaretta ». Newt si alzò in piedi e afferrò la giacca che aveva adagiato contro lo schienale della sedia. Thomas lanciò un'occhiata a Teresa, chiedendole con lo sguardo se per lei andava bene. La ragazza annuì e lui seguì Newt lungo il corridoio. Al tavolo qualcuno fischiò e Newt si girò per mostrargli il dito medio, prima di tornare a camminare verso l'ingresso del bar.

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