And then I met you... ➼ Temat...

By KPLUTONIE

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Devonne, un ragazzo che non ama parlare di sé, se non in maniera velata, non si fida di nessuno, ha smesso di... More

Capitolo 1 - L'inizio.
Capitolo 2 - Nice to meet you.
Capitolo 3 - You don't scare me.
Capitolo 4 - Like a skyscraper.
Capitolo 5 - ... And now?
Capitolo 6 - I'm not afraid to keep on living.
Capitolo 7 - I've never been broken.
Capitolo 8 - Together.
Capitolo 9 - All I want is a place to call my own.
Capitolo 10 - New feelings.
Capitolo 11 - Look at red changes in the sky.
Capitolo 12 - There's no end of time.
Capitolo 13 - Tu che ti accorgi di me.
Capitolo 14 - You'll be my nightingale.
Capitolo 16 - I try to fight the pain.
Capitolo 17 - Un'emozione tradita.
Capitolo 18 - We are like a time-bomb.
Capitolo 19 - Il tutto del suo niente.
Capitolo 20 - Take back.
Capitolo 21 - Amarti non è mai abbastanza.
Capitolo 22 - A taste of who we are.
Capitolo 23 - Il dolore cambiava tutto.
Capitolo 24 - Quanto si può essere forti?
Capitolo 25 - Vivere il tuo amore.
Capitolo 26 - Le nostre strade.
Capitolo 27 - Altri domani.
Capitolo 28 - Quello sguardo inconsapevole.
Capitolo 29 - Solo l'aquilone e il vento.
Capitolo 30 - Parole che non bastano.
Capitolo 31 - Vivi l'impossibile.
Capitolo 32 - Correre per restare.
Capitolo 33 - Quello che ti porti dietro e dentro.
Capitolo 34 - Mentre ti aspetto, ti lascio andare.
Capitolo 35: Attendendo l'alba.
Extra: Devonne.
Ringraziamenti.
FINALMENTE APPRODO SU AMAZON!

Capitolo 15 - Heart by heart.

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By KPLUTONIE

Grazie alla mia migliore amica, Elena.

Grazie alla Monique e alla Miki.

Grazie a tutti voi.



Le vacanze natalizie oramai erano finite, Amber e Devonne si trovavano nel pieno dei loro compiti scolastici, che avevano dimenticato tra i vari momenti trascorsi con Channing e Jensen. I due amici erano davvero scocciati dal fatto che domani sarebbe ricominciata la scuola e con quest'ultima la solita routine che di magico e unico non aveva proprio nulla.

Amber perché aveva paura di affrontare le interrogazioni.

Devonne perché sapeva che ogni giorno che passava, era un giorno verso Kirk.

"Dev, non riesco a studiare." brontolò il moretto, mangiucchiando la matita, guardando fuori dalla finestra. Il cielo era nuvoloso e si poteva appena sentire il leggero picchiettare della pioggia contro la finestra.

"Neanche io, sarà che forse siamo in piena trepidazione per l'arrivo di tua mamma." rispose il biondino, andandogli vicino.

"A che pensi?" continuò ancora.

"Pensavo a questi meravigliosi giorni passati con voi e a mia mamma e alla scuola." sospirò Amber, proseguendo: "E vorrei tanto che questi tornino indietro e possano ricominciare, perché ho davvero capito cosa significa avere degli amici, aver un migliore amico che ti ascolta la sera mentre straparli del sorriso del ragazzo di cui ti sei innamorato. Ora so cosa significa avere una persona che ti piace e sentirti il cuore in gola... E baciarsi, e capire che in quel momento si può annullare anche lo scorrere del tempo."

Devonne sorrise, facendo correre velocemente i vari flashback di quelle giornate e sì, erano state davvero fantastiche.

"Ci saranno altri giorni come quelli, Amber. Saranno meravigliosi." disse il biondino, credendo in quello che diceva, anche se probabilmente lui non sarebbe stato al suo fianco.

"Lo spero. Secondo te, verso che ora arriveranno i miei genitori e mio nonno?" domandò Amber, cambiando argomento.

"Non so, magari tra un po', è da ieri notte che sono in viaggio. Non li hai proprio sentiti?"

"No, in realtà solo ieri per la buonanotte e mi hanno detto che guideranno pianissimo, facendo molte soste in modo da non far pesare troppo il viaggio a mia mamma."

"Ho capito, ti faccio compagnia fin quando non tornano, così se tua mamma non è stanca, la saluto."

"Sei gentile Devonne, grazie mille."

"Non ringraziarmi Amber, lo sai che a me fa tanto piacere. Ci facciamo un giretto nei dintorni per distrarci un po', ti porti il cellulare dietro, nel caso in cui stessero per arrivare?" gli chiese il biondo, cercando di distrarlo un po', perché negli occhi verdi del suo migliore amico ci leggeva solo tanta ansia e preoccupazione.

"Ottima idea! Non ho voglia di vedere questi libri almeno fino a domani, mi scoppia la testa al pensiero che alla prima ora avremo storia." Rise il moretto, lanciando letteralmente i libri sul letto, indossando uno dei suoi cappellini e il cappotto.

"Sei stato davvero veloce! E poi storia è il minore dei problemi se consideri che avremmo ben due ore di trigonometria."

"Scemolino di un Devonne lasciamo stare va, che sennò davvero mi scoppierà la testa!" Concluse il piccoletto, prendendo il biondino sottobraccio e uscendo di casa.

"Dev, cosa mi dici di Jensen, invece?" chiese il moretto, curioso della risposta del proprio amico.

"Uhm, cosa dovrei dirti?" chiese di rimando Dev, guardando altrove.

"Bah, non so... Dovresti saperlo tu." rise il moretto, dando delle piccole gomitate al biondino, come per prenderlo in giro.

"Su su Amber smettila, non c'è nulla di nuovo, quindi nulla da dirti, sì ehm... sì."

"Ah, che strano... Ed io che pensavo che il suo non mettersi quasi sempre la matita, come prima, fosse grazie ad una certa personcina." rise Amber, sicuro come non mai di aver indovinato.

"Non ci ho fatto nemmeno tanto caso a questo suo piccolo cambiamento." rispose il biondino – omettendo invece che aveva letteralmente adorato quei momenti in cui Jensen mostrava i suoi occhi senza nulla intorno – sussurrando: "Ha degli occhi bellissimi, quell'idiota!"

"Guarda che ti ho sentito eh! Poi gli occhi belli li hai anche te." insistette Amber.

"Okay, mi arrendo. Ti ricordi quando ero spaventato dal fatto che quel Jensen di cui tutti parlavano, avrebbe potuto cacciarmi di casa? O quando i primi giorni ero davvero convinto che lui fosse esattamente come gli altri? Bene, non sapevo quanto mi stessi sbagliando, quanto mi sia lasciato ingannare dalle apparenze, e che ora... Ora tornerei infinite volte indietro, rifarei tutto il mio percorso con Kirk se il risultato di tutto questo fosse il mio incontro con Jensen. Passare le serate con lui, ritrovarmi a litigarci insieme per poi un attimo dopo fare il primo passo per cercarlo, sorprendo anche me stesso." si fermò, sentendosi come un treno che aveva iniziato a viaggiare ad alta velocità, rendendosi conto che questa era una di quelle rare volte in cui diventava logorroico, in cui si sbilanciava, e lo aveva capito quando, guardando Amber, aveva visto il suo viso sorpreso e con su stampato un sorriso a trentadue denti.

"P-Perché mi guardi così?" domandò il biondino, continuando a fissare l'amico.

"Perché sono contento che per una volta ti sia lasciato andare, non lo fai quasi mai." disse Amber, abbracciandolo.

"Sai, ieri sera Jensen ed io prima di andare a dormire, avevamo discusso, cioè non proprio, però mi ha detto che a volte stai male quando magari mi vedi giù, o perso tra i miei pensieri ed io non ti do mai una vera risposta... Mi dispiace."

"Non preoccuparti Dev, cioè sì, ci resto un po' male ma ti aspetto. Aspetto i tuoi tempi, quindi non sforzarti di nulla. E sì, lo so, Jensen sicuramente ha un'opinione e un comportamento molto diverso a riguardo, però va bene, cioè prima o poi ti stuferai e ci farai realmente partecipi della tua vita."

Ti sbagli pensò Devonne, rattristandosi.

Non avrebbe mai potuto renderli realmente partecipi della sua vita, non ce ne sarebbe stato il tempo.

Non avrebbe più potuto trascorrere altri pomeriggi o altre serate con loro.

Non avrebbe più potuto arrabbiarsi con Robert e Victor. Sì, gli sarebbe mancato anche quello.

Mancava davvero pochissimo, e semmai fosse riuscito a scappare ancora una volta da Kirk non sarebbe mai tornato da Stan. Sarebbe letteralmente scomparso, e faceva terribilmente male, rendersi conto che stava per lasciarsi alle spalle tutto ciò che di realmente bello aveva incontrato in vita sua per la prima volta.

"Dev, ci sei?" domandò Amber, destandolo dai suoi pensieri.

"Sì... Scusami, mi ero perso nei pensieri. Sono davvero contento di averti conosciuto Amber, e di aver conosciuto anche Jensen, ma meglio che lui non sappia tutte queste cose, altrimenti il suo ego si gonfia ancor di più." sorrise leggermente Devonne, allontanando ancora una volta quei pensieri sempre più insistenti.

"Già me lo immagino." rise il moro.

Arrivarono davanti al locale, dove erano soliti andare dopo scuola e le decorazioni natalizie erano già state tolte.

Si sedettero al solito tavolo, e iniziarono a leggere il menu, nonostante lo sapessero a memoria, tanto sapevano che alla fine avrebbero optato per la usuale cioccolata calda con meringhe.

"Non avevate dei fottuti compiti da fare, voi due?" sentirono improvvisamente i due amici, e quel "fottuti" e quel tono di voce fece immediatamente girare il biondino, capendo che poteva appartenere solo ad una persona, ritrovandosi davanti il metallaro e il suo migliore amico.

"Ciao anche a voi!" disse Devonne, sorridendo.

I due ragazzi ricambiarono il saluto, prendendo posto vicino a loro.

"Che farete dopo?" chiese il cantante.

"Andiamo a casa sua e aspettiamo insieme l'arrivo dei suoi genitori." spiegò Devonne, voltandosi verso il piccolo Amber che guardava con dedizione Channing.

"Torna tua mamma?" domandò Channing, fissando intensamente il moretto, facendolo arrossire.

"Sì, finalmente." annuì il piccoletto.

"Voi, invece?" chiese il biondino, specchiandosi nel verde limpido degli occhi di Jens.

"Nulla, eravamo in giro. Dovevo comprare un nuovo album ma devo aspettare ancora qualche giorno."

"Che cd?" chiese Devonne, incuriosendosi, e non nascondendo a se stesso che in realtà voleva ancora sentire la voce del più grande, gli era mancata in quelle poche ore che non si erano visti.

"Una band poco conosciuta, ascoltavo molte loro canzoni un paio d'anni fa, resteranno sempre i miei preferiti." spiegò Jensen, regalando al biondino uno dei suoi meravigliosi e provocatori sorrisini.

"Una rottura di coglioni, insomma." intervenne Channing, continuando poi: "Questo gnu rompicoglioni mi ha letteralmente buttato giù dal letto stamattina presto e fino ad ora non ci siamo fermati un attimo, per fare cosa? Trovare un fottuto cd, di una band con un nome per niente originale, che ti fa venire in mente solo gli alieni giganti di quel film che sembra durare più di Titanic." terminò Channing, ridendo.

"Senti tu stupida scimmia non capisci nulla e io ancora mi chiedo come siamo amici." rispose Jensen, assumendo un'espressione scherzosa.

"Migliori amici, per la precisione." continuò Channing, divertendosi nel provocare il più grande.

"Sì, sì va bene. Resta il fatto che non capisci nulla di musica."

"Sarà, ma una band che si chiama Avatar, la prima cosa che ti viene in mente è il film, una gran rottura di coglioni davvero."

"Si chiamano davvero Avatar?" domandò Amber.

"Ma cosa cazzo c'è di strano nel nome Avatar?" domandò, fintamente irritato il cantante.

"Ed è tanto metal questa band?" chiese ancora Devonne.

"Sì." rispose seccamente Jensen, fissando il trio che all'affermazione scoppiò in una fragorosa risata.

"Ecco, non ci basta un migliore amico idiota, ma anche due marmocchi." Sbuffò il cantante, per poi unirsi un secondo dopo alle loro risa.

"Siccome mi son rotto di stare in questo locale, perché non facciamo qualcosa?" propose Channing, picchiettando le mani sulla tavola.

"Ehm...Io... Io non so se posso, vorrei trovarmi a casa quando arrivano."

"Magari solo una mezz'oretta?" continuò Jens.

"Uhm... Va bene." accettò Amber.

Uscirono dal locale, venendo investiti da una leggera pioggerellina.

"'Sta pioggia del cazzo, è una scocciatura. Dove andiamo?" chiese Channing.

"Che cazzo ne so, gnu. Sei tu che volevi andare da qualche parte!"

"Propongo io una cosa bellissima e stupendissima!" esclamò Amber improvvisamente.

"E sarebbe?" chiese Channing, inarcando un sopracciglio, immaginando cosa il moretto potesse aver pensato.

"A casa ho un lettore dvd e un paio di film, possiamo stare lì, prepararci qualcosa per la cena... Magari arriveranno anche i miei genitori." disse Amber, non riuscendo proprio a non pensare a quando i suoi genitori sarebbero arrivati.

"Va bene. Gnu?" domandò il più grande, rivolgendosi all'amico.

"Sì, se si tratta di film, io sono sempre a favore." annuì il cantante, mettendo in moto.

"Casa dolce casa!" urlò Amber, entrando saltellando per casa, suscitando le risate degli amici.

"Amber che ne dici di accendere il camino?" chiese Devonne, strofinandosi le mani l'una contro l'altra.

"Ottima idea, Dev! Manca la legna, se non sbaglio è fuori."

"Vado io, tu inizia a prendere i dvd così i due gnu scelgono." gli fece l'occhiolino il biondo, andando a scontrarsi con il metallaro.

"Dove vai?" chiese Jensen incatenando sempre il suo sguardo in quello di Devonne.

"A prendere la legna per il camino."

"Serve una mano?" domandò il più grande, seguendolo.

"Perché mi chiedi le cose se fai sempre di testa tua?!"

"Cosino impertinente, io sono tutto gentile e non lo apprezzi mai!" disse Jensen, prendendolo in giro.

"Guarda che ho sempre apprezzato la tua gentilezza nei miei confronti." disse sinceramente il più piccolo, sentendo il suo cuore battere più forte.

"Lo so, ma anche perché non potevi non apprezzare il mio fascino irresistibile." continuò il cantante.

Devonne sbuffò, portandosi la mano alla fronte, rispondendogli: "Eccolo che inizia!"

"Certo! Cosino, giusto così, per curiosità... Hai pensato a ieri notte?" domandò a bruciapelo il più grande, facendo fermare per un secondo Devonne.

"Giusto per curiosità, me lo stai chiedendo per sapere se avrò intenzione di dirti qualcosa, se ci ho ripensato?" domandò a sua volta il biondino, sapendo che sicuramente il metallaro si riferiva a quello, perché oramai l'aveva capito che se Jensen voleva sapere qualcosa, non si sarebbe mai arreso.

"Ti dirò che non ci ho proprio pensato e che non cambierò idea, spero che tu non voglia discutere ancora una volta su questo." disse Devonne, guardando la legna per il camino come se fosse la cosa più interessante.

"Non mi aspettavo risposta diversa, in realtà."

"Perché mi sembra che invece te la sia presa di nuovo?" continuò Devonne.

"Non me la sto prendendo, però sai cos'è che mi fa rabbia? Mi fa rabbia il fatto che tu trovi la forza di affrontare Robert e Victor, tirando fuori le unghie, e ora invece diventi un codardo quando si tratta di condividere qualcosa con qualcuno." disse con tono diretto e schietto il più grande.

"Non sono un codardo." sbuffò il più piccolo, portandosi le mani al petto, come a volersi proteggere da qualsiasi accusa.

"Ah no?" continuò il metallaro, sapendo che prima o dopo, Devonne avrebbe ceduto, avrebbe dovuto farlo entrare nella sua vita.
"No."

"Sei sicuro?"

"La smetti di provocarmi? Non sono un codardo."

Se solo avesse saputo cosa avrebbe affrontato tra pochi giorni, non gli avrebbe mai dato del codardo – idiota di un metallaro – pensò silenziosamente Devonne, osservando il più grande.

"Entriamo dentro, quei due staranno aspettando ancora noi."

"Okay." rispose freddamente Devonne.

"Ora mi terrai il muso e farai l'offeso per tutta la serata?"

"Vaffanc-" stava per sbraitare il più piccolo quando le parole vennero bloccate dalle labbra di Jensen che si fiondarono sulle sue, mozzandogli il fiato, sentì le gocce di pioggia cadergli delicatamente sul viso, chiuse gli occhi, appoggiando il capo sul petto del metallaro.

"Non sono un codardo. Riesco sempre ad affrontare qualsiasi cosa, e lo faccio da solo, ho sempre fatto così, e non sono abituato a contare su qualcuno, a dover raccontare qualcosa per trovare una soluzione insieme. Perché a volte nemmeno esistono le soluzioni." iniziò a dire Devonne, fermandosi un attimo per prendere fiato e per cercare di mantenere la sua solita calma, continuando poi: "Non mi serve che uno mi dica che andrà tutto bene, o che passerà, o che d'ora in poi non accadrà più nulla, e che non devo stare sempre sulla difensiva, perché le cose non smetteranno mai di accadere. Il mondo va avanti, nel bene e nel male, capisci?" si trovò a domandargli, continuando a torturarsi le mani nel vano tentativo di riscaldarle.

"Lo capisco perfettamente, cosino... ma tu scappi perché hai paura che infilandoci nella tua vita possa succedere qualcosa anche a noi, non è così? Ma sai che ti dico, che dovresti invece lasciare a noi la decisione. Cazzo, dovresti darci la possibilità di poter decidere."

"Sia tu che Amber cercate sempre di aiutarmi, parli di decisioni, e allora perché non rispetti la mia di decisione?" rispose Devonne, bloccando il più grande.

Mi dispiace si sussurrò nella mente, ma non avrebbe mai cambiato idea, non avrebbe mai permesso che loro due incontrassero Kirk, mai.

"Mi piace insistere, ma se non avessi voluta rispettarla, non credi che sarei andato già via?" disse il metallaro, sciogliendo l'abbraccio, ed entrando dentro.

Devonne sentì una morsa allo stomaco, sentiva la gola bruciare e gli occhi pizzicare e il desiderio di restare ancora stretto tra quelle braccia.

Insistere, rispettare, restare: Jensen.

Mentire, Kirk, andare via: Devonne.

Era quella la differenza tra loro, da una parte lui che cercava di scappare, di andare via, omettendo cose, parecchie cose... e dall'altra Jensen che sconvolgeva tutte le sue premesse, tutti i suoi piani e che restava.

Strinse i pugni e come sempre, nuovamente, deglutì e fece finta di niente, seguendo il moro in casa.

Channing ed Amber avevano già iniziato a vedere un film, scelto dal più piccolo.

Li trovarono seduti sul divano intenti a vedere "Hotel Transylvania."

"State vedendo un film d'animazione?" domandò Jensen.

"Sì, è il mio preferito in assoluto. È bellissimo! Dev vieni, vieni." disse Amber, facendo un po' di spazio all'amico.

"Beh, gnu... questo era il meno peggio, tra "la carica dei 101" e altri film simili, ho preferito questo." spiegò Chann con un'alzata di spalle.

"Immagino. La prossima volta però lo scelgo io il film."

"Cos'è la legna pesava troppo?" prese in giro Channing.

"Ma che simpatico! Aiutami ad accedere il camino invece." disse Jensen, allontanando quel discorso.

Il telefono squillò, e Amber si precipitò su di esso, rispondendo velocemente.

I tre ragazzi aspettarono che Amber finisse di parlare al telefono, restando in silenzio.

Il moretto staccò quasi subito, affrettandosi a dire: "Era mio papà, verso le undici e mezza saranno qui, se non faranno altre soste."

"Finalmente, dai!" esclamò Devonne, abbracciandolo.

"Sì, non vedo l'ora di riabbracciare mia madre! Ma nell'attesa perché non ceniamo noi quattro?" chiese il più piccolo.

"Mi sono ricordato che Stan doveva dirmi alcune cose, torno a casa. Tu resti, gnu?" chiese Jensen all'amico.

"Sì, magari me ne vengo con il cosino lì, senza che dopo torna da solo." disse Channing.

"Non resti quindi?"

"No, Amber. Ci becchiamo in giro, e salutami i tuoi." rispose velocemente, uscendo.

Devonne lo seguì, trattenendolo per un braccio, sussurrandogli: "Perché non resti?"

"Devo davvero sbrigare alcune cose per Stan." lo rassicurò il più grande.

"Quindi non vai via perché sei arrabbiato con me?"

"No, davvero."

"Ci vediamo a casa, allora." disse Devonne, salutandolo con un gesto della mano.

"Sai pensavo che mi avessi seguito perché magari volevi salutarmi per bene." provocò il più grande.

"E cosa intendi per essere salutato per bene?" rispose di rimando il biondino.

"Secondo te?" continuò ancora il cantante.

"Vuoi essere salutato per bene? Allora perché non vieni e ti prendi questo saluto?" rispose ancora il più piccolo, sorprendendo Jensen.

"Sei tu che provochi me, ora?" disse il metallaro, avvicinandosi al biondino e chinandosi di poco verso le sue labbra, e quasi simultaneamente Devonne si alzò sulle punte avvicinando anche lui le sue. I loro respiri si scontrarono e le loro labbra rimasero una in attesa dell'altra, sfidandosi. Jensen cedette per primo, provando a rompere per primo la distanza, ma Devonne con un ghignetto soddisfatto, si allontanò di poco.

"Più veloce la prossima volta...A più tardi punkcoso!" esclamò, chiudendosi la porta alle spalle.

***

I tre ragazzi prepararono una cena veloce per dedicarsi nuovamente al film in pausa.

"Channing... posso chiederti una cosa?" domandò Devonne, improvvisamente.

"Dimmi." rispose il più grande, dando un altro morso al tramenzino.

"Davvero Jensen doveva parlare con Stan?"

"Sì, stamattina ci ha fermati e ha chiesto a Jens se poteva parlargli, non appena si fosse presentata l'occasione."

"Okay, grazie." sorrise Devonne, contento che non fosse una bugia detta a caso e sollevato dal fatto che Jens non fosse realmente arrabbiato con lui.

"Chann ci racconti come vi siete conosciuti?" domandò invece Amber, curioso di sapere come si fossero conosciuti i due ragazzi, se magari fosse successo un incontro come quello tra lui e Devonne.

"Cazzo nanetto, ora che mi ci fai pensare, n'è passato di tempo da quando ci siamo conosciuti lo gnu ed io!" esclamò il più grande, sedendosi sul divano, stiracchiandosi.

"Ci siamo conosciuti un paio di anni fa... A quel tempo avevo bisogno di una stanza, un appartamento anche condiviso con qualcuno, non mi importava, l'importante era che il prezzo non fosse altissimo, così la signora dove lavoro io mi disse che nel suo condominio c'era un ragazzo che era interessato a un qualcosa di simile, così andai con lei dopo il mio turno lavorativo.. ed è così che ho conosciuto Jensen." finì di raccontare Channing, sbadigliando.

"Com'è stata la convivenza poi?" domandò curioso Devonne.

"Con alti e bassi, a volte non ci sopportavamo a vicenda... Poi lui e la sua cazzo di musica, e il suo non lasciarsi sfuggire nulla, dovevo solo abituarmi."

"Devonne ed io ci siamo conosciuti in bagno, è stato buffissimo." rise Amber, pensando a quel loro primo incontro.

"Ma com'è che siamo arrivati a parlare di questo?" scherzò Devonne.

"Oh scemolino di un Dev, si chiama conversare, mi riesce bene no?! Proseguiamo, sicuramente questa domanda ti piacerà Dev, allora Chann c'è qualcosa di imbarazzante sul punkcoso?"

"Porca troia se ci sono di momenti imbarazzanti suoi, va be', un po' serio lo è anche lui, raramente – sorrise, lasciando senza fiato il piccolo Amber – . Un pomeriggio tornai prima da lavoro e lo trovai con i suoi capelli lunghi tutti lisci avanti, e che cantava con una sua pantofola mentre cercava di prepararsi le valigie per tornare qui." rise Channing, pensando a quel giorno, e a quanto fossero cresciuti ora.

Devonne non riuscì a trattenersi, scoppiando a ridere dietro i due, immaginandosi il metallaro con i capelli più lunghi lisci, che gli coprivano tutto il volto, intento a cantare e saltellare avanti e indietro con una stupidissima pantofola, poi si fece improvvisamente serio e si voltò verso Channing.

"Channing... Piaccio davvero a Jensen?" domandò il biondino, stringendo forte la mano del suo migliore amico.

Non riuscì neanche lui a spiegarsi il perché di quella domanda, in fondo aveva dalla sua tutti i momenti passati insieme a Jens, tutti quei gesti che, anche se silenziosi, rappresentavano per lui delle certezze, eppure si sentiva spaventato, aveva bisogno di una conferma da parte di Channing, conferma che l'interesse mostrato da Jens, la sua presenza nei momenti più difficili, fossero qualcosa di reale.

"Biondino, ci vedi bene sì? Hai un cervello funzionante o no?" rispose Chann, nascondendo un lieve sorrisino.

Sapeva solo che non aveva mai visto il migliore amico dedicarsi tanto a qualcuno, lo aveva visto premuroso e insistente solo nei suoi confronti, come solo un buon amico come lui poteva fare, ma come si comportava con il biondino... c'era dell'altro, che andava oltre alla loro meravigliosa amicizia, che andava oltre quell'affetto che provava per quei ragazzi che lui chiamava 'fratellini', e che probabilmente andava anche oltre alla comune definizione di amore. Perché Jensen era capace anche di quello, aveva quella capacità di uscire dagli schemi: amicizia non era solo comune amicizia, affetto non era solo semplice, melenso e fugace affetto, e sicuramente, anche l'amore non sarebbe stato solo amore.

Sorrise nuovamente, pensando: Sì, gli piaci parecchio biondino.

Amber era rimasto in silenzio, continuando a fissare furtivamente il moro, pensando che gli sarebbe davvero piaciuto chiedere a Jensen la stessa cosa, chiedere se lui piacesse davvero a Channing, e gli sarebbe bastata la stessa risposta che poco fa aveva dato quest'ultimo a Devonne, ne sarebbe stato davvero felice.

Sentì un clacson suonare – erano i suoi genitori sicuramente – si catapultò fuori, venendo seguito dagli altri due ragazzi, e sorrisero nel vedere scendere dall'auto il nonno e il padre che lentamente accompagnava la moglie verso l'ingresso.

"Bentornati! Mi siete mancati un sacco!" esclamò Amber, spostandosi per far passare i propri genitori.

Il padre lo salutò con un sorriso, appoggiando delicatamente la moglie sul divano.

"Ci sei mancato molto anche tu, piccolino." disse la voce lieve di Sophie, facendo cenno al figlio di avvicinarsi.

Amber corse e la strinse forte, senza però farle male, riempiendola di baci.

"Stavate vedendo il nostro film preferito?" sussurrò la donna, sorridendo dolcemente.

"Sì, abbiamo cenato anche. Voi?"

"Anche noi, piccolino, non preoccuparti. Sono molto stanca, ma domani mi racconterai ogni cosa, vero?" domandò la madre, baciandogli calorosamente la fronte e scompigliandogli i capelli.

"Certo, mamma. Devi riposarti tantissimo, hai visto che anche Chann e Dev ti stavano aspettando?"

Sophie alzò lo sguardo, sorridendo ai due ragazzi poco distanti da lei.

"Vi ringrazio davvero, siete degli amici stupendi..." tirò un sospiro stanco, continuando: "Siete delle persone meravigliose, le migliori che mio figlio avrebbe mai potuto incontrare."

Channing accennò un sorriso, andando poi fuori.

Devonne sentì gli occhi inumidirsi, era davvero bella quella famiglia, e le parole dolci che Sophie aveva dedicato a Channing e a lui, lo avevano emozionato parecchio.

"Sono io a sentirmi fortunato." rispose Devonne, salutando Sophie con un bacio sulla guancia, seguendo Channing.

"Perché sei qui fuori?" domandò il biondino, fissando le spalle del più grande.

"Non lo so. Perché quella situazione sembra di averla già vissuta, e non volevo riviverla di nuovo." confidò il moro.

"Come mai?" chiese il più piccolo, avvicinandosi.

"Perché dopo quel momento è successo di tutto." dando un piccolo calcio alla neve.

"E' stato per quel tutto che è successo, che quando andammo a Stoccolma, restasti vicino ad Amber non facendolo cedere?"

"Già." rispose semplicemente il più grande.

"Cosa fate voi due qui fuori?" domandò Amber, saltando addosso a Devonne, facendo fermare Channing dal dire altro.

"Mi diceva che dovremmo andare, siamo anche a piedi." rispose Dev, sussurrandogli all'orecchio: "Bene, io vado dentro a salutare tuo padre e tuo nonno." terminò, facendo un occhiolino al suo amico, lasciandolo nel suo imbarazzo.

"Ehm... Grazie, per aver aspettato con noi... il ritorno di mia mamma." balbettò Amber, abbassando lo sguardo.

"Di nulla, nanetto." rispose il più grande, inchiodando i loro sguardi, avvicinandosi.

"A parte Devonne, a nessun'altro sarebbe importato." sussurrò il più piccolo, con un'estrema tenerezza. Disarmante.

"Sei scorretto." proferì Channing, rompendo le distanze.

In quelle ore gli erano mancate quelle labbra morbidi e rosse, il loro sapore e il ricambiare incerto del più piccolo, le loro lingue che nuovamente si scontravano, e che sembravano non si fossero mai separate prima d'ora.

Channing afferrò dolcemente il più piccolo, facendolo aggrappare alla sua vita, mordendogli con altrettanta dolcezza il labbro inferiore, stringendolo a sé.

Le loro labbra si cercarono ancora, spezzando di nuovo la lieve e quasi invisibile distanza, le labbra del più grande suggellarono con passione quelle del più piccolo, regalandogli dei battiti di cuore più forti, facendolo sorridere.

"Mi...." iniziò Amber. Doveva dirglielo, doveva farcela.

"Ti?" proseguì il più grande, aspettando che il più piccolo terminasse la frase.

"Ehm... Uhm... Nulla, vado a chiamare Dev, sì... Vado a chiamarlo!" correndo dentro, dandosi dello stupido almeno una trentina di volte in un secondo...

"Sono uno stupido, maledizione! Dev... sono un disastro." emise il moretto, andando verso il biondino appoggiato al divano.

"Perché?" gli chiese Devonne, guardando il moretto con le guance rosse e lo sguardo lucido.

"Grrr! Sono uno stupido, stupido, stupido!" esclamò stizzito il più piccolo.

"Perché?" chiese interdetto il biondino, nuovamente.

"Argh! Sono uno stupido fifone. Comunque ti sta aspettando fuori per tornare a casa, ho detto che ti sarei venuto a chiamare."

"Ma come? Io l'ho fatto di proposito a lasciarvi un pochino da soli, e te mi vieni a chiamare?!" strabuzzò gli occhi Dev.

"Non mi ci far pensare. Non mi ci far pensare!" sbraitò Amber, seguendo Devonne verso la porta.

"Comunque Amber, qualsiasi cosa tu dovessi dirgli... potresti provarci a farlo nel tuo modo, sai?" consigliò Devonne, aprendo la porta.

"Non è mica facile eh! Ma grazie di tutto Dev, ci vediamo domani a scuola!" si abbracciarono, uscendo fuori e andando verso Channing.

"A domani." disse Devonne, sorridendogli.

"Ciao Chann!" disse, salutandolo con un cenno della mano.

Il ragazzo più grande ricambio con un semplice 'ciao', facendo cenno poi a Devonne di andare.

Se devi dirgli qualcosa fallo a modo tuo.

Doveva dirglielo, farlo a modo suo.

"Ehi Chann!" urlò il più piccolo, correndo di poco fuori, prese un respiro: doveva farcela.

"Sei il mio Zing!" esclamò Amber, arrossendo, e sorridendo corse dentro casa. Ce l'aveva fatta! A modo suo, aveva detto a Channing che gli piaceva.

"Che significa 'Zing'?" chiese Devonne, non lasciandosi scappare il sorriso di Channing.

"È una parola del film che stavamo vedendo, significa: colpo di fulmine." spiegò il più grande, cercando di non far trapelare nessuna emozione.

"Eri molto attento al film, allora!" scherzò Devonne.

"Biondino cosa vuoi sapere?" domandò Channing, sapendo che il ragazzino moriva dalla voglia di fargli quella precisa domanda.

"Nulla, nulla." Prese in giro il biondo, facendogli una piccola smorfia.

"Sai ora capisco perché non sei passato inosservato a Jens."

"E qual è il motivo?" domandò curioso Devonne.

"Scoprilo." rispose semplicemente Channing, certo di aver messo la pulce nell'orecchio del biondino.

"Siamo arrivati, ah Channing... sono contento che tu ti comporta così con Amber e con me."

"Non ti sfugge nulla eh!" esclamò Channing, bussando con la sua poca delicatezza, nonostante fosse mezzanotte passata.

"No, nulla!" annuì Devonne.

"Oh siete tornati!" esclamò Stan, facendoli entrare.

"Tutto bene la madre di Amber?" domandò.

"Sì, era parecchio stanca però. Vado in camera a riposarmi, buonanotte." Rispose, salendo su per le scale.

"Buonanotte Devonne."

Salì le scale, indeciso se passare prima in camera di Jensen, poi decise che sarebbe stato meglio vedersi direttamente l'indomani mattina.

Entrò in camera trovando la luce già accesa, trovandosi la figura di Jensen fermo a frugare nel suo armadio, sentendogli borbottare un "merda", posando quella specie di agendina.

"Perché sei nella mia camera?" chiese stizzito Devonne.

"Nulla, vado via." rispose Jensen, avvicinandosi a lui.

"Perché eri in camera mia?" domandò di nuovo, mettendosi davanti alla porta.

"Non lo so, avevo finito da poco di parlare con Stan, e avevo deciso di aspettarti qui."

"Aspettare non significa frugare nel mio armadio." sentenziò Devonne.

"Senti non volevo, okay?"

Devonne gli si avvicinò, dandogli uno schiaffo.

"Vattene." disse tra i denti Devonne.

Non era realmente arrabbiato con Jensen, era solo spaventato da ciò che avrebbe potuto leggere in quella agenda, di quello che avrebbe scoperto.

"Non ho letto nulla, l'avevo trovata nell'esatto momento in cui sei entrato."

"Non voglio ascoltarti, è facile giustificarsi ora, se non fossi entrato avresti tranquillamente letto."

"L'avrei fatto." asserì Jensen.

Un altro schiaffo.

Jensen gli diede una spallata, uscendo dalla stanza, sbattendo la porta.

'Fanculo.

Devonne chiuse a chiave, appoggiandosi alla porta.

Strinse i denti, impedendosi di piangere. Era consapevole di avere, come al suo solito, esagerato però se solo fosse arrivato cinque minuti più tardi, Jens avrebbe scoperto tutto, dell'esistenza di Kirk e di quello che aveva nascosto a lui e agli altri, era stato questo a fargli perdere la calma: la paura di essere scoperto.

Non voleva capire il comportamento del più grande.

Prese l'agenda nell'armadio, strappò con forza le pagine... intere pagine che parlavano di Jensen, che parlavano di Amber e Channing, pagine e disegni casuali che parlavano di quelle vacanze natalizie, pagine che parlavano di Kirk...

Doveva buttarle, ma non ce la faceva perché aveva scritto quelle pagine quando si sentiva bene, quando si sentiva sconfortato, perché voleva che tutto ciò che aveva iniziato a provare in quella casa, restasse per sempre.

Così le nascose nella tasca di quei vecchi pantaloni di Jensen, i primi vestiti che aveva indossato lì.

Si mise sotto le coperte, sentendo il suo corpo scosso da leggeri brividi, sentiva terribilmente freddo, e desiderava tantissimo che a riscaldarlo ci fossero quelle braccia tatuate.

Si asciugò le lacrime, alzandosi dal letto e deciso più che mai a bussare alla porta di Jensen.

Camminò cercando di non far rumore verso la camera del cantante, bussò alla porta un paio di volte aspettando che Jensen aprisse.

"Chi cazzo è?" si ritrovò davanti il cantante.

"Stavi dormendo?"

"Cosa vuoi?" domandò ancora il più grande.

"Volevo parlarti, vuoi?"

"No, puoi andartene." rispose seccamente il moro con aria dura, pietrificando Devonne.

"Lasc-" iniziò il più piccolo, beccandosi solo una porta in faccia.

Rimase ancora lì, immobile a fissare la porta, sperando che da un momento all'altro Jensen l'aprisse.

Ma non successe.

Scese le scale, diretto verso la cucina, necessitava dei suoi biscotti e di un tea caldo.

"Come mai sei ancora sveglio?" sentì il ragazzo dietro le sue spalle.

"Non ho molto sonno. E lei, Stan?" domandò di rimando il ragazzino.

"Devo abituarmi nuovamente ad andare a letto ad un orario discreto. Ti turba qualcosa?"

"Sì, cioè no, in poche parole ho discusso con Jensen ed ero andato da lui per chiarire, ma mi ha chiuso la porta in faccia." disse Devonne, sbuffando.

"Era parecchio incavolato allora, però vedrai che gli passerà, deve pur sempre mantenere la sua facciata da duro metallaro eh!" rispose l'uomo, contenendo le risate.

"Beh, è che sicuramente avrò esagerato, però non mi aspettavo che mi chiudesse la porta in quel modo." spiegò Devonne con sguardo basso.

"Jensen non è per niente paziente, a volte."

"Sì, l'ho notato. Però ha sbagliato come ho sbagliato io ad esagerare, perché allora fa l'offeso?"

"Magari vuole che tu cerchi di chiarire nuovamente."

"Io non lo cercherò di nuovo." mentì Devonne, sapendo bene che ci avrebbe riprovato ancora una volta.

"Tra voi due non saprei scegliere chi sia il più testardo."

"Quando Jensen ha deciso di andare a vivere altrove, come ha preso la sua decisione?"

"Non ti nascondo che ancora adesso mi manca, e inizialmente è stato difficile perché ero abituato ad averlo sempre al mio fianco, a sentirlo cantare, a discutere delle volte, a scherzare, poi però comprendi che è giusto così, e che la cosa importante è che sappia di avere sempre un papà e una casa che lo aspetta." raccontò Stan, sorridendo nel pensare a quanto suo figlio fosse importante per lui.

"Mio padre era molto severo invece, non credo che accetterà mai il fatto che io sia andato via." confidò per la prima volta il più piccolo... Aveva fatto una fatica abnorme a pronunciare quella parola, il suo caro padre severo, sempre composto e impassibile come una statua, il suo caro padre che mai e poi mai avrebbe accettato la fuga del suo unico figlio.

"Questa è la prima volta che mi parli di tuo padre, non andavate d'accordo?"

"Non saprei, ma diciamo che con i miei genitori non c'era molto dialogo, però probabilmente sì, non saremmo mai andati d'accordo." terminò Devonne, rivivendo momenti della sua vita con i suoi genitori, ed era terribile che nei suoi ricordi ora i volti dei genitori fossero quasi sfocati, come se pian piano li stesse dimenticato, era una cosa terribile, lo sapeva e voleva dispiacersi di questo, voleva dispiacersi del fatto che quasi certamente li aveva delusi, voleva davvero sentirsi dispiaciuto ma la verità era che ora come ora non gliene fregava più nulla.

"Già, ora è meglio che vada a dormire, domani c'è scuola. Buonanotte Stan." Disse Devonne, come per evitare altre domande al riguardo.

"Sì, è davvero molto tardi. A domani e grazie per la chiacchierata." disse l'uomo, sorridendogli.

***

Quindici giorni.

Devonne non aveva dormito per niente, alla fine era rimasto sveglio quelle restanti ore a fissare il cielo. Era iniziato un nuovo giorno. Da oggi mancavano esattamente quindici giorni, quindici maledetti giorni.

Preparò il suo zaino, scendendo giù. Era pronto già dalle sei.

I ragazzi erano occupati a far colazione mentre lui come era ormai solito fare, andò a sedersi silenziosamente al proprio posto, cercando di mangiare qualcosa ma il suo stomaco proprio non ne voleva sapere. Posò lo sguardo verso il posto dove era seduto Jensen, si aspettava che il più grande lo guardasse, mettendolo anche un po' a disagio, ma non trovò nessun sguardo magnetico, nessun sorrisino. Niente di niente.

Si alzò di scatto andando a prendere la sua roba, lasciando la stanza con lo stesso silenzio con cui era entrato, chiudendosi la porta alle spalle.

Corse verso scuola, doveva assolutamente parlarne con Amber.

Si sedette sulla loro panchina non curandosi del freddo pungente, battendo i piedi per terra, aspettando l'arrivo dell'amico.

Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla, si irrigidì all'istante, non poteva essere Amber. Amber arrivava tutto allegro e saltellante.

Deglutì a vuoto, spaventato dall'idea di chi ci fosse dietro di lui, si girò lentamente, trovandosi il suo incubo.

"P-perché sei qui?" balbettò il più piccolo.

"Ero venuto a casa di quel Van Monroe per assicurarmi che non te la fossi data a gambe, sei corso qui e ti ho seguito."

"Devi andare via, a momenti arriverà Amber e tu non devi essere qui, non deve vederti." disse agitato il più piccolo, facendosi indietro.

"E se anche fosse? Non avrebbe il tempo di dire nulla." sentenziò Kirk, con voce dura, tagliente.

"Abbiamo fatto un patto, e manterrò la mia promessa, tu mantieni la tua e va via." disse Devonne, recuperando la sua calma apparente, facendo scattare di rabbia il più grande che si avventò sul biondino, afferrandogli il collo.

"Non manca molto, stronzetto. Vedremo se avrai ancora il coraggio di porti in questo modo con me. Quindici giorni." Terminò, lasciandolo andare.

Devonne tossì un paio di volte, guardando poi la figura di Kirk allontanarsi.

Si sedette, prendendo fiato, non sopportava più quella situazione, voleva solo letteralmente scomparire, dissolversi, come se non avesse mai vissuto. Non sarebbe stato altro che un bene, no?
Niente Kirk. Niente preoccupazione. Niente sentimenti. Niente emozioni. Nulla.

Erano pensieri orribili i suoi.

La scuola iniziava a riempirsi pian piano di persone, e Amber ancora non arrivava e i pensieri orribili continuavano a viaggiare nella sua mente.

"Buongiorno Dev!" sentì da lontano, vedendo il suo migliore amico corrergli incontro, facendolo destare da quei pensieri.

"Ciao Amber, sempre in ritardo eh?" salutò Devonne, provando ad essere sempre il solito.

"Sì, scusami. In realtà quasi mi stavo dimenticando che oggi avevamo scuola." spiegò il moretto, ridendo, schiaffeggiandosi la fronte.

"Ho discusso con Jensen quando sono tornato a casa ieri sera." disse tutt'un fiato il biondo.

"Cosa? Perché?" chiese Amber, diventando serio.

"Perché l'ho trovato in camera mia e mi sono arrabbiato più del dovuto ma in realtà, tutta quell'arrabbiatura era dovuto al fatto che aveva trovato la mia agenda."

"L'avrà fatto per pura curiosità, Dev. Magari non era nemmeno sua intenzione." disse il moretto, cercando di giustificare il metallaro.

"Sì, l'ha fatto per curiosità ma a me ha dato parecchio fastidio, e ho perso per un attimo la calma, non so che mi sia preso. Sai quanto è importante per me quell'agenda, e sai che ci scrivo tantissime cose sopra. La mia paura è che lui potesse leggere di quando incontrai Kirk in casa loro, avrebbe perso le staffe, e non voglio che sappia di quell'episodio." confidò Devonne, omettendo che non si trattava solo di quell'episodio, omettendo che alla fine non era venuto lì solo per dargli una lezione, omettendo che anche poco fa Kirk lo aveva minacciato, ma era pur sempre una mezza verità, andava bene così, no?

"Sì, hai ragione, si sarebbe davvero infuriato."

"Ecco, e ora ieri notte sono andato da lui, volevo chiarire ma non ha voluto sentir ragione, chiudendomi la porta in faccia, e stamattina non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo come era solito fare."

"Siete due testardi voi, però forse dovresti insistere come fa lui con te, no? Magari gli fai capire che sei realmente interessato a questo chiarimento, non so trova la situazione giusta che possa metterlo in condizioni di ascoltarti per forza."

"Ci proverò... tu invece dovresti spiegarmi cos'è uno Zing." gli disse, ridendo, facendo uno strano movimento con le sopracciglia.

"Ah sì... Ecco... Uno Zing... Niente, uno zing è il colpo di fulmine tra Mavis e Johnny."

"E magari anche il colpo di fulmine tra te e Channing, giusto?" scherzò Devonne.

"Senti scemolino di un Devonne, sono state le tue parole di ieri a farmi dire quella frase, dovevo trovare un modo tutto mio per dirgli che mi piace, e l'ho fatto.. E sì, è sciocchissimo farlo in quel modo, ma volevo dirglielo, doveva saperlo... E spero che anche io sia il suo zing, il suo colpo di fulmine, voglio essere importante per lui, anche solo la metà di quanto lui sia già importante per me." raccontò velocemente, trattenendo il fiato fino alla fine.

"Io ho sempre più paura che quando si tratta di Channing tu possa svenire per quanto parli velocemente."

"E mi batte anche forte forte il cuore. Non è bellissimo, Dev?"

"Sì, è vero. Ma sai, una sera quando ero con Jensen, ho avuto per un momento il timore che anche lui potesse sentire il battito del mio cuore andare sempre più veloce." proferì Devonne, pensando a quanto fosse stupido e ingenuo quel pensiero, a quanto sciocco era stato domandarsi: 'E se avesse sentito il suo cuore battere più veloce del solito?'

"Per quanto fosse stato imbarazzante io avrei voluto che sentisse il mio cuore battere sempre più forte, perché così avrebbe davvero capito l'effetto che ha su di me, credo che sia bello quando quella persona è capace di farti accelerare il battito, far fare le capriole al tuo cuore e starei ancora qui a parlottare di cose romanticissime, ma hai sentito anche tu il suono della campanella, vero?" chiese Amber, sbuffando e guardando verso l'entrata.

"Già, a quanto pare si inizia!"

"Yuppi." esclamò ironicamente il moretto, incamminandosi con il biondino verso la sua classe.

La giornata scolastica era giunta al termine, fortunatamente.

Devonne tornò a casa, rintanandosi subito nella sua stanza, doveva trovare di nuovo il coraggio di andare da Jensen. Fece un forte respiro, e uscì dalla sua stanza.

Bussò alla solita porta, venne aperta quasi subito.

"Chi è il rompicoglioni? Ah, ciao biondino." salutò Channing, stiracchiandosi.

"Jensen è in camera?" chiese Devonne, agitato.

"No, e nella sala musica. Detto ciò, ciao!" liquidando velocemente il più piccolo, chiudendo la porta.

Devonne corse al piano superiore, ritrovandosi davanti alla porta della sala musica... Aprire o andare via?

Notò subito il metallaro occupato ad accordare quella che era la sua chitarra.

"Ciao." lo salutò, cercando di avvicinarsi.

"Sono occupato ora." rispose Jensen senza concedergli uno sguardo.

"Non mi importa. Mi ascolterai. Non ce l'avevo realmente con te, okay, mi ero infastidito nel vederti con il mio diario tra le mani, ma me l'ero presa così tanto con te non per il gesto in sé, ma perché sono sempre stato geloso del miei pensieri e non mi andava che venissero letti così... poi ho perso completamente le staffe quando mi hai detto che se io non fossi arrivato lo avresti letto. Mi hai fatto incavolare, e ho esagerato, ma ti sto dicendo anche che mi dispiace... e non dovresti tenermi il muso."

"Mi hai dato ben due schiaffi. Non mi hai lasciato spiegare nulla, ora mi spieghi perché cazzo dovrei stare ad ascoltare le tue solite scuse?"

"Perché ne sono dispiaciuto, e siccome non ho sbagliato solo io, un minimo dovrebbe importarti."

"Te lo avevo detto già che non dovevo farlo, e sì 'fanculo alla cosa che ti aspetto, non sono per le vie di mezzo io, non sopporto di essere escluso da qualcosa, non sopporto vederti assorto e fingere che vada tutto bene. Posso farlo una volta, due... Poi cazzo, vorrei che mi tenessi partecipe, e quindi riprovo ad aspettarti, ma porca troia, resti sempre zitto e io mi sono scocciato dei tuoi silenzi."

"Non riesci a sopportare i miei silenzi, figurati se riuscissi a sopportare tutto ciò che vorresti sapere."

"Non ci hai nemmeno mai provato." disse Jensen, ferendosi l'indice mentre tentava di accordare la sua chitarra.

"L'ho fatto per un cazzo di motivo, okay? E vaffanculo se non lo capisci, continua a far l'offeso, se vuoi. Ti comporti come un cavolo di bambino superficiale."

"Non azzardarti mai più a darmi del cazzo di superficiale." sbraitò Jensen.

"Sta tranquillo, ti lascerò in pace." Finì Devonne, lasciando il più grande da solo nella stanza.

Stava per sentirsi male, si sentiva lo stomaco sottosopra e la testa girare come una trottola; raggiunse a malapena la propria stanza, sdraiandosi sul letto, e lasciandosi andare alle braccia di Morfeo.

Dodici giorni.

Erano esattamente tre giorni, quattromilatrecentoventi minuti e duecentocinquantanovemiladuecento secondi che non parlava con Jensen. E mancavano esattamente dodici giorni alla sua fuga.

Jensen continuava a non rivolgergli nemmeno uno sguardo fugace, voleva provare a parlare con Channing, ma quest'ultimo era sempre accanto al metallaro. Aveva deciso di non seguire i consigli di Amber, perché non voleva ricevere lo stesso trattamento dell'ultima volta, si era ripromesso che non avrebbe più rivolto la parola a quell'idiota ma non ce la faceva, ormai ci era dentro, non poteva sfuggire.

Aveva chiesto a Stan di accompagnarlo al centro commerciale, voleva comprare quel cd a Jensen, trovava così sciocco il loro non parlarsi, e dava la colpa ai loro caratteracci che non riuscivano ad ammorbidirsi quando litigavano.

"Sai il titolo di questo cd?" domandò curioso Stan.

"No, chiederò al commesso." rispose Devonne, sperando con tutto se stesso che quel maledetto cd fosse arrivato.

Girò tra i vari scaffali pieni di cd con musica di qualsiasi genere, beccando finalmente una commessa.

"Mi scusi, sto cercando il nuovo album di una band, si chiamano Avatar, per caso è arrivato?"

La donna ci pensò un po' su, andando poi verso lo stand con la scritta rock/metal, guardando attentamente tra i vari cd, prendendone poi uno.

"Cerchi questo?"

"Penso di sì, non è per me, è un regalo quindi non so se questo sia il loro ultimo cd."

La donna sorrise calorosamente: "Sì, è arrivato giusto ieri, quindi credo che sia proprio ciò che cercavi."

"La ringrazio." sorrise Devonne, stringendo tra le mani quel cd che in quel momento era più importante di tutto l'oro del mondo, già.

"Trovato?" chiese sorridente Stan.

"Sì, l'ho fatto anche impacchettare. Ha una copertina davvero inquietante, meglio che non l'ha vista." scherzò Devonne.

"Immagino, non so come gli possa piacere quella musica, a me dopo un po' farebbe venire il mal di testa."

"Non si può dire che non abbia gusti parecchio originali."

"Fin troppo. Sai Dev, sono contento che lui ti abbia incontrato." confessò Stan.

"Davvero?"

"Sì, perché mi hai ispirato fiducia fin dal primo istante e perché credo che sei una persona davvero meravigliosa, e non so esattamente cosa ci sia tra di voi, ma non sono uno sciocco... quindi non arrenderti con lui." lo incoraggiò l'uomo.

"Mi fa fatica ammetterlo, ma non mi arrenderò con quello stupido metallaro... lui non si è arreso con me." sussurrò Devonne.

Si chiedeva perché mai desiderava così tanto chiarire con Jensen dato che poi non ci sarebbero stati altri momenti tra di loro.
Si chiedeva perché aveva passato quei tre giorni pensando a qualcosa di carino da fare al cantante, nonostante si fosse quasi promesso di lasciarlo in pace.

E la risposta era stata tra le più semplici. Ne valeva la pena.

Valeva la pena per una volta, ingoiare l'orgoglio e probabilmente farsi mandare a quel paese un'ennesima volta.

Valeva la pena far qualcosa di carino per quell'unica persona che nonostante i suoi momenti da pazzo isterico gli era stato vicino.

Valeva la pena cercare altri trecentomila modi per farsi perdonare da Jensen, da quella sola persona che gli aveva regalato le emozioni più belle che avesse mai provato in vita sua.

Ma non appena varcò la porta di casa, Devonne cambiò immediatamente idea. Non ce la faceva a dargli quel regalo, era terrorizzato al pensiero che Jensen non lo avrebbe accettato, così si chiuse in camera come faceva da esattamente tre giorni.

Dieci giorni.

Era a casa di Amber, ed erano passati altri due giorni e il regalo di Jensen era ancora bello impacchettato nella sua stanza, doveva pur darglielo prima o poi, e i giorni passavano, più velocemente del solito. Amber gli aveva detto più volte di consegnarglielo, persino Stan non aveva fatto altro che chiedergli se il regalo gli fosse piaciuto, ma quando seppe che in realtà ancora non gliel'aveva consegnato, non perdeva occasione di incitarlo a darglielo il prima possibile.

"Dev rischia, capperini!" continuava l'amico.

"Amber mi manderà di nuovo a quel paese." asserì Devonne.

"Ma almeno ci hai provato. Cavolo! Dev non ti ho mai visto tentennare per nulla, non iniziare adesso. Dagli quello stupido cd, e falla finita una volta per tutte, gli dimostrerai che se anche stai sempre in silenzio ci tieni a lui. Così facendo invece gli farai solo capire che aveva terribilmente ragione, e che più di tanto non ti frega."

"Ma Amber... Mi frega è quello il punto."

"Io lo so... Ma lui? A Jensen non piacciono le vie di mezzo, non gli piace il grigio. Ma dimostrargli che a volte, il grigio è bello proprio per le sue sfumature."

"Io..."

"Senti Dev, mi hai detto che se dovevo dire una cosa a Channing, dovevo farlo a modo mio. Bene, ora tocca a te, vai da lui ora... in questo preciso istante, prima che io, il piccolo e dolce Amberino, perda la pazienza e con un calcio nel sedere ti faccio arrivare direttamente nella sua stanza."

"Mi stai spaventando..." rise Devonne, seriamente sconvolto dalle parole del suo migliore amico.

"Meglio, vai. Ora!" disse Amber, spingendo il biondino fuori casa, chiudendo la porta.

Sbuffò, non aveva mai sentito parlare Amber così, lo aveva davvero sorpreso, ma aveva ragione, poteva farcela, così strinse i pugni e corse verso casa Van Monroe.

Prese le chiavi che Stan gli aveva prestato, e con le mani tremolanti cercò di aprire la porta di casa, ci mise ben quattro minuti prima di far entrare la chiave nella serratura, facendo un paio di giri ed entrando.

Corse sopra, lanciando la sua roba, prese un fogliettino e cercò di scrivere per la prima volta, un biglietto dolce.

"Non avrei mai pensato di scrivere qualcosa di simile, ma a volte è bello smettere per un attimo di contenersi e decidere di rischiare. Mi manca parlarti, e sapere che quando cado in quei miei silenzi insopportabili ci sono le tue braccia a stringermi. E non ho fatto altro che pensare ad una persona, che mi dice: Non lasciare andare qualcuno che, anche se appena conosciuto, è come se abbia sempre fatto parte della tua vita. When someone walks into your heart through an open door.* Già, solo che il mio cuore non aveva nessuna porta aperta, ma sei stato tu ad aprirla, il mio cuore è un po' ghiacciato, ma nonostante questo tu ci hai saputo pattinare bene sopra, e vorrei che non cadessi proprio ora, che continuassi in qualche modo ad essere colui che rende i miei battiti ancora più forti, assordanti. E ti immagino già a scompisciarti dalle risate quando leggerai questo biglietto, pensando che qualcuno mi abbia dato una bella botta in testa, quindi approfitta di questo momento, conserva questo dannato foglio perché poi potrai anche andarti ad arcobalenizzarti, ma col cavolo che capiterà di nuovo una cosa simile. E nulla, questo pacchettino è il tuo regalo di Capodanno, ricordi? Mi hai regalato un plettro, bene, volevo ricambiare quel tuo regalo. Spero ti piaccia.

Dev."

Oramai era tutto pronto, sia il bigliettino che il cd, non poteva più tornare indietro.

Bussò per l'ennesima volta a quella porta, sembrava quasi di averla consumata talmente delle volte che aveva bussato sperando che Jensen – prima o poi – lo avrebbe accolto.

Doveva esserci, sperava con tutto se stesso che fosse nella sua stanza e che gli avrebbe aperto.

Provò a girare la maniglia, trovando la porta aperta, ed era strano visto che il più grande la chiudeva sempre a chiave, entrò silenziosamente, trovandosi il più grande steso sul letto con gli occhi chiusi e il respiro regolare. Poggiò senza far rumore il biglietto e il regalo sul comodino, lanciando un'ultima occhiata al ragazzo sdraiato sul letto. Quando erano insieme sembrava che anche il minimo rumore fosse capace di svegliarlo, invece ora non si era accorto di nulla. Non sapeva che Jensen non dormiva da quasi cinque giorni.

Devonne sentiva il cuore in gola e le mani tremare, corse a rifugiarsi in camera sua.

Era sceso giù a cenare, perché lo stomaco non riusciva a fermarsi un attimo, brontolava e brontolava, doveva metter qualcosa sotto i denti, anche se l'idea non gli piaceva per niente.

Ebbe un colpo al cuore quando notò che al tavolo c'era Jensen, si sentì in imbarazzo, ma sperò che alzasse lo sguardo per fargli capire che aveva visto il regalo, che gli fosse piaciuto, e il biglietto... Aveva letto il biglietto?

Si sedette vicino a Stan, iniziando a mangiar qualcosa, fregandosene delle battutine sciocche e usuali di Victor, focalizzandosi solo sul moro di fronte a lui.

I loro sguardi si incrociarono finalmente, ma Devonne non vide nulla di quello che si aspettava, rimase solo fisso ad immergersi in quel verde, ma non vide nessuna espressione in particolare.

Salutò Stan, alzandosi deluso dalla tavola, correndo nel suo rifugio personale.

Lanciò il cuscino a terra, si morse l'interno guancia, e malediceva le parole di quel bigliettino. Era stato tutto inutile. Tutto.

Aveva fatto il possibile per recuperare qualcosa, ma Jensen era più duro di un mulo, cos'altro avrebbe potuto fare?

Sarebbe andato per la trentesima volta alla sua porta, e avrebbero chiuso la questione definitivamente, qualsiasi soluzione sarebbe uscita fuori, meglio di rimanere così. Sospesi.

Si recò verso la camera di Jensen, sedendosi a terra, aspettando che il moro salisse.

When your soul finds the soul it was waiting for

(Quando la tua anima incontra l'anima che stave cercando)

When someone walks into your heart through an open door

(Quando qualcuno cammina dentro il tuo cuore attraverso una porta aperta)

When your hand finds the hand it was meant to hold

(Quando la tua mano trova la mano che è stata creata per esser stretta)

Don't let go

(Non lasciar andare)

Someone comes into your world

(Qualcuno che entra nel tuo mondo)

Suddenly your world has changed forever

(Improvvisamente il tuo mondo è cambiato per sempre)

Non seppe quanto tempo aspettò che il più grande salisse, ma non sarebbe tornato in camera sua, e quando finalmente vide la sua figura camminare in corridoio, si alzò, incrociando le braccia.

"Posso entrare nella mia camera?" domandò sarcasticamente il cantante.

"Prego." Fece largo Devonne, spostandosi di poco.

Il moro aprì la propria camera, e questa volta non fece in tempo di chiudere la porta che Devonne si intrufolò.

"Non me ne vado di qui finché non mi dirai perché cavolo non vuoi accettare le mie scuse. Non me ne vado finché non mi dirai che non ti importa più niente di me, che una stronzata come quella di giorni fa è capace di spazzare via ogni cosa."

"Non mi piacciono le vie di mezzo, e anche quel tuo biglietto è pur sempre una via di mezzo."

"Può darsi. Ma mi hanno detto che il grigio ha sfumature che sia il bianco che il nero non avranno mai."
"E se io non amassi le sfumature?"

"Mi avresti mandato già via, non trovi?"

Jensen si fece sempre più vicino, chiudendo con uno scatto la porta a chiave. Sfiorando con il respiro il collo scoperto di Devonne, facendolo rabbrividire.

"E se ti mandassi via, cosa faresti?"

Petto contro petto.

"Resterei lo stesso."

Respiro contro respiro.

"E se fosse rischioso?"

Naso contro naso.

"Rischierei."

Verde contro azzurro.

Labbra su labbra.

Passione. Impeto. Trasporto. Eccitazione.

Le loro lingue si scontrarono, lottando in quella battaglia senza sosta e senza vincitori. Labbra che si suggellavano, che si mordevano e si desideravano, quelle labbra che si erano mancate, come la luna potrebbe mancare alle stelle.

Il più piccolo si aggrappò al collo del più grande, scompigliandogli i capelli, e inebriandosi del loro profumo, caddero sul letto, guardandosi negli occhi, ipnotizzandosi a vicenda.

Si baciarono a lungo, sfidando i propri polmoni, respirando come se fossero un'unica persona.

Jensen sfilò dolcemente il maglione del biondino, scoprendo quella pelle bianchissima, e con mani incerte cercò di fare lo stesso anche il più piccolo, mostrando invece la pelle tatuata del moro.

Tracciò con le dita uno dei suoi tatuaggi, gli piaceva farlo, perché sapeva che erano importanti per il moro.

Jensen suggellò piano la pelle diafana di Devonne, lasciandogli piccoli succhiotti, scese lentamente giù, fino a sbottonargli i jeans, facendoli scivolare giù sul pavimento.

Giocherellò con l'elastico dei boxer del più piccolo, sorridendo nel vedere le gote del biondo, colorate di un leggero rosato. Tirandolo giù, con estrema lentezza, e beandosi di quel suo Paradiso personale.

Era bellissimo Devonne, di una bellezza, rara, unica, pura.

Lasciò scivolare anche i suoi pantaloni, prese tra le mani il volto del più piccolo, facendo in modo che lo guardasse negli occhi.

"Non smettere mai di guardarmi, perché quando posi i tuoi occhi su di me che mi fai sentire vivo." sussurrò Jensen, mordendogli lievemente il lobo. Devonne trattenne un piccolo gemito, non riuscendo a nascondere il suo imbarazzo, Jensen scese pian piano con la lingua verso il sesso del più piccolo, lasciandogli una piccola scia umida, gli baciò l'interno coscia, regalandogli una piccola scossa di piacere e nuovamente ritornò alle sue labbra, dandogli un leggero bacio a stampo, e poi scendendo di nuovo giù, suggellandogli il collo.

Jensen strinse il biondino a sé, abbracciandolo come se le sue braccia non avessero atteso altro che quel ragazzino, iniziò a strusciare la sua erezione con quella di Jensen, soffocando dei gemiti di piacere.

"Ti voglio Dev."

E Devonne a quelle parole non riuscì a non trattenere le lacrime, annuendo.

"Jensen... voglio che sia per sempre." Sussurrò il più piccolo, guardandolo dritto in quegli occhi che l'avevano catturato dal primo momento.

Assecondò i movimenti del cantante, con impaccio e con estrema ingenuità che mandò letteralmente in blackout i neuroni del moro, lubrificò quel piccolo cerchietto di muscoli, con estrema cura, preparandolo lentamente, senza alcuna fretta, come se quell'attimo potesse durare un'eterinità.

Entrò pian piano dentro di lui, e Dev non poté far a mano di irrigidirsi, stringendo le mani contro le lenzuola.

"Rilassati, piccolo" rassicurò Jensen, sfiorandogli il viso, accarezzandogli il petto e fermandosi ad ascoltare il battito veloce di Devonne. Sentì il corpo del biondo rilassarsi un po', ed entrò con un'unica spinta, e baciò con impeto il più piccolo. Iniziò a massaggiare il sesso del biondino, accompagnando quei gesti a lievi spinte.

Quelle spinte aumentarono pian piano, facendosi sempre più veloci, i loro gemiti si diffusero nella stanza, i loro respiri affaticati e i battiti del loro cuore sembravano andare all'unisono. Devonne spinse il bacino verso Jensen, si sporse di poco, stringendolo forte, vennero nello stesso istante.

Si lasciarono indietro, sdraiandosi, il metallaro coprì entrambi, facendo poggiare sul suo petto il biondino, gli accarezzò i capelli biondissimi, e senza che se ne accorgessero, caddero tra le braccia di Morfeo.

I loro visi erano tranquilli, con un leggero sorriso. I loro cuori ripresero a battere con la solita velocità e quella notte il cielo venne solcato da nuvole di un grigio sfumato e le stelle sembravano luccicare ancora di più.


Angolino curiosità: "Hotel Transylvania" è il film preferito di Amber, gli "Avatar" sono davvero una band svedese e Jensen li ascoltava spesso, se non praticamente ogni momento della sua giornata. Devonne nel bigliettino fa riferimento alla canzone di Demi Lovato "Heart by heart".

Note dell'autrice:

Sono praticamente le tre di notte o del mattino, dipende dai punti di vista, quindi vi saluto con un calorosissimo: ciao a tutti!
Lo so, ho aggiornato ora senza neanche avvisare perché ci tenevo a pubblicare questo capitolo di "And then I met you" come ultimo capitolo di questo 2015, spero che abbiate gradito questa folle idea, ma è un modo per dirvi grazie di essere arrivati fin qui, grazie per leggere, commentare, lasciarmi stelline, siete davvero troppo gentili, ciò mi stupisce sempre e non me lo sarei mai aspettato quando quel giorno mi sono finalmente convinta a pubblicare nuovamente questa mia storia. Spero che trascorrerete un bellissimo ultimo dell'anno, spero che le promesse e i progetti che farete a voi stessi inizieranno a prendere vita in questo nuovo anno che sta per arrivare. Io non ci sarò per un paio di giorni, raggiungerò la mia migliore amica, quindi vi auguro anticipatamente un: buon meraviglioso anno!
Grazie di cuore,
A presto,
KEP. xx

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