L'attrazione degli Inferi Win...

By _http_saligia

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Winner Wattys2016. Perché dare una trama, una freccia da seguire, a colui che segue solo la ribellione? Perch... More

Revisione storia.
Tutti i diritti riservati
Grazie.
Prefazione:
Chapter one_Inferno.
_Chapther two_Inferno.
_Chapther three_Inferno.
_Chapther four_Inferno.
_Chapther five_Inferno.
Remember
_Chapter six_Inferno.
_Chapter eight_Inferno.
_Chapter nine_Inferno.
_Chapter ten_Inferno.
_Chapter eleven_Inferno.
_Chapter twelve_[Luogo cosmico].
_Chapter thirteen_Paradiso.
_Chapter fourteen_Paradiso.
_Chapter fifteen_
_Chapter sixteen_
_Chapter seventeen _
_Chapter eighteen_
_Chapter nineteen_Paradiso.
_Chapter twenty I_
WATTPAD E L'ASCIA.
Lo spazio dell'idiota che scrive la storia.
Come fregare wattpad
_Chapter twenty II_
_Chapter twenty III_
_Twenty one_
_Twenty one II_
Domande & Co.
_Twenty two_
_Twenty three. Paradiso_
_Twenty four_
_Twenty five_
_Twenty five I_
Italian Book Party
Pubblicità per voi.
Capitolo finale.
Stima per le acciughe.
Pubblicità pt.1
Nuove storie.
Dietro la scena.

_Chapter seven_Inferno.

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By _http_saligia

[Nella foto Liniæ]

"Dove mi state portando?," chiese cortesemente Liniæ all'autista taciturno.

"Dove mi state portando?,"ripeté alzando il tono della voce. Dovette farlo per diverse altre volte prima che l'autista le rispondesse: "Non mi è stato dato il compito di spiegarle. La pregherei di sigillare le labbra"
"Mi faccia scendere da questo aggeggio!," strillò lei al limite della sopportazione. Era seduta su uno dei sedili posteriori, che erano più comodi del letto in cui dormiva ma non altrettanto spazioso. Infilzò con le unghie il tessuto del sedile per sfogare la frustrazione.
Iniziò a riflettere sulla situazione. Neapolis non le avrebbe mai fatto del male, l'aveva sempre trattata come una figlia. Era normale che Liniae avesse paura, d'altronde non era mia uscita dalla reggia dell'angelo nero; ma l'anziana signora sarebbe sicuramente tornata a riprenderla, altrimenti sarebbe salita sulla vettura con lei. Aveva detto che stavano andando a casa. Intendeva la Terra? Era quella la meta? Forse era andata a prendere le proprie cose, non l'avrebbe certo fatta partire da sola, eccetto che in caso di grave pericolo. Era forse in pericolo? E se il generale avesse scoperto che Liniae era viva? Si sarebbe voluto accanire su Neapolis? Ma perché? E se, proprio in quel momento, la stesse torturando? Abbandonandola, l'aveva forse salvata?
Pensieri su pensieri tormentavano Liniæ.

"Stiamo per arrivare," le comunicò freddo l'uomo. Liniæ smise di parlare, di muoversi: capì che era inutile.

Passarono alcune ore umane, prima che il veicolo si arrestasse. Alla faccia del "stiamo per arrivare".

L'uomo scese, aprì la portiera della ragazza e le porse una mano per farla uscire.

"Oh! Ma guarda quanto è galante! Invece che usare la mano per farmi uscire da questo aggeggio, usatela per aprirvi il cervello!," pensò lei.

Si trovò davanti ad una villa lussuosa quanto tenebrosa. L'esteso giardino mostrava incredibile perizia fin nei minimi particolari. Confinava ad ambo i lati con un bosco incontaminato. Il prato era completamente uniforme, le piante avevano la stessa altezza e spessore, i fiori sbocciavano e appassivano in sincronia, creando un'orchestra immaginaria di movimenti, una danza lontana.
L'architettura della casa era appariscente. Le pareti erano ricoperte di finestre che lasciavano intravedere ricchi interni e alcune serve indaffarate. Le mura sia esterne sia interne erano di color rosso fuoco, la giovane se ne accertò dopo che ebbe oltrepassato il portone d'ingresso. Lungo il corridoio principale erano appesi quadri raffiguranti la storia della famiglia nobile proprietaria. Affreschi meravigliosi erano stati dipinti sul soffitto, che creava in chi lo guardava l'illusione che fosse curvo. Una rampa di scale si arrampicava elegantemente dalla sala grande al piano superiore. Da dentro l'abitazione sembrava ancora più immensa che da fuori, paragonabile alle poche stanze del ceto nobile puro che Liniae aveva visto.

"Salve" la salutò una ragazza minuta più piccola di lei.

"Salve" ricambiò Liniæ spaesata.

"Che sbadata! Mi chiamo Vuoler!"

"Liniæ. Dove mi trovo? E perché?," chiese.

"Nella modesta dimora dei Gourmetville. Sarà una nuova cameriera"

"Va bene..." si limitò a rispondere. Passare da un luogo all'altro non le avrebbe cambiato molto, perché ci sarebbe stata anche Neapolis. Le dispiaceva solo di non aver salutato Aron, ma in qualche modo sarebbe uscita a spiegare tutto a quel Don Giovanni.

"Ma perché?," chiese di nuovo. Voleva afferrare il motivo di quel cambiamento.

"L'hanno venduta a questa famiglia. Adesso Lei appartiene a loro. Non si preoccupi, è bello lavorare qua"

Neapolis l'aveva venduta.
Era come quando insieme si recavano nella sala del corteo della reggia e si trovavano davanti venditori di tutti i tipi. Lei era uno degli oggetti esposti.
L'aveva accudita per poi offrirla al miglior offerente. Che si aspettava dall'Inferno?
No, sicuramente Neapolis non aveva idea della sua attuale situazione, pensò Liniæ.

"Gra-grazie" balbettò.

"Iniziamo subito. Io pulirò le stanze adibite all'intrattenimento e... be', voi vi occuperete delle stanze personali," additò una scala a chiocciola dai tratti fini con il corrimano interamente nero.

Liniæ fece un breve cenno del capo e si diresse nella direzione indicatale.

"Ma guarda un po'..." mormorò una voce sgradevolmente familiare mentre Liniae saliva il sesto gradino.

"Che piacere rivedervi," gli disse lei. Si voltò ed un'espressione di puro terrore le apparì in volto.

"Mi chiedo come sia possibile che voi siate qua. Ricordo di avervi ucciso," la guardò gelandola.

"Ricordate male. Con permesso. Devo lavorare," si riprese e fece per muovere un passo, ma la voce di lui la fermò.

"C'è solo un modo per resuscitare," dichiarò tagliente.

"C'è solo un modo per evitare che la polvere si formi. Pulire. E si dà il caso che sia il mio compito. Con permesso," digrignò fra i denti stringendo le mani a pugno, fino a conficcarsi le unghie nel palmo e gemere per il dolore.

"Permesso non accordato. Seguitemi," imperò l'uomo. Era vestito elegantemente, portava i capelli arruffati all'indietro e la barba appena accennata. La postura era sempre rigida e regale, il corpo statuario era formato da muscoli che si contraevano visibilmente a ogni movimento.
Maledetto. Era questo il suo aspetto. Maledetto. Niente in confronto al dolce viso del suo amato Safar o del giocoso Aron.
Dopo un breve tentennamento, Liniae obbedì. Scese i gradini e gli si fece dappresso.
Superarono la sala principale, che era abbellita da un maestoso lampadario circondato da altri più piccoli, la cui luce indirizzata verso il basso dava l'idea di una cascata di sangue.

Robert II parlò con sufficienza "Chi siete?"
"Liniae..."

"Chi siete?"

"Liniæ!"

"Chi siete?!"

"Ma siete sordo?! Li-ni-ae!"

"Non prendermi in giro sgualdrina," la sgridò. Un lampo di follia gli attraversò lo sguardo, come un fugace istinto omicida.

"Oh, scusate! Mi chiamo Robert II e sono un generale molto bello, sono vanitoso, egocentrico e mi credo Lucifero. Quando di Lucifero vi troverete solo le corna!," lo provocò scimmiottando la sua voce grave e ottusa.

"Mi trovate bello?" chiese lui in tono beffardo.

"Come il culo dei guardiani della miniera. Ora che ci penso, è da laggiù che fate uscire le feci o dalla bocca? Dite tante cavolate!" continuò, portandosi una mano al fianco come a enfatizzare la "finezza" delle proprie parole.

"Ma mi trovate bello," insistette lui.

"Siete davvero sordo..."

"E bello!"

Arrivarono davanti ad un portone in ottone intagliato e retto da due volute piegate verso il basso come un corpo femminile in età senile, ne varcarono la soglia e si ritrovarono in una sala che ospitava un lunghissimo tavolo rettangolare pieno di documenti e fogli sparpagliati alla rinfusa. Anche in questa stanza, dall'aspetto rinascimentale, era posto un lampadario che stonava con gli scaffali in legno di ginepro e con le sedie ricavate da tronchi di quercia. L'unico posto a sedere occupato era quello di un vecchio signore impegnato a scribacchiare furiosamente su un foglio, che puntualmente stropicciava e gettava a terra, per poi prenderne uno nuovo e ricominciare il ciclo. Un discreto mucchio di carta ingombrava il pavimento intorno a lui.

"Mia Signoria," chiamò Robert, guadagnandosi l'attenzione dell'anziano.

"Robert II. O, per meglio dire, Generale Robert II; ah, tuo padre sarebbe fiero di te. Ma, parlando di affari, com'è andata la riunione con i consiglieri?"
Il timbro era basso e pacato, con un accento dolce. La sua parlata fluida stonava con la sua figura fragile e tremante.

"Discrezione, mio Lord," lo ammonì il giovane volgendo un'eloquente occhiata a Liniae. "Sono qui per chiederle un favore. Vede, vorrei comprare la vostra serva qui presente," e la guardò di nuovo, incontrando gli occhi sgranati di lei.

"Tutto per lei, generale," rispose il vecchio.

"Arrivederci, dunque," e con queste parole Robert prese congedo. Afferrò Liniae per i fianchi e la issò sulla spalla destra, mentre lei provava a svincolarsi inutilmente. La sua lingua senza peli si stava ridestando e non aveva certo buone intenzioni.
"Volete spogliarmi in pubblico,?" la stuzzicò il generale dopo un po' che lei si dibatteva invano.
Quella provocazione la portò al limite della sopportazione.

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