Non bisogna mai prendere decisioni dopo il tramonto.
È menzognera la notte, e ogni ombra allunga le cose
fino a snaturarne le forme.
Stefano Curreli
ALEX
Possibile che fra tante, fra tutte, su otto miliardi di persone, io sia completamente fottuto per una piccoletta riccioluta e felina?
Non per qualcosa in particolare, ma è una fatica! Contando che è un soldato! E si sa quanto sono seri e disciplinati i soldati? Beh, io lo so più di tutti!
Una rottura di palle che non lo avrei mai detto, contando che mi spia e raggira la situazione a suo vantaggio. Ma pensa te che storia.
Non so dove sia finita la mia migliore amica, avrei proprio bisogno di lei al momento ma non mi va di disturbare il suo ritrovo familiare. Almeno lei ha ancora una famiglia di sangue, non sarò certo io a disturbarla.
Non so se d'ora in poi andrò più a studiare nella Sidereus Company, almeno il Dottor Lee mi aiutava a capire alcuni argomenti di biologia, anche se ho voglia di far tutto fuorché studiare. Questa situazione mi stressa, sono mesi che andiamo avanti così! Francamente, sono stufo.
Fin quando non capisce lei stessa cosa vuole davvero, io non posso aiutarla più di quanto abbia già provato a fare.
Onestamente, fa anche male. E che si sbrigasse a farsi viva, Madison.
Mi arriva un messaggio.
Mid: Dove sei?
Io: Fatti i fatti tuoi.
Mid: Mi farò perdonare per la mia assenza, sono successe delle cose. Ho bisogno della tua compagnia.
Io: Anche io ultimamente non me la spasso. Muovi il tuo culetto da fatina e vieni alla Sidereus Company.
Mid: No, vieni tu a casa mia e di Stella.
Io: No, vieni tu.
Mid: Sasso, carta, forbici?
Io: Ok, ma non barare. Appena scattano le 13.15 mandiamo il messaggio.
Mid: Andata.
Io: Forbici.
Mid: Sasso.
Io: Fanculo.
Mid: A tra poco ;)
Non me ne va proprio una giusta ultimamente. Ho le palle piene.
Mi dirigo verso la Fifth Avenue, appartamento numero 333. Provo ad aprire la porta ma Stella ultimamente si ricorda sempre di chiuderla a chiave, volevo fare la mia entrata a sorpresa.
Apre la sorellina bionda con delle schifezze nere sotto agli occhi e l'accappatoio.
"Ma che cazzo hai in faccia? Le blatte?"
"Che ignoranza! Sono delle maschere per le occhiaie".
"Ogni volta che mi apri la porta hai una skin diversa".
"Ma che termini usi?"
"Che ignoranza!"
Alza gli occhi al cielo, mi fa passare. "Dovresti farle anche tu. Se vuoi ti taglio anche questi ciuffetti un po' disastrati".
"Tu non tocchi proprio niente, MADI!"
"Arrivo!"
Viene in soggiorno almeno in vesti normali, con una coda, una felpa nera e pantaloncini. Noto subito che qualcosa non quadra, sembra che non dorma da un po'. Almeno Stella si tiene in forma con queste schifezze sulla faccia.
"Ma chi si rivede!" Le dico.
"Guarda che neanche io la vedo più tanto spesso" dice Stella mentre si siede su uno sgabello della cucina e sorseggia un frullato verde.
"Non voglio sapere che stai bevendo".
Fa un rumore con le labbra. "Umm, sento il sapore della giovinezza perenne".
Guardo Madison. "Ma non hai paura che la notte si trasformi in mutante?"
Si siede sul divano con le gambe incrociate. "Una paura costante ogni notte" sorride.
"Ma quale ogni notte! Ormai la tua unica paura è che Jack non ti scaldi abbastanza. La signorina ormai dorme solo con lui". Dice rivolgendosi a me.
Lei sospira. "Non ancora per molto".
"Che vuol dire?" Mi siedo vicino a lei.
Esita. "Volevo dirvelo ad entrambi insieme. Mia madre vuole che vada a vivere con loro".
Stella sputa il suo 'frullato' fabbricato direttamente da Chernobyl. "In Italia?"
"No! Nella loro villetta che hanno affittato qui".
"Che paralisi!" Dice la sorellina. "Non farlo più, matta!"
"Spruzzi gioia da tutti i pori!" Le dico. "Fai andare Jack con te se quello è il tuo problema".
"Non gli ha ancora incontrati".
"E cosa aspetti?" Chiede Stella. "Non è un problema se loro non vedono noi, capiamo che potrebbe essere abbastanza scioccante visto che siamo tu tutti i giornali e telegiornali, ma almeno Jack? Aspetta... lo sanno che state insieme da quasi un anno?"
Scuote la testa.
"Ma pensa te che drama!" Dico. "E come mai non glielo vuoi dire? Che ne pensa lui?"
Gioca con i suoi capelli, tesa. "È difficile da spiegare, ma non può ancora vederli. Io... non gli ho ancora detto che andrò a vivere da loro".
"Sorellina, puoi spiegarci una volta per tutte qual è il vero problema di questa storia? Non è da te".
"Ha ragione, non vedevi l'ora di far vedere Jack ai tuoi genitori!" Mi appoggia Stella.
"Jack vi ha detto qualcosa?"
Io e Alex ci guardiamo. "No", dico. "Anzi, non lo vediamo da un po'. Lo percepisco più silenzioso, come se volesse i suoi spazi o stia riflettendo su qualcosa".
"Veramente su qualcosa sta riflettendo" sorride Stella guardandomi.
Ho capito che intende.
Quattro piani, Italia, mare.
Madison si mette le mani sul viso. "Riflette sul fatto che io stia diventando matta e che sono una pessima fidanzata?"
"Ah, quindi non te l'ha ancora detto?"
Faccio un'occhiataccia a Stella, si mette la mano sulla bocca ritirando quello che ha detto.
"Cioè, dovresti dirlo ai tuoi genitori di lui. Questo intendevo".
Madison sospira, stanca. "Voi non avete idea di quanto vorrei".
"Mi hai fatto venire qui per aggirare il problema senza dircelo?" Chiedo.
Annuisce, con gli occhi chiusi e la testa poggiata sul divano.
"Lo accetteranno, Madison". Dice Stella.
"Su questo non ho dubbi, ma non posso dirvi cosa mi ferma. Vorrei parlarvi, ma non posso, sto impazzendo".
Io e Stella ci guardiamo, in difficoltà su come aiutarla.
"Quando sarai pronta noi siamo qui, Madi".
"Ha ragione" dico. "La squadra serve a questo, no?"
Sospira, annuisce.
"Tu come stai?" Mi chiede.
"Io?" Sbatto le palpebre. "Alla grande, se non fosse che quella leonessa mi sta facendo perdere le staffe".
"L'Amour" dice Stella. "Sempre così".
"No, no, l'Amour un paio di palle. Qui rischio una seduta psichiatrica con il Dottor Lee. Recentemente ha impostato una modalità ninja dal momento che si arrampica e mi spia. A voi i commenti".
"Questo per lei è Amour" dice Madison. "Non lo capisci, testa di rapa? Muovi il tuo culetto da mago e valle a parlare!"
"Ah! Ti sei ravvivata!" Le dico.
Sospira, torna seria. "Devo parlare con lui. Alex, vai da Athena o mi arrabbio. Intesi?"
"Stella, hai sentito che minacce?"
"Io avrei paura" sorride lei. "Volete un po' di frullato?"
"Per poi puzzare di broccolo? Già Athena mi evita, non evitiamo che mi vomiti anche addosso".
MADISON
Busso alla porta del suo ufficio nella reggia Torres.
"Vieni, amore".
Prima questo nome mi emozionava a dir poco, ora mi sento solo in colpa.
È seduto sulla sedia davanti alla scrivania, era in procinto di scrivere qualcosa perché ha una penna nera elegante in mano con dei fogli sparsi sulla scrivania. L'ambiente è ordinato ed è un odore misto di colonia e libri.
Mi avvicino a lui sorridente e un po' imbarazzata, perché il tragitto dalla porta alla scrivania è abbastanza lungo e lo sfrutta per guardarmi tutta.
Indosso una sottoveste nera con spalline sottili, è quasi ora di dormire. Forse la nostra ultima notte insieme prima che io debba fare i bagagli.
Per quanto mi addolora, sapendo l'enorme mancanza che proverò. Ma cerco di farmi forza, consapevole delle minacce di Clara la sera della cena.
'Verrai a vivere in casa con me e la tua famiglia, voglio che ti allontani da lui. Questo è il prezzo da pagare per aver rischiato che mi avrebbe vista, lo so che c'era lui in macchina. Inizia a rispettarmi, questo è solo l'inizio.'
Stare lontana da lui è uno sforzo che nessuno comprende o può avvicinarsi a capire.
Ho commesso un altro errore, ma le passioni, soprattutto l'amore per lui, vincono sempre su tutto. Si allontana dalla scrivania rimanendo seduto.
"Siediti".
Mi metto su di lui, avvolgendogli un braccio attorno al collo e uno sul petto. Sento il suo cuore, con un battito accelerato.
Non posso dirglielo. Non posso andarmene via.
Mi bacia il naso. "Andiamo a letto?"
Annuisco, lentamente. Inclina il volto, raggiungendo i miei occhi.
"Vuoi dirmi qualcosa?"
Incontro il suo sguardo, luccicante e seducente. Non posso credere che io stia per farlo, cerco di mostrarmi svogliata.
Scrollo le spalle. "Mia madre mi ha fatto una proposta che non ho proprio voglia di accettare, ma tanto so che sarà per poco tempo. Niente di particolare".
Non risponde, i suoi occhi sono grandi mentre aspetta che continui.
"Vorrebbe che andassi a vivere con lei, giusto il periodo della sua permanenza".
Noto che stringe leggermente i miei fianchi, i suoi occhi si sgranano leggermente e il suo petto si alza.
Non sbatte le palpebre, è di ghiaccio quanto i suoi occhi. Inizio a spaventarmi.
Quei pochi secondi sembrano ore.
"E tu hai accettato?"
Mi mordo il labbro. "Credo che non stia qui per più di una settimana, massimo due. Ehm... ah, poi starò tutto il giorno con te. È.... questione solo della notte, magari la mattina. Però non è ovviamente per sempre".
Mi si stringe il cuore, non dovrei dire queste cose, non so quanto resteranno e il Dottor Lee ha bisogno di mesi per trovare la cura.
"Non mi vede da un anno, capisci che è premurosa. In realtà detesto questa cosa, mi sono fatta promettere che si sarebbe trattato solo di poco più di una settimana".
Sembra che riprenda lievemente a respirare, ma rimane serio.
"Fagli venire a vivere qui con noi, così non te ne andrai da me".
Mi viene da vomitare, lo stomaco si stringe quanto la gola. Brucia il petto e l'animo.
"Loro... uhm, non sanno ancora di te".
Sembra che i suoi occhi abbiano perso lucentezza.
"Certo, hai ragione" sforza un sorriso. "È giusto che tu stia con la tua famiglia, non posso capire cosa significhi perché non ho mai avuto l'opportunità di comprendere questo rapporto. Quindi vai, amore, ti aspetterò qui".
Istintivamente mi porto le mani sul viso, distrutta, sto per scoppiare a piangere, lo sento.
"So a cosa stai pensando, sono a dir poco pessima. Mi dispiace da morire".
"Guardami".
Lentamente tolgo le mani dal mio viso.
"E dimmi che non hai niente da dirmi".
Glielo dico? E se lo mettessi a rischio? Non posso permettere che gli venga fatto qualcosa. Io voglio proteggerlo. No, non metterò lui in mezzo.
Faccio uno sforzo immenso. "Va tutto bene".
Il suo respiro accelera.
"So che la tua distanza mi impedirà di dormire, immagino che penserò solo a te per tutto il tempo durante la notte più di quanto lo faccia durante il giorno. Promettimi solo che tornerai da me".
Inizio a respirare con la bocca, il petto stringe troppo. Avvolgo il suo viso con le mie mani, accarezzandolo.
"Ma io starò con te, Jack. Mio Dio, non ti sto abbandonando".
"E allora perché sento che non mi stai dicendo la verità?"
Mi alzo, non riesco più a sopportarlo. Non posso dirglielo e metterlo in pericolo. Indietreggio.
"Scusa io..." ansimo. "Giuro che lo sto facendo per te" mi escono queste parole senza permesso.
Si alza, inizia ad avvicinarsi. "Da cosa mi stai proteggendo, Madison? Cosa devi dirmi?"
"Nulla" alzo leggermente la voce.
"Stai dubitando di noi? È questo il problema? Pensi che io non possa entrare nella tua famiglia per via del mio passato, di quello che sono?"
"No!" Quasi grido, mi metto le mani tra i capelli, disperata. Non mi controllo più. "No, no. Non pensarlo, ti prego".
Non mi rendo conto di aver sbattuto al muro, dimenticando dove sia l'uscita. Ne approfitta mettendosi davanti a me, prendendo le mie mani e avvolgendole alle sue, poggiandole sul muro. Avvicina le sue labbra alle mie.
"Posso cambiare per te, se è quello che desideri, se pensi che a quel punto la tua famiglia mi accetterebbe".
Le lacrime mi rigano il viso. "Sei perfetto, non c'è nulla da cambiare".
Il suo sguardo è decisamente teso, preoccupato dalle mie reazioni. Mi si spezza il cuore per quello che sto facendo, ma il Dottor Lee aveva ragione, tutto questo è emotivamente troppo difficile da sopportare e ho bisogno della mia squadra. Ma io ho il terrore di perderli, quindi, testarda come sono, mi sto auto lesionando.
"Madison..." sussurra teso. "Vuoi lasciarmi?"
Lo bacio, perché non ho più parole per spiegarmi. "No", ansimo per poi baciarlo ancora. "No, no, no. Non voglio, non posso. Mi uccide il solo pensiero, è già terribilmente difficile così. No, non lasciarmi".
"Madison" si allontana dalle mie labbra. "Io non sto facendo nulla, il pensiero di te lontana da me mi sta massacrando, sto cercando di venirti incontro, capire cosa vuoi. Per la prima volta da quando ti conosco non capisco cosa non vuoi dirmi e perché".
Poggio la testa al muro, senza fiato.
Prende il mio volto con le sue mani, lo avvicina a me. "Qualcuno ti sta facendo del male?"
"No!"
Mi scruta, mi sento scoperta con questo sguardo. "Madison, lo uccido. Dimmi chi è".
"Nessuno" respiro veloce. "Non è questo il problema".
"Stanford? Ti arrivano messaggi minatori? Qualcuno ti ha preso di mira?"
Scuoto velocemente la testa. "Nessuno".
"Non costringermi ad indagare a fondo, io mi sto fidando di te".
"Non sprecare tempo, stai esagerando, sul serio".
"Per me non è esagerare, io sono preoccupato, Madison".
"Non devi..." gli accarezzo il petto. "Tornerò a vivere con te, promesso".
"I tuoi comportamenti, quello che dici o che stai facendo..." scuote la testa. "Non sono da te. Vorrei sapere cosa ti turba tanto, a discapito dal fatto che non vuoi vivere qui con me".
"Io voglio vivere qui, Jack! Con te, sempre, non è questo il punto!"
Sospira, chiude gli occhi, riflette.
"Non causerò problemi alla tua famiglia se teme per ciò che possiedo o che posso fare. Non sono il ragazzo che si aspetterebbero tu amassi, lo capisco. Lasciami parlare con loro e li spiegherò quanto sono pazzo di te, li farò capire l'amore che provo nei tuoi confronti, quanto mi sacrificherei. Le mie attività non sono più criminali, io sto cercando di costruirci un futuro".
"Jack..." ora piango sul serio. "Il problema sono io, ma risolverò tutto".
Sgrana gli occhi, sibila.
"Allora c'è davvero qualcosa che mi stai nascondendo".
Mi mordo il labbro. Maledizione.
"È una situazione tra me e la mia famiglia, ecco il problema. Mi affligge, sto cercando di risolverla affinché tu possa parlare con loro e conoscerli con più... calma" spiego. "Ecco tutto".
Mi fissa, senza dire una parola. Sembra davvero contrariato dal mio atteggiamento, so di starlo deludendo e soprattutto ferirlo.
Se solo sapesse.
"Molto bene. Sappi solo questo, io indagherò, che tu lo voglia o no".
Si allontana da me, torna dietro la sua scrivania.
"Non dormo questa notte". Dice.
Divento una statua, indietreggio. Esco dall'ufficio senza dire un'altra parola.
Ho già causato troppi danni.