Chi è amato non conosce morte.
Emily Dickinson
MADISON
Davanti a me sono apparse tre porte.
Tutte e tre di legno rosso, poste nel mezzo di una distesa bianca dalla quale non riesco ad uscire e sembra essere proprio la dimensione di tutti i miei incubi.
"Madison" mi chiama ancora William, serio. "Il tuo compito è quello di scegliere una fra le tre porte. Dietro ognuna di queste si trova un ostacolo che dovrai superare. Potrà essere fisico o psicologico, dipende da cosa sceglierai. Se riuscirai a batterlo potrai attraversare la porta scelta e passare alla prova successiva. Altrimenti, sarai sopraffatta a tempo indeterminato da chi o cosa non sei stata in grado di sconfiggere e a quel punto sarà un problema per te. Buon divertimento".
La voce cessa di parlare e penso di essere in una di quelle serie tv coreane cruente in cui ci sono giochi omicidi con un vincitore. William vuole giocare con me. Ebbene, superiamo anche questa paura. Non ho scelta per quanto non ho idea di chi o cosa troverò.
"Scelgo la porta di destra".
Dopo qualche secondo, l'anta si apre con una lentezza disarmante. Mi aspetto di trovare un mostro, una specie di robot assassino, Clara.
C'è un ragazzo.
Un ragazzo che ha un'aria familiare.
È alto, muscoloso, capelli neri e un naso dritto. A primo impatto un bel giovane che io credo di conoscere, l'ho già visto da qualche parte.
"Lo riconosci, Madison?"
Io davvero sto cercando di capire chi sia, perché se William lo ha fatto venire qui ci sarà un motivo. Sempre se è reale, francamente non capisco più nulla.
Inizio a ricordare. L'ho conosciuto tanto tempo fa, quando avevo forse sedici anni. Però non l'ho mai visto dal vivo, inizio a ricordare. Lo vidi in una foto che mi mandò lui, perché gliel'avevo chiesta ma è stata la prima e l'ultima volta che l'ho visto.
"Madison, devi credere a me e non ha lui. La polizia mi ha chiamata, era già stato denunciato da altre ragazze. Ti ha mentito per tutto questo tempo..."
Con un sospiro di pessima sorpresa e sgomento faccio un passo indietro.
"Cosa..." non respiro. "Tu, tu sei...non può essere. Come fai ad essere qui? Io non..."
"Sono io, Madison. Ti ricordi? Quel ragazzo che dici che ti ha ingannata, che ti ha mentito sul fatto di avere una malattia e che ti ha violentata psicologicamente. Esatto... so che l'hai raccontato anche Stella e alla tua psicologa. Quindi ce l'hai fatta a parlarne con qualcuno".
"Ma che... che diavolo ci fa qui? Che vuoi da me? Lavori per William? Tu... non sei chi dicevi di essere. Mi hai ingannata, come hai fatto a trovarmi qui? Non è possibile".
Inizio a non capirci più nulla. Non posso davvero avere davanti a me il ragazzo che mi ha violentata e mi ha manipolata psicologicamente. Quel ragazzo che ha mentito sul fatto di avere una malattia e mi ha fatto allontanare da amici e famiglia sostenendo che aveva bisogno di me. Quel ragazzo che ha detto che mi amava e che quando la polizia chiamò mia madre per denunciarlo della sua pericolosità mi ha fatto crollare il mondo addosso, tanto che per una vita, fin quando non ho incontrato Jack, io non credetti più nell'amore che non sia di amici o famiglia.
"Tu..." sibilo. "Sei un mostro tanto quanto la persona per cui lavori!"
"Non è vero che ero pericoloso, io ero davvero malato, sai? Tu mi hai abbandonato credendo a tua madre".
"Ti sei preso un anno della tua vita mentendomi e approfittando che io fossi solo una ragazzina!"
"Perché avevo bisogno davvero di te".
"Bugiardo".
"Quando hai cancellato il mio numero scoprendo quella che tu sostenevi essere la verità, mi hai fatto superare la malattia da solo".
"Tu non eri malato! Fingevi di esserlo per farmi parlare di te e abbandonare la mia vita! Chissà quali sporchi scopi avevi se solo avessi parlato con te più a lungo. Sporco manipolatore!"
"Tu mi amavi".
"Che..." sento le fiamme. "Come osi sostenere che io ti amassi? Smettila di mentirmi!"
Il mio tono di voce è piuttosto alto, sento la rabbia incontrollata e l'ingiustizia.
"Ho creduto a tutte le bugie che dicevi perché non pensavo che una persona potesse essere tanto viscida come te! E per colpa tua io non ho mai saputo cosa fosse l'amore tanto da non crederci più".
"Non mentire a te stessa" si avvicina. "A te piaceva parlare con me. Sognavi di avere qualcosa di intimo con me, io ti attraevo..."
Indietreggio. "Non azzardare ad avvicinarti".
"Ti senti sporca perché mi volevi sul serio".
Scuoto la testa, mi metto le mani sulle orecchie con le lacrime agli occhi. "No, non è vero. Smettila. Sei tu che mi hai indotta a tutto questo".
"Tu volevi qualcuno che ti facesse sentire amata..."
"Esatto! Tu mi hai fatta sentire un oggetto senz'anima!" Urlo con le lacrime agli occhi. "Qualcosa che avresti usato solo come oggetto sessuale non curandoti di ciò che ti avevo confidato. Tutte le mie insicurezze e dolore che provavo sull'amore... a te non è importato di nulla, viscido! Avevo appena sedici anni".
"Io ti amavo davvero. Tu mi hai abbandonata, come hai potuto?"
"Io non... io ero sempre a parlare con te tanto da dimenticare la mia famiglia e amici perché lo volevi tu! Ho abbandonato la mia vita per starti dietro!"
"No, sei tu che lo volevi".
"No!"
"Madison... possiamo ricominciare".
"Fai silenzio, mostro! Hai violentato una ragazzina!"
Cerca di avvicinarsi sempre di più. "Non è vero ciò che ti raccontavano, io sono davvero una brava persona".
"Devi andare all'inferno".
"Guarda come sei cresciuta. Magari, a quei tempi, ero troppo grande rispetto a te, ora tra noi può funzionare".
"Avvicinati ancora e sparo".
"Non sentirti sporca solo perché mi vuoi".
"Tu sei un folle".
"Io sono meglio di quel Torres".
Il fuoco è nei miei occhi. Prendo la pistola. "Non osare parlare di lui".
"Wow... non eri così sicura di te quando ti avevo conosciuta".
"E ne hai approfittato. Vero, schifoso automa?"
"Davvero, Madison" con un colpo improvviso cerca di prendermi l'arma ma lo schivo. "Io e te eravamo perfetti insieme".
Mi viene da vomitare. "Io e te? Mi fai schifo".
Con un passo mi arriva di fronte. "Potremo realizzare i sogni intimi che avevi fra noi, hai capito quali..."
Gli tiro un calcio nelle parti basse talmente forte che si piega a novanta gradi.
"Non credo che ora tu sia più capace di realizzare i tuoi sogni intimi dopo questo colpo".
Ride, è una risata gutturale e malvagia. E poi... lui l'ho toccato, non è un'illusione? Questo dato di fatto mi inquieta più del dovuto.
"Madison, non costringermi ad usare le maniere forti e fare ciò che avrei voluto farti".
Mi sento invasa, privata della mia dignità perché al mondo esistono persone del genere che non hanno pudore ma soprattutto anima.
"Avvicinati ancora e ti sparo in bocca".
"Arrivo, allora".
Cerca di prendermi per il collo ma mi abbasso per terra tirandogli un calcio sullo stomaco. Mi prende per le caviglie e mi porta ai piedi delle sue gambe.
"Sicura che tu non voglia realizzare i tuoi sogni? Me l'hai sempre detto che fossi una sognatrice..."
Con un calcio sul ginocchio perde equilibrio andando in avanti e mi sposto abbastanza in fretta da non farlo cadere addosso a me.
Cerco di rialzarmi ma mi prende una mano, essendo molto alto e muscoloso e io leggera mi sdraia di nuovo per terra, mettendosi sopra di me e bloccandomi le mani sulla testa.
"Lo so che hai sempre voluto baciarmi. Me lo hai anche scritto nei tuoi messaggi, ricordi?"
Con un gemito di rabbia mi libero le mani e gli prendo a pugni il viso in maniera decisamente rapida. Si stacca coprendosi il naso insanguinato e lo spingo all'indietro, facendolo sdraiare mentre gli punto una pistola contro.
"I miei sogni sono cambiati, perché adesso voglio spararti".
"Sei ancora più sexy di quanto ricordassi".
La strafottenza di coloro che ad oggi non rispettano le donne facendole sentire come oggetti fa colare nelle mie vene un senso di odio profondo e io ho bisogno di liberarmene.
Io devo vendicarmi per quello che ha osato o ha solo pensato di farmi, io voglio andare avanti lasciando alle spalle questo ricordo ed essere ancora più follemente innamorata e felice insieme al giovane uomo che mi ha salvata. Questo voglio che sia il mio destino, io voglio andare avanti. Perché questo schifoso pezzente non merita i miei pensieri su di lui o la mia sofferenza, solo disprezzo.
Però, io ho un conto in sospeso. Perché non uso la pistola, sarebbe troppo facile. Io voglio fargli sentire ribrezzo che mi ha causato il solo ricordare quello che mi ha fatto, tutte le lacrime che ho versato e l'ansia e l'ipocondria che mi ha inflitto il pensiero della malattia che fingeva di avere, voglio che percepisca il mio dolore nell'essere stata trattata come un oggetto.
Con delle manette che ho nella divisa gli lego le mani in maniera molto rapida. Mi metto a cavalcioni su di lui e inizio a picchiarlo.
Sul viso, il petto, l'addome. Sfogo tutto ciò che ho sempre desiderato fare e quasi mi sento in debito con William per avermelo permesso.
Ancora, ancora e ancora.
Ho le mani e la divisa sporchi di sangue. Il suo viso non è come ha aperto quella porta e me ne compiaccio. Mi alzo, soddisfatta del mio lavoro. Lui respira a fatica.
"Nemmeno nell'inferno accoglierebbero quelli come te, tu meriti di marcire in questo limbo per l'eternità. Ricordati la donna che sono diventata quando non avrai nulla a cui pensare".
Dopo qualche istante il suo corpo si sgretola, come sparisce anche il sangue sul pavimento, sulle mie mani e divisa. Davanti a me c'è solo una porta, quella da dove è uscito quell'essere.
La apro.
Chiedendomi per quanto ancora dovrò resistere.