Avevo sempre avuto questa tendenza a immergermi
talmente in qualcosa da dimenticarmi un po' del resto del mondo.
Haruki Murakami
ALEX
Se ho seguito correttamente le istruzioni la teppista dovrebbe essere qui dentro.
Siamo fuori dall'ufficio del dottor Lee.
Se il dottore panciotto e cinesino mi sgama e mi fa la predica per colpa della signorina giuro che le tiro anche io i suoi -assolutamente meravigliosi- capelli.
Non sa che la sto seguendo da un po', non la lascerò certo girovagare così. Ma non voglio spaventarla, ecco perché non l'ho detto agli altri. Anche se non sono sicuro sia una che si spaventa facilmente.
La testata che mi ha dato ogni tanto mi fa vedere doppio.
Apro leggermente la porta, tanto per dare una sbirciatina. Non vedo nessuno. Giuro che se questo microchip di merda mi ha fatto sbagliare un'altra volta strada lo lancio dal balcone e non siamo affatto bassi.
L'ufficio è vuoto ma do comunque un'occhiata. Guardo a destra, libero. Sinistra, anche. Davanti a me, ci mancherebbe altro. Strano, non c'è traccia di nessuna brasiliana da queste parti. Amen, vuol dire che...
"Muori!"
"Ma che... ahia!"
Non vedo niente, o mio Dio, sono cieco!
Sento qualcuno sulle mie spalle, mi ha avvolto qualcosa sulla testa mandando a quel paese la mia vista.
"Ma da dove cazzo sei uscita?"
"Cale a boca, seu idiota!"
"E vuoi smetterla di parlare ostrogoto? Scendi!"
Mi dimeno per la stanza con questa sclerata che mi ha tenuto un agguato quando avrebbe dovuto essere il contrario e vorrei sapere da dove diamine è saltata.
Cerco di prenderla da dietro ma credo di averle toccato il sedere perché è.... morbido.
"Razza di pervertito!"
"Stammi a sentire, scimmia dell'Amazzonia, se mi togliessi questa benda allora starei più attento. Ti avverto, sto essendo molto delicato e paziente!" Non so cosa c'entra l'Amazzonia ma sembra una sottospecie di Tarzan al femminile.
"Fammi vedere che sai fare, fatti sotto!"
"Accidenti, mi stai facendo uscire fuori di testa!"
Di scatto vado in avanti e con una capriola rotola via, mi tolgo la benda. Che mal di schiena!
È davanti a me, ancora più selvaggia e agguerrita. Sembra una leonessa.
"In nome del mio comandante, voi tutti dovreste essere morti".
"In nome di Dio, cerca di non agitarti!" Sospiro, mi sistemo i capelli. "Seriamente, signorina. È piuttosto difficile dialogare con lei".
"Preferisco mettere in pratica anni di addestramento".
"Non so se te ne sei accorta, ma ti sto facendo un grande favore a lasciarti gironzolare per la base senza aver detto nulla alla mia squadra. Che cosa stavi cercando qui?"
"Documenti che possano portarvi alla distruzione".
"Beh, l'onestà è sempre apprezzata".
Rimaniamo qualche istante a fissarci, sto riprendendo fiato. Non so davvero come comportarmi con questa qui.
"Perché sei nell'esercito di William?" Le chiedo. "Non sapevo reclutasse donne, o comunque ragazze tanto giovani per di più straniere".
"Questi non sono affari che ti riguardano".
"Se non rispondi alle mie domande diventerai nostro ostaggio, capito bellezza?"
"Non riuscirai a prendermi". Wow, quegli occhi smeraldo.
"Non sfidarmi, dolcezza".
"Lo sto già facendo" si mette in posizione difensiva. "Combatti!"
"Wo wo wo" alzo le mani. "Facciamo così, io rispondo ad una tua domanda e tu ad una mia, d'accordo?"
Arriccia il suo nasino all'insù diabolico. "No".
"Andiamo, almeno inizieremo a dialogare e non prenderci a cazzoti".
"Ma io voglio prenderti a cazzotti".
Mi scappa una risata. "Immagino che non giocassi proprio alle bambole da piccola. Allora quando finiamo mi prendi a cazzotti. Prego, siediti".
Mi accomodo sulle sedie davanti alla scrivania del dottor Lee. La ragazza brasiliana assassina mi guarda titubante, per un attimo immagino che si metta a correre a gambe levate un'altra volta ma invece si siede. Lentamente, ma è davanti a me. Secondo me sta tramando qualcosa.
"Oh, ehm. Sono quasi imbarazzato, non pensavo ti sedessi sul serio".
È di poche parole ma con quello sguardo felino mi uccide. Sarà una mia impressione; eppure, le guance mi bruciano.
"Perché sei diventato colorato?"
"C-che?"
"Le tue guance" inclina il volto. "Sono più scure".
Si alza dalla sedia, come una leonessa si avvicina lentamente non staccando i suoi occhi dalle mie guance.
Mi sfiora il volto con le dita.
Sussulto, come non avevo mai fatto prima.
Le sue dita sono fresche, la pelle liscia, color dorato scuro e profumata. Io sono imbambolato.
"Adesso anche il tuo collo è colorato".
"Che cos'è un collo?"
Si ritrae di scatto, dopo avermi fissato qualche secondo di troppo. Si siede. "Non rilassarti troppo, potrei saltarti addosso".
Ti prego, fallo.
Ritorno in vita dal mondo dei sogni. "Allora, dunque, signorina. Innanzitutto, io... mi chiamo Alex".
Aggrotta la fronte. "Alèx?"
Sorrido. "L'accento non è proprio quello. Alex".
Guarda le mie labbra, in maniera assidua cercando di ricordarne il movimento per pronunciare bene il mio nome. "Alex".
Il mio cuoricino batte più del dovuto. Merda.
"Esatto!" Mi schiarisco la gola. "Tu, invece? Come ti chiamano i tuoi amichetti in tanga, tatuati e selvaggi?"
Ha un'espressione arrabbiata. "Io non vivo nella giungla, Alèx".
Oh, per tutti gli indigeni, ha detto Alex. Veramente Alèx.
"Certo, certo. Poi mi spiegherai dove ha imparato quelle mosse d'assalto mega fighe".
Si inumidisce le labbra lucide. I suoi capelli marroni scuri e mossi hanno un certo fascino.
"Athena".
Sbatto le palpebre. "Non mi stupisce che tu sia una divinità, Athena".
Sgrana gli occhi, non capisco perché.
Oddio, ma che cazzo le ho appena detto?
"Nel senso, intendo che... sei carina come una civetta... sai, il simbolo della divinità greca è una civetta quindi intendevo quello. Sei bella come una civetta".
"Una... civetta?"
"Veramente sembri più un felino arrabbiato, non nel senso che sei brutta anzi... sei molto attraente. Cioè, in senso buono... sei autoritaria e mi fai certi agguati micidiali come se fossi un leone".
Sbatte le palpebre più volte, confusa.
"No! Intendo che Athena è la dea della guerra, giusto? Sei un soldato davvero eccellente, perlomeno stavi per uccidermi quindi sei... super capace!"
Impassibile com'è, dopo istanti infiniti vedo un leggerissimo sorriso sul suo volto.
Ha sorriso.
Bum bum bum bum bum.
Questo rumore nel petto è sconosciuto da troppo tempo.
"Sei piuttosto strano" inclina il volto. "Io non conosco troppo bene la vostra lingua".
"Non sei male".
L'importante è che sai come si dice Alex.
"Quindi, Athena. Come mai sei nell'esercito di William? Una ragazza così giovane non dovrebbe... non so, stare con la propria famiglia?"
Forse ho toccato il tasto dolente, non so essere troppo delicato.
Infatti, si incupisce e io mi pento di essere nato.
"Non lo dirò certo a te".
"Una domanda io e una tu, ricordi?"
"Non ho una famiglia, William vede potenziale in me. Ecco perché sono nel suo esercito. Non ti dirò i dettagli".
Inizia a mostrarsi collaborativa. "Certo, certo. Grazie, Athena".
Sorrido. Lei abbassa lo sguardo forse leggermente timida o magari non è abituata a questo, sempre se il mostrarsi docile non è una sua tattica per saltarmi addosso e strangolarmi.
Punta i suoi occhi da felino contro di me. "Io so chi sei". Mi dice.
"Come fai a saperlo?"
"Non puoi farmi altre domande, infrangi le regole. Avevamo detto una a testa".
"Dunque... questa è la tua domanda?"
Esita. Poi sputa il rospo. "Perché il figlio dei signori Walker va contro la sua famiglia e il suo destino?"
Non so se mi manda più in tilt la sua voce o la sua domanda. Questa ragazza probabilmente conosce tutti noi, dopotutto, se lavora per William sa molto bene chi sono i suoi nemici.
"Perché non è un destino che ho scelto, voglio scegliere io come vivere la mia vita".
Sembra curiosa al momento, noto che riflette sulla mia risposta. Eppure, le domande sono esaurite.
Sentiamo dei passi che arrivano verso la stanza.
Athena si mette in allerta e si alza di scatto, inizia a guardarsi intorno in cerca di un nascondiglio ma qualcuno sta per aprire la porta. Mi alzo e scatto anche io.
"Athena" sussurro. "Qui".
Le indico un passaggio segreto nel muro.
So che non dovrei farlo perché lei è una nemica, fa parte della fazione avversa. Però il mio cuoricino ha fatto bum bum!
Athena mi guarda, forse pensa che sia una trappola. Io sono davanti al muro con una porta segreta. Lei guarda prima me, poi la porta che sta per aprirsi. Capisce di non avere molta scelta.
Corre verso di me, sta per attraversare il passaggio. Le prendo un braccio e la fermo.
"Ti ritroverò, così avrò la scusa di chiederti il tuo di cognome e tu farai un'altra domanda a me. Ci stai?"
I suoi occhi sono a dir poco micidiali.
Annuisce, lievemente e confusa ma lo fa. Sgattaiola dentro e chiudo il passaggio, cercando di riprendere fiato.
Il dottor Lee con alcuni scienziati entra nel suo ufficio.
"Figliolo, che stai facendo qui?"
"Oh, ehm" simulo una posa sensuale sul muro, magari lo conquisto. "Nulla, la stavo aspettano per farle sapere che le voglio... bene".
I suoi colleghi sono molto probabilmente spaventati.
"Alex, hai la febbre?"
"Se ho la febbre?" Sorrido. "Dottore, sono in escandescenza".