𝘴𝘦𝘳𝘦𝘯𝘥𝘪𝘱𝘪𝘵𝘺 ⦂ 𝘺𝘰...

By luh0pe

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⎯⎯⎯ ֎⎯⎯⎯   ─𝙮𝙤𝙤𝙣𝙢𝙞𝙣    ⭗ angst; ┇Min Yoongi non capì di essere eterosessuale o omosessuale innamorand... More

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𝒊 𝒏 𝒕 𝒓 𝒐 𝒅 𝒖 𝒄 𝒕 𝒊 𝒐 𝒏
𝟏.   𝒂 𝒔 𝒕 𝒓 𝒖 𝒔 𝒐
𝟐.  𝒔 𝒐 𝒍 𝒊 𝒑 𝒔 𝒊 𝒔 𝒕 𝒂
𝟑.  𝒔 𝒑 𝒓 𝒐 𝒍 𝒐 𝒒 𝒖 𝒊 𝒐
𝟒.  𝒗 𝒂 𝒕 𝒕 𝒆 𝒍 𝒂 𝒑 𝒆 𝒔 𝒄 𝒂
𝟓.  𝒐 𝒃 𝒏 𝒖 𝒃 𝒊 𝒍 𝒂 𝒕 𝒐
𝟔.   𝒓 𝒆 𝒃 𝒐 𝒂 𝒏 𝒕 𝒆
𝟕.   𝒊 𝒍 𝒍 𝒂 𝒏 𝒈 𝒖 𝒊 𝒅 𝒊 𝒓 𝒆
𝟖.   𝒓 𝒆 𝒎 𝒊 𝒏 𝒊 𝒔 𝒄 𝒆 𝒏 𝒛 𝒂
𝟗.  𝒑 𝒊 𝒂 𝒈 𝒏 𝒊 𝒔 𝒕 𝒆 𝒊
𝟏𝟏.  𝒑 𝒓 𝒐 𝒅 𝒓 𝒐 𝒎 𝒐
𝟏𝟐.  𝒇 𝒂 𝒄 𝒐 𝒏 𝒅 𝒊 𝒂
𝟏𝟑.  𝒂 𝒍 𝒕 𝒆 𝒓 𝒄 𝒐
𝟏𝟒.ㅤㅤㅤ𝒎 𝒆 𝒍 𝒍 𝒊 𝒇 𝒍 𝒖 𝒐

𝟏𝟎.  𝒕 𝒓 𝒂 𝒔 𝒆 𝒄 𝒐 𝒍 𝒂 𝒕 𝒐

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By luh0pe

𓆨

Starai bene, Jimin.

Era lontano dallo stare bene, ma aveva comunque risposto con un cenno di capo in assenso e due occhi gonfi di lacrime e fiducia verso le rassicurazioni del maggiore.

Le lenzuola tacevano nell'abbraccio dei loro corpi rilassati, non abbastanza morbide da accompagnare Jimin nel sonno (a dispetto di Jiyoon pesantemente assopita ore addietro) in quanto l'unica contatto che riusciva a percepire sulla sua pelle erano sottili aghi che insistevano per penetrarlo. Una terribile sensazione giostrata dal senso di vinta che già accusava, un tormento che, ovviamente, aveva trattenuto le sue palpebre accartocciate su loro stesse per tutta la notte, tempo passato tra il volto di sua figlia e il buio che, in alcuni momenti, riusciva a sembrare immenso. Finché giunse il momento di richiamare Jiyoon dai sogni, quando le luci del mattino avevano già da un po' fatto irruzione nella stanza, dimostrando che non c'era alcun immensità in quello spazio ristretto.

La notte non aveva lasciato alcun senso di sollievo con il suo passaggio, non era bastato un tetto momentaneo sulla testa per sollevare Jimin dagli infiniti tormenti che, come mostri, vivevano nella sua personale oscurità, nell'attesa del buio per stringersi attorno alla sua gola e costringerlo a guardare come il mondo sembrasse odiarlo, come la vita sembrasse troppo per lui. Aveva passato quelle lunghe ore a stringere con bisogno il corpicino di sua figlia contro di sé che, al mattino, il dolore ai muscoli delle braccia non aveva di che sorprendere il soggetto colpito.

Il suo arrivo in tribunale era anticipato di ben quaranta minuti dall'udienza. Aveva passato le ultime dieci ore a non pensare ad altro e finalmente era arrivato, finalmente poteva sedersi ed aspettare. Era sconvolto nella sua postazione, le occhiaie che parlavano per lui come i migliori vestiti addosso che però stonavano un po'; gli era stato suggerito da Hoseok di optare per una camicia e un pantalone ma Jimin aveva qualcosa da nascondere, per cui una felpa fin troppo larga alla fine era il massimo della sobrietà con cui aveva optato per presentarsi davanti al giudice. Era forse su questi dettagli poco futili che pesavano le ore di sonno mancanti? Lo stress accumulato? Perché Jimin non s'era neppure guardato allo specchio per conoscere l'aspetto che poteva avere la sua estenuazione.

L'assenza nel suo sguardo era calcata dal silenzio e dai suoi muscoli rilassati, mentre le sue pupille seguivano i movimenti di braccio di Jiyoon che, spensierata ed incosciente, giocava a far volare la sua bambola. Quella bambola di plastica Jimin l'aveva pagata con mezza giornata di lavoro, tuttavia non c'aveva pensato due volte quando sua figlia, giorni prima, l'aveva puntata con occhi a cuore. Era forse una questione di principio nata dall'etica di dare a qualcuno quello che a lui non era mai stato dato.

Jimin non era un cattivo padre. Aveva fatto degli errori, sicuramente alcuni abbastanza rilevanti, ma la prima fase riabilitativa terapeutica comprendeva il perdono. Yoongi forse non ne era stato informato.

Erano passati ben quindici minuti da quando aveva preso posto su una sedia fuori l'aula che avrebbe dovuto occupare, quindici minuti da quando le sue braccia erano cadute lungo i fianchi e il suo mento si sosteneva sulla spalla di sua figlia. Quindici minuti del nulla più totale ed ora, finalmente, qualcuno incominciava ad arrivare.

A richiamare la sua presenza in quell'ingresso d'attesa fu un uomo che si mostrò all'interno della struttura in tutta la sua eleganza, seguito dal padre di sua figlia. In un attimo il sangue gli si raggelò nelle vene. Non fece caso neppure alla giacca e alla cravatta che filava dritta lungo il busto di Yoongi, alla stoffa che ornava i suoi avambracci e il suo petto, infinitamente vizioso nella sua piacente ampiezza. Non fece caso più a nulla, neppure alla sua piccola bambina che scendeva dalle sue gambe senza alcun permesso, per correre quanto concessole verso le braccia del suo secondo papà, il quale la sollevò da terra con estrema semplicità.

Un attimo dopo gli occhi di Yoongi gli furono addosso e mentre Jimin nascondeva dietro gli occhi i suoi denti, Yoongi si pavoneggiava grazie al suo aspetto stimabile.

Ancora una volta la rabbia lo assalì alla vista del presunto avvocato di Yoongi che lo affiancava. Lui non aveva neppure i soldi per permettersi una casa e Yoongi lo portava in causa.

"Ciao Jimin."

Per la prima volta, da quando si erano separati, Yoongi lo salutò. Jimin ebbe per un momento il dubbio se mandarlo a fanculo, a contenerlo fu solo la presenza di sua figlia tra le sue braccia, ma sapeva che nel suo sguardo Yoongi avesse letto quell'espressione, perché certo non si era impegnato per nasconderla.

"Hai portato vostra figlia?" a parlare fu quello che Jimin riconobbe come Kim Seokjin. La sua voce l'aveva tormentato tutta la notte ma d'altronde come avrebbe potuto dimenticare il suo accento acuto.

Corrucciò la fronte mentre andava a sollevarsi con pesantezza dalla sedia per rivolgersi faccia a faccia all'uomo in giacca e cravatta. Il fatto che dovette sollevare il mento per incrociare il suo sguardo, una volta in piedi, non lo sfiorò minimamente.

"Che sciocco che sono, ieri ho dimenticato di chiederti se potevi fare da babysitter a mia figlia." poteva anche dire che non ci fosse niente di personale, ma si sbagliava. Non gli piaceva quell'uomo e forse solo perché rappresentava Yoongi. Era una questione di principio.

"Fai poco lo spiritoso, ragazzino. Questo è un tribunale, non un parco giochi. I bambini non sono ammessi in sala. Potevi organizzarti." Jimin si avvicinò a Yoongi per riprendere Jiyoon, strappargliela letteralmente dalle braccia quasi per evidenziare il disappunto che vedeva nella compagnia legale di Yoongi, sentendosi, nel contempo, solo ed in difetto.

La strinse contro il petto e le accarezzò la nuca con fare protettivo, animato in lui il suo istinto protettivo che aveva verso Jiyoon, grazie all'uomo che sembrava attaccarla.

"Chiedo scusa signor giudice, ero troppo impegnato a trovare un posto dove passare la notte."

Jimin non ci vedeva più per la rabbia, le risposte non venivano rielaborate prima di raggiungere la sua lingua, erano più dettate da un riflesso autonomo. Le buone maniere, invece, le aveva lasciate chissà dove.

"Prova a spiegarlo al vero giudice, vediamo che ti dice."

"Okay adesso basta!" Yoongi si mise in mezzo prima che la discussione potesse prendere una piega piuttosto drastica da digerire. "Abbiamo venti minuti, ci penso io a trovare qualcuno per tenere Jiyoon. E tu -si rivolse direttamente a Jimin- datti una calmata."

Il suo era più un avvertimento. Conosceva Jimin e sapeva dove avrebbe portato quel suo atteggiamento.

"Vaffanculo anche a te."

Ma Jimin non voleva saperne e Yoongi si vide costretto a prendere in mano la situazione. Afferrò il suo polso, attento a non essere troppo rude per sua figlia che era sulle braccia del minore, e lo trascinò con sé contro la sua volontà verso l'uscita sul retro del tribunale. Jiyoon, nel frattempo, si era avvinghiata contro il petto di Jimin (liquidato sotto una garza nascosta dai suoi abiti) come se avesse sentito l'aria intorno intensificarsi e si fosse spaventata. Una volta fuori, Yoongi spinse appena Jimin contro il muro mentre lui gli si piazzava davanti, continuando a trattenerlo.

"Jimin che ti prende? Non puoi avere questo atteggiamento con queste persone."

"Tsk. Queste persone... ne parli come se tu non avessi niente a che fare con loro."

"Ne parli come se la cosa ti infastidisca. Qual è il tuo problema si può sapere?"

"Il mio-mio problema?" pur sconcertato Jimin sembrò divertito sebbene lo sbuffo di aria che soffocava una risatina non allietò proprio nessuno, sicuramente non il maggiore. "Sei tu il mio problema, Min Yoongi."

"Vedi? Siamo perfettamente compatibili." il suo sarcasmo toccò Jimin nel profondo poiché raramente Yoongi rispondeva con esso ai suoi quesiti più celati. Ora tutto sembrava avere una ragione e le parole di Hoseok valsero quanto la vita di un minuscolo parassita.

"Sei un bastardo lo sai?" se già la vicinanza col maggiore desse al suo organismo effetti spiacevoli quali l'aumento della palpitazione cardiaca e la sudorazione su uno strato di pelle gelata, in quel momento le cose parvero intensificarsi. La rabbia gli accorciò il respiro e con esso il cuore fece male, un dolore che Jimin, se fosse stato un minimo sincero con sé stesso, avrebbe descritto metaforicamente come lo spezzarsi del suo organo cavo.

"Se rispondo con la tua stessa moneta non va bene, Jiminie?" perché Yoongi sollevò un braccio fino a sfiorare la sua guancia non lo seppe neppure lui; perché Jimin sembrasse appoggiarsi disperatamente sul suo palmo, tanto meno. Perché entrambi si muovevano per una ragione, scontrando poi l'effetto contrario a loro stessi non era forse tanto per cui battersi ancora e ancora e ancora? Jimin percepì il contatto caldo nel primo istante, in quello dopo, però, parve essere toccato da puro fuoco, per cui si ricompose di tutti i suoi pezzi disgiunti per esercitare una forza da sfogare contro il maggiore allo scopo di allontanarlo da sé, perché la sua tossica vicinanza riusciva ancora a straziarlo.

"Stammi lontano cazzo! Non voglio vederti, vorrei non averlo mai fatto. Vorrei non averti dato mai niente di me. Ho sbagliato, okay? Per una sciocca debolezza, lasciarti entrare nella mia vita è stato l'errore più grande che io abbia mai fatto!"

Anche se qualcuno gli avesse fatto notare che era la rabbia a parlare, Jimin non gli avrebbe mai dato ascolto, ma Yoongi sicuramente sarebbe stato il primo. Era sempre stato fermamente convinto dell'amore che entrambi reciprocavano, ma mai come allora si era sentito solo in quello scenario altamente corrotto. Lo shock, se non altro, fu per lui, che si vide come l'umile protagonista dello show durato gli ultimi decenni della sua vita, il quale veniva gettato tutto alla menzogna.

I singhiozzi di Jiyoon non parvero toccarli, non in quel momento. Forse Hoseok aveva avuto ragione: forse Yoongi voleva solo attenzioni sebbene avesse usurpato del prezzo, ricevendo in cambio una sorpresa spiacevole cioè quella di non aver mai avuto il controllo di niente. Jimin, ai suoi occhi, in quel momento, non gli era mai appartenuto e questa consapevolezza riuscì a cambiargli prospettiva, a capovolgerla, letteralmente.

Con uno scatto batté il palmo contro il muro, accanto alla testa di Jiminie ma dalla parte opposta di Jiyoon, che singultava contro la spalla del suo piccolo papà, coccolata con carezze sulla schiena che sembravano troppo tenui per esser percepite.

"Di cosa ti stupisci, Jimin? Ovvio che voglio l'affidamento esclusivo di mia figlia. Con te non è al sicuro, non lo è mai stata." Yoongi, a dispetto di Jimin, nascondeva bene la sua angustia e riusciva a camuffarla perfettamente in indifferenza: il perfetto contrario dei suoi sentimenti.

"Non puoi togliermela."

"Il materiale non mi manca."

"È stato solo quel dannato giorno, in quella dannata fiera."

"No! È da sempre. Da prima che venisse al mondo e dopo che è nata!"

"Non permetterei mai che le accada qualcosa."

"Era così anche quando ti sei rifiutato di allattarla, suppongo. Perché poi? Perché tu sei un uomo, non è normale allattare la bambina che hai partorito; dico bene?" questa volta era toccato a Yoongi non collegare il cervello con la bocca, scagliando un colpo decisamente basso per i suoi standard. La sciagurata collera era l'unica colpevole di quelle parole, che non erano sbagliate, solo estreme. Il tono poi, sembrava recitare la parte di Jimin, che secondo l'attuale Yoongi non registrava errore nell'atto. Mai, prima di allora, il corvino aveva avuto un aspetto così insensibile, tanto che Jimin si domandò chi diavolo avesse davanti.

Il minore, quasi fosse stato penetrato al petto da una lama, sembrò fare un passo indietro sebbene non avesse già il muro alle spalle, fermo nella lenta fase di assimilazione di quella crudeltà.

Non c'era niente di sbagliato nelle parole del maggiore, pensò. Era suo quel colpo; era sua la lama che trafiggeva sé stesso.

Alcuni secondi dopo, mentre le sue braccia stringevano il corpicino della fanciulla che aveva subito inconsciamente tutti i suoi atteggiamenti nocivi, che nonostante tutto adesso lo amava come molto probabilmente nessuno l'aveva mai amato prima, neppure Yoongi; trascorsi quei secondi Jimin liberò un sorriso amaro. Fu l'unica reazione che gli suscitò quel tuffo nel passato. Nel frattempo i suoi occhi erano ancorati a quelli di Yoongi, un po' come le braccia di Jiyoon attorno al suo collo.

Uno sbuffo ambiguo come il sorriso sulle sue labbra, così aspro da bruciare gli occhi di Yoongi che vi era davanti.

"Per non parlare del fatto che la mia prima reazione è stata un tentato aborto."

Yoongi fece cadere il capo, rilassò il collo teso e la risposta fu che il suo viso si ritrovò parallelo al suolo. Aveva sbagliato, riusciva a vederlo e non riusciva a nasconderlo.

"Certo che l'hai usato contro di me, parlandone con il tuo avvocato."

"Voglio solo liberarti di questa responsabilità, Jimin. Perché mi rendo conto di averti chiesto troppo e tu... non eri pronto." questa volta, a parlare sembrò una vecchia amica: la commiserazione.

Come il suo sorriso divenne ghiaccio e fuoco nello stesso momento, neppure Jimin riuscì a spiegarselo. Che con un sorriso, sebbene plastico, fossero risultati due occhi rossi di rabbia, fu come il prezzo per l'improvviso cambio d'umore che aveva sconvolto il suo sistema nervoso.

"Il problema è sempre quello, Yoongi. Lo stesso di sempre. Lo stesso per cui ti ho lasciato tante e tante volte: tu non accetti quello che sono. Non l'hai mai fatto."

"Non provo più a convincerti che non sia così."

"No, infatti. Sei capace solo di mostrarmi questo. E le conseguenze sono e saranno sempre le stesse..."

Le labbra fortemente costrette in un sorriso incrinato ma fu una lacrima solitaria, sfuggente con furia da un solo occhio, a tradire Jimin e l'aspetto che voleva dare di sé stesso, in quel momento.

Jimin non minimizzò l'abbraccio che esercitava robusto su sua figlia per raccogliere quella stilla, né si alterò per nasconderla: rimase inerme difronte gli occhi cupi del maggiore; rimase per qualcosa, qualcosa che sicuramente, ancora una volta, non era proprio niente.

"... il fatto che mi spezzerai sempre come se fosse solo la prima volta.", concluse la sua frase, ricomponendosi e lasciando solo il suo tono strozzato, mentre dava il suo profilo al maggiore e si allontanava, raggiungendo la porta d'emergenza della grande struttura e quindi, scappava dove certamente non lo aspettava niente di piacevole, ma decisamente migliore rispetto a quello che aveva quando era con Yoongi.

Decise che l'ultima tappa, prima dell'udienza, fu il bagno e solo nel tragitto Jimin non contenne il suo pianto, che nello sfogarlo le sue braccia cercarono conforto in sua figlia, stringendola bisognoso a sé come se fosse l'ultima volta.

𓆨

 Nell'aula regnava silenzio assoluto dopo che tutti ebbero preso i loro rispettivi posti come parte della sentenza e semplici visualizzatori. Una donna in divisa da giudice occupava il posto in alto, i suoi occhi erano bassi sul ripiano che ospitava il battitore d'asta, un paio di occhiali poggiati sulla punta del naso coprivano lo scorrere delle sue irridi nella lettura dell'istanza richiesta, finché la sua voce echeggiò tra le mura dell'aula, così alta da provocare a Jimin una scarica di brividi lungo la spina dorsale. Sudava a freddo, solitario nel suo tavolo alla destra del posto giudice.

"In merito al ricorso d'urgenza 5937g presentato da Yoongi Min, contro Jimin Park, si presenta una mozione per un'ordinanza ex parte per restituire Jiyoon Min, di anni due, alle cure del padre Yoongi Min, con effetto immediato."

"Sì vostro onore.", la voce di Seokjin assecondò la mozione in questione, alzandosi in piedi come se fosse pronto a parlare. Jimin credette di lanciargli un occhiata gelida, quando in verità i suoi occhi avevano più l'aspetto di due fragili boccioli che temporeggiavano negli alberi di ciliegio nel mese di novembre.

"Su quali basi andrebbe considerata l'esclusione di Min Jiyoon?"

"Vostro onore, il signor Min afferma l'inefficienza a livello genitoriale del signor Park. Le accuse sono le seguenti: mancata sorveglianza e bassa considerazione prima e dopo la nascita della bambina."

Se c'era una cosa che Jimin sapeva era che, durante una sentenza, il suo posto doveva prestarsi silenzioso e paziente, ciò significa che non poteva permettersi di smontarsi, non era consentito intromettersi anche se avrebbe voluto avere la parola a riguardo.

"Signor Park."

Jimin scattò sull'attenti. Gli occhi sulla donna che aspettava da lui una risposta, lo sguardo distaccato sulla sua figura esile che, dal basso, si tirava in piedi. L'avrebbe fatto il suo avvocato se Jimin ne avesse avuto uno. Gli occhi di Yoongi, a quel punto, erano su di lui. Jimin li sentiva ma non così bene da sentirsi sollevato che lui ci fosse, perché non riusciva a non sentirsi solo in quell'aula.

"M-mi scusi, giudice?"

"Le sto chiedendo la parola. Ha qualcosa da dire a suo vantaggio? Quali sono le sue giustificazioni?"

"A-ahm... io ho commesso un errore, vostro onore."

"È forse vero che, sotto la sua custodia, Jiyoon, di soli due anni, sia scomparsa per ben cinque ore senza che lei sapesse dove fosse?"

"Non è stato-"

"Sì o no?"

Jimin mandò giù un nodo bloccato in gola con estrema fatica. Abbassò lo sguardo sul pavimento lucido mordendosi la pellicina sulle labbra, strappandone un bel pezzo già in parte fragile.

"Sì, vostro onore."

"Qual è il suo piano?", domandò ancora la donna. Jimin aveva paura ad incrociare gli occhi con i suoi, che all'apparenza esprimeva severità intoccata. Anche se Jimin conosceva bene quello sguardo.

"Il mio-mio piano?"

"Provvedere a Jiyoon. Da quanto mi risulta lei non ha né una casa e né un reddito. Come pensa di prendersi cura di una bambina di due anni in queste condizioni?"

Jimin non aveva nessun piano. Sul labbro una goccia di sangue dal sapore mielato se messo in paragone alle circostanze da cui era domato. Aveva voglia di piangere. I suoi occhi cercarono Yoongi, seduto al suo posto affiancato dal suo elegante avvocato. Come se in quel momento sentisse il bisogno di aggrapparsi a qualcosa, e quel qualcosa era sempre stato Yoongi. Jimin si accorse di rimandare il suo sguardo quando lo trovò, rimanendo su di lui. Una lacrima sfuggì dall'occhio che si nascondeva dalla parte del pubblico, ma Yoongi, pur vedendo quella perdita, non poté che farsela scivolare di dosso, apparendo così orrendamente indifferente.

Jimin e Yoongi sembravano divisi da una doppia parete trasparente. L'uno appartenente in un diverso mondo che non poteva fraternizzare, e Jimin sentiva il suo posto come il sottosopra di una serie televisiva soprannaturale il cui nome gli sfuggiva al momento. Un posto fatto di cenere e silenzio, luci ad intermittenza con la pura oscurità.

"Signor Park?", il commissario tentò di richiamare Jimin, il quale si trascinò nuovamente con lo sguardo su di lei, estenuato.

"Mi sto organizzando.", rispose solo, forzandosi di mantenere un tono stabile.

"Ha o non ha un tetto sulla testa?"

"No. Attualmente no."

"Come pensa di provvedere dunque a sua figlia?" ripropose la donna mostrando chiaro scetticismo.

"Mi sto organizzando.", ribadì Jimin scostando ripetutamente il capo in assenso, apparendo così fintamente ottimista.

Il commissario parve pensarci qualche secondo, ma non abbastanza dal momento in cui la donna chiuse la cartellina che ospitava i documenti di quell'istanza, stringendo subito dopo nel suo pugno il martello in legno di pino.

"Signor Min, la corte accoglie il ricorso d'urgenza per un'ordinanza ex parte per restituire Jiyoon alla sua custodia. Ci riuniremo tra sette giorni. La seduta è aggiornata."

Il martello batté sul piattino in legno e subito dopo tutti furono liberi di smontare i loro posti per congedarsi, compreso Yoongi con il suo sorriso vittorioso e il suo dannato avvocato. Jimin sembrava fosse stato picchiato dal colpo del battitore d'asta, sentendo le orecchie fischiare subito dopo. Piano piano la consapevolezza lo assalì nel frattempo che l'intera aula si svuotava rapidamente. I vocii di chi ancora sloggiava gli provocavano formicolii all'udito mentre il suo sguardo perso vedeva scorrere davanti a sé le immagini di Jiyoon, la sua bambina e la colonna portante della sua vita, che gli veniva portata via.

*abbiate pietà per questa crisiana che vuole entrare nel settore ospedaliero e che di giurisprudenza non ne capisce una mazza:( ho fatto del mio meglio s̶c̶o̶p̶i̶a̶z̶z̶a̶n̶d̶o̶ ̶a̶p̶p̶u̶n̶t̶i̶:) ++ avevo fretta di pubblicare così da potermi dedicare liberamente a sex symphony nei prossimi giorni yee

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