MIND OF GLASS: OPERATION Y [I...

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo - ✓
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1) - ✓
Capitolo 1: Bravo (Parte 2) - ✓
Capitolo 2: Coinquilini - ✓
Capitolo 3: Demoni del passato - ✓
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro - ✓
Capitolo 5: Insieme - ✓
Capitolo 6: Prima Tappa - ✓
Capitolo 7: Presenza - ✓
Capitolo 8: Sconosciuto - ✓
Capitolo 9: Ricordi bruciati - ✓
Capitolo 10: Il prossimo - ✓
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1) - ✓
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2) - ✓
Capitolo 12: Dolore lontano - ✓
Capitolo 13: Turbolenze - ✓
Capitolo 14: Scontro - ✓
Capitolo 15: Notizia - ✓
Capitolo 16: Lettere reali - ✓
Capitolo 17: Firmato... - ✓
Capitolo 18: Sui tetti - ✓
Capitolo 19: In mezzo alla folla... - ✓
Capitolo 20: Rientro - ✓
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata - ✓
Capitolo 22: Sorpresa? - ✓
Capitolo 23: Toc-Toc - ✓
Capitolo 24: Legami scomodi - ✓
Capitolo 25: Nuovi ospiti - ✓
Capitolo 26: La spia - ✓
Capitolo 27: Tocca a me - ✓
Capitolo 28: Il mondo continua a girare - ✓
Capitolo 29: Prurito ed ematomi - ✓
Capitolo 30: Fede - ✓
Capitolo 31: Rimorsi - ✓
Capitolo 32: Torna a letto - ✓
Capitolo 33: Fiamme - ✓
Capitolo 34: Scuse e incertezze - ✓
Capitolo 35: Analista per caso - ✓
Capitolo 36: Non puoi dimenticare - ✓
Capitolo 37: Bersagli - ✓
Capitolo 38: Ostacoli - ✓
Capitolo 39: Ho trovato Jake e... - ✓
Capitolo 40: La bomba - ✓
Capitolo 41: Shakalaka - ✓
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata - ✓
Capitolo 43: Pausa? - ✓
Capitolo 44: Nuove conoscenze - ✓
Capitolo 45: Mercato finanziario - ✓
Capitolo 46: Linea - ✓
Capitolo 47: Safe International Hawk - ✓
Capitolo 48: Fregati - ✓
Capitolo 49: In trappola - ✓
Capitolo 50: Dimitri Malokov - ✓
Capitolo 51: Rancore - ✓
Capitolo 52: Portare via tutto - ✓
Capitolo 53: Insofferenza - ✓
Capitolo 54: Colpe - ✓
Capitolo 55: Operazione Y - ✓
Capitolo 56: Amicizia - ✓
Capitolo 57: Risposta inaspettata - ✓
Capitolo 59: Con onore - ✓
Capitolo 60: Rottura - ✓
Capitolo 61: Solitudine - ✓
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 58: Rivelazione - ✓

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By DarkRafflesia


L'auto di Dave arrivò in uno spiazzale di terra ed erbacce. La via di Malokov li aveva condotti in un posto al di fuori di Washington, un luogo che nemmeno era segnato nelle cartine e che nemmeno Noah era stato in grado di visualizzare per avere un anticipo di ciò che li avrebbe accolti. Quando scesero dal mezzo, entrambi volsero lo sguardo verso la costruzione che si ritrovarono davanti agli occhi; pareva essere un edificio abbandonato da moltissimi anni. 

Una qualche fabbrica inutilizzata e fuori da qualunque tipo di manutenzione. Non era grande; si trattava di un lungo appezzamento di terreno sulla quale sorgeva una costruzione a due piani, dalle scale intricate e arrugginite. Si erano vestiti alla meno peggio; Dave aveva solamente cambiato pantaloni e scarpe con dei cargo color oliva e degli scarponi, rimanendo in camicia bianca, arrotolata sino ai gomiti, mentre Noah si era messo un nuovo pantalone della tuta blu ed una felpa senza cerniera nera. Avevano letteralmente preso le prime cose che avevano avuto sotto mano pur di non perdere neanche un attimo.

«Il posto sembra essere questo.» annunciò Dave, spegnendo lo schermo del cellulare e chiudendo lo sportello con foga.

La temperatura si era abbassata di parecchio, tanto che notò Noah cingersi il busto con le braccia per farsi calore, cosa a che a lui non serviva; il suo sangue stava ribollendo dalla pressione elevata che la sua pelle era tutta un fuoco di nervi. L'edificio forse era stato attivo negli anni novanta perché sembrava essere uscito da un vecchio film; mura marroni, metallo arrugginito, tegole al posto del tetto. A nessuno era importato demolire quel posto? Chissà quante altre sostanze tossiche erano rimaste là dentro. Chinò lo sguardo, corrugando la fronte; il terreno era segnato da delle impronte. Iniziò a camminare, superando la sua auto e seguendo quei segni impressi nella terra. Spiccò la scia di alcune ruote che conducevano verso il retro dell'edificio.

«Non siamo soli.» la mano giunse immediatamente dietro la schiena per sfilare la pistola. Tirò il carrello per caricare il colpo e la impugnò con entrambe le mani. «Ha voluto che fossimo noi due, ma sembra che lui abbia portato con sé più persone del dovuto.»

Noah tracciò con gli occhi le stesse orme. «Sembrano essere molto recenti. Il terriccio è umido.»

«Cerca di starmi vicino.» lo avvertì, serioso, Dave. «Non vorrà fare fuori me, ma tu e il Generale Collins siete i piatti favoriti.»

«Molto rassicurante.» commentò l'altro, teso.

Si avviarono all'interno della costruzione, salendo una rampa di scale che avrebbe rischiato di cedere da un momento all'altro. La puzza di muffa e di umido era respirabile ad ogni loro sospiro. Il soffitto era molto basso, colmo di crepe, rigonfio per la presenza di acqua che inumidiva progressivamente il cemento e il cartongesso. Forse al piano di sopra il tetto doveva aver ceduto da qualche parte, permettendo alla pioggia di entrare di volta in volta; per non parlare degli spifferi e dei cigolii preoccupanti.

Se tutto quel blocco non fosse crollato sulle loro teste sarebbe stato miracolo.

Noah si strinse nelle spalle, osservando quelle rovine; pareva che il pannello elettrico funzionasse ancora, poiché le luci, scarse a causa dei vetri sporchi e opachi, illuminavano la via, quando l'esterno non dava abbastanza il suo contributo nel farlo. Per quale motivo avessero voluto la sua presenza, non lo sapeva. Appunto perché Dave gli aveva detto di essere parte del menu di quei due psicopatici, si sarebbe aspettato di tutto. Ormai conoscevano tutto di lui e come si giostrava per metterli alle strette; il suo coinvolgimento non era nient'altro che un modo per tenerlo lontano dal computer, affinché non rintracciasse le loro ultime mosse. 

Dave proseguì con cautela, esaminando ogni angolo dell'edificio. Dovevano fare attenzione persino dove mettevano i piedi; quel posto era di un disastro micidiale. Peggio del magazzino dove si era rifugiato Barney Gonzales. Per terra era pieno di tubi, ferro, vetri, blocchi di cemento. Noah aveva rischiato di inciampare almeno tre volte da quando si erano inoltrati maggiormente; aveva accanto un ragazzo che aveva zero controllo del suo corpo, ma sarebbe bastato anche a lui perdere la concentrazione per capitombolare pesantemente. 

Più che altro la sua testa era totalmente altrove. Aveva un sentore. Era inspiegabile, ma dentro di lui stava nascendo uno strano timore che gli stava dicendo implicitamente che all'interno di quell'edificio non vi sarebbe stata alcuna sparatoria. Poteva essere un bene, un insignificante conforto che potesse almeno porre Noah in una situazione di incolumità, però c'era sempre quella spia dietro il collo che lo teneva sull'attenti, vigile.

Una prova di volontà.

Che tipo di volontà? A cosa si riferiva? Dimitri era bravo con i giri di parole; era sempre stato abile nel trasmettere qualcosa con frasi corte e poco esplicite. Non solo era bravo a nascondere le emozioni con lo stoicismo, bensì anche con l'utilizzo dei vocaboli adatti per non far trasudare un minimo di instabilità.

«Siete arrivati addirittura in anticipo. я впечатлен.» "Sono colpito."

La voce di Malokov risuonò nell'aria, attirando l'attenzione dei due agenti della CIA.
Sollevarono lo sguardo; lungo i corridoi vi erano gli altoparlanti che collegavano l'intera rete di comunicazione dell'edificio.

«Hanno ripristinato il pannello elettrico con apparecchiature nuove.» osservò monocorde Noah.

Dave aumentò la presa sulla pistola cercando di mantenere la calma. «Dove ti nascondi, codardo? Vuoi di nuovo giocare ad acchiapparella?»

«Non è colpa mia se non riesci a starmi dietro, Morrison. – affermò tranquillo Dimitri. – Non hai capito che io e Iari siamo sopravvissuti, non sei riuscito a salvare tutte le vittime che ho preparato nel menu. Hai salvato Jake, ma quante persone sono morte solo per preservarne una?»

Noah proseguì in avanti, intento ad ascoltare quelle parole che gli fecero socchiudere gli occhi dal dissenso. Tuttavia non si accorse che era andato fin troppo avanti e chi avrebbe dovuto difendergli la via era rimasto indietro. Scoccò un'occhiata alle sue spalle e notò la testa abbassata di Dave; non riuscì a leggere bene quel volto, quella strana espressione che di nuovo gli aveva tinto i lineamenti intirizziti, perché il soldato si riprese immediatamente.

«Ti stai nascondendo di nuovo dietro di me, spacciando le tue malefatte nel giusto.» mormorò, riaprendo gli occhi con aria risoluta. «Se avessi saputo prima i tuoi movimenti, come è stato per Jake, sarebbero rimasti tutti in vita. Sai bene che non hai speranze in un scontro diretto.»

«Davvero?» il russo rise. «Credi ancora che qui ci sia il giusto?»

Dave non gli rispose nemmeno. Sorpassò Noah con determinazione e sguardo dritto davanti a sé.
Aveva una missione da compiere.
Seguirono il corridoio fino a quando non giunsero davanti ad una porta arrugginita. La luce da rossa passò a verde senza che loro muovessero un muscolo; le videocamere di quel posto, nuove di zecca, li avevano seguiti passo dopo passo in quell'impresa labirintica. Dave posò la mano sulla superficie, facendo cenno a Noah di rimanere dietro di lui. 

Il ragazzo obbedì, mangiucchiandosi il labbro dal nervosismo. Quando varcarono quell'entrata stridula e cigolante, si ritrovarono in una stanza, una sorta di anticamera che aveva una vetrata che dava ad una stanza buia, affiancata da una porta uguale alla precedente, ma sigillata. Non ebbero neanche il tempo di varcare del tutto la soglia che alle loro spalle udirono un tonfo, sinonimo che erano rimasti chiusi là dentro senza poter fare nulla se non capire dove diavolo fossero.

«Dove ci hai portati?» domandò Dave, gli occhi sugli altoparlanti.

Nessuna risposta.

«Ma che cazzo...» sospirò in seguito, muovendosi attorno alla stanza che dava l'idea di essere una sorta di camera in cui venivano testate nuove apparecchiature.

Noah assottigliò lo sguardo, avvicinandosi contro quella vetrata lucida, nuova per essere parte di quell'edificio abbandonato; la controluce cancellava qualsiasi possibilità di movimento, non vedeva nulla. Si alzò le maniche della felpa, sentendo stranamente caldo. L'aria là dentro era opprimente, umida e afosa. Non c'erano spifferi, il che rendeva quella stanza puzzolente di ruggine; non vi era una singola finestra, sinonimo che un tempo erano stati effettuati lavori con la pressa o con qualche strumento pericoloso, tanto che avevano avuto bisogno di seguirlo da remoto in un'altra camera. 

Proprio dove giaceva lui, era rimasta sotto al vetro l'impronta di quello che doveva essere un pannello di controllo di qualcosa. Pareva che avessero ristrutturato alcune zone secondo i loro gusti personali. Potrebbero costringere Dave a fare una scelta? Tra me e il Generale Collins? ragionò con ribrezzo, analizzando i muri per evitare che qualche dardo improvviso lo colpisse al collo e lo spedisse nel mondo dei sogni. Era la scelta più plausibile, visti i precedenti. Ma era anche la più banale e scontata, troppo da vecchio film cliché.

«Non mi piace questo posto.»

Gli occhi di Dave si mossero lesti su Noah, turbati. Teneva lo sguardo puntato sul vetro, come a voler osservare il suo riflesso; stava osservando le sue ferite, il cerotto sul naso sotto gli occhiali e l'ematoma sulla fronte. Era come uno schermo; vide tutto ciò cui erano andati incontro, i rischi che avevano percorso di volta in volta fino ad arrivare lì, in un punto dove non sapevano più cosa sarebbe successo, cosa avrebbe riservato loro quel destino. Dave non poté che immergersi anch'egli in quella visione; fino ad una settimana fa era dietro al giardino di casa sua a brindare con i suoi amici, sereni e sorridenti; fino ad un mese fa era in Spagna a saltare sui tetti di Cadice; fino ad un mese e mezzo fa era a stuzzicare Noah per il trucchetto della corrente staccata.

Quei ricordi gli innescarono un'anomala malinconia.
Erano finiti in mezzo a qualcosa di molto grande.

Se gli avessero detto un anno prima che avrebbe incontrato un ragazzino prepotente e scontroso con la quale condividere un tetto, per poi occuparsi di un caso in sua compagnia, passando dallo spionaggio al terrorismo, non ci avrebbe mai creduto. Erano ridotti piuttosto male, fisicamente. Mentalmente non erano da meno, perché a giudicare dalle espressioni che avevano tinte sul taglio degli occhi la tensione li stava divorando. Seppur Noah fosse inespressivo, si leggeva bene l'irritazione che aleggiava intorno al suo costante malumore. Non avevano fatto altro che lottare, sudare e impegnarsi, non stop.

«Un vicolo cieco.» bisbigliò il giovane, chiudendo le mani in dei pugni. Inclinò il capo verso di lui, freddo come il ghiaccio. «È chiaro che non c'è nient'altro da fare.»

«Le intenzioni di Malokov sono scellerate, può succedere di tutto.» rispose Dave.

«Sono dei fottuti vigliacchi: stanno continuando su questa strada. – l'altro incrociò le braccia davanti al petto. – Potrei metterli nella merda con poco, ma vogliono che non tocchi il computer.»

Il soldato si passò una mano sui capelli. «Questa stanza non fa altro che confermare le ipotesi.»

«Senza di me quelle informazioni rimarrebbero dentro quella chiavetta a fare la muffa: ormai ho capito bene come funziona il codice.»

«È anche per questo che ti ho voluto qui, ragazzo.» Malokov si intromise, interrompendo quella conversazione. Noah e Dave fissarono gli altoparlanti, colmi di astio. «Sei troppo svelto e arguto: ho bisogno che per il momento tu stia buono.»

«Non sono un fottuto cagnolino.» ribatté nervoso il diretto interessato.

«Invece credo proprio il contrario. – lo richiamò il russo, autorevole. –Mi sono sempre chiesto come avreste reagito se vi avessi messo in una situazione di pressione. Alla fine non avete fatto altro che raggirarmi, anticiparmi, fronteggiarmi. Ma se io vi mettessi in difficoltà, in un punto dove non avete vie d'uscita, cosa fareste?»

La luce al di là del vetro si illuminò, mostrando finalmente l'interno della stanza dall'altra parte.
Il nervosismo dei due agenti venne rimpiazzato dallo sconcerto, le iridi sgranate per la scossa che trapassò la loro colonna vertebrale.

Proprio all'interno della sala vi erano almeno sei...poliziotti in divisa.

Erano legati rispettivamente ad una sedia, messe tutte in fila l'una accanto all'altra, i polsi e le caviglie bloccati sui braccioli e sulle gambe. Ciò che li teneva collegati fra di loro erano quelle cinture poste attorno ai loro busti. Cinture che i due non faticarono a tradurre in...esplosivi. E tutte erano unite da un unico filamento che terminava poco più lontano, di fronte a loro, più vicino al vetro.

C'era la settima sedia su cui giaceva il Generale Jude Collins.

Il suo corpo non era avvolto da delle bombe, bensì da uno strano apparecchio collegato ad una serie di elettrodi attaccati al suo petto dalla camicia aperta. In questo modo sullo schermo al di sotto del torace veniva segnato il suo battito cardiaco.
Quelle bombe erano collegate al battito cardiaco dell'anziano veterano.
Infatti solo le caviglie legate lo tenevano ancorato alla sedia, poiché le braccia erano libere di muoversi. Se solo avesse comunque provato a staccarsi da solo gli elettrodi, sarebbero saltati in aria.

«C-Cosa...?» balbettò Dave, bianco come il latte. I suoi occhi si incrociarono con quelli amareggiati del Generale, ma stabili, senza alcun tipo di rimorso o paura. «Come...?»

«Vi piace la mia opera d'arte? È stato Iari ha collegare il tutto, sono rimasto impressionato anche io dall'eccellente lavoro. – sogghignò Dimitri con soddisfazione. – Non è stato difficile chiamare tre pattuglie e dare il segnale d'allarme. I miei uomini hanno fatto tutto il resto. Il gas narcotizzante è molto efficace con molte persone.»

«Fuck...» sospirò Noah, gli occhi che rimbalzavano in ogni direzione per capire se vi fosse qualcosa che avesse potuto disattivare quell'intricato congegno di arguzia. Se era collegato al battito cardiaco, doveva esserci un comando per poter simulare il ritmo anche senza vere pulsazioni.

«Mi chiedo come riuscirete a trovare una soluzione! Sono proprio curioso!»

Dave si mosse in uno scatto involontario che gli fece puntare la pistola contro il vetro che li separava da quella bomba umana.

«Sarebbe fatica sprecata, Morrison. Ascoltami.» lo interruppe il russo. Il Capitano tenne l'arma puntata contro il suo riflesso, furioso. «Pensi che sia così stupido da darti la possibilità di rompere il vetro con cotanta facilità? È antiproiettile. La prova che vi aspetta non ha bisogno di armi.»

«Shut the fuck up, psicopatico di merda.» ringhiò adirato Dave.

Li vedeva. Li vedeva tutti.
Oltre al suo riflesso, vedeva gli occhi dei poliziotti guardarlo in preda al panico. Erano imbavagliati; si dimenavano con l'unica speranza di poter trovare un modo per staccarsi da quelle cinture suicida, ma allo stesso tempo lo stavano fissando in cerca d'aiuto, come se lui fosse il solo in grado di poter porre fine a quella infamia dal risultato funesto. Dalle loro corde vocali provenivano dei pigolii terrorizzati; in divisa, avevano solamente seguito un segnale di pericolo, convinti che avrebbero potuto fare gli eroi anche in quella giornata e tornare a casa a raccontare le loro gesta ai piccoli figli che attendevano il loro ritorno per stare insieme. 

Perché Dave le vedeva, le vedeva tutte.

Le fedi che contornavano l'anulare di ogni singolo fottuto poliziotto che vi era all'interno di quella camera esplosiva, brillavano alla luce scadente per fare in modo che lui non se ne dimenticasse mai.
La frequenza del respiro aumentò, la pistola che iniziò a tremare, richiamando l'attenzione di Noah e del Generale Collins, il quale socchiuse gli occhi in un'espressione autorevole ma al tempo stesso apprensiva.

«Morrison, no.» lo richiamò.

Ma Dave non lo ascoltò, totalmente pervaso da pensieri e immagini che Noah non poté comprendere. Doveva trovare un modo per liberare tutti. Non poteva starsene fermo a guardare. La prova di volontà era questa? Aveva un tempo limitato per poter aprire quella porta, prima che Dimitri uccidesse Jude e le bombe esplodessero? Le aveva già analizzate; non erano esplosive, ma erano belle cariche di aria e pressione per ridurre in mille pezzi chiunque vi fosse in quella stanza, senza che lui e Noah venissero coinvolti. Strinse gli occhi, abbassando il capo per mantenere la calma. Doveva pensare ad una soluzione.

«Potrebbe esserci un modo per aprire la porta. – lo riportò sulla realtà la voce sotto pressione di Noah; aveva gli occhi puntati su un quadro accanto alla porta, malandato e sporco. – Il pannello dovrebbe avere dei fusibili.»

Quelle parole indussero Dave a rivolgersi direttamente a lui, abbassando la pistola.

«Che stai aspettando, allora?! Aprila, cazzo!» urlò.

Il ragazzo sussultò impercettibilmente sul posto, aprendo gli occhi più del dovuto.

«Non usare quel cazzo di tono con me!» urlò di rimando, avvicinandosi con passo furioso.

Si ritrovarono faccia a faccia, vicinissimi.

«Smettila di ribattere e muovi il culo!»

«Non comandi su di me! Mi sarei mosso anche senza il tuo fottuto ordine!»

«Allora fallo!»

Noah volle ribattere, ma si contenne quando lo sguardo si posò sui poliziotti che li stavano osservando in preda alla disperazione; Dave lo seguì con gli occhi, indietreggiando di poco con sgomento. Li avevano appena scambiati per due incompetenti che avevano la faccia di litigare in quel momento, nonostante vi fossero delle vite in pericolo. Chinarono lo sguardo sul pavimento in segno di umiliazione e disagio, lasciando quella diatriba sospesa.

Cazzo. Pensarono entrambi senza rendersene conto. Si scambiarono un'occhiata esitante, dopodiché Noah camminò spedito e incollerito verso il pannello elettrico. Afferrò con decisione il coperchio arrugginito, attento a non tagliarsi, ed incanalò tutte le sue energie per sradicarlo da lì. Quando con difficoltà il pezzo venne via, si preparò a fronteggiare l'insieme di fili e tasti che avrebbe potuto modificare per permettere alla porta di aprirsi senza alcun comando da dove il russo li stava osservando.

Tuttavia il sangue nelle sue vene si raggelò all'istante.
Il pannello era vuoto.

«Dovevo aspettarmelo, merda!» si allontanò, richiamando l'attenzione di Dave.

«Cosa c'è adesso?»

Noah scoccò un'occhiata al vetro della finestrella della porta blindata; per mezzo di quel piccolo rettangolo, vide un filo partire dal pannello interno e percorrere il pavimento sino ad arrivare nello stesso aggeggio che il Generale aveva sul torace. Deglutì, contraendo le dita per stringere i pugni.

«Anche la porta è collegata al battito cardiaco. Ma questa volta è un meccanismo inverso: se smette di battere si apre, ma le bombe al contrario esploderanno.» spiegò, sudando freddo.

Le sopracciglia di Dave si corrugarono da una rabbia anomala. Scattò, lanciando la pistola per dirigersi da lui. Fu talmente veloce, che Noah non registrò nemmeno il fatto che la mano dell'uomo lo spinse via con impeto, facendogli fare almeno un quattro passi indietro per resistere alla forza di gravità che voleva accoglierlo al suolo, ed afferrò la maniglia della porta per forzarla a mani nude.
Questo significava che non c'erano più soluzioni?
Perdere altre vite era inammissibile.

«Stacchi quel cazzo di filo, Generale! – gridò, tendendo i muscoli delle braccia, quasi a strappare la camicia, per aprire quella dannata porta. – Lo stacchi, porca troia!»

«Non posso farlo. È collegato all'innesco.» rispose semplicemente Jude, impassibile.

Noah assistette a quella natura incontrollata e irrazionale. Paralizzato, spontaneamente la mano arrivò sul punto in cui Dave lo aveva toccato e spinto via, sulla spalla sinistra; aveva provato un brivido che aveva sperato di non risentire mai più. 

Al centro della stanza, passò dal rifiuto di Dave alla rassegnazione del Generale. 

Se il filo era collegato all'innesco, significava che era lo stesso che teneva accesa la bomba. Staccarlo era sinonimo di spegnimento, quindi un bel botto. L'unica soluzione sarebbe stata rompere il vetro, liberare i poliziotti e disinnescare ogni singolo giubbotto per fare in modo che non fossero collegati al battito cardiaco. Ma con il vetro antiproiettile, nessuna carica per irrompere e Jake assente, non potevano fare...
No. C'è ancora un modo.

«È una prova di volontà, ma non riguarda noi.» iniziò, portando Dave a placarsi.

Ebbero contatto visivo; se i suoi occhi chiari erano annichiliti, quelli dell'uomo avevano avuto un attimo di lucidità. Prese un respiro profondo, caricando bene quello che era balenato nella sua testa.

«Riguarda lui.»

Mosse il capo in direzione del vetro, indicando con il mento il Generale.
Dave smorzò ogni sforzo, camminando davanti al vetro per osservare meglio la figura di Jude; aveva le braccia libere. Adesso comprese il perché. Era lui, l'unico in grado di poter disinnescare le bombe, perché poteva liberare le caviglie e aprire la porta. Poteva farlo.
A meno che Dimitri non avesse innescato dalla distanza le bombe.

«Il Generale non c'entra nulla, Malokov! – aumentò il tono di voce, cercando una videocamera e fare cadere le attenzioni su di lui. – Te la sei presa con la mia squadra, siamo noi i tuoi bersagli, giusto?! Allora devi prendertela con chi era lì quella notte, con chi ha partecipato allo scontro!» si toccò il petto, inquieto.

«Ancora non capisci, Morrison.» rispose Dimitri, il tono cupo e basso, roco rispetto a prima. «Il Generale Collins è complice tanto quanto lo siete tu e i tuoi uomini. È lui la causa della morte della mia squadra.»

«Sono stato io a chiedere il permesso di avviare il fuoco, ho innescato io la scintilla!» insistette Dave.

Ma come poteva con le parole cambiare le sorti di quei poliziotti innocenti che non sapevano nulla di quello che stava accadendo? Il Generale non aveva premuto il grilletto, non si era macchiato le mani di sangue; l'iniziativa era sulle sue spalle: gli altri avevano solo seguito i suoi ordini. Avevano visto tutti quanti che era stato Iari a sparare; quella levetta che veniva tirata era ancora...
Ancora come? È stato davvero Iari a sparare Sully?

«Io non sto capendo più un cazzo di questa storia!» intervenne Noah con rabbia. «Malokov dice che tu hai ucciso la sua squadra, che tutto sia partito da te. Mentre tu dici il contrario.» si passò una mano sui capelli. «Dovete continuare a fare in questo modo come due cazzo di bambini?!»

Dave, tuttavia, rimase totalmente annichilito.
Il ricordo di quello che avevano visto i suoi occhi tornò, lampante e vivido.

«Iari non ha sparato...» sospirò.

Noah trasalì.

«What?» la sua espressione mutò davanti a quello sguardo stravolto.

«Iari è un cecchino impeccabile, non avrebbe avuto motivo di mancare il bersaglio, neanche per finta.» iniziò Dave, folgorato. «E poi Iuri, Igor, Rem e Max erano troppo spaventati per poter essere dei disertori.»

Poteva ancora sentire le suppliche del piccolo Iuri, poteva ancora vedere come gli uomini di Dimitri si fossero protetti a vicenda. Tutti i dettagli che la frenesia e l'istinto di sopravvivenza avevano celato – tutto quello che lui non aveva potuto studiare, poiché troppo giovane e di un ruolo troppo basso per poter prendere parte ai debriefing governativi – adesso non poterono più sfuggire alla sua mente esperta.

«Se fossero stati solo Dimitri e Iari i colpevoli, gli altri avrebbero fatto qualcosa per evitare lo scontro.» seguì il suo ragionamento Noah, scioccato. «Quindi in conclusione...»

Si guardarono, travolti dall'orrore.

«L'Operazione Y è stata manomessa.» sospiraronoall'unisono.

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Eccoci arrivati all'attesissimo capitolo della settimana!
Vi aspettavate una rivelazione del genere? 
No? Bhe, martedì avrete la prossima batosta, buon week-end!

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