SUL FILO DI LANA

By OrnellaStocco3

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Il sipario si alza su un piccolo paese della pianura veneta. L'anno 1911 apre il primo capitolo. L'immaginar... More

Trailer e piccole soddisfazioni
Premessa dell'autrice
Le origini
Decisioni
Lettera dal Canada
Come perle di un rosario
Un mondo semplice
La notizia
La calma prima della tempesta
Autunno 1911
Merica! Merica!
Port Arthur
I battiti del cuore
Ponzano Veneto
L'ultimo saluto
Un piccolo pettirosso
La Grande Guerra
Per amore, solo per amore
Le sorprese della vita
Un amore impossibile
Si torna a casa
Il dolore di Agnese
Una sposa bellissima
La paura della guerra
Mandati alla morte
L'inizio di una nuova vita
Villa Minelli
Una piccola donna
Giovanna
Ostacoli
Grande Amore
I ricordi del cuore
Non è un addio
Si riparte!
1923
Rosa
Lo amo!
Ah, l'amore!
L'era del fascismo
La vita continua.
L'inizio di una nuova vita
Una sposa infelice
Prima notte di nozze
La notte più nera
La speranza è nell'aria
Un destino già segnato
Marzo 1925
Sant'Artemio
Non ti lascio marcire in manicomio
L'era del fascismo parte seconda
29 aprile 1929
Leone e Rosa
Momenti importanti
La sofferenza che ritorna
Le cose non dette
Ladro di anime
Lasciami andare da lei
La guerra d'Africa
Evviva gli sposi!
Nuove emozioni
Un momento perfetto
Un nuovo capitolo di vita
L'ultima notte

Un prete di campagna

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By OrnellaStocco3

La parrocchia è il luogo dove si registrano e si battezzano i nuovi nati, si celebrano i matrimoni e i riti funebri. La partecipazione alle funzioni religiose e a tutte le fasi pubbliche della vita sociale del paese fanno della parrocchia il centro di riferimento della quasi totalità della popolazione. Il diffuso analfabetismo imponeva ai parroci di tenere una fitta corrispondenza con gli emigrati e le loro famiglie, perché chi non sapeva leggere e scrivere, per superare il problema della comunicazione, si rivolgeva a chi aveva tali conoscenze ma fosse anche persona di fiducia.

︵‿︵‿︵‿︵

Leone, con aria assorta segue la santa messa. Di sottecchi osserva Rosa, seduta accanto a Teresina. Lei abbassa la testa. Si sente avvampare; non le era mai successo prima di provare tanto turbamento dentro di sé. Spera solo che la funzione religiosa finisca presto: deve uscire a prendere un po' d'aria. 

Per calmare il suo cuore. 

Per dirsi che è bellissimo questo primo palpito d'amore.

– Dominus vobiscum – la voce di don Paolo risuona nella navata.

– Et cum spiritu tuo! – un coro di voci si alza in risposta.

– Ite missa est. – conclude il prete con solennità.

Con queste parole don Paolo, il giovane parroco del paese, saluta le persone radunate nella chiesa di San Leonardo per seguire il rito domenicale. Volge il capo verso l'anziano prete, seduto su una sedia. Don Piero, malato e quasi cieco, ha guidato la comunità con saggezza e dedizione per decenni. Le sue mani, nodose e macchiate dal tempo, tremano leggermente quando stringe quelle di don Paolo. Un bacio fraterno e affettuoso suggella il loro profondo legame di amicizia e rispetto.

– Don Piero, la ringrazio per tutto quello che ha fatto per questa comunità. – dice il giovane prete al suo predecessore.

– Grazie a te, figliolo. È stato un onore servire nostro Signore e la mia gente. – risponde il parroco con voce tremante.

La sua salute è ormai cagionevole e le forze lo stanno abbandonando. Ma il suo spirito rimane indomito, pronto ad affrontare l'ultima sfida con la stessa tenacia che dimostrò durante la Prima Guerra Mondiale quando gli austriaci entrarono in paese e il sindaco fuggì, lasciando la casa municipale in mano al nemico. Don Piero non si era arreso. Rimase al fianco dei suoi fedeli, offrendo loro conforto e speranza.
In un periodo di terrore e incertezza, dal pulpito, la sua voce si era levata forte e allo stesso tempo compassionevole. Tutta la comunità si era affidata a lui, anche per scrivere le lettere da inviare al fronte, o ai compaesani emigrati all'estero, poiché la maggior parte di loro era analfabeta.

 Scriveva solo cose belle, don Piero, anche se in famiglia era morto un anziano o qualcuno si era gravemente ammalato. La sua era una bugia pietosa, un atto d'amore verso la sua gente, un modo per mantenere viva la speranza in un futuro migliore. Sapeva che ricevere brutte notizie dai propri cari, per chi imbracciava un fucile e con la morte ci conviveva tutti i giorni, non lo avrebbe certamente rallegrato. Le sue parole, sempre piene di speranza e di amore, lenivano le sofferenze e davano forza a chi stava combattendo per l'Italia.

Don Paolo aiuta l'uomo di chiesa ad alzarsi, vuole salutare la sua gente, quei suoi figli che ha visto nascere, ma anche morire. Sessant'anni di sacerdozio, di preghiere silenziose e di gesti di misericordia, scolpiti nelle rughe del suo volto e nel suo sguardo benevolo.

– Cari parrocchiani, prima di lasciare la casa del Signore, salutate il vostro caro parroco – dice don Paolo.

Nella chiesa, il silenzio è rotto solo dal singhiozzo di qualche donna, mentre don Piero, lentamente, si avvicina all'altare per l'ultima benedizione. Un'immagine che rimarrà impressa per sempre nella memoria di tutti, un simbolo indelebile di un uomo che ha fatto della sua vita un dono per la sua comunità.

Un raggio di sole colorato filtra dal rosone di vetro, creando un gioco di luci sulla candida tovaglia di lino che copre l'altare. L'anziano sacerdote poggia le mani sul tessuto, l'ombra di un sorriso si mostra sulle labbra. La commozione lo attanaglia impedendogli di parlare. Alza una mano in segno di benedizione verso i fedeli che, uno ad uno, si stringono a lui in un mesto corteo. Ognuno porta con sé un ricordo: un matrimonio celebrato, un battesimo, un funerale officiato con parole di conforto.

Sguardi commossi si scambiano, qualche donna si asciuga le lacrime. Un velo di tristezza avvolge la piccola comunità, un dolore palpabile che si manifesta in gesti sommessi e preghiere silenziose.

Don Piero accoglie ogni carezza, ogni parola di conforto, ogni sguardo pieno di affetto. In quell'ultimo saluto, si percepisce la gratitudine per un legame profondo, un amore incondizionato che ha nutrito la sua anima per tanti anni.

Nella piazza antistante la chiesa, un silenzio irreale ha preso il posto del consueto vociare domenicale. Nemmeno i ragazzini hanno voglia di rincorrersi, mentre i bambini più piccoli si stringono alle madri, con occhi grandi e smarriti. Il vento di aprile agita le foglie degli alberi, creando un fruscio che quasi sembra un lamento.

Teresina si stringe nello scialle, preme il fazzoletto sulla bocca per soffocare i singhiozzi.

Poro don Piero, el se drio par morir... – sussurra la donna con voce rotta. 

Rosa le stringe un braccio e cerca di confortarla.
 Dai Tina, coraio, purtroppo è la vita. Hai voglia di fare una passeggiata? – le propone Rosa, cercando di distrarre la donna.

Rosa è inquieta. Il suo dolore per Don Piero è sincero, ma la sua mente è altrove. Si sente in colpa per i pensieri che affollano la sua mente, pensieri che non si addicono al momento di tristezza che la circonda. Il suo sguardo limpido vaga alla ricerca del ragazzo che l'ha osservata durante tutta la messa.
– Vieni, Teresina, andiamo in osteria, così camminiamo, ti farà bene...

Teresina si blocca di colpo. Guarda Rosa con gli occhi sbarrati. Poi si copre il volto con le mani, non crede a quello che ha sentito.

Mariavergine, tosa mia, che ti prende? Due donne in osteria? Ci vanno solo gli uomini, in quei posti di perdizione!

Rosa sbuffa.
Teresina, con evidente reticenza, si aggrappa al braccio della ragazza. Trascina i piedi sulla strada polverosa e silenziosa. Le due donne attraversano la via, si dirigono verso la fila di case, dall'intonaco sbiadito, deturpato da profonde crepe.
Case e piccole botteghe a formare un mondo fatto di persone semplici.

Via Roma è la spina dorsale del paese. Da un lato, la chiesa con l'oratorio svetta come un faro di santità. Dall'altro, l'osteria da Frigo, gestita dalla famiglia Frigo sin dal 1903, rappresenta un porto sicuro per peccatori e anime inquiete.

 Sulla parete esterna, accanto alla porta d'ingresso, una scritta dipinta a caratteri cubitali mette in guardia gli avventori:

È VIETATO AI MENDICANTI DI ALTRI COMUNI CHIEDERE L'ELEMOSINA

All'interno dell'osteria regna un'atmosfera rustica e accogliente. L'odore di bollito e di arrosto si mescola al profumo del vino e della legna che arde perennemente nel grande camino. Tante persone si fermano per una ombreta di vino rosso o bianco, un bicchierino di marsala o di grappa, o un vermouth rinfrescante. 

Fuori dalla porta, Rosa ha un momento di titubanza. Non è mai entrata da sola nell'unica osteria del paese. Solo una volta, molti anni prima, era venuta con suo padre e suo fratello. Anselmo voleva assaggiare il vino che vendevano, già sapeva che un giorno in quel locale si sarebbe servito solo il vino della "Cantine Carniato".

Teresina è sempre più stanca, si sorregge alla giovane, la guarda con aria sconsolata. Vede che Rosa è ansiosa.

– Rosa, te me par un poco storna. Se pol saver cossa che te vol far? Cerchi per caso el tosato che mi ha accompagnata in chiesa? Che bravo fiol! 

Il volto della ragazza si illumina. Guarda Teresina, annuisce con la testa.

Teresina sospira. 

– Ah, gioventù! Ma sito sicura? L'ostaria no xe un posto par signorine.

– Lo so, Tina, ma non mi importa. Ho bisogno di vederlo. Tu aspettami qui, siediti sulla panca.

Rosa inspira profondamente, apre la porta.

 Il brusio delle conversazioni si abbassa di colpo. Tutti gli occhi si posano su di lei. Un silenzio carico di sguardi curiosi. Sul volto della ragazza affiora un sorriso composto. Incrocia le mani sul grembo, guarda i volti che la stanno fissando. Qualcuno sogghigna. Lei inclina la testa in segno di saluto. Un giovanotto, appoggiato al bancone, le dà le spalle. Alto è alto, indossa una camicia bianca con gilet ma non ha quei morbidi ricci che lei già sente di amare. Il ragazzo si volta: la folta barba e i baffi gli nascondono il volto, ma certamente non è il ragazzo che lei sta cercando.

– Scusate, cerco mio fratello Antonio. Lo avete per caso visto?

Lo spilungone con la barba si fa serio. 

– Non lo ha visto nessuno. E xe meio che qua dentro non metta piede, quel brutto muso di un fascista!

Altre voci si alzano minacciose contro Antonio. Rosa apre la porta, scappa fuori. Sente il cuore sbattere furiosamente contro il costato. Sente le ciglia umide, e un tremore che le dà la nausea. Prende per un braccio Teresina.

– Tina, presto, andiamo via.

Mariavergine, Rosa! Cossa se successo?

Ti accompagno a casa. Io devo correre alla Casa del Fascio. Antonio è in pericolo. 

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