Aeternam: Un Nuovo Inizio

Por cleliuz_

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Nuove nubi si addensano sul mondo magico italiano. Un evento scioccante raggela tutta la comunità magica e le... Más

Prologo
Capitolo 1: Un Nuovo Anno
Capitolo 2: Ritrovamenti Nefasti
Capitolo 3: Gerarchie
Capitolo 4: Colui che porta la notte
Capitolo 5: Il proprio ruolo
Capitolo 6: Dovere e Legge
Capitolo 7: Alleanze
Capitolo 9: Dubbi e conferme
Capitolo 10: La nostra eredità
Capitolo 11: Storie
Capitolo 12: Ritrovarsi
Capitolo 13: Antica Magia
Capitolo 14: Ripercussioni
Capitolo 15: Frammenti
Capitolo 16: Il Silenzio
Capitolo 17: Eroi e Nemici
Capitolo 18: Il Viaggio delle Anime
Capitolo 19: La Conferma
Capitolo 20: In Onore della Natura
Capitolo 21: I Tre Poli
Capitolo 22: Ferro e Fuoco
Capitolo 23: I Cancelli di Aeternam
Capitolo 24: Un Nuovo Inizio
EPILOGO

Capitolo 8: Amicizie e rivalità

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Por cleliuz_

Il professor Prospero indicava sulla lavagna i simboli tracciati con il gesso bianco. Spiegando attentamente la teoria che si celava dietro di essi, affascinando le menti dei presenti come di consueto, parlando con il suo tono calmo e forbito.

Il Club di Lettura e Riflessione era più nutrito quell'anno, il professore aveva proposto di entrare a ben quattro nuove reclute, un Incantatore, Rinaldo Rupescissa; due Duellanti, Lupo Settimi e Primo Leoni e un Fattucchiere, Tebaldo Tauri.

Primo si era ambientato subito, conosceva già Altea poiché cantavano insieme nel coro della scuola e conosceva bene il suo compagno Duellante, a volte parlava anche con i ragazzi più grandi, soprattutto con Zeno, che come lui era stato reclutato al quarto anno.

Lupo era più calmo, ma comunque molto educato e di buona compagnia, conosceva gli altri ragazzi del sesto anno ed era sempre gentile con Altea, che conosceva grazie alle volte in cui il coro aveva organizzato esibizioni insieme agli Incantadanzatori.

Rinaldo era amichevole con tutti, soprattutto con Zeno che era suo compagno di stanza e con Armance, dato che erano entrambi Incantatori. Rinaldo era caldo e amichevole perfino con il professore, così come lo era con i compagni, sembrava che dovunque andasse il sole lo seguisse, era l'Incantatore più socievole che molti studenti avessero mai conosciuto.

Tebaldo era il più spocchioso dei quattro, parlava poco e in tono saccente, non si rivolgeva ai compagni Duellanti e non legava con i compagni Incantatori, spesso non salutava né Armance né Altea e non era raro che rispondesse in modo irritato a Primo, come se lo considerasse troppo piccolo per presenziare al Club.

L'unica persona verso cui tutti, stranamente, avevano sempre lo stesso atteggiamento era Sveva.

Altea lo aveva notato anche nell'anno precedente. Come aveva detto a suo fratello, oltre ad essere una persona enigmatica, Sveva teneva delle alte barriere attorno a se stessa e alla sua mente e questo faceva sentire Altea alquanto a disagio.

Ogni volta che parlava con qualcuno, Altea compresa, Sveva manteneva il suo tono neutro e cordiale, calcolato quasi. Non diceva mai una parola fuori posto e non alzava mai la voce.

Quando il professor Prospero finì di parlare e dichiarò chiuso l'incontro tutti iniziarono a recuperare le loro cose.

«Rinaldo» chiamò delicatamente l'insegnante.

«Sì?»

«Non so se vi è già stato detto ma si pensava, per l'ultima serata dei Saturnalia, di aprire le porte alle famiglie degli studenti»

Tutti si misero sull'attenti, la notizia era nuova e di certo insolita.

Il professore sorrise: «Capisco dai vostri volti che ancora non vi era stato detto, bé non spargete la voce per favore, sono certo che presto il Consiglio farà affiggere degli avvisi in tutte le bacheche dei Salotti e dei dormitori. Nel frattempo sarà un segreto fra noi, posso contarci no?»

«Ma certo professore!» disse subito Tebaldo.

Zeno e Armance si scambiarono un'occhiata dubbiosa.

«In ogni caso, Rinaldo» disse di nuovo il professore: «Sarei felice se tuo padre partecipasse, so che non ama partecipare ad eventi di questo tipo ma mi farebbe molto piacere rivederlo»
«Non so professore, se davvero si darà la possibilità alle famiglie di partecipare all'ultima serata allora di certo mia madre e mia sorella saranno ben felici di venire, ma mio padre non sarebbe facilmente convincibile» Rinaldo alzò le spalle: «Magari posso digli che me lo ha chiesto lei, forse se sapesse che lei vuole vederlo...»

«Oh no, non preoccuparti, voglio che la decisione sia solo sua. Magari puoi spiegargli tu che sarà una bella occasione di rivedere la scuola e darti sostegno»

Rinaldo annuì: «Va bene»

«Ottimo. Ora vi lascio andare e mi raccomando, mantenete il nostro piccolo segreto»

Altea decise di prendere quell'occasione come scusa e si avvicinò a Sveva mentre uscivano.

«Insolito vero?» disse affiancandosi alla compagna: «Aprire le porte di Aeternam non è una frase che si sente tutti i giorni»

«No infatti» rispose Sveva con un sorriso molto finto.

Altea tentò ancora: «Credi che la tua famiglia verrà?»

Lei non si scompose: «Perché? Ti interessa?»

«Bè...sì» Altea abbozzò un sorriso: «Sarà strano conoscere le famiglie dei propri amici»

Sveva fece un risolino divertito: «Ma noi non siamo amiche Altea»

«Ma...»

«Oh, suvvia, non apparire così sconvolta, lo sai bene anche tu» Sveva manteneva comunque il suo tono aggraziato e calmo.

Altea non seppe cosa dire in quel momento, presa alla sprovvista.

«L'anno scorso hai smesso di essere mia amica appena ne hai avuto occasione, avevi la tua compagna di stanza Porzia Prezzelli e le sue amiche Duellanti...preferivi la compagnia di Zeno Foschi, sei stata mia amica per poche settimane e poi...poi qualcosa ti ha fatto decidere che non ti andavo più bene»

«No, Sveva ti sbagli è che io...»

«No, non mi sbaglio. Tu e tuo fratello siete molto simili sai, entrambi pensate di poter ottenere dalle persone ciò che vi aspettate o ciò che volete senza dare nulla in cambio o meglio, senza rendervi conto della posizione da cui chiedete suddette cose» il tono di Sveva si era tinto di una freddezza nuova e inaspettata.

Altea si rese conto che non aver coltivato il suo rapporto con lei l'aveva messa in una posizione di totale svantaggio da cui non poteva capire nulla di più di quanto già sapesse sulla sua criptica compagna.

«Sai chi non sopporto Altea?» chiese calma Sveva: «I protagonisti. Quelli con la sindrome del personaggio principale, credono che tutti si rivolgeranno a loro e continueranno a mantenere gli stessi rapporti nei loro confronti perché cosa sono gli altri se non personaggi secondari? Figure non giocanti che ripetono sempre le stesse battute e servono sempre allo stesso scopo?»

Altea strinse la cinghia della sua cartella di pelle senza dire una parola.

«Nella vita vera, Altea, non ci sono personaggi principali e secondari. Ognuno scrive la propria storia e ognuno è protagonista di eventi e momenti diversi. Tu e tuo fratello, così come altri, guardate a me come ad un personaggio marginale e questo non mi sta bene. Sono la tua Rappresentante e sono un membro del Club tanto quanto te, non ho mancanze rispetto a te, né rispetto agli altri, quindi non dirmi che siamo amiche dopo mesi e mesi in cui a stento mi rivolgi la parola»

Sveva accelerò il passo e lasciò indietro Altea, che rimase immobile, pietrificata con i suoi pensieri, cercando di capire come avesse fatto a sbagliare così tanto e a dare per scontate tutte quelle cose. Per quanto dura, Sveva aveva ragione e lei se ne rendeva conto solo in quel momento.

Ciò che Sveva non sapeva erano i motivi che l'avevano portata ad allontanarsi, tutto ciò che era accaduto ad Armance, la partenza di Alvise. Ma di certo Altea non poteva spiegargli le sue motivazioni e quindi il loro fragile rapporto sarebbe rimasto incrinato e con il tempo si sarebbe rotto del tutto.

Non poteva scoprire nulla nemmeno su una semplice compagna di scuola, per l'ennesima volta, Altea si sentì incredibilmente inutile e un'ondata di sconforto la travolse.

«Tutto bene?» una mano sulla sua spalla.

Armance.

Altea lo guardò con occhi enormi: «Non so se posso aiutarti con Sveva, è più sveglia di quanto pensassi»

Armance osservò la figura distante di Sveva svoltare l'angolo del corridoio affrescato: «Non ti preoccupare» disse piano.

Altea abbassò lo sguardo: «No. Volevo aiutarti e lo farò, devo farlo» poi tornò ad alzare la testa: «In qualche modo ci riuscirò»

Armane stava per rispondere che non era necessario, ma Altea se ne andò a grandi passi, nella stessa direzione di Sveva. Forse non poteva approcciarla, ma poteva seguirla e poteva seguirla anche senza farsi notare.

Appena trovò una finestra la aprì e quando il corridoio fu deserto si sedette sul davanzale e si trasformò di colpo in un pipistrello.

Svolazzò fuori dalle grandi finestre del Palazzo Eterno, seguendo i movimenti di Sveva che, ignara, camminava all'interno.

L'aria era ormai fredda nel cielo della sera, novembre era inoltrato e il crepuscolo si faceva lungo e violaceo nel vento che sferzava contro le forti mura celate del Palazzo Eterno.

L'alba di domenica sorse nebbiosa e l'erba del campo di Pallavversa era coperta da un sottile strato di gelida rugiada. Gli edifici della scuola erano ancora addormentati, le finestre dei dormitori chiuse contro il freddo autunnale, gli appartamenti degli insegnanti chiusi a chiave. Perfino gli studi e le stanze celate delle Presidentesse erano ancora avvolti nel buio e nel sonno.

L'unica finestra illuminata era quella di uno dei bagni del Porticum, in fondo al corridoio dei dormitori del Tempio.

Nella grande stanza dai lavandini di travertino c'era una sola persona, immersa fino al collo nell'acqua calda, nella vasca quadrata al centro dell'ambiente.

Sospirando, Bartolo infilò la testa sott'acqua e si lasciò coccolare dal tepore intenso e dalla sensazione di galleggiamento. Quella mattina avrebbero giocato una partita molto importante, la prima partita contro gli Incantatori di Ecate.

Quando riemerse, Bartolo si passò le mani sul viso e riaprì gli occhi nella calda luce del bagno deserto. Era un R.A.N.A. ed era uno dei titolari più longevi della squadra, era determinato a dare tutto sé stesso.

Ripassò a mente lo schema di gioco su cui si erano allenati nelle ultime due settimane, misurando a mente il campo di Pallavversa, immaginando la consistenza del Maialino contro i piedi, preparandosi ad ogni scenario possibile, perfino i più complicati e indesiderabili.

Bartolo non si rese conto di quanto tempo passò, sapeva solo che ad un certo punto la porta del bagno si era aperta e nel vapore sottile era apparsa la figura smilza del capitano Marco Fabio dell'Agro.

«Buongiorno, da quanto sei qui?» chiese il capitano avvicinandosi.

Bartolo si portò le ginocchia al petto: «Non lo so in realtà, direi dall'alba più o meno»

Marco sorrise e posò le sue cose su uno dei lavandini: «Sei teso?»

«Un po'...sì»

«Non devi essere preoccupato» disse sfoderando lo spazzolino: «Anche io sono un po' nervoso ma so che daremo il meglio e questo è quello che conta. Io credo nella nostra squadra, credo in ognuno di noi su quel campo»

Bartolo si sentì rincuorato da quelle parole: «Sei un bravo capitano lo sai?»

Marco sospirò, spesso sentiva il peso del confronto con Augusto Aiaci, che era stato a detta di tutti il loro migliore capitano degli ultimi dieci anni.

«Lo dico davvero» ripeté Bartolo: «Sei un bravo capitano»

Marco lo guardò con occhi carici di orgoglio, era felice di avere una squadra che lo supportasse così tanto e in cui potesse credere fino all'ultimo minuto.

Non molto diversamente da Marco Fabio dell'Agro, anche il capitano degli Incantatori, Brunilde Monterosa, trovò un compagno sveglio già da un pezzo quando uscì dalla sua stanza nel dormitorio del Palazzo Eterno, al corridoio di quinto e sesto anno.

Verso l'uscita dei dormitori, a passo spedito, si dirigeva Tommaso Lava.

Brunilde lo seguì incuriosita e quando sbucò sulla scala a chiocciola lo chiamò per farsi aspettare.

«Tommaso? Dove vai a quest'ora? La mensa ancora non è aperta»

Lui si fermò ai piedi della scala e aspettò la compagna: «Andavo in Salotto, ho bisogno di distrarmi o quando arriverà il momento non riuscirò a mantenere la concentrazione»

Brunilde scese le scale e lo raggiunse: «Ti va di andarci insieme e fare due chiacchiere nel frattempo?»

Tommaso annuì.

Si diressero verso il Salotto percorrendo i corridoi deserti, alcuni affreschi e molte delle figure su vasi e stucchi gli intimarono di fare silenzio o di camminare senza fare troppo rumore.

La luce iniziava ad inondare gli ambienti dalle alte finestre e molti bassorilievi d'oro zecchino sulle cornici delle porte si stiracchiavano svegliandosi.

«Ultimamente ti vedo più distratto» disse Brunilde mentre camminavano.

«Davvero? Io mi sto impegnando moltissimo, te lo giuro»

«Non intendo sul campo, intendo in generale...sei, non so...assente, a volte»

Tommaso si strinse nelle spalle: «Non so cosa dirti»

«Le responsabilità di R.A.N.A. ti preoccupano?»

«No, anzi! Il Consiglio sembra apprezzarci e andiamo tutti d'accordo, siamo quasi tutti pallavversisti poi...»

Brunilde annuì: «Hai problemi a scuola? C'è qualche materia che non ti riesce?»

«No...studio sempre con Guglielmo e Vincenzo quindi in tre riusciamo anche ad aiutarci sui concetti difficili come nelle lezioni di Madama Cannella»

Brunilde fece un sorrisetto sotto i baffi.

«Che c'è?»

«Allora hai una cotta per qualcuno»

«Cosa!?»

«Sei distratto ma va tutto bene a scuola e in quanto R.A.N.A., sei assente, hai la testa fra le nuvole ma non sono preoccupazioni...allora deve essere l'amore»

«Brunilde ma che dici!»

«Oh andiamo non c'è nulla di male...unica cosa...per favore fa che non intralci il tuo modo di giocare»

Tommaso esalò un sospiro offeso: «Non mi distrarrei mai dalla Pallavversa per nulla al mondo!»

Lei alzò un sopracciglio: «Nemmeno oggi che sarai impegnato a fare gli occhi dolci a Bartolo Ghibellini?»

«Io non faccio gli occhi dolci a Bartolo Ghibellini!»

Brunilde notò che lui aveva abbassato lo sguardo: «Senti, fai quello che vuoi...ma non farti sempre spezzare il cuore Tommaso, non te lo meriti»

Tommaso si voltò piano verso di lei, c'era comprensione nei suoi occhi e una profonda solidarietà, gli stava dicendo che lei capiva e che sapeva guardare fin dove lui, con la sua mente offuscata, non riusciva a vedere.

Le fece un piccolo sorriso: «Agli ordini, capitano» disse piano.

Quando gli spalti si riempirono, la mattina era diventata chiara e luminosa. La nebbia aveva lasciato il posto ad un sole splendente nella giornata autunnale.

Al banco dei commentatori, come sempre, sedevano il Fattucchiere Iginio Aquini e la Duellante Mirta Murrano, pronti con i loro schemi, il referto, il segna punti incantato e i microfoni stregati Vocesquillo, che permettevano alle loro voci di essere udite da tutte le gradinate.

L'allenatori Scudi aspettò l'arrivo del Consiglio Supremo, poi fischiò l'inizio della partita.

Subito la competizione si fece agguerrita, i Duellanti volevano a tutti i costi dimostrare di meritare ancora il loro titolo di campioni in carica e gli Incantatori non vedevano l'ora di provare il contrario.

Andromeda Dardani falciò un tentacolo della Piovra di Terra così grande da essere più alto di lei e Bartolo passò il Maialino dritto fra le mani di Stella Fluvi che corse veloce verso la porta avversaria saltando in alto per schiacciare il Maialino in porta.

Ma il portiere degli Incantatori fu più rapido e afferrò la furente palla viva e rossa facendola calmare di colpo.

«Dobbiamo perdere meno tempo nei passaggi!» gridò Marco verso Bartolo e Stella.

Intanto la partita continuava, Guglielmo Torre teneva stretto il Maialino e continuò a correre anche quando quello gli morse con tutta la forza la protezione dell'avambraccio, lacerandola pezzo dopo pezzo.

Guglielmo tenne duro e poco prima di essere ferito vide la strada aprirsi davanti a lui grazie ad una falciata magistrale dell'amico Vincenzo Tini e così lanciò il Maialino verso Tommaso che con una rovesciata lo calciò dritto fra la spalla e la mano di Cornelio Lacerna, il portiere dei Duellanti, mettendo a segno un punto spettacolare.

La tribuna degli Incantatori esplose fra cori e grida di giubilo. Anche Corinna Cannella applaudì soddisfatta.

Quando il Maialino tornò in gioco, la partita si fece più intensa, i falciatori correvano da una parte all'altra del campo brandendo le loro lunghe falci e polverizzando i tentacoli sempre più infuriati della Piovra di Terra.

I palleggiatori iniziavano ad essere morsi sulle dita e le protezioni di molti erano segnate dai denti aguzzi del Maialino.

I Duellanti riuscirono a pareggiare con un colpo preciso e fulminante di Tiberio Costa, il nuovo calciatore titolare, che venne abbracciato da tutta la squadra e inneggiato dagli spalti.

Ma gli Incantatori non demordevano e gli occhi dei commentatori dovevano correre a destra e sinistra veloci per potersi tenere al passo con il gioco.

Mirta Murrano stringeva il suo Vocesquillo forsennatamente: «Stella Fluvi corre palleggiando verso Andromeda Dardani che le apre la strada, c'è un altro grosso tentacolo ma per fortuna arriva in tempo Tristano Tauri che lo taglia di netto, polverizzandolo. Stella può passare la palla al capitano Marco Fabio dell'Agro»

«Un capitano davvero agguerrito» aggiunse Iginio Aquini: «Guarda come corre verso la porta ma oh, ecco che arriva il primo palleggiatore avversario, la temibile Brunilde Monterosa, capitano contro capitano»
«Guglielmo Torre si avvicina»

«Marco passa il Maialino che tuttavia viene intercettato dalla mano di Guglielmo Torre che lo spinge verso Tommaso Lava!»

«Vincenzo Tini gli apre la strada»

Per un momento sia Iginio che Mirta fecero silenzio, la scena davanti ai loro occhi era incredibile.

Tommaso correva verso la porta dei Duellanti, evitando la Tentacularia Horrifica e dietro di lui, spingendo il più possibile sulle gambe, Bartolo lo stava raggiungendo, pronto a strappargli il Maialino dai piedi.

Andromeda e Vincenzo si evitavano per cercare di falciare i giusti tentacoli, intanto Tristano Tauri e Ciro del Greco utilizzavano le falci per lasciare intatti i tentacoli che potevano intralciare il calciatore avversario.

Da ogni lato arrivavano in supporto gli altri calciatori, e i palleggiatori dei Duellanti si schieravano intorno alla porta, cercando di aiutare il portiere.

Bartolo raggiunse Tommaso saltando oltre un tentacolo che stava per afferrargli il piede destro.

Il Maialino diventava sempre più rosso.

Tommaso si voltò con lo sguardo verso Bartolo e sorrise: «Non puoi farcela» disse a stento cercando di risparmiare fiato.

Bartolo si lanciò in avanti chiudendo la strada a Tommaso che lo aggirò e schivò abilmente un tentacolo appena sorto dalla terra.

Il campo iniziava ad essere sommerso dal fango.

Brunilde gridò con tutta la voce: «Siamo ancora nel primo tempo, segnare non significa vincere»

Lo diceva per evitare che Tommaso facesse mosse imprudenti e si facesse afferrare dalla Tentacularia.

Bartolo cercò di togliergli il Maialino dai piedi ma Tommaso lo riprese col piede sinistro recuperando il vantaggio.

Tuttavia, il Maialino era ormai vermiglio, tremante, arrabbiato e quando Tommaso lo calciò con tutta la sua forza per segnare, quello lo morse sullo stinco prima di essere scagliato via, portandosi dietro un grosso pezzo della protezione di Tommaso e un bel pezzo di pelle e carne.

L'erba si tinse di rosso e Tommaso cadde a terra, il suo grido arrivò fino alle gradinate, il dolore era insopportabile, si vedeva il segno de denti aguzzi del Maialino nello squarcio lasciato sulla protezione e la sua caviglia era a brandelli.

«Tommaso!» Bartolo si piegò su di lui tentando di sorreggerlo, ma Tommaso perse i sensi.

Quando si risvegliò era in infermeria e Sallustio Colubro stava puntando la bacchetta contro la sua caviglia ben fasciata.

«Così non dovresti sentire dolore mentre la pelle si ricostituisce. Per fortuna sei stato preso in un punto piuttosto pelle e ossa» disse l'infermiere.

Dietro di lui, Neda stava portando via un cumulo di bende sporche di sangue e due boccette di unguenti magici.

Tommaso guardò alla sua sinistra, seduto accanto a lui c'era il professor Nostradami.

«Professore?»

«Ti ho portato io qui, c'era bisogno della supervisione di un adulto» disse piano l'insegnante.

«Grazie professore» sbiascicò Tommaso.

«Non capirò mai questo sport» disse Sallustio rinfoderando la bacchetta.

«Sport nazionale» rispose piano il professore.

«Almeno al livello scolastico non dovrebbe essere così pericoloso» l'infermiere incrociò le braccia contrariato.

Tommaso si tirò su a sedere: «Ma ecco...è l'unico modo per prepararsi ad una carriera nella Pallavversa»

«Bella carriera» borbottò l'infermiere.

«Nemmeno io sono un grandissimo fan di ciò che può accadere sul campo» disse Nostradami: «Ma Tommaso è un appassionato, credo che potrebbe davvero diventare un campione»

«Grazie professore» rispose lui facendo un debole sorriso, poi aggrottò le sopracciglia: «Ah, professore...»

«Sì?»

«Chi ha vinto?»

Il professore ridacchiò: «Noi Incantatori...il tuo punto è stato decisivo e nei tempi successivi i Duellanti non sono riusciti a riprendersi»

Tommaso apparve subito rinvigorito e molto soddisfatto: «Benissimo!»

Sapere che il suo sacrificio era valso la vittoria lo faceva sentire gonfio d'orgoglio.

«Tommaso» Neda si avvicinò sistemandosi il grembiule: «C'è qualcuno che vuole vederti»

Il professore si alzò: «Sallustio che ne dici se andiamo nel tuo ufficio a prendere un caffè?»

L'infermiere annuì: «Ma sì, lasciamo il giovane Lava ai suoi amici»

Appena i due si allontanarono, Neda aprì la porta dell'infermeria e lasciò entrare il nutrito gruppo di persone.

C'erano Brunilde, in rappresentanza della squadra che doveva ancora finire di lavarsi, Guglielmo e Vincenzo ancora sporchi di terra e poi Diletta, Sveva ed Elisa, dietro di loro c'era anche Bartolo.

«Come stai?» Guglielmo si lanciò verso di lui, abbracciandolo con uno slancio immediato.

Tommaso strinse la sua maglia sporca di erba e terra e sudore e pensò che non si era mai sentito più apprezzato di così. I suoi amici gli volevano davvero bene.

«Abbiamo vinto»

Guglielmo sorrise vittorioso: «Ed è stato in gran parte merito tuo!»

Tommaso esultò e abbracciò di nuovo l'amico.

«Ti hanno medicato?» chiese Vincenzo.

Guglielmo lo lasciò andare e controllò la situazione, osservando la sua caviglia fasciata.

«Tranquilli, Neda e Sallustio mi hanno rimesso a posto e non sento dolore, tempo un paio di giorni e sarò tutto intero»

Diletta esalò una risata sarcastica: «Sei stato davvero un idiota a farti mordere»

Tommaso le sorrise: «Forse hai ragione»

«Sei stato coraggioso, ma sconsiderato» ponderò seria Brunilde: «Ora noi andiamo a lavarci» prese per il colletto delle maglie sia Vincenzo che Guglielmo: «Soprattutto voi due»

Tommaso rise e li salutò con la mano.

Elisa si avvicinò con la sua solita aria gentile: «Avete vinto però» disse con un sorriso.

«Sì, questo è quello che conta»

Sveva non disse nulla, osservò il loro scambio di battute con espressione neutra.

«Bè, noi R.A.N.A. siamo felici di vederti rimesso in sesto» disse infine Elisa per rompere il silenzio.

Tommaso annuì: «Grazie» disse semplicemente.

«Anche se ci teniamo a ricordarti» aggiunse Diletta: «Che per fare il giocatore professionista ti servono entrambi i piedi, cosa che sembri esserti dimenticato»

Tommaso rise e Diletta gli lanciò uno sguardo divertito: «Vado a dire a tutti che sei vivo...e integro»

«Grazie per la preoccupazione!» esclamò Tommaso mentre lei usciva dall'infermeria.

«Come ti senti?» gli chiese Elisa con apprensione.

«Ci sarò alla riunione di mercoledì» rispose lui.

Elisa sorrise: «Non te lo chiedevo per questo, ma perché ci siamo davvero spaventati dagli spalti...»

«Sto bene, dico sul serio, siamo fortunati ad avere Sallustio e Neda»

«Sì, lo siamo» Elisa si voltò verso Sveva, che non aveva detto una parola, e poi di nuovo verso Tommaso: «Noi andiamo, ti lasciamo riposare»

«Grazie per la visita» rispose cordiale lui.

Elisa e Sveva se ne andarono salutandolo con gentilezza, Tommaso le salutò distrattamente, in quel momento era concentrato solo su Bartolo.

Indossava ancora la sua divisa e la maglia era sporca di sangue, il suo sangue.

«Quello è mio?» disse Tommaso indicando la macchia.

«Pensavi che ti avesse portato di peso Nostradami fin quaggiù?» disse serio lui.

«Che cavaliere, mi hai portato in braccio?»

Bartolo alzò gli occhi al cielo: «Su una spalla, come un sacco di patate»

Tommaso rise: «Bè ti ringrazio lo stesso, mio salvatore»

«Piuttosto, non fare mai più una cosa del genere» disse serio Bartolo.

Tommaso si mise a sedere più comodamente: «Perché? Ti sei preoccupato per me?»

Bartolo si avvicinò e si sedette sul bordo della brandina, senza prendere troppo spazio visto che era ancora nella sua divisa lercia di terra e fango.

Tommaso si voltò completamente verso di lui, aveva visto scene del genere succedere tante volte, qualcuno che si sedeva di fronte a lui o che si avvicinava, uno sguardo abbassato, un leggero rossore sugli zigomi, sapeva cosa aspettarsi.

Lo spazio enorme dell'infermeria sembrava diventato di colpo piccolo, caldo, nascosto.

Tommaso scrutò ogni centimetro del viso di Bartolo, sentì di essere abbastanza vicino da contargli le lentiggini sulla pelle chiara.

Bartolo lo guardò dritto negli occhi, con espressione seria: «Lo so che ti dico sempre che sei un idiota e che fai pena sul campo...»

Tommaso accennò un sorriso: «Ma...»

«Ma io penso davvero che tu possa avere una carriera nella Pallavversa» continuò fattivo Bartolo: «A primavera ci saranno le prime selezioni e sai che l'allenatore Scudi inviterà qualche sua conoscenza a fare scouting, lo fa tutti gli anni, è così che hanno notato Selma e lei ora è nella giovanile della Naxos!»

Tommaso non era certo di capire cosa stesse succedendo.

«Il prossimo anno potresti giocare nelle giovanili di qualche squadra importante e azioni come quella di oggi potrebbero farti bruciare una tale possibilità...non ne vale la pena, non per un campionato scolastico, non per un solo punto» Bartolo alzò una mano: «Scusa se mi sto esponendo tanto»

«Esponendo?» Tommaso era confuso.

Bartolo annuì: «Per quanto io possa sentire la rivalità, con l'essere R.A.N.A. e l'averti conosciuto meglio...io...ecco, io ho stima di te come giocatore, so quanto sei appassionato alla Pallavversa e quanto ci tieni, è per questo che in fondo, anche se spesso non sembra, mi fa piacere essere tuo amico»

Tommaso si sentì completamente ferito per la seconda volta nella giornata, ma non era certo che Sallustio o Neda potessero farci qualcosa. Non capiva neppure lui la sensazione che stava provando.

Bartolo gli aveva detto una bella cosa, era stato gentile e aveva dimostrato spirito sportivo, allora perché Tommaso si sentiva come se volesse essere ingoiato dal pavimento e sparire?

Bartolo si alzò e gli diede una pacca sulla spalla: «Rimettiti mi raccomando, ora vado a lavarmi che credo sia proprio il caso. Riposati!»

Tommaso restò pietrificato sulla brandina dell'infermeria, incapace di capire cosa stesse accadendo dentro di sé, cosa fosse appena successo e perché sentisse il petto così stretto sui suoi organi e quell'incomprensibile fastidio in fondo al torace, o forse alla bocca dello stomaco, o forse direttamente nell'anima.

Come sempre, il Rione Lengheletto era ammantato da un'atmosfera vivace e piacevole. I locali pieni, i negozi affollati, la strada percorsa da persone a passeggio e le panchine occupate da residenti e studenti di Aeternam.

Se si superava la fontana della piazzetta, andando verso la Galleria di Messer Pancrazio, si poteva girare sulla destra, in un vicolo piuttosto largo, coperto da un arco. Oltre quel vicolo si trovava un piccolo giardino di aiuole e siepi al centro del quale vi era una grossa anfora antica, contornata a cerchio da due file di grezze panchine di travertino.

Era un ottimo luogo per sedersi e chiacchierare lontano dal caos della strada principale.

Quel pomeriggio, il giardinetto era occupato da tre perone in particolare.

Armance era seduto su una delle panchine del secondo anello, di fronte a lui c'erano sua sorella Altea e Porzia Prezzelli.

«Che sta succedendo quindi? Zeno non ha voluto parlare per messaggio, di colpo dice che non si fidava della sicurezza di Magipost» disse Porzia stringendosi nel cappotto di panno verde.

Armance alzò le spalle: «Magari non ha tutti i torti ma te l'ho detto, mi ha chiesto di vederti e dirti tutto di persona, con urgenza»

Porzia sospirò: «A cosa sta lavorando adesso? Sta indagando su qualcosa non è così?»

Altea esalò una lieve risata sarcastica: «Già, proprio così»

«Voi...insomma...» Porzia si guardò attorno circospetta.

Armance annuì: «Lo sappiamo»

Altea guardò suo fratello, era ancora scossa dalla notizia che aveva appreso pochi giorni prima, poi tornò a rivolgersi a Porzia: «Del Governatore Forneo, lo sappiamo»

Porzia si portò una mano al petto: «Zeno deve stare attento, se è ancora su questo che sta indagando è in pericolo, perché Donato mi ha rivelato alcune informazioni e sono molto allarmata, le persone con i nomi in codice non sono semplici membri della Congrega loro...»

Armance interruppe il suo discorso forsennato: «Sono Maestri, una categoria speciale, diciamo così»

Porzia rimase a bocca aperta: «Sì...come lo sai?»

«Me lo rivelò Virgilio» ammise Armance: «Si può dire che i Coleotteri lo sappiano grazie a me»

Porzia lasciò trapelare uno sguardo indignato, poi sospirò: «Quindi Zeno sta indagando su questo?»

Altea scosse la testa: «No»

Porzia era visibilmente perplessa.

Armance si guardò attorno, poi si piegò verso le ragazze: «Zeno sta facendo ricerche sul Processo alla Legislatura e ha bisogno che tu vada negli Archivi Pubblici a cercare informazioni su uno dei figli di Ercole d'Armo, quello che lo visitò a Rocca Tartara fino alla morte: Eustachio d'Armo»

«Frena, frena, frena» Porzia alzò le mani: «Perché Zeno sta indagando sul Processo alla Legislatura? Cosa c'entra con tutto questo?»

«Crede che ci sia una falla nel processo, crede che ci sia un'altra verità e questa verità potrebbe essere legata alla Congrega» spiegò Armance.

Altea si strinse nelle spalle: «Crede che la Congrega sia responsabile di più avvenimenti politici di quanto si creda, provare che il Processo alla Legislatura è legato alla Congrega creerebbe un precedente, forse c'è qualcosa che collega quella vecchia storia al perché a capo del Governo Arcano ci fosse un Maestro della Congrega Occulta e perché sia stato ucciso»

Armance fece un cenno d'assenso: «Se Zeno scoprisse una cosa del genere su un caso così importante bè...»

«Rivolterebbe una verità storica. Il Consiglio dovrebbe ascoltarlo su tutto il resto» disse piano Porzia.

«Significherebbe essere più in gamba dell'A.M.O.R.» aggiunse seria Altea.

«Perché proprio il Processo alla Legislatura? Come gli è venuto in mente?» chiese Porzia.

«Ne abbiamo parlato a scuola, visto quello che è successo al Governatore» spiegò Armance.

«Ho capito» disse piano Porzia: «Potrebbe avere senso, se Zeno ci ha pensato allora deve esserci qualcosa che lo ha allarmato, incuriosito, è raro che si sbagli»

«Per questo il Consiglio dovrebbe ascoltarlo» esclamò Altea.

«Sì, hai ragione. Mi sembra che a volte per seguire le loro convinzioni non si rendano conto della realtà» Porzia sospirò brevemente: «Va bene, vi aiuterò. I Coleotteri non potranno dire nulla, non ci stiamo immischiando nelle loro indagini, anzi...»

«A proposito di Coleotteri» disse Altea: «Zeno vorrebbe sapere se sai qualcosa di Augusto»

Porzia si aspettava quella domanda: «Donato non mi dice molto a riguardo, ultimamente ci siamo visti davvero di rado, le missioni gli portano via praticamente tutto il tempo e con la notizia del Governatore che si è scoperto essere Noctifer non abbiamo praticamente parlato d'altro. Credo comunque che ormai Augusto sia a tutti gli effetti uno di loro, suppongo che presto il suo addestramento come recluta, e di conseguenza il suo isolamento, finiranno»

«Gli dirò solo quest'ultima parte» disse amara Altea.

Armance si alzò: «Dovete scusarmi, devo vedermi con Duccio e se non mi presenterò penserà che qualcosa non vada, meno sospetti ha meglio è»

Porzia annuì: «Armance» lo chiamò prima che lui salutasse.

«Sì?»

«Ti trovo meglio»

«Grazie» disse incerto lui: «Ora vado, scusate ancora e...ci vediamo presto Porzia, Altea noi ci vediamo più tardi»

Altea fece un cenno con la testa e Porzia lo salutò con la mano ed un sorriso.

Quando Armance sparì oltre il vicolo, Porzia si voltò verso Altea: «Tu invece come stai?»

Lei inspirò a fondo: «Mi sento un po' inutile se devo dirla tutta» accennò un sorriso debole: «Non riesco ad essere d'aiuto ad Armance e non so mai cosa gli passi per la testa, Zeno invece sembra trovarsi benissimo con lui e passano il loro tempo insieme senza interpellarmi quasi mai. E poi...» Altea si interruppe.

«E poi?» chiese curiosa Porzia.

«Posso parlarti di una cosa che ti sembrerà forse molto strana?»

Porzia annuì.

«C'è una ragazza al Club di Lettura e Riflessione, si chiama Sveva di Sangro e non so perché ma tratta Armance in modo strano»

«In che senso strano?»

«Gli parla in modo criptico e, lei è la R.A.N.A. di noi Incantatori ma non si mischia per niente con gli altri, sta sempre in disparte e quando parla con Armance è come se...volesse dire che sa qualcosa ma non capiamo cosa. Secondo te è possibile che sappia davvero qualcosa?»

«Di Sangro, Sveva di Sangro...» ponderò Porzia: «Non era la ragazza con cui avevi cercato di legare lo scorso anno?»

«Sì ma lei è...criptica, te l'ho detto, e quando ho provato a parlarle mi ha accusata di averla lasciata indietro l'anno scorso e di averla snobbata per stare con te e le ragazze Duellanti» raccontò Altea.

«Che tipetta» disse acida Porzia: «E tu che le hai risposto?»

«Bè...io le ho detto che non era mia intenzione farla sentire così ma...lei è molto brava con le parole» Altea scosse la testa: «Sai, è intelligente ed è una R.A.N.A. ma sembra non stare simpatica a nessuno. Se ne sta sempre per fatti suoi o con Elisa Notori, l'unica amica che ha in pratica»

«Non so, qualcosa non mi torna...» Porzia incrociò le braccia: «Le persone di questo tipo spesso sono sole per scelta e non per buoni motivi»

«Che intendi?»

«Ad alcune persone piace avere poche persone vicine, molto poche, per poterle controllare e per poterne essere il capobranco in un certo senso...credimi ne ho conosciute parecchie»

«Ma lei non sembra così, non è popolare, non è amata e non è neppure una di quelle persone che appaiono viscide o inquietanti è solo...un po' sinistra»

Porzia posò una mano sul ginocchio di Altea: «Stai attenta all'amicizia fra ragazze, può essere infida, se questa persona non ti dà sensazioni positive stalle lontano, troppo spesso seppelliamo le nostre sensazioni per poi pentircene in seguito»

«E per Armance cosa faccio? Io voglio capire perché si comporta così con lui»

Porzia alzò gli occhi al cielo: «Magari si è presa una cotta e fa solo l'intellettuale a riguardo, no?»

«Non lo so, non mi sembra il tipo...»

«Altea, tu sei una ragazza sveglia, non ti immischiare in queste situazioni, fidati di me» Porzia le sorrise.

Altea non era sicura di poter seguire a pieno quel consiglio, ma forse Porzia ne sapeva davvero più di lei.

I giorni passarono ancora e il Consiglio chiese al Signor Custaviello di far apparire sulle bacheche dei dormitori e dei Salotti gli avvisi per la notevole sorpresa che ci sarebbe stata durante i Saturnalia.

Sulle mura di pietra del Tempio apparvero fissati da grossi e lunghi chiodi di ferro, sulle bacheche di tavole grezze nell'Abbazia apparvero grosse pergamene e sulle raffinate bacheche di legno del Palazzo Eterno apparvero degli eleganti biglietti vergati in una calligrafia svolazzante.

Subito, tutta la scuola fu un tripudio di chiacchiere, brusii, domande e speculazioni che correvano da un'area all'altra, dai giardini alle serre, dalle aule di pietra colonnate agli androni barocchi, richiamando l'attenzione di tutti.

La mensa del Palazzo Eterno era immersa nel chiacchiericcio forsennato degli studenti presenti.

Azelma, Teo e Rebecca erano seduti ad un tavolo nell'angolo, l'unico che avevano trovato libero e non erano accompagnati dalla loro solita cricca di amici e compagni.

Rebecca aveva l'aria preoccupata. Non sapeva se la sua famiglia avrebbe potuto partecipare alla serata dei Saturnalia.

«Te l'ho detto, le Presidentesse ci pensano bene prima di dire qualcosa, non c'era nessuna clausola per le persone senza poteri, dunque anche le famiglie di voi Nuovi Maghi potranno venire!» disse allegro Teo.

«Ma non va contro le regole del mondo magico stesso?» chiese piano Rebecca.

Azelma annuì: «Credo che alla fine della serata Madama Cannella farà in modo di alterare i loro ricordi, ne sono certa, lei è una specialista di queste pratiche»

«Potrebbe essere» disse piano Rebecca.

«Madama Cannella? Davvero è una specialista?»

«Oh santi numi Teo, stare con Nestore e Ascanio ti fa proprio male!» sbuffò Azelma: «Se passassi più tempo in Biblioteca sapresti che Madama Cannella è l'autrice di un trattato molto importante»

Rebecca annuì: «Ricordi e Memoria, come cancellare le tracce o rinvenire il passato»

Teo alzò gli occhi al cielo: «Ma voi due avete letto tutti i libri della Biblioteca!? Io non ho tutto questo tempo libero, soprattutto ora che ho iniziato gli allenamenti di Magithlon»

«A proposito...come procedono?» chiese Rebecca.

«Mi piace molto, sapevo già tirare un po' con l'arco, mi ha insegnato mio zio...il giavellotto è la parte che preferisco onestamente, ma è la corsa che davvero mi porta via tutte le energie, non è semplice e l'allenatore Scudi ci fa sudare nel vero senso del termine, in più dobbiamo fare molti allenamenti di potenziamento per evitare di farci male facendo le discipline specifiche»

«Deve essere dura» disse Rebecca.

«Più dura della Pallavversa te lo assicuro! Anche se guai a dirlo ovviamente...» ribadì Teo sarcastico.

Rebecca sorrise divertita.

«A proposito di Pallavversa...Ascanio ha detto che verrà anche uno dei suoi fratelli insieme ai suoi genitori, dice che al suo tempo vinse la Caccia al Tesoro dei Saturnalia per ben quattro volte!»

Azelma sgranò gli occhi: «Impossibile»

«Eppure è così, la vinse al secondo, al quarto, quinto e sesto anno»

«Vorrà tornare a rivivere le vecchie glorie allora» disse divertita Rebecca.

«Invece Tuzia ha detto che siccome suo padre non potrà venire, sua madre sarà accompagnata da sua nonna»

«Ermeta Augurelli!?» esclamò Rebecca.

Azelma annuì.

«E chi è?» chiese Teo.

Di nuovo le ragazze alzarono gli occhi al cielo.

Rebecca gesticolava veloce: «Ermeta Augurelli ha scritto ben trenta volumi di "Profezie, Ispirazioni e Oracoli Giornalieri" c'è una profezia al giorno da qui fino ai prossimi vent'anni circa!»

«Ma si studiano a scuola?» chiese Teo rivolto ad Azelma.

Lei scosse la testa: «In realtà non sono profezie molto visionarie, sono più cose quotidiane per persone annoiate o un po' credulone»

«Però» Rebecca alzò un dito: «Lei su questo ha costruito un impero!»

«Sulle profezie farlocche?» Teo fece una smorfia disgustata.

«Anche quello è un talento» disse Azelma.

«Se non sbaglio in passato aveva anche uno show televisivo» Rebecca scrollò le spalle: «Ma è stato cancellato credo per via del fatto che molti la considerassero una ciarlatana»

Azelma sospirò: «Eppure alcuni giurano che su determinate profezie ci abbia preso in pieno»

«Sarà interessante conoscerla» concluse Rebecca.

«Piuttosto» Teo le lanciò un'occhiata d'intesa, poi guardò Azelma: «Pensi che i tuoi verranno? Alla serata dei Saturnalia intendo»

Azelma posò i gomiti sul tavolo, pensierosa: «Non lo so, insomma mio padre ora è il Governatore Arcano e non può andarsene in giro così facilmente»

«Magari gli daranno una scorta» disse Rebecca.

Azelma scosse la testa: «Non credo che verranno»

Teo e Rebecca si guardarono per un secondo, come a dirsi di cambiare subito discorso.

Azelma non sembrava molto felice della nuova posizione di suo padre, era comprensibile, dopo i fatti accaduti.

Tuttavia, era anche triste perché era evidente che avrebbe voluto i suoi genitori a quella serata unica, peculiare e insolita che Aeternam stava offrendo per i Saturnalia.

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