POLVERE

By LilithJow

13.9K 813 887

«Oh, me se vede?» Conosce pure la voce. Come potrebbe dimenticarla? Anche se dicono che sia quel particolare... More

CASSETTA 1
CASSETTA 2
CASSETTA 3
CASSETTA 4
CASSETTA 5
CASSETTA 6
CASSETTA 7
CASSETTA 8

2057

2.9K 125 53
By LilithJow

[Note autore:

Le facciamo all'inizio che male non fa.
Cose che dovete sapere su questa storia:
- è lunga (tanto lunga);
- il prologo è ambientato nel 2057, il resto della storia è narrato in tanti flashback che si sommano per capire come arrivare al punto di partenza (si parte dal 2021);
- l'universo è quello della serie stessa, ma adattato alle esigenze di trama, una mezza AU I guess, ma non troppo);
- per la maggior parte è pov Manuel, di pov Simone c'è solo il presente e poco altro;
- ad un certo punto c'è un uso spropositato della parola bisessuale, che se alla gente fa così paura, allora dobbiamo urlarla più forte;
- si ride e si soffre, dipende dal periodo, però l'angst c'è, insieme a tanto fluff - ad un certo punto pure troppo per mia modesta opinione - ed un sacco di hurt/comfort ambi i lati.

Buona lettura.

Un bacio.
Lilith.]





Vola una farfalla:
sono anch'io
come polvere.

(Issa)



Quelle tende vanno cambiate.

Sono su da troppo tempo e si sono ingiallite.

Simone si è messo in testa di dirlo alla signora Anna già quell'estate, dato che a causa dell'età proprio non se la sente di salire su una scala - avrebbe di sicuro le vertigini - ma tra una cosa e l'altra, gli è sempre passato di mente.

In quel momento le sta fissando, con gli occhiali da vista abbassati sul naso e una tazza di ceramica blu contenente del tè fumante in mano, in piedi, in pantofole nel salotto durante quel pigro pomeriggio di ottobre.

Deve sul serio dirlo ad Anna, altrimenti impazzisce: quel giallo pallido è orrendo e stona con tutto il resto.

L'arredamento della casa è moderno, sebbene la ristrutturazione ultima appartenga a dieci anni prima. Ha seguito con minuziosità i lavori, passo per passo, un po' per deformazione personale ed è anche quella la causa del suo malcontento per quelle dannate tende ingiallite.

Odia il giallo.

Butta giù un sorso di tè che gli brucia un po' in fondo alla gola.

Quella mattina è solo in casa, una di quelle rare occasioni in cui gli capita e cerca di farne tesoro ogni volta. Non fa nulla di particolare: di solito si sistema in quel salotto, sulla poltrona di finta pelle marrone, una coperta color carta zucchero sulle gambe e l'ennesimo romanzo della libreria che fatica a portare a termine a causa della vista che sfoca.

Forse dovrebbe cambiare anche gli occhiali.

Immerso nella contemplazione del suo cruccio quotidiano, il suono del campanello lo coglie alla sprovvista, tanto da farlo sussultare.

Per sua fortuna, il té non cade a terra. Posa la tazza sul tavolino ovale di legno accanto al divano e striscia i piedi verso la porta d'ingresso, la stessa che poco dopo apre.

«Buongiorno, signor Balestra!»

Si trova davanti un ragazzo giovane, dai capelli scuri e ricci e gli occhi grandi. Un po' gli ricorda sé stesso da giovane, anche se adesso è canuto e con la vista che non funziona tanto bene.

Lo vede con in mano una grossa scatola dalla forma rettangolare, lilla con un grande coperchio.

«Buongiorno, Raffaele» replica, fingendo un colpo di tosse per schiarirsi la voce.

Raffaele è il figlio della portinaia del palazzo, ha sedici anni e lo ha, in pratica, visto crescere da quando abita in quel luogo.

«È arrivato questo pacco per lei stamattina presto, mi sono permesso di portaglielo su, è piuttosto pesante.»

Simone aggrotta le sopracciglia. «Non ho ordinato nulla» commenta.

«Magari è un regalo dal signor Luigi.»

Magari sì. Luigi è solito fargli dei regali senza alcuna occasione speciale, non è niente di fuori dagli schemi. Crede dovrà rimproverarlo quella sera per aver speso altri soldi non necessari; non che a loro manchino, sia chiaro, però certe cose possono comunque evitarle.

Sospira e scrolla le spalle, dopo si scosta dall'uscio per permettere a Raffaele di entrare e posare il pacco.

«Grazie mille per averlo portato su,» dice «da solo non ci sarei riuscito, sembra piuttosto—pesante.»

«Niente di eccessivo.»

Niente di eccessivo per te, ne riparliamo quando superi i quaranta.

Il ragazzo appoggia la scatola a terra e si rimette in piedi con un ampio sorriso.

Simone conosce bene quel gesto e sa che il figlio della portinaia è tanto gentile, ma si aspetta anche sempre qualcosa in cambio per quei gesti; quindi, raccatta il portafoglio lasciato nella tasca del cappotto sull'attaccapanni e recupera una banconota da cinque euro.

«Grazie ancora» esclama, porgendogliela.

Raffaele ne è felice, accoglie la sua meritata ricompensa. «Si figuri, per qualsiasi cosa, sa dove trovarmi.»

Sì, Simone lo sa e ha perennemente pronti i cinque euro per questo.

Lo saluta con un cenno del capo mentre lo accompagna fuori e, dopo, chiude la porta.

Torna ad essere solo, insieme a quel pacco lilla ed enorme. Non ha idea di cosa possa esserci dentro.

L'ultimo regalo da parte di Luigi risale a tre mesi prima: un estrattore per preparare succhi da bere privi di zucchero, giusto per tenere la glicemia sotto controllo.

Dio, è proprio vecchio.

Adesso, comunque, non ha necessità di nulla, per cui non ha idea di cosa possa essere.

La parte buffa è che non ne è poi così curioso, pertanto non si accinge ad aprire la scatola in tempi brevi.

Prima finisce il tè, legge qualche pagina del romanzo giallo che gli ha prestato Laura chissà quando, con scarsi risultati dato che gli viene mal di testa quasi subito.

È tardo pomeriggio quando, finalmente, il pacco lilla guizza nella sua mente e allora si avvicina ad esso: con la punta delle dita sfiora gli spigoli del coperchio, ruvidi e duri al tatto.

Non sa se è possibile, però gli sembra di percepire un forte odore di zucchero provenire dalla scatola.

Un tempo ne cucinava un sacco, ora ha smesso.

Sospira e, finalmente, apre il pacco.

Il contenuto non è chiaro, risulta un'accozzaglia di plastica nera e soltanto a seguito di una breve analisi capisce di che si tratta.

Chi diavolo utilizza ancora le videocassette nel 2057?

Va ben oltre il vintage, è proprio preistoria.

Ce ne sono parecchie, forse una decina, su per giù, non riesce a contarle.

In mezzo ad esse, scorge pure un biglietto.

La calligrafia su di esso non la riconosce, di certo non è di Luigi, tuttavia immagina che l'altro potrebbe aver chiesto a qualcuno di farlo per lui.

È un cartoncino quadrato azzurro chiaro. Sopra c'è scritto soltanto "guardami e ascoltami", il che è singolare e assurdo perché sono delle videocassette e non possiede un lettore. Non ha manco idea se li facciano ancora, a dire il vero, sono in disuso persino i lettori cd, figurarsi qualcosa di più antico.

Luigi dev'essere impazzito.

Non ha voglia di scervellarsi, pertanto abbandona il biglietto e richiude la scatola con noncuranza.

Ha ricevuto regali migliori. Quello è del tutto inutile.

***

«Ma perché mi hai preso quelle cose? Che devo farci?»

La sera stessa glielo chiede, mentre taglia le verdure per la cena sopra un tagliere di lehno appoggiato sulla penisola della cucina.

Luigi è stranito dalla domanda. Si passa una mano sui baffi brizzolati e intanto controlla la cottura del petto di pollo al curry sul fuoco. «Che cosa?»

«La scatola piena di videocassette. Non abbiamo un lettore, non saprei nemmeno dove prenderne uno.»

«Non ti ho preso nulla del genere.»

«Se non tu, chi?»

È un quesito lecito. Non gli sono rimasti chissà quali altri amici che potrebbero fargli recapitare qualcosa, soltanto Laura, ma lo avrebbe avvertito, visto che almeno lei sa che non gli piacciono le sorprese.

Taglia l'ultima carota ed è felice di non averla scambiata per un dito ed essersi fatto male.

Luigi ridacchia, il pollo è quasi cotto. Si volta nella sua direzione e posa le mani sui fianchi.

«Magari i ragazzi dell'università» attesta «ti hanno regalato qualcosa dei tuoi tempi per farti sentire ancora giovane.»

«Sono cose che avrebbero fatto sentire giovane mio padre, non me.»

Quella frase a Simone esce fuori in modo piuttosto acido senza alcun motivo apparente. Se ne rende conto nell'immediato. Posa il coltello e si pulisce le mani con uno strofinaccio. «Scusa» borbotta.

Luigi non si arrabbia. Gli si appropinqua lentamente finché non gli è abbastanza vicino per poter posare un palmo sulla sua spalla. «Figurati,» sussurra «se non sai di chi è e non ti fidi, buttale e basta.»

«Mi pare brutto gettarle via, magari è un gesto–importante, non lo so.»

«Allora in qualche negozietto vintage magari qualcosa la trovi. Oppure nel vecchio garage di tuo padre, che ne sai.»

Simone ama come Luigi sia sempre comprensivo e gentile con lui, nonostante il brutto carattere che si ritrova - anche se non è sempre stato così, prima era diverso.

Prima era quello che si preoccupava sempre degli altri, che cercava di essere solare nonostante i propri dolori, era gentile col mondo intero, poi è successa quella cosa e...

Ed è cambiato tutto.

Si è trasformato in uomo cupo e assente, con una visione del mondo perennemente nera, scontroso e suscettibile per le piccole cose; ecco perché i suoi alunni non lo sopportano e non può dare loro torto.

Luigi, insieme a Laura, sono le uniche persone che ancora lo sopportano.

Annuisce, posa la mano su quella dell'altro uomo. «Grazie» mormora, tenendo lo sguardo basso.

«Di niente.»

***

Due giorni dopo, Simone sta ancora pensando al pacco lilla.

Si sveglia per primo, prepara il suo tè all'amaretto. Mentre lo sorseggia, pensa che Luigi, magari, ha ragione e lui potrebbe fare un salto alla vecchia villa dei Balestra e rovistare tra le cianfrusaglie che il padre gli ha lasciato.

L'abitazione nella periferia di Roma è una delle poche cose che gli resta della propria famiglia.

All'inizio, ha pensato di venderla, ma ci sono troppi ricordi legati ad essa, una nostalgia di fondo che glielo ha impedito. Per cui, l'ha tenuta. Di tanto in tanto la affitta per alcune feste, ma nulla di più.

Nella tarda mattinata di quel lunedì, visto che non deve tenere nessuna lezione, Simone carica in auto il pacco pieno di cassette e si mette alla guida.

Odia doverlo fare con gli occhiali - portarli in generale. Ha dovuto metterli verso i quarant'anni a causa della miopia; ha sempre barato e omesso di indossarli, col risultato di aver rovinato ancor di più la vista ed essere peggiorato nel giro di poco tempo.

Il punto è che non gli piacciono indosso, gli stanno male. Seppur in età non più giovanile, ci tiene molto al proprio aspetto esteriore, ecco.

Comunque, per evitare di scontrarsi contro un palo o finire fuori strada, deve metterli per forza, anche perché la carreggiata verso la villa è dissestata e non troppo illuminata.

Tanto, per sua fortuna, non deve incontrare nessuno: alla villa ci sono soltanto ricordi sbiaditi e polvere.

E nient'altro.

Il caseggiato ha le pareti giallo ocra scrostate con alcune crepe nei muri; i serramenti sono arrugginiti, il che fa inorridire il senso del gusto di Simone.

A volte pensa che dovrebbe investire in una ristrutturazione anche lì, però questo spazzerebbe via una parte di sé che un briciolo custodisce ancora - da qualche parte, in un cassetto chiuso a chiave del proprio cuore.

Parcheggia la macchina nel vialetto antecedente la villa, tira fuori il pacco lilla dal portabagagli, per portarlo al vecchio garage.

Suo padre Dante per tutto il corso della sua vita ha accumulato una serie infinita di oggetti, dai comuni ai quelli più stravaganti - tipo che c'è persino un oboe e mai nessuno in famiglia ha saputo suonarlo.

L'unica fonte luminosa del posto è una lampadina che tinge ogni cosa di un pallido giallo - di nuovo quel colore, come quello delle tende.

A Simone non piace il giallo. Ha sempre adorato i colori pastello, più tenui, delicati; li associa alle cose belle.

Il giallo— beh, il giallo è sinonimo di vecchio per lui e il vecchio porta nostalgia e la nostalgia corrode, distrugge, annienta.

Scuote il capo. Non è il momento di pensare ai colori.

Cinquantaquattro minuti è il tempo che occorre a Simone per barcamenarsi tra i mille oggetti di dubbio gusto del padre e trovare qualcosa che, in effetti, può servirgli: è un televisore a tubo catodico, vecchio - forse appartenente a fine anni Novanta, inizio Duemila; è grigio scuro e, con suo stupore, incorporato ha un lettore di videocassette.

Non credeva nemmeno esistessero oggetti del genere. Magari se lo fa valutare, ci guadagna pure qualcosa.

Prende un respiro profondo, intanto che, a fatica, trascina la vecchia tv verso il tavolo di legno posto a ridosso della parete più lunga del garage, dove spicca anche una presa della corrente.

Prova a collegare il dispositivo di vecchia data e... funziona. Non c'è segnale, ovviamente, il cavo dell'antenna è troppo datato per adattarsi alla connessione di ultima generazione.

Ma tanto non gli interessa beccare qualche canale.

Un briciolo - parecchio - si reputa stupido.

Magari su quelle cassette non c'è nulla di rilevante, magari è uno stupido scherzo di quei ragazzi dell'università che lo trovano antipatico e vorrebbero rigargli la macchina perché li riempie di libri per il programma d'esame e poi li boccia tutti senza motivo.

Si passa una mano sul volto.

La sua pelle non è più tonica, ha parecchie rughe d'espressione intorno agli occhi e delle macchie sulle guance - Laura lo rimprovera sempre che questo è perché non hai mai messo la crema solare.

Ciò nonostante, fruga nella scatola lilla. Non se ne è accorto prima, ma le cassette sono numerate: c'è un'etichetta minuscola del medesimo colore del loro contenitore.

Meno male che ha gli occhiali, altrimenti non l'avrebbe viste.

Prende la numero uno. La inserisce nel lettore, che fa un rumore meccanico e fastidioso.

Simone si accomoda su uno scatolone chiuso - non ha idea di cosa contenga. Non è comodo, gli verrà di sicuro mal di schiena, però è peggio se resta in piedi.

Ah, gli manca la sua poltrona.

Preme play.

Trattiene il respiro. Lo fa come riflesso spontaneo.

Perché?

Lo schermo rimane grigio per qualche secondo, poi nero.

Dopo, in basso a destra, spunta una data.

30 marzo 2043

Si ode un fruscio provenire dal televisore e Simone pensa che l'apparecchio non funzioni bene e stia per esplodere. Sta per alzarsi e spegnerlo, ma viene fermato dall'immagine che appare sullo schermo ricurvo.

Quel volto così giovane e bello lo conosce.

Conosce quegli occhi scuri, quei capelli ricci, l'accenno di barba sulla linea della mandibola e il mezzo sorriso sulle labbra asimmetriche.

«Oh, me se vede?»

Conosce pure la voce.

Come potrebbe dimenticarla?

Anche se dicono che sia quel particolare che svanisce per primo dalla memoria, Simone non ha mai scordato la sua.

Sarebbe impossibile da cancellare.

Rimane così impietrito da una simile visione.

Sono almeno diciassette anni che non pensa a Manuel Ferro.

Che obbliga la sua mente a non pensarci.

«Seh, funziona 'sto coso» nel video Manuel è seduto davanti alla telecamera e ora accenna un sorriso che ammorbidisce i suoi tratti «Ciao, dolce Emma. Lo so che non ti piace che ti chiamo così, ma avrai tanto tempo per lamentartene. Ora—ti starai chiedendo perché sto usando questo vecchio rottame invece del telefono...»

Se lo chiede anche Simone, sebbene non sia Emma.

Chi è Emma?

«Non lo so, questa videocamera era di mi' madre e m'è sempre piaciuta e c'ha le cassette coi nastri che durano du' ore. Almeno so pe' quanto posso parlà senza perdere tempo in altro, no? Visto che so' logorroico» Manuel ride e si gratta dietro ad un orecchio, nervoso.

Simone sta trattenendo il respiro. Ha messo in conto così tanti mittenti per quel pacco, ma mai lui.

Perché non ha senso che sia lui.

«Ho fatto scorta di 'ste cassette perché ne usciranno un sacco e devo dì tante cose, davvero tante, quelle—quelle che mi fa paura dire a voce alta. Ancora. Dopo tanti anni, credevo di esserne capace e di non avere più paura, che crescendo quella va via e uno sa come funziona la vita, ma rassicuro che più cresci, più non sai davvero un cazzo. Ma so' cose che non possono restare solo dentro di me, so' cose che devi sape' per forza, quindi...»

C'è un tasto sulla tv per regolare il volume. Simone allunga un braccio per poterlo premere e alzarlo un po'.

«Te le posso raccontare. C'ho tutti 'sti nastri e posso raccontà tutto, un passo alla volta. Tutto ciò che c'ho dentro e non deve restare solo dentro. Non è giusto che resti tutto qui.»

Nel video, Manuel si porta un dito ad indicare il centro del petto, lì dove risiede l'anima.

«Sei pronta?»

E Simone non lo sa se è pronto.

Continue Reading

You'll Also Like

22.5K 1.7K 23
Manuel vorrebbe essere ancora in tempo per tante cose, anche se a volte sembra di non poter più fare niente. Una porta chiusa o socchiusa, non riesce...
96.7K 4.5K 49
Where... Camilla Leclerc e Lando Norris scoprono cosa c'è oltre la linea sottile che divide il punzecchiarsi e l'amore. Non possono o meglio non vogl...
52.9K 3.7K 16
«non devi fa niente, Simone. Cerca solo de sta lontano da certa gente» disse. «compreso me» Copertina della bravissima talentuosissima stupenda fanta...
89.8K 4.4K 73
quando incontri la persona giusta poi è così difficile lasciarla andare, diventa il tuo punto di riferimento, la tua casa, il tuo tutto.