CASSETTA 6

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11 gennaio 2025

«Non esci?»

Ad una domanda simile posta da Simone, l'unica risposta che viene in mente a Manuel corrisponde a dove vado senza di te?

Il che è estremamente smielato e romantico, forse eccessivo.

Non si era mai immaginato, in precedenza, di essere quel tipo di persona. Con molta probabilità agli occhi esterni dà persino fastidio, ma di loro poco si preoccupa.

Steso sul letto ad una piazza e mezza della sua camera singola a Torino, Manuel tiene in mano il cellulare su cui schermo spicca il viso di Simone, in penombra, coi capelli arruffati e gli occhi assottigliati.

Cerca di evitare di esternare ciò che ha pensato contorcendo le labbra. «Non mi va» taglia corto.

«Hai detto di nuovo no a Cosmo?»

Alza gli occhi al cielo. «Che nome der cazzo» commenta e devia il discorso, quello che hanno già affrontato innumerevoli volte, ossia che nella nuova città, Manuel fatica a farsi nuovi amici: all'università non sopporta nessuno, ad esempio, ed esce davvero poco.

L'unico suo appiglio è il coinquilino Cosmo, un'assistente di volo che vede due o tre volte a settimana, a causa dei loro orari differenti, e che gli chiede sempre di far serata.

Rifiuta in ogni occasione.

«Manuel...» nello sguardo di Simone traspare del rimprovero.

L'altro ragazzo lo capisce bene e scuote il capo. «Daje, ma t'ho detto che tipo è. Chissà dove me trascina.»

«A vedere la città, ad esempio. Sei lì da più di tre mesi e le uniche cose che hai visto sono l'uni e la stazione.»

«E il mio appartamento, so' tre, vedi?» prova a sdrammatizzare, con scarsi risultati. La sua mezza risata viene smorzata, è costretto a tornare serio a causa dell'espressione con cui il compagno lo sta fissando. Si morde piano il labbro inferiore.

«La vedo quando vieni tu qua» sospira.

È tornato a Roma per le feste, eppure sembra già trascorso un secolo da tale avvenimento invece di dieci giorni. Gli pare una tortura.

La lontananza da Simone, da sua madre, suo padre, sua sorella. Tutto.

«Anche, ma nel frattempo non puoi rimanere chiuso in camera.»

Si stringe nelle spalle.

La realtà è che non ci sta neppure provando: la vita da fuorisede lo sta annientando, logorando, le persone parlano con un accento strano e corrono sempre - che poi pensava la cosa accadesse soltanto a Milano; le lezioni della facoltà di psicologia risultano più difficili di quanto ha messo in conto, non ha la concentrazione necessaria e già teme il momento del primo esame che è sempre più vicino e lui non è preparato.

La maggior parte delle volte crede di aver sbagliato tutto.

Che c'ha vent'anni, è una sensazione normale, ma lo angoscia l'ipotesi che sarà così per tutta la vita, che crescendo niente migliorerà.

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