𝘴𝘦𝘳𝘦𝘯𝘥𝘪𝘱𝘪𝘵𝘺 ⦂ 𝘺𝘰...

By luh0pe

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⎯⎯⎯ ֎⎯⎯⎯   ─𝙮𝙤𝙤𝙣𝙢𝙞𝙣    ⭗ angst; ┇Min Yoongi non capì di essere eterosessuale o omosessuale innamorand... More

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𝒊 𝒏 𝒕 𝒓 𝒐 𝒅 𝒖 𝒄 𝒕 𝒊 𝒐 𝒏
𝟏.   𝒂 𝒔 𝒕 𝒓 𝒖 𝒔 𝒐
𝟐.  𝒔 𝒐 𝒍 𝒊 𝒑 𝒔 𝒊 𝒔 𝒕 𝒂
𝟒.  𝒗 𝒂 𝒕 𝒕 𝒆 𝒍 𝒂 𝒑 𝒆 𝒔 𝒄 𝒂
𝟓.  𝒐 𝒃 𝒏 𝒖 𝒃 𝒊 𝒍 𝒂 𝒕 𝒐
𝟔.   𝒓 𝒆 𝒃 𝒐 𝒂 𝒏 𝒕 𝒆
𝟕.   𝒊 𝒍 𝒍 𝒂 𝒏 𝒈 𝒖 𝒊 𝒅 𝒊 𝒓 𝒆
𝟖.   𝒓 𝒆 𝒎 𝒊 𝒏 𝒊 𝒔 𝒄 𝒆 𝒏 𝒛 𝒂
𝟗.  𝒑 𝒊 𝒂 𝒈 𝒏 𝒊 𝒔 𝒕 𝒆 𝒊
𝟏𝟎.  𝒕 𝒓 𝒂 𝒔 𝒆 𝒄 𝒐 𝒍 𝒂 𝒕 𝒐
𝟏𝟏.  𝒑 𝒓 𝒐 𝒅 𝒓 𝒐 𝒎 𝒐
𝟏𝟐.  𝒇 𝒂 𝒄 𝒐 𝒏 𝒅 𝒊 𝒂
𝟏𝟑.  𝒂 𝒍 𝒕 𝒆 𝒓 𝒄 𝒐
𝟏𝟒.ㅤㅤㅤ𝒎 𝒆 𝒍 𝒍 𝒊 𝒇 𝒍 𝒖 𝒐

𝟑.  𝒔 𝒑 𝒓 𝒐 𝒍 𝒐 𝒒 𝒖 𝒊 𝒐

47 13 28
By luh0pe

𓆨

Proprio quando i sedili dell'auto di Yoongi parvero ammorbidirsi sotto il suo corpo, Jimin individuò la strada di casa fuori dai finestrini imperlati di acqua piovana. La melodica compagnia proposta dalla radio sembrava intervallata da fragili silenzi, quegli angoli composti solo da Jimin e Yoongi, dove sembrava che qualcosa potesse uscire dalla bocca dell'altro da un momento all'altro. Solo un'interminabile attesa, invece, giaceva scomposta fra loro.

Jimin, durante il tragitto, aveva slacciato la cerniera del suo vecchio giubbotto, solo per potersi proteggere dal freddo qualora sarebbe arrivato il momento di scendere dal veicolo. Solo lanciare lo sguardo sulla strada fuori, lumeggiata dalla torbida luce dei lampioni sul ciglio del marciapiede, gli faceva venire i brividi di freddo.

Yoongi bloccò il freno a mano e girò la chiave sul quadro per spegnere il motore, e finalmente tutto si mutò. Con il comando di spegnimento del veicolo, sopra le loro teste una luce brillò d'improvviso a mostrare i loro volti sfatti dalla spossatezza per qualcosa che si spacciava per la semplice giornata trascorsa. Una pura menzogna persino troppo banale da potersi considerare come risposta. Quasi stare insieme, tanto per Jimin quanto per Yoongi, richiedesse una misura d'energia facilmente riducibile alla riserva. Yoongi seguì con gli occhi i lenti movimenti di Jimin, impegnati nel riallacciare il suo giubbotto, un po' impacciati a causa della vista vagamente annebbiata. Yoongi avrebbe voluto aiutarlo; glielo si poteva facilmente leggere nello sguardo. Solo Jimin non sembrò notare questo desiderio, che quando fu chiamato dall'insistenza dei suoi occhi su di sé, corrugò le sopracciglia.

"Beh, ciao."

L'aveva già ringraziato una volta, non c'era bisogno di essere ripetitivo. Yoongi annuì debole con il capo, quasi disposto a lasciarlo andare così. Aveva qualcosa da dire prima che Jimin si rivestisse per uscire, ma nessun momento gli era parso adeguato se non quando il minore gli diede le spalle, pronto a lasciare il veicolo. La lingua passò frettolosa sulle labbra, inumidendole un minimo.

"Io... mi sono servito di quella ragazza per entrare in un programma individuale nella palestra in cui lavoro. Non sono altro che il suo personal trainer.", confessò Yoongi, bisognoso di mettere in chiaro quanto possibile per non dare modo a Jimin di farsi idee sbagliate. Lui, che ancora nutriva speranza per la loro fredda relazione.

Gli piaceva pensare di avere una vicinanza con Jimin anche solo tenendosi aggiornati sulla loro vita. Avrebbe voluto sapere di più sul più piccolo, ma Jimin non era mai stato un libro aperto e certamente non parlava tanto facilmente.

Il suo sguardo lo aspettava, aspettava che il minore si girasse. La sua piccola mano, intorno alla maniglia della portiera, pronta per far scattare la serratura, era immobile. Quando arrivò, quando Jimin si affacciò dalle sue spalle, sembrava ancor più distante di come Yoongi lo aveva ricordato. Una fitta al cuore lo scosse e il pugno si strinse fortemente sul volante, come misera valvola di sfogo.

"Scusami... se ti ho chiesto se fosse la tua ragazza.", anche Jimin sussurrò, ma forse lo fece solo perché Jiyoon, sui sedili posteriori, riposava spensierata nella sua visione onirica.

È stato un momento di debolezza, pensava Jimin, gettando un occhio indietro al suo atteggiamento precedente. Per Yoongi, invece, era stato quanto di più vero c'era stato tra loro due nell'ultimo anno.

"Non avrei dovuto intromettermi nei tuoi affari."

"Ti sbagli, invece."

"Sarà. Ma andrà bene finché non ci ricascheremo di nuovo, quindi tanto vale cercare di non cadere per non dover ricominciare da capo."

Come se Yoongi fesse estraneo dinanzi alle parole di Jimin, alla maledetta idea che aveva faccia solo per dare dolore ad entrambi. Come se Yoongi non si sarebbe aspettato una simile risposta, la sua tardò ad arrivare quasi gli occorresse del tempo per pensarci.

"Per te sono solo un impatto contro il suolo...?"

"Per me sei tossico."

"To-tossico? Che vuoi dire?"

"Che con te io non so chi sono."

"Bella stronzata.", ironizzò Yoongi, scuotendo il capo in assenso.

"Vuoi convincermi che mi sbaglio? Come hai tentato di convincermi a non operarmi per essere un uomo?"

"Non è la stessa cosa."

"Lo è eccome.", in altre circostanze Jimin avrebbe alzato la voce, avrebbe cominciato ad alterarsi; ma in questa l'unica cosa che fece fu chiudere in virtù la conversazione e dare al maggiore le sue spalle, troppo stanco per affrontare l'argomento.

Jimin aprì la portiera e portò a terra i suoi piedi. Il cielo sembrava scrollarsi dei rimisuri di una pioggia durata l'intera giornata, piccole fitte stille si poggiavano sulla sua chioma biondastra senza pesare affatto.

"Tu lo sai che tra noi non è mai stata questione di sesso, vero?" Jimin non ebbe il tempo di chiudere la portiera, dopo un ultimo sguardo addolcito su sua figlia - bellamente assopita sul suo seggiolino -, che la voce di Yoongi gli impose di fermarsi ad ascoltare le sue parole, ora pacate ma con un pizzico di severità. Sembrava non esserci più niente dell'uomo delicato di due secondi prima, quello che chiedeva un contatto indiretto con Jimin attraverso l'esposizione della loro vita privata, non reciprocata.

Jimin rimase in silenzio sebbene dentro la sua testa girovagavano una serie di risposte che secondo lui erano verità.

"Lo sai, vero, che non ti ho mai guardato con quegli occhi. Lo sai che prima di scoprire di essere attratto da te, io mi sono innamorato di te?", continuò Yoongi e finalmente i suoi occhi catturarono in flagrante quelli dell'altro.

"Cosa vuoi dire con questo?" Le gambe molli e uno improvviso giramento di testa gli fece pentire di non essere ancora scappato quando avrebbe dovuto farlo dal primo momento in cui i suoi piedi avevano toccato il suolo.

"Voglio dire che adesso il mio orientamento sessuale non ti riguarda affatto.", concluse Yoongi, lasciando finalmente gli occhi del minore per poter permettere loro di fare quello che volevano, dopo questo. Jimin seppe riconoscere troppo facilmente l'uscita: la assecondò alla domanda che gli aveva fatto non troppo tempo prima, quella che gli chiedeva se fosse etero o gay.

Approfittò del silenzio che ricevette come risposta per chiudere la conversazione, un segnale che si propose come l'accensione del motore, mentre il cambio marcia veniva posizionato sul numero uno e il freno a mano fu sbloccato.

Jimin rimase immobile, anche quando chiuse la portiera dell'auto e questa sfrecciò via quasi di fretta. Rimase a guardare il suo portabagagli anche dopo che scomparve dalla sua vista; rimase a guardare la strada quasi deserta, abitata solo dai bagliori sfarfallanti dei lampioni che contornavano la fitta precipitazione che ricadeva sul mondo, tante gocce leggere come petali di ciliegio.

Un amaro sorriso sulle labbra di Jimin l'accompagnò al suo rientro. I vestiti che cadevano dalla sua figura, quasi troppo pesanti da essere trascinati ancora. Poi, di faccia, si lasciò cadere sui cuscini del divano in salotto, pronto a piangere, ma prima che potesse cominciare, venne Morfeo per abbracciarlo e per proteggerlo dalle tristi sensazioni che si sarebbe, altrimenti, portato fino all'alba.

𓆨

La prima parte del fine settimana si consumò in fretta per Jimin. Tra un sonno e un altro era arrivata la domenica, con il suo tardo pomeriggio interminabile. Come se il tempo avesse deciso di fermarsi in modo brusco, prendendosi gioco di chi ormai non aspettava che il suo scorrere. Solo un giorno dopo l'affievolirsi dei suoi sintomi, Jimin se ne stava sul sofà ad osservare il soffitto. Muoveva nervosamente le gambe e mordeva le pellicine che circondavano le unghie, terribilmente riposato e tormentato. Era quello il momento in cui i suoi pensieri gravavano su di lui, quando di occasione per scacciarli, attraverso qualsiasi genere di impegno, gli era impossibile.

Non aveva più un lavoro e si sentiva particolarmente sensibile alla solitudine, intimorito dal puro silenzio; tutto il necessario per fargli vivere ogni secondo della giornata un puro strazio. Come combattere una simile battaglia?

Jimin scattò giù dal divano quasi questo avesse incominciato a prendere fuoco. Quasi si fosse appena ricordato di un importante impegno, raggiunse il suo armadio, dal quale recuperò diversi indumenti. Uno ad uno li prese, studiandoli, buttandoli poi sul letto alle spalle. Dopo una discreta selezione, i suoi indumenti migliori terminarono; era quindi arrivato il momento di una valutazione finale. Jimin tornò sugli abiti abbandonati sopra il letto, provando diversi outfit. Andò avanti così per un po', quando l'uno passava sempre l'altro: il bianco metteva in evidenza il suo volto ancora un po' trasandato; il nero lo faceva sembrare un cadavere; per il verde non era dell'umore; il beige era il colore che Yoongi amava vedergli addosso; il rosso gli dava un immagine che non aveva voglia di assecondare, non per quella sera.

Le aveva provate tutte, finché lasciò vincere quel dannato maglioncino che calzava svogliatamente sulla sua figura. Lasciava scoperto il collo e le clavicole e Jimin, guardandosi allo specchio, si sentì esageratamente esposto, tanto che decise di legarsi uno stretto foulard attorno alla gola, dello stesso colore del suo maglioncino di lana: beige.

Il fatto che Jimin fosse stato chiamato fuori casa dal semplice desiderio di allontanarsi dai suoi pensieri era evidente dal modo in cui non aveva sprecato più tempo dell'indispensabile per prepararsi. Il suo posto non fu neppure un tavolino in un locale alla moda bensì lo sgabello di un bancone nel primo locale incontrato camminando. Magari Jimin si sentiva solo ogni tanto, ma magari gli bastava qualche bicchierino di vodka per alleviare il suo malcontento. Ogni volta che il volto di Yoongi gli turbava i pensieri, Jimin mandava giù un bicchiere. L'ultima conversazione avuta con lui bruciava ancora sulle sue ferite riaperte, ora sanguinanti. Il tempo di distacco non era valso proprio a nulla se ancora entrambi riuscivano a cadere sulle braccia dell'altro con una simile semplicità.

"Come faccio a sapere se non sto sbagliando, ancora...?"

"Chiedi."

Jimin sollevò gli occhi dal suo bicchiere per incontrare l'intruso che aveva risposto ad un suo pensiero sfuggito di labbra. Non si era accorto di aver parlato finché una voce maschile sembrava aver risposto proprio a lui. Trovò un giovane uomo seduto ad un paio di sgabelli dal suo posto, la sua attenzione su di lui. I loro occhi, adesso, incastrati in un intenso sguardo di rimando. Jimin studiò con superficiale interesse quei lineamenti scoperti da un'acconciatura che ornava il suo bel viso ad effetto bagnato, le labbra fini e rosa scuro e il sottile taglio degli occhi. Sì, era tremendamente bello e lui non sembrava avere occhi che per Jimin.

"Quello è pagato.", il barista si prese un angolo del loro campo visivo per informare Jimin del gentile gesto offertogli da qualcuno, riferendosi al bicchiere che consumava. Il biondo lo guardò attraverso l'angolo degli occhi, per poi ritornare sull'unica persona che poteva corrispondere al suo offerente. Dunque era questo il prezzo che gli rifilava? Un bicchiere di vodka. Patetico.

"È maleducazione origliare nelle conversazioni altrui.", gli fece notare Jimin, poco grato della sua offerta, altrettanto grato del suo sguardo attratto.

"Domando scusa, non mi sarei permesso se avessi visto che parlavi con qualcuno.", un sorriso sardonico persisteva sul volto dell'estraneo. Jimin non si fece tuttavia divorare da un simile fascino, calcato nei modi e nei toni.

"Dov'è scritto che non possa parlare da solo?"

"Se avessi saputo che sei così piccante avrei aspettato di offrirti qualche altro bicchierino."

Jimin sollevò un sopracciglio, sbigottito. Doveva ammettere che quell'uomo sapeva cosa stava facendo e anche bene, dal momento che in Jimin parve divampare per un nanosecondo un'ondata di fuoco dall'interno, un incendio che neppure sapeva di contenere. Mandò giù il resto della sua vodka senza smettere di guardare l'estraneo, lasciando poi ricadere il braccio sul bancone, con il fondo bicchiere asciutto, chiedendo ben presto al barista, con un semplice sguardo, di essere servito di nuovo.

"A quello sto già pensando."

L'uomo falciò con lentezza la distanza che si apriva tra loro, prendendo posto sull'ultimo sgabello che li teneva lontani, trovandosi finalmente accanto a Jimin. I loro occhi fermi, addosso all'altro.

"Lasciami tentare di nuovo."

"Ti avverto, sono parecchio irascibile."

"A me sembra di vederti arrossire... - sollevò un gomito per raggiungere alcune ciocche ribelli dei capelli di Jimin che avevano deciso di ostacolargli la vista, sistemandole dietro il suo orecchio, bucato da diversi orecchini - ...per ogni volta che simulo un avvicinamento."

Jimin non si mosse, neppure quando percepì quelle dita sfiorargli la pelle. Non si mosse neppure quando quel gesto divenne una strana carezza. Una scarica di brividi lo percorse e lui si lasciò scuotere da loro, inerme, senza più neppure respirare.

Quanto tempo era passato da quando qualcuno non lo toccava così?

Quanto tempo era passato da quando Yoongi non lo toccava così?

"Allora, vuoi dirmi come ti chiami o preferisci che io ti chiami splendore?"

Splendore. Jimin provò ad immaginarlo, ma Min Yoongi aveva fatto la stronzata di chiamarlo in tutti i modi possibili ed immaginabili, nella loro durata relazione, dunque come non pensare a lui in ogni caso? Dannato Min Yoongi! Deve averlo previsto. Pensava Jimin, e continuava a farlo mentre mordeva a sangue l'interno guancia, senza smettere di guardare colui che aveva tutta l'aria di essere il suo amico della notte.

𓆨

Fuori pioveva ma non importava, perché la meta che Jimin aveva davanti agli occhi non considerava ostacoli. Erano già una quindicina di minuti che aveva incominciato a camminare, simulando una fuga dal locale che lo aveva ospitato per svariate ore, trattenuto da un uomo con cui avrebbe volentieri giocato, se solo...

Jimin sembrava mangiato dall'urgenza mentre seguiva un itinerario già deciso, dalla parte opposta di dove abitava. Sulle labbra il sapore di un whisky che non aveva bevuto lui. Un sapore che lo aveva obbligato ad allontanarsi, chiamato in causa dal cuore che gli aveva domandato cosa stesse facendo. Jimin non aveva avuto alcuna risposta da offrirgli, per tanto aveva obbedito alle sue richieste disperate, per la prima volta dopo tanto tempo. Quelle labbra al sapore di whisky gli avevano ricordato Yoongi, anche se quel bacio non aveva avuto niente a che fare con lui, e quando Jimin aveva riaperto gli occhi, trovandosi faccia a faccia con un uomo che non era il suo uomo, aveva sentito il desiderio -insieme al bisogno- di congedarsi, di scappare.

Quattro gradini e poi, finalmente, la pioggia scomparve grazie alla presenza di un portico in legno sulla soglia di un'abitazione. Solo allora Jimin piantò i piedi sul suolo e sollevò il mento, salutando con occhi nostalgici un portone a lui molto familiare. Il viso imperlato dalla debole precipitazione, il fiato spezzato e gli occhi, quegli suoi grandi occhi, prostrati, prossimi al crollo.

Dietro un vaso sotto il portico di quella casa giaceva una chiave che sembrava attendere solo lui, sembrava starsene lì solo nel caso in cui Jimin avesse avuto voglia di entrare senza alcun invito. La recuperò e la inserì nella toppa senza fare troppe cerimonie. Oltrepassò in silenzio la soglia, lanciandosi occhiate fugace in giro. L'istinto gli proponeva di camminare in punta di piedi, ma Jimin non era un ladro. Per un momento, quella casa, gli parve la sua casa. Un odore familiare lo inondò, parve salutarlo perché desolato del silenzio che Jimin trovò in quell'ingresso. Non riecheggiava alcuna risata tra le mura, non risuonava nessun cartone animato dal televisore, non una voce mascolina, dai bassi toni, proprio come quella di cui s'era, in passato, follemente innamorato. Sembrava una casa vuota, per questo il suo passo fu lento e quasi casuale, mentre si addentrava completamente in quel cuore di casa, finché raggiunse il salotto, fu lì che Jimin si frenò quasi di colpo, quando i suoi occhi scivolarono sul divano.

Era quasi corso in casa di Yoongi, si era addentrato nella sua abitazione usufruendo senza esitazione della chiave di riserva, senza alcuna spiegazione da offrire. Se Yoongi non fosse stato addormentato, quando Jimin lo trovò steso sul divano, con sua figlia sul suo petto, anch'ella assopita, cosa gli avrebbe detto? Come si sarebbe giustificato della sua presenza lì?

Forse non l'avrebbe fatto affatto. Forse non gli occorreva una giustificazione, perché era la sua famiglia, e lui era la loro. Un labile sorriso scrostò le sue labbra screpolate a causa della disidratazione provocata dall'alcol ingerito. Gli occhi si nascosero dietro un sottile velo trasparente alla vista della dolce quiete a cui assistette.

Yoongi era allungato di schiena sul divano, le sue braccia attorno a Jiyoon, per coprirla e stringerla contro il suo petto. Lei, distante in sogni sereni, ricambiava l'abbraccio quanto la sua minutezza le permetteva. Erano vestiti, le luci erano accese, evidentemente si erano appisolati durante le coccole.

Jimin recuperò una coperta da dove sapeva che queste venivano riposte e, con estrema delicatezza, l'adagiò sulla figura dei due. Un istinto che aveva seguito senza fare troppe storie e senza porsi alcuna domanda. In quel momento gli era sembrata la cosa più naturale da fare, come ispirare dopo aver espirato.

Neppure l'istinto di lasciare una carezza sulla testa della sua bambina gli parve sbagliato, come lasciarle un casto bacio sulla guancia, duraturo, come sollevarsi appena per destinare lo stesso trattamento su Yoongi, bloccandosi ad un palmo dal suo viso. Gli occhi sbarrati, le braccia e le gambe che tremavano, come se si fosse bloccato nel momento sbagliato e, di conseguenza, tutto in lui fosse andato in tilt. Il viso rilassato di Yoongi, la sua pelle lattea sembrava richiamare quel bacio che giaceva sulla punta delle sue labbra, pronto per lui, ma immobilizzato da un briciolo di razionalità. Si era accesa una scintilla che si prese tutto l'ossigeno che Jimin aveva nei polmoni, esplodendo lentamente, bruciandolo internamente e costringendolo a raddrizzare la schiena, allontanandosi da Yoongi così come dall'istinto di baciarlo.

Il panico si fece presto strada in lui, così decise di dare le spalle tanto a Yoongi quanto a Jiyoon, ricalcare i suoi passi e lasciare quella casa. Rimise la chiave dove l'aveva trovata, abbandonando quella strada con la stessa fretta con la quale l'aveva raggiunta, correndo quasi per tornare da dove diavolo era venuto. Ora i suoi occhi erano una vera e propria fonte, il ruscello delle lacrime che percorreva il suo viso con acque tiepide, a fare compagnia alla pioggia ormai battente.

𓆨

Il canto dei fringuelli trascinò Jimin giù dal letto in un lunedì stranamente soleggiato. Improvvisamente, sembrava che l'autunno avesse concesso una finta tregua agli abitanti del pianeta, spezzando il clima eccessivamente uggioso con un cielo interamente sereno e un sole splendente. Jimin, oltre che dal delicato canto dei volatili svolazzanti fuori dalla sua finestra, venne svegliato da una presenza quasi insistente dei raggi del sole all'interno della sua abitazione. Quel bagliore che filtrava dalla finestra aveva trovato appoggio sul suo candido viso, cullandolo sino al risveglio. Sebbene sollevare le palpebre fosse stato particolarmente difficoltoso, una volta che ebbe successo rispose a quella magnificenza che si affacciava dalla finestra con un largo sorriso.

Un pensiero ben preciso contribuì molto a rendere quella giornata particolarmente luminosa, più di quanto già non fosse: era quello il giorno in cui sua figlia tornava da lui.

Jimin si apprestò a rimettersi in sesto, dopo una veloce doccia e una scarsa colazione, era pronto ad uscire per andare da Jiyoon. Ovviamente già sapeva dove l'avrebbe recuperata, aveva un punto d'incontro con Yoongi il lunedì mattina.

Lo stesso sorriso con cui aveva aperto gli occhi ora accompagnava il suo itinerario. Neppure la consapevolezza di essere disoccupato sembrava capace di smontare la sua apparente spensieratezza. Sebbene il giorno prima si fosse sentito schiacciare da questi turbamenti, nel lunedì non c'era spazio che per sua figlia. Le sue braccia ora erano tornate ad essere tanto forti da aspettare solo il peso di lei, della sua Jiyoon.

Una volta giunto a destinazione, Jimin attese l'arrivo di Yoongi su una panchina graziata dalla copertura di un modesto tendone all'uscita di un bar, grazie al quale il legno di quella panca si era potuto risparmiare tre giorni di sola pioggia. Lì, nell'attesa, Jimin aveva sfogliato un volantino passatogli per caso, il quale annunciava una piccola fiera organizzata dal convento dedicata principalmente ai bambini. Una piccola festività volta a portare il sorriso sulle labbra dei fanciulli più sfortunati, come quelli senza una famiglia o appartenenti ad una forma di disagio sociale o fisico.

Jimin aveva pensato, in un primo momento, che Jiyoon non avesse motivo di far parte alla beneficenza, perché lei aveva l'amore di Jimin e di Yoongi, due genitori che si facevano in quattro per darle tutto ciò che voleva e di cui aveva bisogno. Ma nel tempo che gli fu concesso nell'attesa, Jimin realizzò che magari a Jiyoon sarebbe piaciuto passare del tempo con i suoi coetanei e lui, sapendola felice, non poteva che essere altrimenti. Doveva rimuginare sui risparmi per dare a sua figlia una giornata di gioco e divertimento? Allora l'avrebbe fatto.

Dal nulla sbucò la risatina di Jiyoon nell'aria e quando Jimin la cercò, trovò sua figlia corrergli incontro (quanto concessole) sul lato della marciapiede. Il sorriso nascosto dal grande cuccietto che copriva le sue labbra, gli occhi a mezza luna per metà infastiditi dal sole e per metà innocentemente felici e le braccia sollevate in direzione di Jimin, cercando quell'abbraccio che non tardò affatto ad arrivare.

Il suo papà la sollevò da terra e girò un paio di volte su sé stesso mentre portava Jiyoon contro il petto, solo dopo averla guardata intensamente in viso e aver studiato il suo sorriso contagioso.

"La mia bimba. Sapessi quanto mi sei mancata."

La strinse tra le braccia quasi come un bambino che riceveva per Natale esattamente ciò che aveva disperatamente chiesto a Babbo Natale. Come un bambino che credeva di aver perso il suo giocattolo preferito e l'avesse poi ritrovato inaspettatamente.

Yoongi si gustò la scena in silenzio, poco più distante e ancora in lento cammino per raggiungere i due. Jiyoon aveva corso per raggiungere Jimin mentre lui invece le era rimasto indietro anche dopo averla lasciata andare, anche se comunque attento su di lei.

"Ti trovo in forma.", gli fece notare Yoongi, forse il suo era un complimento che non considerava i giorni di febbre appena passati.

"Non dovrei esserlo?"

"Ogni tanto ti perdi, ma non oggi.", confessò Yoongi. Non era forse un complimento? Jimin non seppe darsi una risposta, quindi, in bilico tra l'arrossire e il corrugare la fronte, decise di abbassare lo sguardo su sua figlia. Nel dubbio, scappava. Guardare Yoongi e il suo dannato sorriso alle volte si rivelava essere un impresa più ardua di quella di passare una giornata di lavoro con la febbre, ed ora che ne aveva avuto un assaggio poteva confermarlo.

"Beh, grazie.", rispose, schivo.

Yoongi non rimase sull'argomento. Aveva avuto l'effetto desiderato, sebbene in cuor suo desiderasse dire a Jimin anche altro, ma si fece bastare avvicinarsi ai due per salutare la sua bambina e, magari, farle sapere che stava per andare via.

"Ci vediamo venerdì."

Pronto per andarsene, Jimin lo fermò con la voce, anche se per un momento Yoongi si era sentito afferrare da lui il polso.

"Terranno una fiera a pochi isolati da dove vivi. Pensavo di portarci Jiyoon... sì insomma... perché non vieni anche tu?", forse Jimin non conosceva pienamente cosa fosse una famiglia, ma forse poteva cercarlo ancora, poteva ancora trovarlo tramite altre strade.

Yoongi proprio non si aspettava un simile invito, ma cercò di non apparire esageratamente sorpreso o felice. Cercò di contenersi, specie perché da una parte era ancora arrabbiato per l'ultima discussione avuta. Jimin, solo due giorni dietro, gli aveva fatto capire perfettamente quello che non voleva dalla loro relazione, perciò Yoongi non poteva vedere in quell'invito una forma di speranza. Jimin lo faceva per Jiyoon. Sicuramente. O almeno era questo che Yoongi poteva pensare.

"Lo terrò a mente. "

Non gli disse proprio sì ma neppure proprio no. Lo lasciò in stallo e a Jimin non piacque molto, sebbene fu obbligato a farsene una ragione, alla fine.

Yoongi si era subito rigirato e aveva già ripreso il suo cammino. Jimin osservava la sua schiena e si domandava se avesse sbagliato.
Forse la prossima volta si sarebbe fatto gli affari suoi anziché proporre qualcosa che poi non veniva neppure considerato.

Offeso e umiliato, Jimin rivolse alle spalle del maggiore una smorfia che solo la piccola Jiyoon poté vedere, ma lei, così piccola, cosa poteva capirne? Il gesto le provocò solo una risatina su cui Jimin si puntò poco dopo, quando si rese conto di non essere solo e che Jiyoon stesse dalla sua parte.

"Daddy è proprio un puzzone antipatico certe volte, non è vero?!"

Avrebbe usato termini peggiori se non si stesse rivolgendo a sua figlia, certamente.

𓆨

*un grazie a Luna che mi ha aiutato con questo capitolo🫶, senza di lei non so quando sarebbe arrivato.
Auguri a tutti di buon anno.

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