Game of Chaos (Game of Gods S...

Door cucchiaia

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Spin-off di Game of Gods & Game of Titans, #4 da leggere. Nove fratelli e sorelle, con nomi di Dèi greci, ch... Meer

Intro + Info 🍒
1 (A) - Forse non avrei dovuto dare fuoco alla bara di mio zio
2 (H) - Le parole
3 (A) - Un martedí sera esplosivo
4 (H) - Le virgole
5 (A) - Vengo costretto a parlare dei miei sentimenti anche se non li ho
6 (A&H) - Il viaggio di Odisseo
7 (A) - Alla fine di tutto si scopre che sono un mammone
8 (A) - Mio nonno è un assassino
9 (H) - I punti di sospensione
10 (A&H) - Gli avverbi
11 (A) - Festeggio il mio non-compleanno
12 (A) - Quasi stermino metà famiglia durante i giochi di Achille
13 (A) - Purtroppo, adoro il drama
14 (H) - Dietro le quinte
15 (A&H) - I punti di domanda
16 (H&A) - Mostro il mio serpente a Hell (purtroppo non nel modo in cui pensate)
17 (A) - Faccio bagnare Hazel
18 (A&H) - Estoy condenado a no olvidarte nunca más
19 (H&A) - Visito la casa di Liam: il circo
20 (H) - Sotto le luci del palco
21 (A&H) - Il predicato verbale
22 (A&H) - Le parentesi
23 (H&A) - Rimorchio grazie alla matematica
24 (A) - Vengo costretto a una riunione di famiglia mai richiesta
24.5 - La mela rossa
25 (A&H) - Ho aspettato di vederti per 6 ore e 15 minuti
25.5 - La canzone di Iperione
26 (H) - Fine dello spettacolo
27 (A&H) - Il mondo visto dall'alto
28 (H&A) - Entro, spacco (un bicchiere), esco
29 (A) - Quasi perdo la testa per colpa di Medusa
30 (A&H) - Ho quasi ucciso i miei nonni
31 (A) - Nella mia storia non sei il cattivo
33 (H) - Dio della discordia
34 - L'epilogo
Epilogo - Dove piove sempre

32 (A) - Panta Vrehi

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Door cucchiaia




Pánta vréchei: "piove sempre".


— Rain came pouring down
When I was drowning,
that's when I could finally breathe


🍒
A R E S
(questo sarà il suo ultimo POV)


«I miei bambini», esclama la voce di Teia alle mie spalle, in tono carico d'amore.

Ci viene incontro nel terrazzo che collega le nostre camere degli ospiti, qui sull'Olimpo. Ha l'aria triste, non mi è difficile notarlo. L'aria di chi spera nel meglio ma è rassegnata al peggio.

Io, Zeus, Poseidon, Hera e Dionysus ce ne stiamo davanti a lei, inermi. Teia ci raggiunge e, dopo averci salutati tutti con un bacio sulla guancia, si infila tra me e la sedia a rotelle di Zeus.

Volgiamo tutti lo sguardo alla distesa di mare davanti a noi, piatta e calma. Per diversi istanti nessuno fiata, attorno a noi regna una quiete apparente. Ciò che non dicono le nostre voci, lo fanno i nostri pensieri. Posso sentirli forti e chiari.

«State pensando anche voi che domani Ares potrebbe morire?» domanda Posy.

«Pos!» lo riprende Hera.

«Onestamente, sì», risponde Nys. Ha in mano un calice di vino rosso. È stata la prima cosa che ha chiesto non appena abbiamo messo piede in questa casa.

«Dionysus! Pure tu?» È il turno di mia madre di elargire rimproveri.

Io scrollo le spalle. «Be', in effetti anche io ho la vaga sensazione di stare per crepare.»

«Okay, parliamone seriamente», sbotta Zeus. «Se quello scemo di Hermes ha superato il labirinto a 7 anni, penso che tu a 21 possa uscire vivo da un gioco organizzato da nostro nonno.»

«Non si dicono queste cose sulla famiglia. Tuo cugino non è scemo.»

«Senza offesa per lui, ma prima l'ho visto rifiutare un bicchiere d'acqua di bottiglia perché sosteneva che quella proveniente dal rubinetto del bidet fosse più buona. Ho questo e altri motivi per dire che se ce l'ha fatta lui a 7 anni, può farcela anche Ares a 21. Nonostante sia un coglione.»

«Hermy non ha tutti i torti», lo difende Posy. «L'acqua ha un sapore diverso a seconda della stanza da cui la bevi. Quella della cucina non è buona quanto quella del bagno. Dovreste provarla...»

Dionysus trangugia tutto il vino e poi sbatte il bicchiere contro il muretto. Il vetro si frantuma in una pioggia di cocchi che scivola sul pavimento. Davanti alla confusione generale, fa una smorfia.

«Non avevo voglia di riportarlo giù in cucina. Meglio romperlo e liberarsene così, invece che lavarlo.»

«Queste sono le cose che hai imparato in Francia quando sei scappato con i nostri soldi?» lo incalza Teia. Lo ha perdonato, ma ogni tanto sguaina di nuovo l'ascia di guerra.

«Non proprio. Ho imparato a rubare. Piccoli furti, eh, niente di serio. Certo, la prima volta sono stato arrestato e...»

Poseidon fa uno scatto, seguito da un'esclamazione rumorosa. «Eri tu? Tre anni fa ricordo che mi chiamarono da Marsiglia. Una donna mi parlava in forte accento francese dicendomi che mio fratello era stato arrestato. Ma non ci ho creduto e ho riattaccato.»

Dionysus fa un sorrisetto ironico. «Sì, cretino, ero io. Grazie dell'aiuto, tra parentesi. Mi sono fatto un mese dentro una cella.»

«Erano le tre di notte. Avevo sonno.»

«Sì, ma tuo frat...»

Lo interrompo. «Nys, cosa ti ha fatto pensare che fosse una buona idea chiedere aiuto proprio a Posy?» domando.

«È l'unico abbastanza stupido da aiutarmi a uscire di prigione e poi scordarsi di dire ai nostri genitori che ero in Francia.»

Vero.

«Un po' offensivo», mormora Teia.

«No, no. Sta parlando la lingua della verità», lo difende Posy.

Mi gratto la nuca, colto dalla voglia di liberarmi di un dubbio che ho avuto per tanti anni. «Ai tempi, tu e papà lo cercavate senza sosta. Anche se sono quasi convinto che lo avevate trovato. Era impossibile che vi fosse sfuggito, dico bene?»

Mia madre mi circonda le spalle con il braccio, dopodiché si siede sul muretto, davanti a Zeus. Con lui, lo fa spesso. Le dà fastidio stare in piedi e costringerlo ad alzare il capo. Nella sua testa, è un gesto che può far piacere a mio fratello, che può farlo sentire meglio.

«Iperione ha trovato Nys dopo pochi mesi», mormora. «Sapevamo dove fosse, ma non siamo mai andati a riprenderlo.»

«Perché?» L'espressione di Dionysus tradisce più stupore di quanto so che vorrebbe dare a vedere.

«Perché non siamo come Crono e Rea. E se tu non volevi più essere nostro figlio e parte della famiglia, non volevamo costringerti. In cuor nostro, speravamo che saresti tornato e che avremmo potuto tornare a essere una famiglia.»

Dionysus le si avvicina fino a sedersi al suo fianco. «Ma vi avevo rubato tanti soldi.»

Annuisce e le sfugge una risatina amara. «Oh, certo. Era il motivo per il quale non siamo venuti a prenderti. Ti volevamo bene, nonostante tutto, e la nostra unica tranquillità era data dalla consapevolezza che almeno avevi un fondo economico che ti mantenesse.»

Dionysus fa una smorfietta, arricciando il naso aquilino ma piccolo. China il capo, i ciuffi castani gli ricadono in avanti, nascondendomi il suo volto.

Teia gli dà una spallata giocosa, come a dirgli che è acqua passata. Lui, invece, le afferra la mano e la stringe fra le sue. Non è mai stato un tipo affettuoso. Anche una sola stretta di mano significa tanto.

«Mi dispiace. Non avevo mai compreso quanto aveste fatto per noi e per tutta la famiglia. Non ho mai potuto dirglielo. Non ho mai avuto l'occasione di chiedere scusa a pap...» La voce gli si spezza.

«Un genitore non ha bisogno di sentirsele dire, certe cose. Le sa e basta», lo rassicura.

«Male che vada, può riferirglielo domani Ares», irrompe Poseidon, rovinando il momento sentimentale.

Sia Teia che Dionysus alzano la testa di scatto, e lo fulminano sul posto. Hanno la stessa espressione.

Questo è ciò che più mi colpisce, di noi. Hades e gli altri sono diversi da Crono e Rea, non hanno nulla in comune. Ma noi... Noi siamo stati adottati, eppure l'essere cresciuti con amore e rispetto ci ha resi simili a Iperione e Teia in tanti atteggiamenti e modi di fare.

Io sono esuberante e senza filtri come Teia. Dionysus ha lo stesso sarcasmo pungente e mimica facciale.

Hera è compassionevole come Iperione. Zeus ha il suo stesso sangue freddo e dedizione verso la famiglia.

Poseidon... be', lui è un individuo a parte.

«D'accordo», bofonchia Zeus, passandosi le mani sul viso. Si tira indietro i capelli bronzei ed emette un sospiro. «Possiamo tornare al fatto che tra meno di 24 ore Ares affronterà l'ultima fatica e rischia di rimanerci secco?»

«Ah, rischia e basta? Pensavo avessimo già prenotato la bara», commenta Posy.

Stanco delle sue uscite infelici, allungo il braccio e lo afferro per il colletto della canotta che indossa. Una volta portato al mio fianco, lo stringo in una morsa più infastidita che affettuosa, e tento di stamparmi un sorriso.

«Perché non andate a farvi un giro? Approfittatene per fare qualcosa e distrarvi, mentre aspettiamo il domani. Ci vediamo... in tribunale.»

Urano dice che l'ultima fatica sarà un processo contro i miei crimini. Immagino che si svolgerà in un tribunale. O, conoscendolo meglio, in qualche posto strano che non c'entra nulla con i processi giudiziari. L'ennesimo palco che mette su per divertirsi.

Cos'è questa famiglia senza la teatralità?

«No, stanotte restiamo insieme. Non ci separiamo», sentenzia Zeus.

Teia sorride e gli fa una carezza sul viso. «Tesoro, forse Ares ha in programma un bel po' di sesso con Hell. È meglio che lo assecondiate.»

«Ah. È vero?» mi chiede conferma.

Ora, tutti mi guardano. Non che mi imbarazzi ammetterlo, non c'è nulla di male. La realtà è che vorrei passare queste ore con ciascuno di loro. La parte del mio cuore che pensavo congelata, si è sciolta come un ghiacciolo sotto il sole e mi fa provare il desiderio insaziabile di stare con tutti. Hell, inclusa.

Apollo, incluso. Questa è la parte più incredibile.

Ma non so come chiederlo. Non mi piace mostrarmi debole e sentimentale. Magari, non a tutti importa farmi compagnia mentre aspetto la mia ora del giudizio. Me la sono cercata, in un certo modo. Merito di essere arrivato qui. Li ho messi in mezzo fin troppo.

Prima che io possa formulare qualche frase da finto indifferente che non ammette il suo sentimentalismo, noto che Teia ha lo sguardo puntato alle mie spalle. L'angolo delle labbra si incurva, e gli occhi le si illuminano.

«Tra dieci minuti tutti in spiaggia. Dobbiamo tornare sulla terra ferma e fare un viaggio in auto di... Quanto diceva, Google maps?» esclama la voce inconfondibile di Hermes.

«Cinque ore e due minuti», risponde Liam. «O forse erano due ore e cinque minuti. O magari 25 minuti. Oppure... Non saprei.»

Quando mi volto, sono tutti qui. Partendo da Hermes e Liam, in prima linea, e proseguendo con Apollo che se ne sta poggiato al muro a braccia conserte. Athena lo affianca, impassibile, mentre Hades lascia spazio a Haven. Avanza sul terrazzo con Hell. Abbassando lo sguardo, mi accorgo che si tengono per mano.

Il mio cuore manca un battito quando vedo Hell. E poi accelera come un matto quando lei mi rivolge un piccolo sorriso.

«Non capisco. Perché dovremmo farci un viaggio in macchina di cinque ore?» indago.

«O forse due ore e cinque minuti», precisa Liam. «O 25 minuti.»

«Andiamo a vedere un posto, tutti insieme», spiega Herm, ignorandolo. Con un cenno del capo indica le scalette alla fine del terrazzo, che conducono direttamente alla spiaggia. «Ti resterà comunque del tempo per un po' di intimità con Hell, non preoccuparti. Tanto ti bastano dieci secondi, no?»

Ignoro la sua battuta, ancora confuso dalla piega che ha preso questa serata. Non mi aspettavo che avessero organizzato qualcosa, e dentro di me sento montare un sentimento tanto piacevole quanto estraneo. Il senso di appartenenza a qualcosa di grande e bello.

Boccheggio fino a quando una nuova figura si fa largo tra i miei cugini. Thymos, con il suo solito outfit nero e l'espressione di un condannato a morte. So che finge, e che in fondo gli piace stare con noi. Al suo seguito c'è 13, con un guinzaglio al collo, come se fosse un cane.

Il veterinario gli ha tolto pulci e parassiti e gli ha fatto i vaccini necessari. Ora, il suo pelo è pulito e ha più forza. Purtroppo, resterà senza un occhio, ma non morirà sul ciglio di una strada. È questo ciò che conta.

«Allora, moccioso, ci muoviamo o no?»

«Perché dovresti venire con noi? Non ci hai ancora spiegato la faccenda della CIA», lo incalza Zeus.

Liam annuisce, dandogli corda. Gonfia il petto e si volge nella sua direzione. «Già, Thymos. Sei una spia? Cosa vuoi da questa famiglia di pazzi che commette reati contro la legge?»

Thymos alza gli occhi al cielo e preme l'indice sulla fronte di Liam, allontanandolo di qualche passo con una debole spinta. «Ho spiegato tutto a Hermes, Hades, Apollo e Athena. La faccenda è chiusa. Non sono una spia.»

«Perché dovremmo crederti?» chiedo. In realtà, la risposta è ovvia. Voglio solo che lo dica a voce alta.

Mi ha accolto in casa sua. Mi ha trascinato in ospedale quando Urano mi ha infilzato la coscia con un coltello. Mi ha prestato la sua macchina ed è salito con me pur sospettando che avrei fatto qualcosa di pericoloso. E, più di tutto, ama Aphrodite. Non la tradirebbe mai, ancora meno ora che non c'è più.

«Forse perché ti ho salvato il culo in diverse occasioni. Ti ho prestato la mia auto e te l'ho lasciata distruggere. Ti ho tenuto la mano in ospedale mentre ti estraevano il coltello dalla gamba e piagnucolavi come un poppante», sibila. «E perché è da giorni che raccolgo la cacca che quel trovatello nero lascia in giro per il mio appartamento. Non capisce proprio che deve cagare nella lettiera. Gliene ho comprata una da dieci dollari, con i cristalli azzurri e bianchi. Cosa cazzo vuole di più da me?»

L'incredibile serietà con la quale butta fuori questo flusso ridicolo di parole mi fa quasi ridere. Con la coda dell'occhio scorgo Apollo abbassare la testa, forse per nascondere una risatina. Athena, invece, ridacchia silenziosamente senza preoccuparsi di nasconderlo.

«Mi piace questo tipo», commenta mia madre, squadrandolo con aria curiosa. «Possiamo davvero fidarci di lui, Hades?»

Hades annuisce, piano. «All'inizio era stato mandato dalla CIA, la scorsa estate, per infiltrarsi sull'isola e incastrare Crono e Urano. Ma poi...»

«È inciampato nella figa di nostra sorella e ha cambiato idea», conclude Hermes con nonchalance.

Ci voltiamo tutti a fissarlo.

Solo mia madre non è turbata dalla sua scelta lessicale. Fa un cenno d'assenso, come se stesse soppesando la situazione. «Comprendo bene. Eppure, le persone non abbandonano così facilmente la causa per cui lottano.»

Thymos serra il pugno attorno al manico del guinzaglio. 13 solleva la testolina e mi fissa. Ricambio, e gli faccio un saluto agitando la mano. «Ehi, Sfigatto.»

«Lotto ancora per la mia causa, che mi sembra essere diventata anche vostra. Raccogliere le prove dei crimini di Urano e consegnarlo alla CIA. Lo vogliamo tutti, vero?» Si guarda attorno.

Athena sbuffa. «Io lo voglio morto. Non mi basta la prigione.»

Apollo mette un braccio davanti alla sorella, come a volerla bloccare da un possibile attacco d'ira. Tossisce piano e, con sguardo concentrato, fissa le sue iridi verdi su di me.

«Questi discorsi potremmo rimandarli a un altro giorno. Adesso dovremmo metterci in viaggio, o non riusciremo a fare nulla.»

Sembrano tutti d'accordo. Athena, Apollo e Hermes sono i primi a incamminarsi verso le scalette. Haven lascia andare la mano di Hell, solo per incastrare le dita con quelle di Hades.

«Posso?» domanda Liam, fermandosi accanto a Zeus.

Zeus alza la testa, cogliendo il significato che a me non è ben chiaro. Sorride, stanco, e annuisce. «Certo.»

Liam prende il comando della sedia a rotelle e comincia a spingerla, in silenzio, fino al punto in cui Hades e Apollo attendono per sollevare il corpo di Zeus e farlo passare senza intoppi per le scalette.

Abbiamo imparato che non dobbiamo spingere di nostra iniziativa la carrozzella di Zeus. In genere, aspettiamo che sia lui a chiederci aiuto, quando ne ha bisogno. Senza supporre da soli che lui lo necessiti. A volte ci proponiamo noi, altre volte è lui stesso a chiedere. E va bene così.

Troppo perso dalla scena, mi accorgo in ritardo che Hell è ferma a fianco a me. Adagia il capo contro il mio braccio, e io lo sollevo solo per agganciarlo attorno alle sue spalle.

«Andiamo?» mormora.
«Andiamo, Genietto. Ma prima, voglio un bacio.»

Alla fine, impieghiamo meno di cinque ore per arrivare a destinazione. Qualsiasi essa sia. Stando a quanto dice la geolocalizzazione del mio cellulare, ci troviamo nelle vicinanze della città di Karpenisi, nella regione montuosa di Evritania. Non ho ancora idea del motivo, non so cosa vogliano farci vedere a tutti i costi Herm e Liam.

Ma comincio a temerlo, se devo essere onesto. E, a giudicare dalle espressioni rigide di Apollo e Hades, loro hanno lo stesso timore. Camminano al fianco di Liam e Hermes, a capo fila, come se dovessero tenersi pronti ad affrontare un possibile pericolo.

«Manca poco!» urla Liam, da davanti.

«Ehi, serpe», do una gomitata ad Athena proprio quando mi scivola accanto, forse intenzionata a sorpassarmi. «Tu non sai nulla? Non puoi anticiparci niente?»

«Zitto. O ti uccido prima che lo faccia Urano con la settima fatica.»

Oh. Oh. Qualcuno ce l'ha con me. Non solo Athena, ma credo anche Thymos e Apollo. Eravamo divisi in tre auto, e nonostante non fossi io alla guida – "per ovvi motivi", così ha sostenuto Thym – ho monopolizzato la radio e scelto ogni singola canzone che ci ha accompagnati in viaggio per quattro ore. A quanto pare, non hanno i miei stessi gusti impeccabili.

Be', questo è un problema loro, non mio.

E poi, a Hell piacevano tutte. Ogni tanto incrociavo il suo sguardo, riflesso nello specchietto, e la beccavo a mormorare le parole delle canzoni.

«Okay, quello che stiamo per mostrarvi è una delle cose più belle della Grecia», annuncia Hermes, la voce alta perché arrivi fino alle ultime file. Le nostre.

«Insieme ad Athena», aggiunge Liam, e si volta per scoccare un occhiolino alla diretta interessata.

Zeus tossisce nel modo più finto in cui abbia mai sentito tossire qualcuno.

Sto per fare una battutina cattiva, quando le parole mi muoiono in bocca non appena Hell mi picchietta sul fianco e mi sprona a guardare dritto davanti a me, oltre le folte chiome di Apollo e Hades.

«Vedete?» esclama Herm.

«Se Apollo spostasse quelle liane che ha al posto dei capelli, vedrei meglio», scherzo.

Dinanzi a noi si staglia una distesa d'erba che continua in uno specchio d'acqua brillante e colorato. Lo spiazzo è circondato da piccole e grandi alture in roccia, ricoperte di muschio e fogliame, dalle quali si generano cascate.

L'acqua zampilla da ogni parte, tuffandosi da diversi punti d'altezza e si riunisce al centro, producendo uno scroscio incessante. Sembra che stia piovendo, ma solo in questo spiazzo. Delicati spruzzi d'acqua mi colpiscono al lato sinistro, e con stupore mi passo la mano sulla guancia asciugandoli via.

Mi osservo le punte umide delle dita, meravigliato.

«Che cos'è questo posto?» sussurro.

In lontananza, si scorgono strisce di colore intense e brillanti. Arcobaleni. Doppi, tripli, quadrupli. Ne conto almeno cinque, tutti diversi per grandezza e intensità.

È uno spettacolo incredibile.

Ma, forse, la parte migliore è vedere l'espressione sul viso di Hell. La sua testolina è inclinata verso l'alto, e si muove in ogni direzione nel tentativo di assorbire ogni minuscolo dettaglio di ciò che la circonda. Ha un sorriso a trentadue denti, che non vacilla nemmeno per un istante.

«Queste sono le cascate di Panta Vrehi, che in greco significa "piove sempre". Vengono anche chiamate cascate miracolose. In questo posto, sembra che piova tutto l'anno, semplicemente perché l'acqua cade da tutte le parti, e crea piccoli laghetti ovunque», spiega Hermes, rivolto a noi, il suo pubblico.

«Non è stupendo?» continua Liam, che adesso ha raggiunto Zeus e tiene una mano sulla sua spalla.

Anche Zeus, il mio inscalfibile e freddo fratello, si è addolcito davanti allo spettacolo che abbiamo davanti.

Restiamo in silenzio ad ammirare ciò che ci circonda. Nessuno sembra capace di esprimere a parole quello che sta provando.

L'acqua non accenna a svanire, cade in un moto perpetuo. Al tempo stesso, però, anche gli arcobaleni non vogliono svanire. Ostinati e caparbi, non si lasciano sopraffare. È la lotta perenne della vita.

Nell'immobile stupore di cui siamo in balìa, è Hades che fa un passo in avanti e torna alla realtà. Un sorrisetto provocatorio gli incurva la cicatrice in viso.

«Fatemi capire: avete organizzato questa escursione in un posto in cui cade acqua da tutte le parti, da una mega cascata, per Ares? Che è quasi annegato in mare da ragazzino e non riesce manco a stare dentro una doccia per più di cinque minuti?»

Hermes e Liam si scambiano un'occhiata.

«Te l'avevo detto che c'era qualcosa che stonava», mormora quest'ultimo.

Basta questo semplice scambio a far scoppiare una risata generale. Persino io mi ritrovo a ridere, nonostante Hera, Teia e Haven mi stiano osservando con chiara preoccupazione.

Le mie migliori amiche, affette da istinto materno irrefrenabile e capaci di sopportarmi come nessuno riesce.

E poi c'è Hell, la ragazza che non si sposta di un millimetro e mi resta al fianco. Lei non mi guarda, non teme che io possa stare male. Perché, in qualche modo, lei sa già che non sto provando ansia o paura. Percepisce la calma che emana il mio corpo, e si adegua di conseguenza.

Un muto accordo tra i pezzi delle nostre anime.

La chioma ramata di Haven si avvicina a me, la vedo con la coda dell'occhio. Sistemandosi alla mia sinistra, mi dà una leggera gomitata sul fianco.

«Cosa vuoi, scassapalle?» la prendo in giro.

Nei suoi occhi eterocromi brilla la speranza, e mi terrorizza, perché non mi sono concesso neanche un secondo di sperarci come ci sta sperando lei.

Ora che ci siamo un po' abituati alla bellezza del posto, qualcuno osa muoversi per esplorarlo. Mentre Thymos va a sedersi vicino a una pozza d'acqua, sfiorandone la superficie con le dita, Teia segue Poseidon, che sembra già intenzionato a tuffarsi per nuotare.

«Qualche mese fa...», comincia Haven, «...prima di dover affrontare il labirinto, ho imparato una bella lezione sulla vita. Vuoi sapere qual è?»

Fingo di pensarci su. «Che se un tipo strano poggiato al muro ti lascia una mela mangiata in mano, il tuo primo giorno di università, è meglio farsi i cazzi propri e stargli lontana?»

Sarebbe bastato questo a evitare tanti casini.

«Idiota», borbottano in contemporanea Hell e Haven. Poi si guardano, soddisfatte, e si scambiano il cinque.

Le allontano, incapace di contenere un sorriso. «Okay, non è il caso che voi due vi alleiate, ora. Coraggio, Cohen, raccontaci questa lezione di vita che hai imparato.»

«Ho imparato che danzare sotto la pioggia significa accettare che non ci può essere sempre il sole, e che dobbiamo solo trovare qualcuno disposto a stare sotto il temporale con te», bisbiglia, lo sguardo perso in ricordi che, pian piano, stanno tornando anche a me.

Risale a una sera di fine gennaio, a Yale, in cui io e gli altri abbiamo trovato Haven e Hades in giardino, sotto il diluvio. Quella sera, siamo rimasti a giocare sotto la pioggia come dei bambini.

C'era anche Aphrodite, lo ricordo bene. Lei era stata la prima a buttarsi fuori, portandosi dietro Athena, che al contrario sembrava esasperata.

Ricordo tutto benissimo.

«Quindi... questo posto sta dando, ora, una lezione a me, sulla vita. Dico bene?»

Haven mi spettina i capelli. Hades sta aspettando che finisca di parlarmi, per raggiungerla. Detesto ammettere che è un ragazzo maturo, che lo è stato dall'inizio alla fine, con me. Mi ha sempre trattato meglio di quanto meritassi.

«Dici bene. Ma non sarò io a spiegartelo. Devi capirlo da solo.»

E, senza lasciarmi il tempo di aggiungere altro, si allontana.

Haven è come una bambina al parco giochi. Cerca il punto in cui la pioggia è più fitta, e ci si butta sotto, ridendo e chiamando a gran voce Hades. Lui, con il sospiro di chi sta compiendo un piccolo sacrificio, la raggiunge. Il suo malumore non dura neanche un secondo, perché Haven gli circonda il collo e lo attira a sé per un lungo bacio.

«Sono disgustosi», commenta Athena, che mi passa davanti con Apollo a braccetto. Non mi perdo l'accenno di un sorriso sulle sue labbra sottili e pallide, però.

Ora, Hades sta sollevando da terra Haven, in una danza elegante ma anche scoordinata. Lui la afferra per la vita e la fa roteare, con i piedi che non toccano l'erba, e lei si dimena fingendo di volergli sfuggire.

Liam si sistema accanto alla sedia a rotelle di Zeus, poco distanti da Thymos, e si mettono a parlottare tra di loro. Non so cosa darei per sentire che discorsi fanno quei due, da soli. Considerato il QI di Liam e quello di mio fratello, non riesco proprio a immaginarli.

Ma poi, la mano grande di Zeus si poggia sulla nuca di Liam e le dita si muovono tra le ciocche castane, in un massaggio dolce e intimo.

Il mio sguardo, d'istinto, va a cercare Hera. Nonostante se ne stia lontana, in compagnia di Hermes, la sua attenzione è fissa su Zeus e Liam.

Mi dispiace per lei. Mi dispiace, perché ama qualcuno che non ricambierà mai. Ed è costretta a vederlo innamorarsi, ogni giorno di più, di qualcun altro. Resta in disparte, a osservare e a struggersi, con la bontà d'animo che hanno pochi. Non interferisce, è felice per lui.

Vorrei essere come lei. Al suo posto, avrei afferrato Liam e gli avrei infilato la testa sott'acqua per sbarazzarmi della concorrenza.

Scherzo, ovviamente.

Hermes sarà un cazzone nudista che ha una predisposizione spaventosa nell'ustionarsi i capezzoli, ma è un bravo ragazzo. Picchietta sulla spalla di Hera e la distrae, presumo con una delle sue stronzate.

Mi dispiace anche per Herm, in realtà. Fra tutti noi, lui e Hera sembrano quelli che soffrono di più la solitudine. Sono due cuori rotti, perennemente testimoni dell'amore degli altri.
Sempre quelli a cui vuoi bene, ma che non ami.

Un tempo, io appartenevo al loro gruppo.
Adesso, sono qui con Hell.

Le poso un bacio sulla tempia, e tenendo le labbra premute sulla sua pelle bisbiglio: «Vieni. Andiamo in un posto più appartato. Ti va, Genietto?»

«Certo. C'è un albero, poco più in fondo. Dovrebbe anche essere un buon riparo dalla "pioggia".» Lo indica con la mano e, dopo un attimo di confusione, riesco a individuarlo.

Hell si muove per prima, e io le sto dietro sogghignando alla vista del suo fondoschiena fasciato da un paio di jeans chiari. Lei sembra captare il mio sguardo, perché emette un sospiro che le alza le spalle e poi tira indietro la mano. Agita le dita, chiedendomi silenziosamente di unire le mie alle sue.

Non me lo faccio ripetere. La raggiungo, ma invece che prenderle subito la mano, le circondo le spalle col braccio e lei capisce subito. Solleva il suo e mi prende per mano.

Mentre avanziamo, circondati dal chiacchiericcio generale, incrociamo Dionysus. Fa un cenno di saluto galante a Hell e strizza l'occhio a me, prima di andarsi a sedere accanto a Thymos.

Man mano che i rumori si fanno più distanti, piombiamo nella pace del nostro silenzio. Ci fermiamo presso un albero alto poco più di due metri, dalla folta chioma verde smeraldo. Hell è la prima a prendere posto, e io la imito solo dopo qualche istante.

Osservo le nostre gambe vicine e provo un improvviso senso di insoddisfazione. «No, non mi piace così.»

«Cosa...»

Allargo le gambe e la sollevo da terra per la vita. Il gesto è impacciato e un po' goffo, ma riesco nel mio intento. Hell si sistema tra le mie gambe, con la schiena appoggiata al mio addome. Con il capo adagiato sulla mia spalla, le ciocche dei suoi capelli mi fanno il solletico al mento, ma io chiudo gli occhi e respiro a pieni polmoni il suo profumo.

Se qualche mese fa mi avessero detto che mi sarei ritrovato in un posto del genere, innamorato di una ragazza che se ne sta accoccolata contro il mio petto, non ci avrei mai creduto.

Se mi avessero detto che mio nonno avrebbe provato in ogni modo a uccidermi con dei giochi che ricalcavano le fatiche di Eracle, ci avrei creduto eccome. Sì. Molto probabile.

Ho due obbiettivi per domani. Sopravvivere, prima di tutto. E poi bruciare Urano. Magari, anche Thanatos.

Spero solo che, una volta dato fuoco a Urano, non spunti dal nulla suo padre Caos e provi pure lui a farmi fuori.

Prima di organizzare un altro barbecue dovrei decisamente controllare l'albero genealogico di questa famiglia.

«Ares?»
«Mh?»

Le mie mani scivolano sul suo addome e le accarezzano la pancia. Le sbottono i pantaloni solo per poter infilare le punte delle dita dentro e sfiorarle la pelle sotto l'ombelico.

«Mi prometti che farai il possibile per sopravvivere, domani?»

Il modo incerto in cui me lo chiede mi spezza il cuore. «Certo.»

«Abbiamo un tavolo prenotato per due, il 24 ottobre di quest'anno, ricordi? Non possiamo mancare», continua, incerta.

La stringo più forte, e affondo il viso nell'incavo del suo collo. Le bacio la pelle sotto l'orecchio e mordicchio piano ogni centimetro morbido che le mie labbra incontrano. Non mi basta. Ogni contatto, con lei, mi fa desiderare di più. Sono un assetato che più beve, meno si disseta.

Butto fuori le parole che mi sono tenuto dentro per giorni, per codardia. «Non mi perderei un appuntamento con la mia ragazza per nulla al mondo.»

La sento irrigidirsi di colpo, e poi rilassarsi, quasi come si stesse sciogliendo tra le mie braccia. Volta il capo il tanto giusto a potermi guardare negli occhi.

Nei suoi c'è stupore, ma anche gioia. Ha le pupille dilatate, una piccola striscia castana a contornare il nero più profondo. Schiude le labbra, per dire qualcosa, ma non esce alcun suono.

«Il 24 ottobre verrò a prenderti...» comincio, a bassa voce, e premo piano le labbra sulla sua tempia. «Possibilmente con l'auto di Thymos. Avranno finito di ripararla, per ottobre, no? Ecco. E magari avrò anche la patente.»

«Non hai la patente allora!» scatta, subito.
«Non ho mai detto di non averla.»
«La hai?»
«Non ho mai detto nemmeno di averla.»

Hazel sbuffa e io ghigno in silenzio.

«Ti aprirò lo sportello, stando ben attento ad aver inserito il freno a mano, e poi guiderò bene fino al ristorante. Farò un parcheggio a S in grazia di Dio, perché mi sarò allenato tutto il mese. Sai, a scuola guida non sono mai riusciti a farmeli fare bene.»

«Allora sei andato a scuola guida e hai la patente.»
«Non l'ho mai detto.»

Emette un verso esasperato, che mi fa ridere di cuore. «Ares, è grave che tu non abbia la patente e ti metta alla guida comunque!»

«C'è gente con la patente che guida di merda e si mette in auto lo stesso. Non vedo il problema.»

«Quindi non la hai.»
Le do un buffetto sul naso e lei prova a mordermi le dita. «Mai detto, Genietto.»

Si accascia contro di me e agita la mano per aria, facendomi cenno di continuare.

«Passeremo una bella serata», riprendo. «Sarà l'appuntamento migliore a cui tu sia mai stata. Ti comprerò tutto quello che vorrai mangiare, e ti ripeterò che sei bellissima e che mi ecciti da morire. Mi godrò il rossore sul tuo viso, in netto contrasto con il modo in cui mi guarderai dritto negli occhi. Sarà magnifico, Genietto. Anche se la sera mi verrà freddo e non riuscirò a darti la mia giacca, facendo il gentiluomo. Rimedierò quando ti avrò riportata in camera, però, e sarai nuda sopra di me, mentre mi scoperai con tutta la forza che hai in quel corpicino bello e sexy.»

Hell arriccia il naso a patata, e dall'alto vedo i suoi capezzoli premere contro il tessuto della maglia che indossa. Lascio salire la mano sul suo petto, e le massaggio piano il seno, con movimenti circolari e lenti. Le scappa un mugolio, e io lo riacchiappo baciandola. Non attendo un secondo prima di schiuderle le labbra con la lingua e invaderla. Non è un bacio dolce, è un bacio disperato.

Perché spero con tutto il cuore che quel 24 ottobre vada davvero così.

Hell si allontana per prima, ansimante e con le gote rosse. «Promesso?»

Sollevo la mano e le porgo il mio mignolo. Lei abbassa lo sguardo e non trattiene una risatina, davanti al mio gesto così infantile. Le sto chiedendo di suggellare l'accordo come farebbero due bambini.

Lei mi asseconda e aggancia il suo mignolo al mio. Però, poi, modifica la stretta. Alza il pollice e lo tende alla ricerca del mio, cosicché le nostre mani siano unite a entrambe le estremità.

«Fino alla fine», mi ricorda in un sussurro rauco. Ha gli occhi lucidi.

Non voglio che pianga per me. Ho fatto piangere troppe persone, nella mia vita. Il fatto è che... questa volta è diverso. Piange perché è preoccupata per me. Piange perché non vuole perdermi. E Dio solo sa quanto ce l'ho con lui, in questo istante. Ce l'ho con lui, perché solo un'entità divina avrebbe potuto far innamorare una ragazza come Hell di uno come me. E io non voglio che lei pianga per me.

Deglutisco a fatica. «Perché stai per piangere? Sei commossa dalla mia immensa bellezza?»

Una lacrima le solca il viso nello stesso istante in cui una debole risata prorompe dalle sue labbra carnose e screpolate. Ma ne scivola via solo una, perché è troppo impegnata a darmi uno schiaffetto sull'avambraccio e mandarmi a quel Paese.

«Ti detesto», bofonchia.

La circondo con le braccia e le scocco un bacio a fior di labbra. «Adoro quando mi insulti.»

«Ovviamente.»

«Quasi quanto adoro quando ti sto scopando e mi tiri i capelli», continuo.

«Ares...» Sta già sorridendo.

La zittisco con un altro bacio, ora più profondo. Le lecco l'angolo delle labbra e mi stacco, nonostante abbia voglia di molto di più. «Apprezzo il gesto sentimentale di quei due pagliacci. E questo panta vrehi è davvero suggestivo e commovente. Ma non ti nego che avrei voluto passare tutte le ore antecedenti al gioco chiuso in camera, infilato in mezzo alle tue gambe nude, Genietto.»

È vero, ma è anche falso.

Perché, quando sollevo la testa verso lo spiazzo attorno a noi, una sensazione di calore mi riscalda il cuore.

Haven e Hades se ne stanno in piedi, ancora sotto le gocce d'acqua, e si baciano.

Liam e Zeus avanzano nell'erba. Questa volta, è Zeus a spingere la carrozzella.

Poseidon bagna i piedi nudi nell'acqua, mentre Teia gli accarezza i capelli azzurri.

Thymos e Nys sono di schiena, e non capisco se abbiano deciso di stare in silenzio o se stia parlando di qualcosa. Lo stesso vale per Herm e Hera, in disparte rispetto agli altri.

E poi ci sono Apollo e Athena, seduti a gambe incrociate. I due strambi della famiglia, distaccati all'apparenza, ma dal cuore tenero.

Il cielo sta virando nell'indaco, prossimo all'oscurità, e il sole scompare con la silenziosa promessa di tornare domani. La luna è piena, oggi, e si prospetta una volta limpida e piena di stelle. Qualcuna la vedo già brillare.

Mi sono già sentito così, prima d'ora. Ed è stato la sera prima che Haven affrontasse il labirinto del Minotauro. Nonostante la paura sincera che provavo per lei, e che mi era difficile ammettere ad alta voce, nutrivo anche una segreta speranza che lei fosse più forte. Attorno a me, quella sera, sentivo la stessa fiammella di speranza negli altri. 

Forse, anche per me è così, stasera.

Non sono mai stato quello su cui la gente scommette. Sono il cavallo malaticcio e imprevedibile, su cui nessuno punterebbe. Sono il numero che non verrà mai estratto. Ma la mia famiglia... Be', loro ci scommettono.

Continuo a osservarli, uno ad uno.

È tutto perfetto. Noi siamo nel posto giusto, con le persone giuste. Ma piove comunque. Piove sempre, no? Per quanto la vita ci sommerga di problemi e dolore, per quanto possa piovere, avremo degli sprazzi di felicità. Quei piccoli e grandi arcobaleni che lotteranno con la pioggia.

Forse è questa la mia grande verità. Il mio insegnamento.

Pánta vréchei, allá an kitáxeis kalá, ipárkhi to ouránio tóxo.

Piove sempre, ma se guardi bene c'è l'arcobaleno.

Tradotto per la mia situazione attuale... Urano vuole aprirmi il culo in due, ma forse posso sopravvivere.

«Hell?» la chiamo.
«Sì?»

«13 è rimasto sull'Olimpo. Spero che caghi in giro per casa e Rea debba pulire tutto.»

Una risata le scuote l'addome.

«Hell?»
«Sì?»
«Sei il mio arcobaleno in mezzo alla pioggia.»

Suona davvero banale, ma non ho la forza di spiegarle i miei ragionamenti pieni di sentimentalismi. Confido nel fatto che capisca che ho imparato la mia lezione di vita, come mi suggeriva prima Haven. Confido in ciò, perché lei lo fa sempre. Difatti, non mi stupirei se lo avesse capito prima di me, fin dall'inizio.

Hell si gira e mi bacia la punta del mento, poi mi afferra il viso con la mano e porta le mie labbra contro le sue. È un bacio carico di dolcezza, e mi fa venire i brividi lungo la colonna vertebrale. Li sento percorrere le mie ossa ed esplodere in tutto il corpo, fino a raggiungere la punta dei piedi.

Con delicatezza, indirizza il mio viso verso la nostra famiglia disastrata.

«Siamo tutti piccoli arcobaleni, per te. Non abbiamo mai avuto paura della pioggia perenne nella tua vita.»

Ancora una volta, mi dimostra quello che sapevo già.
Certo che ha capito. È il mio Genietto.

Le riempio il viso di piccoli baci, facendola sghignazzare in tono acuto, e termino mordendole piano la guancia. Hazel mi pizzica il braccio, nel tentativo di liberarsi dalle mie aggressioni affettuose.

«143», bisbiglio al suo orecchio.
«Anche io», risponde senza esitare.

I, uno. Love, quattro. You, tre.

Eccolo il momento definitivo in cui le parole incontrano i numeri e imparano che non sono opposti. Sono ciascuno la condizione necessaria per l'esistenza dell'altra.





Sei ore dopo, approdiamo sull'Olimpo, di nuovo. Rea è in piedi, nel terrazzo che conduce alla cucina. Se ne sta poggiata al balcone con gli avambracci e ci fissa, imperscrutabile. Il vento le fa svolazzare le ciocche bionde.

Nonostante sia notte inoltrata, lei è ancora sveglia. Nonostante l'orario, ha ancora il completo elegante, blu scuro a righe bianche, e i capelli legati in una treccia laterale. Solo il ciuffo di davanti è sfuggito all'acconciatura.

Cristo, se è inquietante.

«Ehi, Rea! Fermati, che ci beviamo qualcosa insieme!» la saluta Teia, sventolando la mano per aria.

Rea si irrigidisce all'istante, e la sua espressione tradisce il panico puro. Ci dà le spalle e rientra in casa, in fretta e furia.

Hermes, Poseidon e Haven ridacchiano a bassa voce. E quando mi volto verso Hell, noto che anche lei è divertita. Mi piace quando riusciamo a farla ridere, perché nonostante sia qui, so benissimo che ha paura e che non sa cosa aspettarsi.

La lascio nelle mani di Posy e io resto a chiudere la fila, poco davanti a Zeus.

Se alle cascate c'era bel tempo, qui ad Atene sembra che stia per scoppiare un temporale. Il che mi piace; ho sempre amato i temporali, soprattutto se rumorosi. Che siano di buon auspicio per il mio processo?

Chiudo la portafinestra del soggiorno e scosto le tende, in modo da oscurare la vista del panorama. Attorno a me, i passi si fanno sempre più radi e lontani, e capisco di essere rimasto solo.

No, non proprio solo. C'è qualcuno qui con me.
Apollo.

Se ne sta in piedi, accanto al divano, e mi aspetta. Senza emettere un fiato.

«Cosa...»
«Andiamo», dice, semplicemente.

Esito. «Andiamo dove? Se stai per tradirci di nuovo, sappi che ti spacco la faccia.»

Le labbra gli si incurvano in un sorriso strafottente, e mettono in mostra le fossette ai lati. «Andiamo a dormire. Non volevo che restassi solo.»

È così difficile fidarsi di Apollo. Se devo essere sincero, mi dispiace nutrire tutti questi dubbi nei suoi confronti. D'altra parte... sembra sempre saperne una più del Diavolo. Lui è il figlio prediletto con cui Rea si è sempre confidata.

Patetico mammone.

Lo raggiungo con poche falcate e, con un cenno, gli indico di farmi strada. Non camminerò davanti, per nessun motivo al mondo.

Sono un coglione, sì. E mi funziona metà parte del cervello, per giunta quella addetta alle pulsioni sessuali. Ma non darò le spalle ad Apollo Lively.

Mentre salgo le scale, un nuovo pensiero mi attraversa la testa e sento il bisogno di riversarlo fuori. «Tu sai cosa accadrà nell'ultima fatica, vero?»

Attendo quelli che sembrano secondi infiniti, prima di sentire la sua voce roca. «No, in realtà no.»

«Però sai qualcosa che noi poveri stronzi non sappiamo.»

«Anche tu la sai, ma forse l'hai dimenticata.»

Mi blocco sull'ultimo gradino. Apollo mi dà una pacca sulla schiena e mi spinge in avanti. Inciampo con il piede e lui mi afferra, impedendomi di cadere di faccia. Senza mollarmi, mi indirizza verso il corridoio in cui si trovano le nostre stanze degli ospiti.

«Di cosa stai parlando?»

Apollo guarda dritto davanti a sé, cammina in modo rigido e le spalle sono innaturalmente sollevate. «Pandora.»

Pandora.

L'ha nominato anche Urano. Il vaso di Pandora, contenente tutti i mali del mondo. E, alla fine, la speranza.

«Non capisco.»

«Nemmeno io», ammette con un sorrisetto stanco. «Ma sono convinto che ci troviamo vicini alla verità. Devi solo cercare di sopravvivere. Non hai creduto davvero che Urano ha organizzato tutto questo solo per vendicare Crono, no?»

«Apollo...»

La voce mi muore in gola, quando i miei occhi catturano due figure in fondo al corridoio. Le porte dei miei fratelli sono chiuse, e sono certo che Hell mi stia aspettando nella camera che condividiamo.

Non credo che ci arriverò mai, però.

A qualche metro da noi ci sono due figure alte e vestite nello stesso modo. Una giacca nera, sopra una camicia del medesimo colore, e pantaloni eleganti.

La cosa inquietante è che pure i loro visi sono simili. No, quasi identici. E hanno i miei stessi lineamenti.

Capisco subito che non è la loro vera faccia, ma una maschera molto realistica che è modellata per somigliare alla mia.

«Cosa cazzo significa?» sbotto.

Apollo li fissa con la stessa espressione di disagio. «Dovresti andare con loro.»

Per poco la saliva non mi va di traverso. «Sei pazzo?»

«No. È evidente che riguarda il gioco. Non puoi scappare e io non posso difenderti. Vai.» Mi dà una spinta poco delicata, per accorciare le distanze con i due sconosciuti.

Ah. Be', grazie, Apollo. Mi rimangio subito le due cose carine che ho pensato su di te da quando ci conosciamo.

Mi stanno aspettando. I miei due cloni, attendono che sia abbastanza vicino. Apollo resta in disparte, senza staccarci gli occhi di dosso.

Mentirei se dicessi che non me la sto facendo sotto.

«Belle facce da cazzo che avete», dico.

I due non battono ciglio e si mettono di lato, creando un passaggio in cui è chiaro che io debba infilarmi per primo. Alla fine del corridoio c'è solo un muro bianco immacolato. Non capisco dove pensano di poter andare.

«Facciamo come Harry Potter in stazione?»

Uno dei due mi scivola davanti e preme il palmo della mano sulla parete. Questa scivola all'indietro, aprendo un varco segreto che mi lascia a bocca spalancata.

Non ho il tempo di formulare una domanda, che vengono spinto al suo interno. «Apollo, questo è il momento di intervenire e...»

La porticina segreta si richiude con un colpo secco.

Uno dei due uomini, almeno credo che siano uomini, estrae un rotolo di nastro adesivo dalla tasca interna. «Ci avevano avvertiti che avrebbe potuto servire.»

Ne strappa un pezzo e me lo appiccica in bocca, mentre l'altro scagnozzo mi lega le mani dietro la schiena.

Ottimo. Sono già stato imbavagliato e legato, in vita mia, non mi scandalizzo. Ma era in camera da letto.

«Andiamo, forza.»

Una rampa di scale conduce a un sotterraneo. Conto quindici gradini prima che piombiamo in uno spazio ampio e asettico, dalle pareti bianche. Il soffitto è interamente abbellito da un dipinto... ma nonostante mi sforzi di inquadrarne le figure disegnate, non capisco a quale mito greco faccia riferimento.

Ci sono altre persone, qui sotto. Una figura per ogni angolo della stanza rettangolare. E hanno tutte una maschera che somiglia al mio viso.

Al centro, seduto su una sedia, c'è il mio gemello.
Davanti a lui, un'altra sedia vuota. Presumo sia per me.

«Metti il culo sulla sedia, muoviti», abbaia lo stesso tipo che mi ha spalmato il nastro adesivo in bocca.

Obbedisco agli ordini, non perché voglia compiacerli, ma perché voglio scoprire dove stiano andando a parare. Cosa sta succedendo? Questo non può essere il gioco. Che siano i preparativi?

Una volta accomodato, faccio un ironico cenno di saluto a Eris, il mio gemellino. Lui non lo ricambia.

Alle mie spalle, sento una porta sbattere, e poi il rumore di passi sempre più vicini. Acchiappo la figura di Thanatos con la coda dell'occhio buono, e ora vorrei tanto non avere la bocca tappata per riversargli addosso tutti gli insulti di cui sono capace.

Non guarda né me, né Eris.

«Abbiamo due ore. Al termine di queste, devono risultare perfettamente identici. Replicate qualsiasi tratto estetico, anche i più piccoli. Nei, pieghe del viso, forma delle sopracciglia. Rasate i capelli a zero, se serve. Non devono essere distinguibili. E, poi, portateli al rogo per il processo.»

🧘🏻‍♀️✨

Buona Vigilia di Natale🫶🏻 io sono ammalata e sono a letto, con nulla da fare, quindi eccoci qui con l'aggiornamento 💀 che gioia

Comunque sto provando il forte desiderio di far mettere insieme Teia e Rea.... Non accadrà mai ma sappiate che vorrei 🎻🎻

Conto 2 capitoli + epilogo. Spero di aggiornare prima del 31, anche se non sarebbe un bel modo per iniziare il nuovo anno 🥲 vedremo, vi aggiorno su ig e threads 🫠

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, come sempre, vi ringrazio per leggere goc.
Ne approfitto per augurarvi anche un buon natale ❤️

Have a nice life💕✨
Tiktok: cucchiaiaa
Ig: cucchiaia

Auguri anche ad Auri che fa gli anni il 26 dicembre 👀💙

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