MIND OF GLASS: OPERATION Y [I...

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo - ✓
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1) - ✓
Capitolo 1: Bravo (Parte 2) - ✓
Capitolo 2: Coinquilini - ✓
Capitolo 3: Demoni del passato - ✓
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro - ✓
Capitolo 5: Insieme - ✓
Capitolo 6: Prima Tappa - ✓
Capitolo 7: Presenza - ✓
Capitolo 8: Sconosciuto - ✓
Capitolo 9: Ricordi bruciati - ✓
Capitolo 10: Il prossimo - ✓
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1) - ✓
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2) - ✓
Capitolo 12: Dolore lontano - ✓
Capitolo 13: Turbolenze - ✓
Capitolo 14: Scontro - ✓
Capitolo 15: Notizia - ✓
Capitolo 16: Lettere reali - ✓
Capitolo 17: Firmato... - ✓
Capitolo 18: Sui tetti - ✓
Capitolo 19: In mezzo alla folla... - ✓
Capitolo 20: Rientro - ✓
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata - ✓
Capitolo 22: Sorpresa? - ✓
Capitolo 23: Toc-Toc - ✓
Capitolo 24: Legami scomodi - ✓
Capitolo 25: Nuovi ospiti - ✓
Capitolo 26: La spia - ✓
Capitolo 27: Tocca a me - ✓
Capitolo 28: Il mondo continua a girare - ✓
Capitolo 29: Prurito ed ematomi - ✓
Capitolo 30: Fede - ✓
Capitolo 31: Rimorsi - ✓
Capitolo 32: Torna a letto - ✓
Capitolo 33: Fiamme - ✓
Capitolo 34: Scuse e incertezze - ✓
Capitolo 35: Analista per caso - ✓
Capitolo 36: Non puoi dimenticare - ✓
Capitolo 37: Bersagli - ✓
Capitolo 38: Ostacoli - ✓
Capitolo 39: Ho trovato Jake e... - ✓
Capitolo 40: La bomba - ✓
Capitolo 41: Shakalaka - ✓
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata - ✓
Capitolo 43: Pausa? - ✓
Capitolo 44: Nuove conoscenze - ✓
Capitolo 45: Mercato finanziario - ✓
Capitolo 47: Safe International Hawk - ✓
Capitolo 48: Fregati - ✓
Capitolo 49: In trappola - ✓
Capitolo 50: Dimitri Malokov - ✓
Capitolo 51: Rancore - ✓
Capitolo 52: Portare via tutto - ✓
Capitolo 53: Insofferenza - ✓
Capitolo 54: Colpe - ✓
Capitolo 55: Operazione Y - ✓
Capitolo 56: Amicizia - ✓
Capitolo 57: Risposta inaspettata - ✓
Capitolo 58: Rivelazione - ✓
Capitolo 59: Con onore - ✓
Capitolo 60: Rottura - ✓
Capitolo 61: Solitudine - ✓
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 46: Linea - ✓

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By DarkRafflesia


La situazione si era ribaltata. C'era qualcosa che era andata completamente fuori posto, secondo la sua mente traballante dalla paura e dal timore. In quell'ufficio, era lui che comandava tutta la marea di persone che andavano avanti e indietro come delle palline pazze, trasportando fogli su fogli, documenti su documenti, i quali la maggior parte delle volte spiccavano il volo e si spargevano sul pavimento come lo scoppio di un festone ad una festa di compleanno. 

Tuttavia quella mattina il suo team si era pietrificato prima del previsto, quel solito via vai lontano dall'essere fastidioso ai suoi occhi. Era strano che in quella Direzione vi fosse un silenzio tombale da aver costretto il personale a rimanere seduto davanti alle reciproche postazioni, a picchiettare leggermente le dita sulla tastiera e a stampare sì e no qualche foglio, consegnato al suo legittimo destinatario con una spinta della sedia per non far rimbombare il suono dei tacchi o un vocione che chiamasse l'altro per avvisarlo del ritiro. 

Accadeva che solo per un margine di tempo i suoi dipendenti si fermassero; aspettavano che chi sapevano loro entrasse nel suo ufficio, dopodiché ripartivano con le loro faccende come se niente fosse. Questa volta non era successo.

Timothy Su osservava dalla parete vetrata del suo ufficio il parlottio sommesso del suo team, talmente pacato e inaudibile che dalla sua stanza intuiva che stessero parlando solo dal movimento delle loro labbra. Il suo operato non era cambiato in quei giorni; la routine era praticamente quasi la stessa, anzi, si stava impegnando così maniacalmente sul progetto che la Direzione delle Operazioni gli aveva affidato che non aveva combinato casini con i sistemi di protezione informatici della CIA. Tuttavia quella mattina era stato colto da un evento unico quanto raro, spaventoso quanto paralizzante.

Noah Finley era entrato veloce, con un'irruenza tale da far cigolare più del dovuto la porta d'ingresso, e lo aveva guardato dritto in faccia, senza cuffie e senza cappuccio.
Prendi tutte le riprese della città su Capitol Riverfront. Ogni fottuto angolo. Almeno dell'ultimo mese. Ti concedo venti minuti: voglio tutto nel mio ufficio. Gli aveva ordinato, mentre continuava a camminare verso il suo ufficio. Quando aveva sbattuto la porta, le teste di tutti si erano voltate a rallentatore verso di lui, gli occhi spalancati come tanti gufi impauriti che lo avevano messo in soggezione da fargli cadere la pila di scartoffie che aveva in mano.
Qualche secondo dopo era arrivato il colpo finale che li aveva indotti a quella modalità taciturna.

L'arrivo di Dave Morrison.
Senza rendersene conto, si erano messi tutti in piedi, come sull'attenti, seppur il Capitano li avesse salutati con la sua solarità ed un sorriso, tinto da una strana aura sinistra che li aveva comunque paralizzati.

Mai era successo che quei due scegliessero di nuovo la Direzione delle Scienze e delle Tecnologie come luogo per riunirsi e discutere delle indagini, specialmente se avevano chiamato anche il loro capo in causa. Avevano paura di fare troppo rumore e di disturbarli, ma allo stesso tempo avevano temuto che sarebbe scoppiata una diatriba da un momento all'altro e avrebbero udito le loro urla fino a quando uno dei due non avrebbe preso la corretta decisione di andare via.

Timothy si era fatto in quattro per raccogliere tutto il materiale; la stampante stava quasi per scoppiare dall'enorme quantità di foto che stava fabbricando, mentre nell'hardisk stava inserendo contemporaneamente le riprese dell'interno mese, di tutte le videocamere della città disperse in quel punto. Quando aveva concluso, aveva preso tutto quanto con le sue braccia tremanti e si era fatto coraggio.

«Questo è tutto quello che le riprese hanno da offrire, oltre il cancello ci sono queste. – indicò, non appena Noah aveva collegato l'hardisk al suo pc e aveva proiettato le immagini sullo schermo appeso al muro. – Sono delle videocamere appartenenti alla SIH, quindi non posso fare più di così.»

Dave stava facendo rigirare la pinzatrice fra le dita come antistress, mentre l'altra mano sorreggeva la testa, il gomito appoggiato sulla scrivania. «È normale che la zona sia videosorvegliata al di là delle videocamere di sicurezza della città. La SIH è un'ottima azienda che negli anni ha sempre dato del filo da torcere alla concorrenza.»

«A quanto pare ha cambiato Direttore cinque anni fa. Sembra che Steven Miller abbia rischiato di mandare in bancarotta l'impresa, perciò si è presentato un certo Albert Blake, il quale ha riportato in alto i livelli di incassi, revisionando l'intero team di impiegati. È come se, in sintesi, Y abbia ricostruito l'azienda daccapo, cercando criminali e simili come dipendenti e guadagnando tramite frode e ingegneria sociale i soldi perduti, approfittandosene della nomina che la SIH aveva già ricavato nel corso degli anni per passare inosservato.» parlò Noah, mentre appendeva le foto di Timothy sulla bacheca accanto allo schermo.

«Albert Blake: uno dei tanti pseudonimi di Y.» osservò Dave.

«Sul sistema spunta una ridicola foto ritoccata. – il giovane indietreggiò una volta finito; aveva ricostruito suppergiù lo spazio esterno dell'azienda grazie anche alle riprese satellitari. Il soldato si alzò, mettendosi accanto a lui; era stato in grado di racimolare anche una piantina interna dell'edificio; non doveva più pregarlo nel cercare certi dati. Faceva tutto da solo ormai. – Il CEO, invece, prende il nome di Darrel Ford, e ha una foto che non ha nulla a che vedere con la descrizione con la quale siamo venuti a conoscenza dalle fonti: nessun baffetto, niente occhi azzurri, niente capelli lunghi.»

«Hanno gestito troppo bene la copertura. Non possiamo escludere che ci sia lo zampino di qualche agenzia di intelligence straniera che sta cercando di demolirci dall'interno. Potrebbero essere stati loro ad aver messo in cattiva luce Steven Miller per fare in modo che venisse spodestato.» pensò Dave, massaggiandosi la mascella leggermente ruvida. «Se sono venuti a conoscenza di essere stati scoperti, però, potrebbero aver già fatto i bagagli e abbandonato gli Stati Uniti.»

«Se mi permetti, Dave, non è successo. – Timothy alzò impacciatamente la mano per intervenire. – Mentre raccoglievo i filmati non ho fatto a meno di guardarli, e i movimenti sono rimasti sempre gli stessi. Le vetture in entrata e in uscita non hanno cambiato strada. E-E ecco...» si schiarì la gola, aggiustandosi gli occhiali quando si accorse che due paia di occhi seri non si staccavano dai suoi. «Credo di aver c-capito quale sia la macchina del Direttore...» concluse con tono vibrato e incerto. «Una Audi A8 nera.»

Noah, quando la nominò, si catapultò davanti al pc; senza sedersi, si curvò sulla tastiera per fermare il filmato nel momento in cui quell'auto stava per varcare il cancello di entrata della SIH. Vetri oscurati erano sinonimo di zero possibilità di vedere il volto del Direttore. Eppure sembrava che le parti dell'autista e del passeggero fossero trasparenti.

«Ha un autista personale.» commentò.

«Sfugge alle videocamere per non farsi riconoscere. Il sospetto che sia una spia mi convince sempre di più.» aggiunse Dave.

«U-Una s-spia...» tremò Timothy, iniziando a mangiarsi le unghie. «Q-Questo significa che c'è in gioco qualcosa di peggiore di una semplice vendetta. Oh my God...Oh mio Dio, siamo in mezzo ad un mare di guai.» volse lo sguardo verso il basso, camminando avanti e indietro su uno spazio ristretto; l'ansia stava facendo il suo corso. «Questo potrebbe...Questo potrebbe significare solo una cosa: rischiamo una guerra. Moriremo. Qualcuno vorrà farci saltare in aria. Se scoprisse che anche la CIA, no ma che dico, lo sa già che siamo coinvolti nella sua ricerca, quindi-»

«Chiudi il becco, Timothy.» dissero Noah e Dave all'unisono.

L'agente Su si arrestò, osando incontrarsi con gli sguardi annoiati dei due mostri di fronte a lui. Lo avevano fulminato per un breve attimo, dopodiché erano tornati ad analizzare la bacheca, come se avessero voluto un po' di silenzio per riflettere.

Aveva davanti le persone più temute della CIA – sempre dopo il Direttore Simmons, ovvio.
Dave era quel tipo di gigante che poteva riempirti di incoraggiamenti e poteva spezzarti con solo un dito simultaneamente; era fiscale al punto giusto, faceva tremare chiunque doveva gestire una conversazione delicata con lui. Non lo vedevano mai arrabbiato nel vero senso della parola, ma gli bastava la sola postura rigida di un soldato per far capire che quel giorno non era dell'umore giusto.

Con Noah sapevano che era una battaglia persa in partenza. Non rispondeva ai buongiorno, né agli arrivederci; arrivava con le cuffie e usciva con le cuffie. Una volta aveva provato a fare amicizia con lui; gli aveva portato il caffè, posando il bicchiere sulla scrivania. Noah non lo aveva neppure degnato di attenzioni; totalmente impegnato a programmare, gli aveva detto distrattamente che odiava il caffè. Quella volta Timothy sarebbe voluto morire. Era tornato demoralizzato in suo ufficio con il bicchiere e lo aveva bevuto per disperazione, sebbene fosse stato il secondo nel giro di cinque minuti.

«P-Penso che vi lascerò discutere da soli...Io t-torno a lavoro. Preferisco non udire nulla.» mormorò, indietreggiando ad ogni parola per essere più vicino all'uscita.

Non appena si dileguò, Dave si voltò verso Noah. Non era un piano militare quello che balzò dentro la sua testa, ma poteva funzionare.

«Stavo pensando che dovremmo andare solo io e te all'interno di quell'edificio.» esordì con sicurezza.

Il ragazzo abbandonò la scrivania, raddrizzando la schiena. Ma Dave non gli diede il tempo di aprire bocca.

«Non abbiamo la certezza che ci siano uomini altamente pericolosi per attuare un'irruzione con il Team Bravo, ma allo stesso modo non possiamo varcare le porte principali come due banali clienti in cerca di un consulto diretto con chi dirige l'azienda. – spiegò, accostandosi alla bacheca allestita. – Non possiamo ignorare che i dipendenti siano dei criminali che ci conoscono perfettamente, perciò non possiamo usare un approccio diretto. Se ci fossero civili, potrebbero usarli come escamotage per metterci alle strette.» incrociò le braccia davanti al petto, voltandosi per incrociarsi con quel sopracciglio inarcato. «Ebbene sono un agente, oltre ad un Capitano; addestro spie, il che fa anche me uno di loro.»

«Quindi proponi di raggirare il problema, ovvero un'incursione notturna.» Noah tastò il terreno, mettendolo alla prova.

Doveva capire se avesse voluto coinvolgerlo in qualche sua pazzia, in uno scontro dove lui avrebbe dovuto solo assecondarlo e seguire i suoi maledetti ordini da fantoccio.

«Esattamente. Se vedi bene – Dave puntò il dito sullo schermo. – questa registrazione è di stamattina. Non potrà mai capire che in questo momento lo stiamo osservando: sta lavorando come se niente fosse. Forse sta attendendo che noi facciamo la prima mossa, ma non potrebbe mai aspettarsi una toccata e fuga da parte nostra, dopo che lo abbiamo sfidato esplicitamente tutte le volte precedenti.»

Noah socchiuse gli occhi, facendo qualche passo avanti. «Non vuoi avere un incontro diretto con lui: vuoi solo scoprire la sua vera identità.»

«Non ti pare un po' troppo esagerata un'organizzazione del genere solo per una vendetta nei miei confronti?»

«Dopo le parole di Tyler sorge spontaneo.» ammise il giovane. «È come se tu fossi solo un punto qualunque di una lunga lista di cosa da fare.»

«Dobbiamo scoprire cosa c'è in quella lista.»

«E togliere a poco a poco tutto ciò che ne fa parte, allo stesso modo con la quale ha creduto di farlo lui con te.»

Dave annuì, sorridendo con fermezza. «Tu pensi che possa essere una spia?»

«Mi occupo di informatica, non di spionaggio.»

«Simmons aveva parlato di ruoli intercambiabili, se non erro.»

«Allora perché non ti siedi e provi a programmare? Io mi sono buttato da un tetto e ho disinnescato una bomba.»

«Uh...Touché.» Dave si grattò il retro del collo con imbarazzo. «Però non puoi equiparare lo sforzo fisico a quello mentale.»

«Quindi mi stai confermando che sei stupido.» replicò con nonchalance Noah.

«N-No! Non era questo quello che intendevo!» Dave arrossì. «Puoi sempre dare un pugno o un calcio ad una persona: non significa che devi essere un pugile per farlo. La palestra serve solo a perfezionarti, ad avere più controllo del tuo corpo, più forza, e un rapporto sano con esso. La tua è una disciplina didattica; tu hai studiato informatica per conoscerla così bene, non sei nato con un computer in testa...credo.»

Noah assottigliò gli occhi, innervosito.

«Vuoi ancora convincermi a fare palestra?»

«Non smetterò mai di dirtelo.» disse Morrison con fare saccente. «Nella tua zucca piena di codici non entra nient'altro.»

«Ha parlato Arnold Schwarzenegger.»

«Si dia il caso che Arnold Schwarzenegger sia un attore, un politico, un imprenditore, un produttore cinematografico ed un ex culturista. Quindi mi hai fatto un gran complimento. Grazie.»

Noah schioccò la lingua, irritato da quel sorrisino vittorioso che si fece strada nei lineamenti furbi di Dave Morrison. Avrebbe preferito che gli parlasse per ventiquattro ore delle sue gesta, mostrando la sua ottusità patriottica, anziché udire quel lato culturale che metteva in mostra per far capire alle persone di non essere un soldato senza cervello. Camminò lungo la bacheca, osservando non solo le foto, la SIH e le riprese, bensì tutti i post-it che avevano appeso, le persone con cui avevano avuto a che fare, le frasi e le dichiarazioni da loro pronunciate, e i dati sulla linea criptata ormai smantellata.

«Anyway, ecco quello che farò: – si aggiustò gli occhiali sul naso e cambiò discorso. – mi intrufolo nei pannelli elettrici della struttura per prendere il controllo delle telecamere interne dell'edificio. In questo modo ti guiderò all'ufficio del Direttore senza che tu possa cadere sotto la loro visuale e senza che qualche guardia ti veda.» poggiò il dito su una zona quasi sotterranea. «Secondo la piantina, qui circolano i fili dell'impianto elettrico. Non devo per forza raggiungere la stanza di controllo o il cablaggio principale, ma posso intrufolarmi nella linea senza farmi scoprire con un codice fantasma.»

«Nulla di difficile per te. – sospirò Dave, mettendosi accanto a lui. – L'edificio ha ventiquattro piani, e secondo il sistema l'ufficio si trova...all'ultimo, ovviamente.»

«Non puoi prendere l'ascensore. Posso fermare l'immagine quando è vuoto, ma non penso che un ascensore vuoto che sale all'improvviso fino all'ultimo piano sia una cosa normale.»

«Ho capito, devo fare le scale. Però dovremmo trovare un modo per entrare senza...» fece guizzare gli occhi marroni sulle foto. Sollevò le sopracciglia, ispirato quando essi si posarono su una figura familiare, la quale non avrebbe attirato l'attenzione. «Credo di avere un'idea, anche se è un po' vecchio stile.»

Noah roteò gli occhi al cielo e si sedette davanti al pc. Dave ghignò, e si gettò calmo sulla sedia dall'altra parte della scrivania.

«Andremo stasera, perciò per il momento possiamo prepararci psicologicamente e riposarci.» disse, adagiandosi sullo schienale e scoccando un'occhiata al ragazzo; aveva poggiato il gomito sulla scrivania per sorreggere la testa, muovendo noiosamente il dito sulla rotellina del mouse. «Hai qualche compito da fare?»

«Timothy non mi dà incarichi, sapendo che sono già impegnato con il caso. Scommetto che, quando tutto questo sarà finito, mi ritroverò con una marea di codici da aggiustare. Che palle.» sbuffò con scontrosità.

«Quindi suppongo che ti metterai a giocare.»

«Dopo la pausa pranzo me ne torno a casa. È inutile che sto qui a scaldare la cazzo di sedia.» iniziò a battere il piede sul pavimento.

«Oh! A proposito: stasera ti va una pizza?» propose entusiasta il soldato.

«Prima il sushi, poi la pizza. Are you trying to buy me off?»

«Ma che dici. Sono anche io un essere umano che fa degli strappi alla regola. Non mangio una pizza da due settimane.»

«Fai come vuoi. Pomeriggio ho un torneo alla console, perciò non voglio rotte le palle.» replicò Noah, prendendo tutte le scartoffie inutili e accartocciandole in tante palline di carta. «Questo non mi serve. – lo lanciò addosso a Dave. – Questo nemmeno. – di nuovo, e il soldato pronunciò un'esclamazione sconvolta. – E nemmeno questo.» ne lanciò un altro.

Dave provò ad afferrarle di pari passo, ritrovandosi quasi sommerso quando gliene arrivarono altre tre.

«Sai che sotto la dannata scrivania c'è il cazzo di cestino?» domandò con una smorfia, mentre buttava le cartacce là dentro. «Perché le hai gettate tutte a me?»

«Non vedo la differenza.»

«Sai che non mi faccio nulla, vero?»

«Ma ti indisponi, e va bene così.»

«Ci prendi gusto a volermi irritare?»

«Tanto quanto lo fai tu con me ogni giorno.»

Dave, con entrambe le mani libere, lo squadrò con un sopracciglio alzato. «Jesus, vuoi avere sempre l'ultima battuta?»

«Se non la smetti di dire cazzate, non vedo perché debba smetterla io, di parlare per primo.» disse Noah, intento ad ordinare la scrivania.

«Fai tanto l'asociale e l'introverso, ma quando si tratta di provocare con quella tua lingua passa tutto, eh?»

Noah fece spallucce senza ricambiare lo sguardo. «Mi limito a zittire i coglioni.»

«Sei assurdo.»

Quando il ragazzo ebbe finito, prese le cuffie dallo zaino per metterle alle orecchie, in procinto di abbandonare l'ufficio per tornare a casa. Anche se non era andato in moto, avrebbe preso un taxi pur di non rimanere lì tutto il giorno.

«Manca ancora un po' alla pausa pranzo. – lo fermò Dave, capendo che quel gesto avrebbe portato nuovamente ad un innalzamento delle barriere per isolarsi ed essere immune a qualunque conversazione. – Perché non mi parli un po' di te, Noah? Cosa fanno i tuoi genitori?»

Gli era bastato sbattere le palpebre per notare il volto di Noah cambiare drasticamente.
Se in precedenza era seccato, adesso la sua mascella si era intirizzita e quei cristalli grigi si erano ridotti a due lame di titanio impassibili e irritate. Che il ragazzo passasse da uno stato a un altro in neanche un secondo era risaputo, ma ciò avveniva quando le sue provocazioni lo inducevano a sbottare dalla scontrosità. Non l'aveva mai visto passare dalla calma all'avvertimento.

«Dave. Stai oltrepassando la linea.» fu l'unica cosa che disse Noah.

Dave non tradì perplessità. «Davvero, Noah?»

Lo vide indossare lesto le cuffie.

«Sì. Stai oltrepassando la cazzo di linea.» concluse.

Dopodiché tirò bruscamente lo zaino, si alzò eabbandonò l'ufficio.
Quando sbatté la porta, Dave rimase interdetto su di essa.
Un'ondata di malessere si fece strada nel suo stomaco, prendendogli esattamentela bocca, sotto lo sterno.

Anche la sua famiglia...? pensòspontaneamente davanti a quella reazione.

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Come va? Oggi vi porto un capitolo un po' più calmo, una sorta di preparazione a ciò che arriverà in seguito, perché i prossimi capitoli saranno belli tosti! Degni di una scena di spionaggio con una dose di azione che porterà tante rivelazioni! Al prossimo sabato!


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