TWICE - Like a storm

By KellyCherish

1.4K 280 344

Victoria Wilson, newyorkese di nascita vive la vita che tutte le ragazze della sua età vorrebbero. Figlia del... More

Cast
PROLOGO
MY HANDS ARE TIED - Scarlett
THERE ARE CLOUDS ON THE HORIZON ...
YOU CAN'T JUDHE A BOOK BY ITS COVER
WHEN IT RAINS IT POURS
THERE'S NO SUCH THING AS A FREE LUNCH
CLOSE YOUR EYES AND MAKE A WISH
PULL YOURSELF TOGETHER
NO PAIN, NO GAIN
ACTIONS SPEAK LOUDER THAN WORDS
WRAP YOUR HEAD AROUND SOMETHING
BARKING UP THE WRONG TREE
THAT SHIP HAS SAILED
LOVE IS A FRIENDSHIP SET ON FIRE
A LITTLE MAN
THAT'S THE LAST STRAW
NO GOING BACK
Hang in there
IT'S UP TO YOU
ADD INSULT TO INJURY
HEARTWARMING
START FROM SCRATCH
YOUR GUESS IS AS GOOD AS MINE
THE BREAKPOINT
HE'S OFF HIS ROCKER
LOVE WILL FIND A WAY

A PENNY FOR YOUR THOUGHTS

48 10 10
By KellyCherish

   Quanti amori impossibili:

la bambolina del carillon innamorata della musica rock;

il fiocco di neve del corallo marino;

la mano sinistra innamorata del guanto destro;

il girasole della luna.

( Fabrizio Caramagna )



VULKAN'S POV

Anche il silenzio con lei aveva un altro sapore. 

Quello delle parole pronunciate a fior di labbra, quelle che avrei assaggiato fino a saziarmi. Se solo non fossi stato un insaziabile. Lei era il mio cibo preferito. Quello che mangi fino ad abbuffarti, pur sapendo che ti farà star male. Avrei preso ogni cosa di lei, sapori, odori, umori. L'avrei incatenata al mio cuore. Usato il mio corpo a farle scudo dall'egoismo a cui la vita, ci aveva condannati.

Era un fiore troppo prezioso per non prendersene cura. Uno di quelli a cui il vento in burrasca aveva stracciato tutti i petali, ma che aveva la forza disumana di rigenerarsi senza aiuto alcuno. Risbocciando, petalo dopo petalo. Victoria era così. Aveva imparato a rinascere dalle sue stesse ceneri. Era come una fenice.

Un tempo, era stata la mia fenice e con lei ero rinato anche io.


Fisso con lo sguardo sulla careggiata, mi stavo dirigendo verso la città in cui tutto era cominciato, Istanbul.

Quella che un tempo era stata la mia casa, il mio porto sicuro, era diventata solo l'ennesima gabbia da cui dover fuggire, per stare con lei. Eppure, dentro me, sapevo che nessun luogo sarebbe stato così lontano, per tenerla al sicuro da suo padre. Il potente Benjamin Wilson. Avevo iniziato ad odiarlo 5 anni prima ed ero sicuro che quel sentimento sarebbe cresciuto fino a farmi morire in preda alla pazzia.

<< Portami a casa Vulkan >>  disse continuando a guardare fuori dal finestrino della mia auto. 

Non potevo rinunciare a lei quella notte. Non l'avrei portata a casa. L'avrei tenuta con me per le ore successive, ma non contro la sua volontà. Non l'avrei mai fatto e lei lo sapeva benissimo. Se avesse insistito, l'avrei assecondata. A malincuore, l'avrei riportata a casa. 

<< Resta con me >> le mie parole suonarono come un grido disperato ed il mio tono ne fu la dimostrazione. Sapevo di doverle stare lontano. Ero consapevole del pericolo a cui la stavo esponendo. Non solo lei, in realtà. 

<< Perché? >> 

Era cresciuta. Era diventata una donna affascinante e determinata, ma non aveva perso l'ingenuità della ragazzina che avevo scoperto essere più bella di tutti gli astri del cielo. Sapeva perché la volessi con me. Era lo stesso motivo per cui lei non avrebbe voluto tornare a casa sua quella notte. E la tortura che stava riservando alle sue mani, strofinandole con veemenza sulle cosce, me ne dava conferma. 

Gli anni passati non avevano cambiato ciò che eravamo stati l'uno per l'altro. Victoria non aveva smesso di appartenermi ed io di appartenere a lei. Quell'uomo che spacciava per marito, non l'aveva resa affatto felice ed i suoi occhi tristi ne erano la dimostrazione. Pensare che potesse toccarla ogni qualvolta lo volesse mi dava il voltastomaco. 

Nelle ultime settimane, mi ero più volte chiesto come avesse potuto lasciarla andare dall'altra parte del mondo. Come potesse vivere un solo giorno senza quella donna. Quella creatura magnifica che riscaldava il sedile della mia auto. Io l'avrei tenuta a riscaldare il mio letto ogni notte della mia vita, se fosse stata mia. 

<< Perché lo desideriamo entrambi Victoria >> le avevo detto guardandola con la coda dell'occhio. Mi divertiva metterla a disagio, percepire il potere che avessi su di lei. Che poi, era lo stesso che lei aveva su di me. 

<< Io non ti desidero Vulkan >> si era sforzata di usare un tono perentorio, come se potesse fingere con me. Da quella bocca morbida e carnosa sarebbe potuta uscire qualunque parola, io avrei continuato a credere solo all'intensità del suo sguardo. Era quello il mio accesso diretto al suo cuore. Lo era sempre stato. 

Lei diceva " vattene " ed io ci leggevo " non lasciarmi".

E non l'avrei mai fatto se non per tenerla al sicuro. Per tenerle al sicuro. 

La vita non mi aveva dato niente, ma quelle uniche cose preziose per cui il mio cuore ancora batteva, le avrei protette fino al mio ultimo respiro. La fama che avevo conquistato era nulla in confronto all'amore che provavo per quelle due creature.

<< Io più del primo giorno >> e la mia risposta non dovette piacerle affatto perché iniziò ad urlarmi contro le peggiori imprecazioni che avessi sentito in vita mia, uscire da quelle labbra innocenti. 

Non avevo mentito, ogni cellula del mio corpo la bramava. Ma la mia assenza era ingiustificabile ai suoi occhi. Lo sapevo. 

Non le avrei mai spiegato perché fossi improvvisamente sparito anni prima, perché non l'avessi più cercata. Perché avessi infranto tutte le promesse che a cuore aperto le avevo fatto. 

A pochi chilometri da casa sua, decisi di deviare e lei dovette accorgersene perché mi chiese dove fossimo diretti. Non potevo farmi vedere in giro a quell'ora della notte con una donna che non fosse Pinar. Il padre mi avrebbe sbattuto fuori dal cast a calci nel sedere ed avrei dovuto pagare una multa milionaria per aver infranto l'accordo che vietata di allontanarsi dal quartiere  generale delle riprese fino alla fine delle stesse. Andare in hotel non era un' opzione con lei. Non era la prostituta di turno, o lo svago di una notte. L'avrei portata da me, nella casa in cui tante volte avevo fantasticato di vivere con lei. 

<< Dove siamo? >> chiese quando arrivammo nel parcheggio sotterraneo del mio condominio. Se Alp avesse saputo che fossimo lì, mi avrebbe dato per l'ennesima volta del coglione. Senza possibilità di replica, ovviamente.

<< Indossa questo signorina Wilson >> dissi passandole il mio cappellino del Galatasaray, la squadra di calcio per la quale tifavo come il più sfegatato dei fan.

<< Non metterò niente di tuo >> prese a comportarsi come una bambina. Sapevo che non l'avrei convinta, così sollevai il cappuccio della felpa sulla testa fino a coprirmi gli occhi. Scesi dalla macchina, aprii il suo sportello e la tirai fuori di peso caricandomela in spalla. 

<< Mettimi giù Vulkan >> dovetti sculacciarla per zittirla fino all'ascensore. Rischiò più volte di colpirmi i testicoli e glielo feci notare dicendole che avrebbe dovuto curarmi una volta arrivati al 33esimo piano. Con lei ancora sulle spalle, recuperai le mie chiavi di casa dalla tasca del giubbotto in pelle ed aprii la porta richiudendola subito con un piede. 

<< Mettiti comoda, come se fosse casa tua >> dissi lasciandola cadere sul divano in camoscio che troneggiava al centro del soggiorno. L'avrei presa proprio lì se non fosse stata sposata.

<< E' il tuo appartamento? quello che condividi con Pinar? >> sapevo che l'avrebbe chiesto. Con Pinar avevo condiviso solo il letto e neanche quello di casa mia. Anche i sedili della mia auto erano più preziosi del suo sedere. Figuriamoci il mio appartamento. Lì non ci entrava nessuno, a parte Alp e la signora che mi aiutava con le faccende domestiche.

Inoltre, le mie mani si erano rifiutate di toccare Pinar, nell'esatto momento in cui i miei occhi avevano rivisto lei, in quel tubino verde smeraldo, nella sala riunioni del Kindy. Se solo quella rompiscatole di Scarlett non ci avesse raggiunti all'ascensore . . . Gliel'avrei fatta pagare con uno dei miei soliti scherzi che mi divertivo a farle.

<< Vivo solo, Wilson >> risposi dalla cucina mentre le versavo un pò di vino rosso nel calice. Uno dei suoi preferiti che avevo continuato a comprare per sentirla più vicina. Ancora vestita del cappotto, curiosava andandosene in giro per la casa e  lasciando il suo profumo di fiori d'arancio  che mi avrebbe impregnato le narici fino allo stordimento emotivo. 

Quando la raggiunsi, stava disegnando qualcosa sulla vetrata del mio soggiorno. Non riuscii a decifrare il movimento del suo indice, perché cancellò non appena la raggiunsi alle spalle. Le servii uno dei due calici che lei lasciò ossigenare tra le sue mani esperte. 

<< Spogliati santarellina >> aveva ancora il cappotto e la voglia di vederle il corpo sinuoso mi stava divorando dentro. Mi faceva sentire un adolescente in preda agli ormoni. 

Cazzo, dovevo darmi un contegno o sarei dovuto correre in bagno a svuotare i miei umori. 

<< Scordatelo pervertito >> disse togliendosi il cappotto. 

Se credeva che mi riferissi ai vestiti piuttosto che al cappotto si sbagliava di grosso.

<< Pensi che se volessi spogliarti, ti chiederei il permesso santarellina >> 

Non le avrei mai chiesto il permesso per strapparle i vestiti di dosso. 

<< Dovresti Vulkan >> disse voltandosi nella mia direzione. 

Quegli occhi. Avrebbero potuto illuminare l'universo. Facevano luce nella mia anima e mi ricordavano perché fossi ancora vivo. Perché respirassi ancora. 

<< Dovrei spogliarti santarellina ? >> la beffeggiai, fingendomi tonto.

<< Dovresti chiedermi il permesso se volessi spogliarmi >> mi sfidò con lo sguardo e ci lessi  un velo di provocazione. Quel gioco era stato uno dei nostri preferiti. Il sesso con Victoria era stato il più sensazionale della mia vita e qualcosa lì giù me lo stava ricordando. Come se ce ne fosse stato bisogno. Lei, nuda, sotto e sopra di me, era stato il sogno ricorrente degli ultimi anni. 

<< Se te lo chiedessi mi daresti il consenso di farlo? >> la punzecchiai. 

<< Assolutamente no >> replicò facendo oscillare il dito a pochi centimetri dai miei occhi. 

<< Ecco perché non te lo chiederò >> 

<< Ecco perché non lo chiederesti >> mi corresse lei, tornando ad ammirare le luci della città. 

<< Non lo chiederò Victoria. Quando vorrò spogliarti, non lo chiederò >> rimarcai due volte l'ultima parola prima di tornare a sorseggiare nettare bordeaux dal mio calice. 

Restammo così, in silenzio a guardare il quartiere di Levant, quello in cui abitavo. Lei non fece domande ed io non dissi altro. Averla lì, a pochi centimetri da me, mi bastava. Respirare la sua stessa aria, mi bastava. Poterla guardare e saperla al sicuro mi bastava. 

Il mio corpo non era d'accordo con me, ma a quello ci avrei pensato in un secondo momento. 

<< Ti vibra il telefono da più di un'ora >>  mi fece notare dopo aver controllato che non fosse il suo.

Dopo la telefonata con Alp avevo inserito la vibrazione e mi ero obbligato a non rispondere prima del giorno successivo, quello in cui tutto sarebbe tornato piatto.

In quel periodo tutti avrebbero voluto essere Vulkan Kurt, l'attore che stava cavalcando le migliori vetrine del mondo dello spettacolo. Quello sempre sorridente e circondato da donne bellissime. Negli ultimi due anni la mia carriera era decollata. Avevo vinto due premi come miglior attore ed il mio portafoglio aveva preso a riempirsi vertiginosamente. Avevo potuto comprare le quote del Kindy ed il contratto con Burkan Deniz, quello della serie che stavamo girando avrebbe cambiato per sempre la mia vita e quella della mia famiglia. 

Tutto stava filando liscio, procedendo secondo i piani, fino a quando Victoria non era piombata di nuovo, peggio di un fulmine a ciel sereno, nella mia vita. Aveva incasinato tutto ed Alp aveva avuto ragione: sarebbe stata la mia condanna. 

<< Rispondi, saranno preoccupati >> mi incitò. 

<< Alp ti ho detto che sto bene >> dissi sbuffando. 

<< Dove cazzo sei Vulkan ? mi ha chiamato Deniz. Sei sparito dalle riprese senza dare mezza spiegazione. Sei fuori controllo. Che cazzo mi invento? Dimmi cosa mi invento per pararti il culo. Se tradisci Burkan, se violi quel contratto, nessun produttore vorrà più lavorare con te >>

La preoccupazione aleggiò sul volto di Victoria che si pietrificò all'ascolto di quelle parole. Inserire il vivavoce non era stata affatto un'idea geniale. 

<< Di che sono con Leyla >> mi costrinsi a dire, puntando il mio sguardo su Victoria. Dovevo tenere sotto controllo la sua reazione. 

<< Ma sei pazzo? hai perso il lume della ragione >> lo sentii imprecare prima di spifferare qualcosa a quella ficcanaso di Scarlett. 

<< Domani mattina sarò sul set. Adesso fa come ti ho detto >> riagganciai prima che potesse dire altro.

Non potevo credere di aver usato Leyla per restare qualche ora in più con Victoria. Non l'avevo mai fatto con nessuno. Solo io ed Alp custodivamo quel segreto. 

Prima che potessi accorgermene Victoria aveva già indossato il cappotto ed aperto la porta d'ingresso per andare via. Sapevo che avrebbe pensato immediatamente ad un'altra, che quel nome di donna l'avrebbe mandata su tutte le furie.

La gelosia che provavamo l'uno per l'altra, non aveva niente a che a fare con il possesso. Quello non potevamo permettercelo, perché qualcun altro aveva deciso per noi. Io non potevo avere lei e lei non poteva avere me.

Ma le nostre anime si erano scelte, avevano deciso di appartenersi e quello nessuno avrebbe mai potuto cambiarlo. 

Nessun ricatto, nessuna minaccia avrebbe distrutto quel legame inspiegabile, quasi divino, che c'era tra noi.

Neanche il tempo.

Nemmeno i migliaia di chilometri che ci avevano divisi.

Lei apparteneva ai miei pensieri e gli abbracci della mente non li poteva sciogliere nessuno.

Con un balzo la raggiunsi sulle scale antincendio. Solo una matta come lei avrebbe sceso 33 piani a piedi pur di non aspettare l'ascensore e stare un minuto in più con me. Me la ricaricai sulle spalle e la riportai in casa. Chiusi la porta alle mie spalle e seguii i miei piedi che mi condussero in camera da letto. La misi giù interponendomi tra lei e la porta della stanza, per evitare che scappasse ancora. Vidi una lacrima rigarle il volto e mi maledissi per il dolore che le stavo provocando.

<< Leyla è mia sorella cazzo >> fui costretto ad urlarle contro perché il suo tono di voce aveva preso a sovrastare il mio. 

La vidi indietreggiare incredula, fino a cadere sul letto alle sue spalle. Con le mani sottili e tremolanti si coprì il volto ed asciugò le ultime lacrime. Mi accovacciai tra le sue gambe, che lei aprì facendomi spazio. Le allontanai le mani dal volto e le strinsi tra le mie. Aspettai che si calmasse, che arrestasse il singhiozzare. Attesi il rallentare del suo respiro affannoso, certo che mi chiedesse di raccontagli qualcosa in più.

Ma Victoria, mi sorprese. 

Non mi chiese di Leyla, mi accarezzò il volto con una mano e con l'altra accarezzò dolcemente i miei capelli. Allacciò il suo sguardo al mio e chiuse i suoi occhi per un tempo che mi sembrò infinito. Fu come se si stesse facendo carico del mio dolore.

Aver pronunciato il nome di Leyla con qualcuno che non fosse Alp, averne parlato a lei fu una liberazione per me. 

<< Victoria >> la richiamai così che potesse riaprire i suoi meravigliosi occhi. Agognavo il suo sguardo su di me. Quando mi accontentò, il mio cuore perse un battito, prima di intraprendere una corsa impazzita verso mete recondite ed impenetrabili. Quel maledetto stava per schizzarmi fuori dal petto. 

Puntò i suoi grossi fanali lucidi prima sui miei occhi, poi sulle mie labbra. Prese a mordersi nervosamente le sue ed io temetti di non riuscire più a controllarmi.

Se ne avessi assaggiato il candore, se mi fossi cibato del suo sapore, non ne avrei più potuto farne a meno. Lei sarebbe diventata la mia dose inesauribile di metanfetamina ed io un tossicodipendente irrecuperabile. Per tenermi lontano da lei, avrebbero dovuto chiudermi in una cella e buttare la chiave nell'oceano pacifico.  A quel punto mi sarei tolto la vita pur di non essere condannato a sopravvivere senza di lei. 

Per questo mi risollevai e cercai di fuggire il più lontano possibile da quella stanza. Ma lei trattenne la mia mano intuendo la direzione dei miei pensieri.

Mi voleva, lì sul mio letto, in quel momento. Glielo leggevo dentro. Ed io volevo lei.

<< Sei sposata Wilson >> usai un tono scherzoso per alleggerire gli animi. 

<< Non più >> disse fiera della sua decisione.

Quella confessione suonò come la melodia più bella che le mie orecchie avessero ascoltato. 

" Non più " divenne il titolo della mia poesia d'amore preferita. 

Nessuno, a parte me, avrebbe dovuto toccarla da quel momento in poi.

Le avrei raccontato di Leyla, di quanto quel contratto fosse importante per me per provvedere alle sue spese mediche. Le avrei raccontato di Pinar e di quello stupido accordo fatto con suo padre, il mio produttore. Di quanto avessi iniziato ad odiare tutti i padri stronzi del mondo. Avrei omesso di spiegarle perché fossi sparito cinque anni prima. Non le avrei mai raccontato del folle e manipolatore di suo padre. Avremmo trovato una soluzione per tutto, insieme.  Lo avremmo fatto il giorno seguente, perché non avrei sprecato neanche un altro secondo a reprimere la mia voglia di lei. 

L'avrei baciata e fatta mia per tutta la notte, se quella palla al piede del mio amico, non ci avesse trovati. Lo sentii entrare nel mio appartamento ed accendere tutte le luci della zona living. Decisi che gli avrei tolto il doppione delle mie chiavi di casa.

<< Viky >> la chiamò Scarlett costringendola a schizzare in piedi con la rapidità di un ghepardo. Non facemmo in tempo ad uscire dalla mia camera da letto, perché Alp ci aveva già raggiunti. Per la prima volta in vita mia lo detestai per non aver rispettato il mio volere. 

<< Sono qui >> disse rivolgendosi a Scarlett rimasta in cucina. 

Mi rivolse uno degli sguardi più truci che gli avessi visto fare da quando lo conoscevo. Era incazzato e preoccupato per me. Non potei biasimarlo. Se fossi caduto ci saremmo fatti male entrambi.

Uscii dalla stanza portandomi dietro Victoria. Le tenni la mano e raggiungemmo, insieme, la cucina dove notai Scarlett frugare nella dispensa. 

<< Fai pure come se fossi a casa tua >> la canzonai. 

I suoi occhi corsero alle nostre mani intrecciate e le vidi accennare un sorriso spontaneo. Sapeva quanto io e la sua amica avessimo bisogno l'uno dell'altro per completarci e pensai che Alp le avesse raccontato qualcosa a grandi linee.

 Ad Alp avrei affidato la mia vita. I miei segreti erano al sicuro con lui, ne ero certo.

<< La tua finta fidanzata sarà gelosa >> mi provocò valutando la reazione di Victoria. 

Guardai Alp sollevare entrambe le mani al cielo come a discolparsi. 

<< Non guardare lui >> mi ammonì intervenendo in difesa del mio amico. 

Victoria alternò lo sguardo su di noi per provare a capirne qualcosa. Vidi Alp implorarla di non continuare con quella conversazione. La vidi tentennare fino a quando Victoria perse le staffe, urlando di voler sapere di cosa stesse parlando. Sciolse le nostre mani e la raggiunse implorandola di proseguire. Me ne restai immobile ad ascoltare, in attesa di capire fin dove Alp si fosse spinto con le confessioni. Non potevo rischiare di dire più di ciò che avesse detto lui. 

<< Non ci è voluto un genio per capire che Pinar fosse la figlia del signor Deniz, il tuo produttore >> Victoria si voltò nella mia direzione in attesa che fossi io a dire qualcosa, ma la mia bocca non emise alcun suono. Feci cenno a Scarlett di proseguire se avesse voluto. 

<< E' tutta una farsa per aumentare gli ascolti, uno dei quei giochetti che fanno i produttori per accattivarsi il pubblico >> disse rivolgendosi a me piuttosto che alla sua amica, poi le si avvicinò dicendole qualcosa nell'orecchio che non riuscii a comprendere. 

<< Mamma mia che volpona >> dissi lanciando uno sguardo interrogativo ad Alp. 

Fu soddisfazione quella che lessi negli occhi di Victoria. Aveva finalmente capito quanto insignificante fosse Pinar per me. 

<< Vulkan >> mi sollecitò il mio amico. Voleva che fossi io a dire la verità a Victoria. 

Non potevo illuderla di poter stare con lei o di poter far finire quella cosa con Pinar. Non prima della fine delle riprese. 

<< Diglielo >> il tono perentorio che utilizzò fece quasi tremare di terrore le ragazze. Avrei dovuto trovare le parole giuste per dire a Victoria che quel fottuto accordo prevedeva anche che io mi comportassi con lei esattamente come un fidanzato e non solo in pubblico. 

Victoria mi lanciò il più supplichevole degli sguardi, uno di quelli che avrebbe fuso anche il carburo di tantalio. 

<< Lei non lo sa >> mi costrinsi ad ammettere chiudendo gli occhi per non vederla crollare.

<< Aspetta >> disse Scarlett sconvolta.

<< Per lei il fidanzamento è reale? >> chiese spalancando la mascella.

Ed il cenno del capo fatto da Alp sciolse ogni dubbio.

La potenza distruttiva di un uragano mi dilaniò, quando lo sguardo letale di Victoria raggiunse i miei occhi. 

Non avrebbe mai accettato di stare con me dovendomi condividere con un'altra.

Non ci sarei più andato a letto, ormai era un mese che mi negavo alle sue avances, ma avrei dovuto concederle il resto. Se si fosse insospettita, se suo padre avesse avuto il minimo dubbio che nella mia vita ci fosse un'altra, mi avrebbe lasciato senza mutande. Non erano i soldi ad ingolosirmi, ci avevo vissuto una vita senza, ma recitare era l'unica cosa che sapevo fare e che mi permetteva di tenere Leyla in vita. 

Ero entrato in quel fottuto circolo vizioso che avevo odiato per tutta la vita. 

Mi ero trasformato nel patetico cane che si morde la cosa.

Continue Reading

You'll Also Like

145K 4.2K 89
@charles_leclerc ha iniziato a seguirti
595K 24K 41
"Uno novembre. Ore zero quattro e sette di mattina. Il soggetto è esausto, sembra delirante. Si muove con lentezza nell'ombra, non reagisce agli stim...
1K 81 14
Hi gente Dato che ho una migliore amica a distanza ho deciso di scrivere questa raccolta e IDK spero vi ritroverete
63.8K 2.4K 61
Chissà perchè la vita attrae sempre ciò che all'apparenza sembra così lontano. Due mondi opposti. Due vite opposte. Due nazionalità opposte. Due inte...