GAME OVER

By supergiaa

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Stephanie Dickens deve trasferirsi a Seattle, nella casa che suo nonno ha lasciato in eredità, una volta vola... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
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Capitolo 29
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Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Epilogo - Un anno dopo

Capitolo 13

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By supergiaa

Stephanie






La casa è troppo silenziosa, senza mio padre tra i piedi che strimpella la chitarra, e mio fratello troppo occupato a passare del tempo con il suo nuovo gruppo di amici.
Non mi dispiace la solitudine, ma certe volte alcuni pensieri prepotenti prendono vita. Tipo i ricordi di mia madre, che abbiamo abbandonato nella vecchia casa.
Non ho molta memoria di lei, ero soltanto una bambina quando le hanno diagnosticato la leucemia. Ricordo soltanto infiniti attimi di tristezza e la mia intera famiglia crollare in mille pezzi, dopo la brutta notizia.
Mio fratello si è chiuso in se stesso, e con l'avanzare dell'età la situazione è soltanto peggiorata, perché ha iniziato a cacciarsi volutamente nei guai, tentando in tutti i modi di trovare qualsiasi cosa che lo distraesse dall'infinito dolore.
Mio padre ha mollato la musica, per dedicarsi alle cure di mia madre, senza lasciare mai la sua mano, nemmeno fino all'ultimo respiro. Ma dopo è stato tremendo per lui, così ha cercato conforto nella musica e ha iniziato a viaggiare spesso, ingaggiando delle babysitter che potessero badare a noi, quando non potevamo seguirlo.
Sorrido osservando la foto che ritrae il suo dolce sorrido, nella cornice posizionata sul comodino della mia camera. Io e Jordan abbiamo ereditato i colori chiari e i lineamenti delicati da lei, le somigliamo molto.
Avrei voluto avere più tempo per conoscerla meglio, avrei voluto che non ci lasciasse così presto. Ma un frammento della sua voce lo custodisco nel mio cuore, il momento in cui mi cantava una ninna nanna prima di addormentarmi.
Accarezzo i confini argentati della fotografia con la punta del dito, poi trasalisco quando sento la porta d'ingresso sbattere con violenza.
«Jordan?» chiamo, affacciandomi sul corridoio.
Delle risatine arrivano alle mie orecchie, poi lo stereo si accende improvvisamente, liberando le note della musica raggaeton che piace tanto a mio fratello.
Sporgendomi oltre la ringhiera delle scale, vedo molta gente inondare la mia casa.
Mi acciglio e corro al piano inferiore, perché non posso credere che si stia per svolgere una mega festa in casa mia, senza nemmeno prima mettermi al corrente.
«Dov'è Jordan?» ringhio, rivolgendomi ad un Kevin che sembra già troppo fatto per darmi retta.
Le sue pupille dilatate mi scrutano interrogative. «Che ne so, prova in cucina? Aveva un fusto di birra tra le mani.»
Mi precipito verso la stanza indicata e lo trovo lì, in compagnia di Carter, a bere così tanto che credo il suo fegato ne risentirà entro i quarant'anni.
Il mio sguardo affilato si posa su di lui. «Sei scemo o lo fai di proposito?»
«E tu sei sempre così bigotta o è soltanto una facciata?» interviene Carter, senza essere stato preso in causa.
Gli punto un dito contro. «Non intrometterti.»
Scoppia a ridere. «Disse la ficcanaso numero uno della Roosevelt.»
Lo ignoro e mi concentro di nuovo su mio fratello, che guarda la scena sorridendo come un perfetto ebete.
«Perché? Non posso dormire con tutto questo baccano! Mandali via!»
Jordan afferra le mie spalle e mi regala un piccolo bacio a stampo sulla fronte. «Ti prometto che non faremo tardi, okay?»
Mi scosto, infastidita. «Avresti potuto almeno avvisarmi, sai, è anche casa mia questa.»
«Mi avresti detto di no» precisa.
Non posso dargli tutti i torti, ma ovvio che avrei detto di no, domani c'è scuola. Non è un atteggiamento maturo.
Così, dato che a nessuno sembra importare della mia opinione e del relax che meriterei, mi arrendo e gironzolo spaesata, chiedendomi chi siano tutte queste persone.
Poi scorgo una faccia familiare. Si tratta di Gabriel, così lo raggiungo e gli sorrido amichevole.
«Sei stato invitato anche tu?»
«A quanto ne so, non è stato escluso un solo studente» risponde, scuotendo la testa.
Sbuffo. «Bene, direi.»
Lui ridacchia. «Non ne sapevi niente, non è vero? A scuola non si è parlato di altro.»
«Si vede che non presto molta attenzione alle voci di corridoio.»
Ad interromperci arriva Noah, accompagnato da Adeline, accoccolata al suo fianco. Formerebbero davvero una bella coppia, a mio proposito. Ma so che sono soltanto amici, quindi evito di fare battute fuori luogo.
«Bella casa» mi dice la mora, lanciando occhiate attorno.
«Apparteneva a mio nonno.»
Noah cambia radicalmente espressione e poi ci indica un punto alle nostre spalle. «È forse impazzita?»
Mi volto e l'attenzione viene catturata da Keira, che muove il bacino a ritmo di musica, strusciandosi seducente contro il corpo di Kevin, che la trattiene per i fianchi.
Adeline sembra andare improvvisamente su tutte le furie, la raggiunge a passo svelto e la spintona violentemente, facendola quasi rotolare sul pavimento.
Io rimango a bocca aperta, mentre una serie di mormorii si solleva in aria.
«Che cazzo fai con lui? Ti ha forse dato di volta il cervello?» urla la mora.
Keira abbassa lo sguardo per contenere la vergogna. «Mi sto solo divertendo, Ade. Non fare sceneggiate.»
«Sì, dovresti farti una bella scopata, Ross. Così magari smetti di rompere il cazzo agli altri e ti rilassi» ribatte Kevin.
Adeline gli lancia un'occhiata ricca di astio. «Non finirà nel tuo letto, Moore, quindi smettila di provarci.»
Il rossiccio sostiene il suo sguardo, poi permette ad un sorriso sbilenco di far da padrone. «Chi ti dice che non sia già successo?»
Adeline rimane per un istante a bocca aperta, senza sapere cosa rispondere. I suoi occhi puntano la sua amica, che continua a tenere il capo basso, confermando i suoi sospetti.
Poi esplode in una risata amara e allarga le braccia. «Ma certo! È ovvio, perfino la mia migliore amica agisce alle mie spalle.»
Keira scuote la testa e tenta di afferrarle la mano, ma non ci riesce, perché Adeline si divincola con prepotenza e fugge verso il vialetto esterno, decidendo di porre fine a questo assurdo show a cui hanno dato vita.
«Fammi spiegare, Ade! Per favore!» esclama Keira, seguendola, che sembra avere tutte le intenzioni di chiarire.
«Spiegare? Avresti dovuto dirmelo» sbotta la mora.
«E che cosa sarebbe cambiato? Tu li odi, non avresti reagito bene comunque» ribatte Keira.
«Avevamo promesso di non avere segreti, Kei, e invece guardati. Sei come tutti gli altri» la delusione nel suo viso è maledettamente reale. «C'è qualcos'altro che dovrei sapere, già che ci siamo?»
I piccoli occhietti tristi di Keira si posano sulla figura possente di Carter, che sbuca fuori e mi affianca, fingendo un'indifferenza che non gli dovrebbe appartenere.
Perché poi esplode un'altra bomba, decisamente più distruttiva della precedente.
«No» sibila Adeline. «Sei stata anche con lui?»
Keira inizia a piangere a dirotto, le lacrime scorrono incontenibili sulle sue guance arrossate. Carter, invece, alza le mani in segno di resa e se ne torna dentro.
«Ti prego...» la supplica Keira. «È stato uno stupido errore.»
Adeline però cambia espressione, la guarda come se non riuscisse più a riconoscerla, come una perfetta estranea.
«Noi due abbiamo chiuso, per sempre» dichiara con freddezza. Poi se ne va, seguita a ruota da Noah e da Gabriel.
Keira si lascia andare contro l'erba tagliata, atterrando sulle ginocchia. Stringe le braccia attorno al suo stesso corpo, cercando un conforto che non arriva.
Perciò la raggiungo, perché tutti sembrano ignorarla e non è giusto. Non posso lasciarla da sola, mentre soffre in questo modo.
«Vieni, andiamo in camera mia» tento di rimetterla in piedi.
Lei non rifiuta il mio aiuto e, singhiozzando, si lascia trascinare lontana da tutti gli occhi indiscreti.

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