PSMD: le Cronache dell'Orical...

By ReiRyugo96

4.7K 463 1.7K

Sequel di "PSMD: le Cronache dell'Oricalco. Secondo atto: il Crepuscolo." Team Skyraiders; team AWD; team Ma... More

Capitolo 1: l'altra faccia della medaglia
Capitolo 2: nelle viscere della bestia
Capitolo 3: la Spada e lo Scudo
Capitolo 4: Disastro in pista! Il Re delle razzie
Capitolo 5: Combattenti anonimi (Prima Parte)
Capitolo 6: Combattenti anonimi (Seconda parte)
Capitolo 7: l'irremovibile Golia (Prima Parte)
Capitolo 8: l'irremovibile Golia (Seconda parte)
Capitolo 9: Grancollera (Prima Parte)
Capitolo 10: Grancollera (Seconda parte)
Capitolo 11: il ritratto di Dorian Gray. Ouverture
Capitolo 12: l'importanza della nebbia
Capitolo 13: Kurōgo Shiroshi (Prima parte)
Capitolo 14: Kurōgo Shiroshi (Seconda parte)
Capitolo 15: Kurōgo Shiroshi (Terza parte)
Capitolo 16: Kurōgo Shiroshi (Quarta parte)
Capitolo 17: il Silenzio del Cannibale (Prima Parte)
Capitolo 18: il Silenzio del Cannibale (Seconda Parte)
Capitolo 19: Rosempiade
Capitolo bonus: S.T.F.V. (Update)
Capitolo 20: ciò che prendi dalla vita
Capitolo 21: il dovere di un amico (Prima Parte)
Capitolo 22: il dovere di un amico (Seconda Parte)
Capitolo 23: i petali del giglio rosso (prima parte)
Capitolo 24: i petali del giglio rosso (Seconda Parte)
Capitolo bonus n° 6: Dorian Gray
Capitolo 25: Il ritratto di Dorian Gray. Preludio (Prima Parte)
Capitolo 26: Il ritratto di Dorian Gray. Preludio (Seconda Parte)
#reiaggiornamenti: canale telegram per ost
Capitolo 27: Il ritratto di Dorian Gray. Preludio (Terza Parte)
Capitolo 28: Rimembranza (Prima Parte)[Pesce d'Aprile 2021]
Capitolo 28: Squame (Prima Parte)
Capitolo 29: Squame (Seconda Parte)
Capitolo 30: il tempo dell'eroe.
Capitolo 31: la Primavera (Prima Parte)
Capitolo 32: la Primavera (Seconda Parte)
Capitolo 33: essere un eroe (Prima Parte)
Capitolo 34: Essere un Eroe (Seconda Parte)
Capitolo 35: Essere un Eroe (Terza Parte)
Capitolo 36: Zanna Nera (Prima Parte)
Capitolo 37: Zanna Nera (Seconda Parte)
Capitolo 38: Zanna nera (Terza Parte)
Capitolo 39: Zanna Nera (Quarta Parte)
Capitolo 40: Nelle Paludi (Prima Parte)
Capitolo 41: Nelle Paludi (Seconda Parte)
Capitolo 42: la voce dei silenzi (Prima Parte)
Capitolo 43: la voce dei silenzi (seconda parte)
Capitolo 44: la risoluzione di un piccolo lupo (Prima Parte)
Capitolo 45: la risoluzione di un piccolo lupo (seconda parte)
Capitolo 46: la risoluzione di un piccolo lupo (terza parte)
Capitolo 48: l'ultima ballata (Seconda Parte)

Capitolo 47: l'ultima ballata (Prima Parte)

33 6 5
By ReiRyugo96

Il bianco. Nel foglio noi pensiamo.
Il bianco. Nel vuoto ci affidiamo.
Il bianco. Nel lenzuolo dormiamo.
Il bianco. Noi coloriamo.

Centosettantesimo anno del drago. Ore ??? Immerso in una nuvola al suolo, il corpo del coccodrillo giaceva sfocato, come se l'immagine della sua materia si fosse dimenticata la definizione dei suoi contorni. Del corpo grosso e immenso del boss delle Kuroi Kiba, ora rimaneva un piccoletto ancora non cresciuto, un pokémon Mascellone ma dalla specie del Totodile. Per qualche strana ragione, Kurokiba Sobek si trovava nel corpo di diciassette anni fa, quando ancora era un quindicenne. Aprì lentamente gli occhi, riconoscendo dei colori che non corrispondevano all'ottavo piano dell'Antro della Belva, né a qualsivoglia paesaggio intorno al suo covo.

- (D-dove...)

Le luci lampeggiavano intermittenti, con sfumature tra il bianco e il nero. La sua memoria non riusciva ad associare niente con quello che vedeva, ed il suo istinto da predatore non gli dava alcuno stimolo.

- (Dove mi trovo?)

Richiuse gli occhi: il luminio sconosciuto stava dando molto fastidio ai suoi occhi appena aperti. Le palpebre continuavano a tremare, e sentiva un forte fischio tra i suoi canali uditivi. Provò a tapparsi le orecchie, realizzando successivamente che quel suono veniva da dentro di lui. Il fischio terminò dopo dieci secondi, e quando riaprì gli occhi dopo esserseli stropicciati realizzò dalle sue mani di essere tornato un Totodile. Guardò con confusione e sorpresa nel vedere quelle braccia gracili e quel corpo giovane ma fuori misura, lo stesso che lo aveva figuratamente emarginato in mezzo alla sua stessa gente. Ma non provò paura: tra le domande che gli si accavallarono in testa non vi fu minimamente quella di cosa avrebbe fatto in futuro con quell'aspetto, nemmeno se avrebbe potuto guardare di nuovo in faccia i suoi scagnozzi. La sua curiosità era più portata verso quello che andava aldilà della sua nuova forma. Si rialzò in piedi, e notò subito lo strano pavimento su cui si trovava: era grigio tendente al nero, ma dalla struttura completamente lineare e liscia, quasi come il corpo di un Avalugg. Guardando a sinistra e destra, vide che essa continuava per una quantità spropositata di metri. Pensò di non aver mai visto una pietra tanto grande e piatta come quella. Davanti a lui, sempre sul terreno, vi era un altro tipo di pietra più grande, posto sotto il livello di quella vista prima. Nel pezzo davanti a lui vi era una successione di strisce bianche dipinte a forma rettangolare, e vicino alla pietra liscia vi erano degli strani oggetti sorretti da quelle che sembravano ruote di carro, ma di un materiale diverso da quello del legno. Lo stupore di un Pokémon nel vedere una strada, una carreggiata e delle macchine parcheggiate poteva essere descritto solo con lo stesso sentimento di un bambino che gattonava nel prato e vedeva l'erba, la terra e gli insetti che viaggiavano o volavano su di essi. Questo sentimento, tuttavia, non riuscì ad essere elaborato e concluso. Nel momento in cui il Totodile realizzò quegli oggetti estranei, altri elementi si sovrapposero alla sua visione. Vide delle strane ombre grigie e nere muoversi intorno a lui e passare attraverso lui, in modo tranquillo e regolare come se l'universo intorno a loro non esistesse.

- (Cosa... cosa sono?)

Concentrandosi di più, riuscì a dare una forma a quelle nuove immagini. Vide che si muovevano su due stecchi che sembravano delle zampe, visto che riconobbe quella che sembrava una normale camminata. Intuì instintivamente che fossero degli esseri viventi, ma nella realizzazione di questo fu preso da una sinistra inquietudine. Questo perché lo faceva sentire fuori posto ed in pericolo: si trovava in mezzo a delle forme di vita che erano tutte uguali e con la stessa conformazione del corpo. L'unica cosa che li distingueva era la definizione di quelle che sembravano delle teste, che avevano diversi lineamenti e diverse colorazioni. Non riusciva a sentire quello che dicevano: ognuno stava dicendo qualcosa di diverso, a tal punto che non sembrava nemmeno stessero parlando tra di loro. E in quella confusione di suoni l'unica cosa che arrivava alle sue orecchie era lo stesso brusio dei suoi scagnozzi quando venivano radunati e si mettevano a discutere. Mentre meditava su questo, sentì all'improvviso un rumore fortissimo e acuto, che sembrava il verso di guerra di un Psyduck ma più acuto e più uniforme nel suono.

- (Cos'è ... questo rumore?)

Lo sentiva una volta lineare, una volta intermittente e ripetuto a piccoli intervalli. Non provenivano da quegli esseri che gli camminavano attorno, ma dalle macchine in movimento sulla strada. Non aveva mai sentito prima d'ora un clacson, ma concordò con la maggior parte di coloro che ci avevano a che fare, per quanto riguardava l'effetto che aveva su di sé.

- (Che fastidio...)

E non era solo quello: anche il brusio di quegli esseri gli dava sui nervi. Come appena svegliato in quel mondo, si ricoprì le orecchie. Il brusio tuttavia aumentò, così come la potenza delle trombe di quegli esseri di metallo. Si sentì male: chiuse gli occhi per bloccare la sensazione di vomito che stava provando. In quel tentativo di difndersi, sentì un clacson così forte da rendere inutile i suo sforzi, spazzando via la sua volontà e costingendolo ad aprire gli occhi. Quando lo fece, una macchia che non aveva visto prima si presentò in quella pittura movente, così vivida che gli sembrò di non vedere più un'illusione. A differenza di quelle sfumature grigie, la macchia in questione era nitida, netta, e non sembrava nemmeno una di quelle nuvole sull'asfalto. Le macchine sparirono: nei suoi occhi vi rimase solo quella macchia. Riconobbe che era uno di loro: aveva una forma molto simile a quegli esseri dalle zampe lunghe e strette come i bastoni, ma aveva delle fattezze molto più piccole, come se fosse il corrispondente cucciolo di quella specie. Era accucciato su una panchina verde, con le braccia conserte sulle ginocchia e la testa affogata in quel distante abbraccio solitario. Il Totodile lo guardò confuso: non riuscì a capire perché quell'essere era più visibile degli altri, o del perché lui stesso si sentiva attratto da lui. In quel silenzio, colui che era sulla panchina alzò la testa accorgendosi di essere osservato, e puntò lo sguardo sul coccodrillo che aveva perso la strada di casa. Sobek si spaventò: quell'essere lo stava guardando dritto negli occhi, segno che a differenza degli altri lui lo stava vedendo. Si sentì inoltre inquietato dai suoi bulbi oculari: erano neri come il fondo di un precipizio, così neri che il pokémon non riusciva a scorgervi le pupille. Nel vederlo, nel riconoscere l'espressione di un volto, riuscì a dire senza alcun dubbio che si trattava di un essere vivente. Nel vedere quelle scure perle, tuttavia, una sensazione strana si fece spazio nelle sue viscere.

- (C-chi è... questo?)

Era capace di leggere le intenzioni di un altro essere vivente dai movimenti del suo corpo, una prerogativa molto utile quando si trattava di combattere contro chi si aveva davanti. Ma, nel continuare a vedere quegli occhi, quegli occhi senza pupille, non vi riusciva a scorgere né le sue motivazioni né la benché minima emozione.

- (E'...morto?) - Concluse senza risposta il pokémon Mascellone.

- Lo sapevo!

- WUAH!

(Ost time traveling kagome)

All'improvviso, il bianco e il nero si sostituirono con colori verdi erba, marrone e giallo di legno. Si ritrovò anche una macchia blu e una gialla, sfumate rispettivamente dal nero e dal rosso.

- Non mi ero sbagliata! Ti ho visto entrare in casa assieme a Nuzleaf! Chi sei?! Da dove vieni?!

La macchia blu aveva la forma di un Riolu, mentre quella gialla aveva le sembianze di un Fennekin. Dalla voce, quest'ultimo pokémon sembrò essere una femmina. Per quanto fosse confusa l'immagine precedente vista in quel mondo, alla presenza di qualcosa di più famigliare Sobek riuscì ad arrivare alla conclusione più velocemente di quanto si sarebbe aspettato da lui stesso. Riuscì a farsi un'idea precisa di quello che stava vedendo e il mondo in cui si trovava.

- (Capisco. Queste sono...)

- E-ecco... io sono...

- Io sono Ishisoku Amelia! Abito a fianco con mio nonno! In quella casa lì! Tu chi sei?! Non sarai mica...

- (Le memorie di Rukio...)

- IL FIGLIO DI NUZLEAF?!

- N-

- Ahahah! Sto scherzando! Ovvio che non è possibile!

- (Hai intenzione di lasciarmi parlare!?)

Nel sentire quella frase, senza che il Riolu avesse aperto bocca, Kurokiba Sobek sbatté le palpebre stupito: si rese conto di essere nel posto che aveva pensato. La conferma, era data dal fatto che riusciva persino a sentire i pensieri del piccolo licantropo.

- Aspetta... sei appena arrivato, vero? Dai, vieni che ti mostro il villaggio!

- E-ehi! Aspet-

Vide la Fennekin spingerlo con la testa, senza aspettare che questo potesse completare la risposta. La scena si modificò in modo tale da poter seguire la piccoletta trascinare con sé l'ignavo malcapitato che era finito tra le sue grinfie.

- A proposito... com'è che ti chiami? Te l'ho già chiesto? Me l'hai già detto?

- (Ishisoku Amelia... eh?) - pensò il coccodrillo, - (Se non sbaglio... è la co-fondatrice del team Skyraiders. Era la partner dell'eroe che ha sconfitto la Materia Oscura.)

- Ah! Rukio! Giusto! Scusa, non ti ho nemmeno lasciato il tempo di rispondere! Nishishishi!

Non l'aveva mai vista, ma sapeva delle voci che correvano su di lei. Si supponeva che fosse sparita dopo aver annientato l'incarnazione del male, e da quel giorno non fosse più stata ritrovata. Oltre ad avere una forza capace di tenere testa ai peggiori criminali e una proverbiale agilità, non si sapeva molto sul suo conto. A parte le sue gesta eroiche, non era mai diventata notizia quale fosse la sua specie, o che tipo di persona fosse.

- Parlo troppo? lo so che stai pensando, anche se non lo dici! Beh, non ascoltare i tuoi pensieri! Soprattutto quelli seri!

Ma, da quello che stava vedendo, poteva essere sicuro di una cosa.

- Oh! Ho fatto una rima! Hai sentito?! Sono forte, eh?! AHAHAHAHAH!

- (Questa marmocchia...)

Una convinzione che aveva preso anche a sua volta il piccolo licantropo quel giorno di due anni fa.

- (E' una rompiscatole...) - Pensarono nello stesso momento il Totodile e il ricordo del pokémon Emanazione.

Dopo quell'evento, il nastro di frame di quel film procedette spedito agli occhi del coccodrillo. Della storia tra Ishisoku Amelia e Ōryūgo Rukio vide tutti i momenti più importanti: dai dipinti che raccontavano le loro disavventure da ragazzini adolescenti; dai quadri con i loro successi da esploratore; dalle pitture delle loro disavventure, comprendenti il tradimento di Nuzleaf e l'oblio del Mondo del Vuoto. Nella buona e nella cattiva sorte, quei due sono stati sempre insieme: sostenendosi l'uno con l'altro; rimproverandosi l'uno con l'altro; accettandosi l'uno con l'altro; diventando inseparabili l'uno con l'altro.

- (Capisco...)

Riuscì a vedere il momento infelice, quando Amelia rivelò a Rukio di aver recuperato la sua memoria, e di essersi ricordata di essere la reincarnazione di Mew di cento anni fa. E quando, per impedire il ritorno della Materia Oscura, essa avesse dovuto sacrificare la sua vita terrena.

- (Anche tu...)

- AMELIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!

- (Hai perso qualcuno di importante per te...)

Comprese da dove veniva Rukio. Si riuscì ad immaginare come questo potesse così tanto empatizzare con lui che aveva perso in quella grotta il suo migliore amico; il suo compagno di vita che l'aveva spronato ad essere quello che era. Mentre pensava, vedeva il Riolu piangente a terra, che per quanto la sua mente riconosceva che tutto quello fosse necessario, non riusciva ad accettare la sua scomparsa. La stessa sensazione che aveva provato lui quando Mitsuki gli aveva dato la sua carne, quando si era sacrificato per lui per salvargli la vita. E tutte questi pensieri erano riflessi nei suoi occhi corrucciati e nel suo muso serio di un uomo adulto che affrontava le difficoltà della vita.

- Però... magari...

La scena si spostò più avanti. Si ritrovò con Rukio a guardare uno specchio d'acqua, assieme a Suikōryo Ampharos.

- Magari c'è un modo per farla tornare...

- (Eh?) - Si chiese stupito il Totodile.

E vi era anche la medesima incredulità nel volto del piccolo licantropo.

- Io penso che ci sia una possibilità. Almeno finché hai quella sciarpa.

La Sciarpa dell'Armonia, il simbolo del team Skyraiders. Il velo costruito da Arceus in persona usando il Meisoku di Amelia.

- Ho la sensazione... che ci sia un legame che vi unisce. Qualcosa... che va oltre a quello che vediamo.

Vide tutto ciò che ne derivò da quella conversazione: l'avventura nel deserto per incontrare Xatu; la ricerca nella Giungla del Mistero, dove Rukio si era ritrovato Mew in carne ed ossa, ma senza i ricordi come esistenza di Amelia. In tutto questo, sentiva tangibile la speranza del Riolu: il fuoco palpitante che avrebbe spinto anche il più cinico dei guerrieri.

- (Non è possibile... Portare in vita un defunto...)

Fino alla malattia del gatto psico e al suo rapimento.

- (Una cosa del genere non-)

- GRAHAHAHAHAH! QUESTO E' FANTASTICO!

Vi fu un altro cambio di scena. si ritrova in una grotta buia, dove un enorme Aggron aveva appena fatto una risata sguaiata che avrebbe tagliato il più indomito degli spiriti.

- DANZA! DANZA ANCORA! FAMMI VEDERE TUTTA LA TUA RABBIA E LA TUA DISPERAZIONE!

- BRUTTO BASTARDOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Vide il pokémon Emanazione scagliarsi verso di lui. Nel suo volto vi era dipinto tutto tranne l'eroismo e la caparbietà che aveva visto nei ricordi precedenti, la stessa che aveva avuto modo di provare sulla sua stessa pelle. Era completamente corroso dalla rabbia: un viso con disperata sete omicida, con le lacrime agli occhi e le guance ricoperte di fiamme. Vide che fu scaraventato verso il muro, e che si rialzò quasi immediatamente. Mentre questo soffriva, il mostro di metallo continuava a sghignazzare in modo perverso.

- (Perché sei così arrabbiato? - si chiese Sobek, - non credo che questo tipo sappia cosa vuol dire piangere...)

Il suo occhio si puntò verso il corpo nero di Mashinsatsu Slade. Quando notò il motivo della rabbia del piccolo licantropo spalancò gli occhi terrorizzato. Sotto il piede dell'enorme Aggron, vi era in poltiglia il corpo rosa del Mew che aveva soccorso in qualche memoria fa il piccolo licantropo. Capì immediatamente come si sentiva il Riolu: dopo aver avuto una speranza di ricongiungersi con la sua Partner d'avventura, vedere che ogni sogno era stato spezzato da un'altra persona nel modo più brutale possibile gli fece salire il sangue al cervello. Anche se era uno spettatore esterno, gli occhi del Totodile si riempirono di vene rosse come il demone degli inferi. Si sentì tutto il corpo contratto, preso dalle fiamme furiose. Era arrabbiato: provava la stessa rabbia che Rukio aveva provato in quel momento.

- LA FACCIA CHE STAI FACENDO IN QUESTO MOMENTO! DOVRESTI VEDERLA!

Si sentì chiamato in causa, quindi di istinto il suo cuore sobbalzò. Poi, riprese il ruolo di spettatore, e si concentrò su Ōryūgo Rukio.

- IL GRANDE ŌRYŪGO RUKIO! L'EROE CHE HA SCONFITTO LA MATERIA OSCURA! GUARDA AI TUOI PIEDI!

Il Totodile, come guidato da un interlocutore sul palco, si fece guidare lo sguardo da quel mostro senza cuore. Se pensava che l'eroe di Borgo Quieto non avesse avuto abbastanza sofferenze, vide con orrore che questo non corrispondeva alla realtà. Nuzleaf, lo stesso Nuzleaf che gli aveva dato una casa, che l'aveva tradito sotto controllo della Materia Oscura e voleva farsi perdonare facendo tornare Amelia; i Beheeyem, i suoi scagnozzi; il veggente Xatu e il capo del Gruppo Investigativo Kodamon di Brusilia. Erano a terra insanguinati, con i corpi abbracciati al terreno che lottavano tra la vita e la morte.

- TUTTI QUANTI SONO MOSSI DALLA TUA AUDACIA! HANNO PERSINO PROVATO AD AIUTARTI!

Non aveva solo lacrime per la sua compagna; non aveva rabbia e disperazione solo per lei. Quelle sensazioni tormentanti erano nei confronti di tutti quelli che l'avevano aiutato. Sobek fissava Rukio negli occhi: vide in lui che la rabbia piano piano se ne andò via, e rimase solo la disperazione di poter perdere tutto quello che aveva caro di più al mondo.

- (Perché?)

Le gocce di cobalto cadevano copiose sul terreno. Nel vedere il piccolo licantropo in quello stato, si sentì come il piccolo Sogen che aveva perso i suoi migliori amici.

- (Perché l'ho attaccato?)

Non era stato furioso solo per l'Aggron. La rabbia lo aveva accecato, impedendogli di vedere la realtà dei fatti.

- (Non avevo alcuna speranza. Potevo scappare... potevo portarli in salvo!)

In quel passato, aveva maledetto la sua stessa arroganza e la sua stessa stupidità, non un pazzo nemico. Per qualche ragione, il Totodile pensò in quel momento ai suoi scagnozzi. A coloro che, mosso da pietà, aveva dato un tetto e una motivazione per andare avanti; a coloro che lo guardavano con gli stessi occhi di un figlio che guardava un padre; a quelli che, in prigione, forse non avrebbe più rivisto.

- Voglio circondarmi di Kodamon che mi piacciono! Voglio una grande famiglia con cui posso spassarmela e aiutare altri Kodamon insieme! E vivere tutti felici insieme!

Abbassò lo sguardo triste, per poi chiuderli da uomo con il cuore di rimpianti. La rabbia abbandonò il suo corpo. Sentiva sulla sua pelle le stesse emozioni del piccolo licantropo.

- (Perché...)

E riuscì a sentire ancor più forte cosa aveva provato in quel momento.

- (Perché? Perché sono così?!) - Pensò il ricordo di Rukio.

- B-basta...

Nel ricordo, sentì di nuovo quella voce femminile. Quella voce che aveva imparato a conoscere nel mare dei ricordi di Ōryūgo Rukio.

- E' abbastanza... smettila per favore...

Di fianco al Riolu, qualcosa di immateriale si approcciò a lui. Aveva le medesime sembianze della Fennekin, e la medesima Sciarpa dell'Armonia.

- M-mi dispiace... m-mi dispiace che sia andata così...N-non pensavo che ti avrei reso così...

Per il coccodrillo era stato già sacrilegio il pensiero di riportare in vita qualcuno che non camminava più sul mondo terreno. Sapeva che esistevano i pokémon di tipo Spettro come esseri che avessero in loro le anime dei defunti, o che loro stessi fossero delle reincarnazioni. Ma vedere qualcosa di immateriale con le sembianze di una conoscenza del passato non se ne capacitava.

- N-non ti voglio... vedere consumato dalla rabbia... distruggere tutto... non tenere ai tuoi amici... Questo non è il Rukio che conosco!

Aveva la sua voce; sentiva la sua essenza come la stessa che aveva accompagnato il Riolu fino a quel momento, sentiva le lacrime che scendevano dal volto di quell'illusione come la cosa più reale là in mezzo. Ma la sua mente non riusciva a processarlo.

- P-per favore... non lo fare più... n-non essere così... per me... N-non voglio che tu sia così arrabbiato... così triste...

Vedeva dell'aura rosso-arancione intorno a quell'anima. E vide che la stessa aura veniva da quel corpo senza vita ai piedi dell'Aggron. Non vi era alcun dubbio: quello lì era il lascito della co-fondatrice del team Skyraiders, l'ultimo braciere di una fiamma che si stava per estinguere. Erano le memorie di Rukio: non vi era alcuna illusione in quello che vedeva. Eppure tremava. Anche se conosceva la verità e la realtà, non poteva che agitarsi di fronte a quella realizzazione. Non voleva accettare l'idea che i pokémon defunti potessero presentarsi sotto forma di spettri ai vivi. Perché in quello, vi era una possibilità che non aveva considerato, ed il pensare di poter vedere, un giorno, il fantasma di Mitsuki, lo rese infinitamente triste.

- T-tu... non sei quello che pensi.

Per un attimo, i suoi occhi da rettile videro quelli del piccolo licantropo fermarsi, come se il tempo avesse smesso di scorrere per lui.

- Non c'è persona più meravigliosa... non c'è più animo gentile... non ho mai conosciuto una persona tanto coraggiosa e speciale come te.

Vide la visione prendere la mano del piccolo licantropo. Vide stringerla con le sue soffici zampe, stringele con calore e con affettuosità. La stessa che quella pura anima emanava intorno a sé.

- Io credo in te, Ōryūgo Rukio. Tu diventerai l'eroe... di tutti i Kodamon. Quindi per favore...

La vide appoggiarsi su di lui. La vide avvicinare il suo tenero musetto, sulla sua fredda e solitaria guancia.

- Non odiarti per me. Ok? Mi farai piangere davvero, se no...

Per un attimo, quelle parole lontane si sovrapposero a quelle dello spettro di Amelia. Quelle stesse parole che avevano dato coraggio allo Shinikage durante il combattimento contro il Feraligatr stesso.

- LE PERSONE POSSONO CAMBIARE! Hanno solo bisogno... Di qualcuno... che creda in loro.

E, con esso, vide il miracolo del cambiamento come aveva preso forma davanti ai suoi occhi.

- Mai più...

In quel momento, quelle parole sottili si stamparono nel cuore del coccodrillo. Rialzò lo sguardo, cancellando il suo stesso pensiero e ritornando con l'attenzione nei ricordi del Riolu. Il fantasma di Amelia era sparito, ed al suo posto vi era il piccolo licantropo in piedi e più convinto che mai.

- Mai più...

Intorno a lui si raccolsero delle fiamme blu-elettrico, ed il suo occhio destro brillò di una luce dorata.

- NON TI FARO' PIANGERE MAI PIU'!

Vide tutto il combattimento: di come il Riolu si era rimesso in carreggiata e, senza fare del male ai suoi compagni, fosse riuscito a mettere al tappeto Slade e vendicare la dipartita della sua compagna di viaggio. Era magnifico: quelle fiamme levate al cielo e quello sguardo infuocato ricoperto di lacrime, ma con occhi decisi che non si sarebbero piegati davanti a nessuno. Non potè fare a meno di riconoscere dentro di sé la conferma del rispetto dato nel combattimento dell'Antro della Belva.

- (E così... è questo com'è nato il Blue Dusk.)

Si fece un'idea più chiara dell'essere con il nome di Ōryūgo Rukio: un'essere umano senza memoria del passato che, in un mondo non suo, aveva conosciuto la gioia dell'aiutare gli altri e della compagnia di qualcuna che vedeva coi i suoi stessi occhi il bellissimo mondo che aveva di fronte, e la disperazione di non poter più avere a che fare con lei. Non sapeva ancora come era arrivato a conoscere Kenji e Shinso, ma poteva immaginarsi che, dopo quell'episodio, in qualche modo abbia recuperato la speranza di vivere ed il suo cuore si sia mantenuto saldo grazie al sostegno della sua fidata compagna. Per come era venuto da lui e l'aveva affrontato, era certo di tutto ciò: era sicuro che, un pokémon determinato ad affrontare un mostro per salvare centinaia di anime perdute avesse a cuore la vita come nessun altro. Ma, a mente lucida, era anche convinto di un'altra cosa che poteva dire con certezza.

- (Non ho... davvero bisogno di riconoscerlo, vero?)

Il mondo bianco era diventato nero. Sembrava che in quel momento ci fosse solo la mente del Totodile.

- (Ōryūgo Rukio... hai nuotato nella palude quasi tanto me.)

Circostanze simili; ferite simili. Poteva vedersi riflesso nello spirito del piccolo licantropo.

- (Ti sei arrabbiato come me... ti sei disperato come me... eri felice come me...)

Nei suoi ricordi, scorsero le memorie dello scontro nell'Antro della Belva; delle parole dette dal piccolo licantropo al suo interno.

- COME HAI POTUTO FARE UNA COSA DEL GENERE!? COME C***ZO HAI FATTO A RIDURTI COSI'!? ERI UN BRAVO KODAMON! AVEVI UN CUORE GENEROSO!

Corrucciò lo sguardo, preso da un fastidioso e sinistro dubbio.

- Se Mitsuki ti vedesse così... COME LA PRENDEREBBE, EH!?

[...]

- DOV'E' IL TUO CUORE GENTILE?! DOV'E' IL TUO AMORE?! DOV'E' LA FORZA DI COMBATTERE PER I TUOI AMICI?! DOV'E' FINITO IL KODAMON PER CUI IL TUO MIGLIORE AMICO HA DATO LA VITA?!?!

- (Quelle parole... mi hanno fatto male come se un altro Feraligatr avesse provato a masticarmi il cuore. Ma non perché erano vere...)

Si mise la mano sul petto. Solo al pensare quelle frasi sentì la stessa sensazione che aveva provato la prima volta.

- (Ma perché erano sentite fin da dentro le sue viscere...)

L'empatia del piccolo licantropo era troppo forte, affinché solo quelle fossero le esperienze che l'avevano portato a dirlo.

- (Non può essere solo questo...)

- Perché io?

All'improvviso, il nero lasciò di nuovo spazio a qualcosa che vedeva non suo. Non si trovava più in una grotta oscura, ma all'entrata di una grotta più piccola e con l'entrata rivolta verso il cielo. Era una notte calda ma con una leggera brezza, e la luna illuminava quel piccolo antro melanconico assieme alle più lontane ma egualmente scintillanti stelle. Il Totodile era in mezzo a quell'entrata e all'interno del cunicolo bagnato dalla luce lunare. La voce che aveva sentito era famigliare, ma per qualche ragione suonava con un tono più adulto e molto più profondo di quella che era abituato a conoscere, come la voce di qualcuno che conosceva la sofferenza di essere vivi.

- Non ho coraggio... ho paura. Non ho intraprendenza... devo seguire.

Il Totodile si girò alla sua sinistra. Aveva riconosciuto le vibrazioni delle corde vocali, ma quello che si trovava davanti non corrispondeva al proprietario di quelle parole. Vi era una strana figura dalle zampe lunghe, seduto su una roccia e con le braccia appoggiate sulle ginocchia. Era simile a quegli esseri viventi che aveva visto avvolti dalle nuvole, ma con una presenza più nitida e degli indumenti strani che ricoprivano tutto il corpo di quello.

- Non sono forte... sono debole. Non c'è niente che mi faccia pensare ad una qualche qualità che mi metta sopra gli altri.

Emanava un'aura diversa dalla voce che si aspettava: sembrava in lui che non ci fosse alcuna speranza, che il mondo per lui fosse fatto e finito, la stessa disperazione che era nata in Sobek dopo la perdita di Mitsuki.

- Perché il tuo dio ha scelto me?

Il Totodile guardò quell'essere con sorpresa. Lo vide negli occhi: erano neri come la pece, così neri e profondi che avrebbe risucchiato la luce anche se si fossero riflessi nel sole. Quegli occhi di vuoto li riconobbe immediatamente.

- (Q-questo qui...)

Erano gli stessi di quel piccoletto sulla panchina verde.

- Non ne ho idea... non chiedo davvero le motivazioni di mio padre.

Alla sua destra, invece, vide un'altra figura simile, ma era tuttavia completamente diversa. Da lei si percepiva anche uno strano odore: un profumo di buccia di arancia appena tagliata, con una sottile e dolce nota di miele. A differenza dell'altro essere, la figura era più gracile e leggera, quasi con la delicatezza di un vaso di vetro. Aveva degli occhi color azzurro celeste, dei capelli rosa sbiadito come i petali di ciliegio, ed una felpa gialla autunnale con una tasca anteriore a due aperture. Invece della voce profonda di lui, quella di lei era più allegra e serena, ed inoltre, con una coda rosa che sbucava dai suoi jeans grigi, la rendeva più simile ad un pokémon che a quegli esseri coperti di nuvole.

- Però... non so come spiegarlo!

La cosa più sorprendente di lei, però non era quella sua forma anormale.

- Per qualche motivo sono contenta che abbia scelto te!

Ma un sorriso ammagliante, che rendeva chiunque lo vedeva consapevole della bellezza sconfinata del mondo. La stessa consapevolezza che per poco non sfiorò il cuore arido del coccodrillo. Con quella medesima emozione, vide che anche l'essere dai capelli neri era stato colpito da lei. Sbatté gli occhi incredulo quando lo notò: il segno più evidente della breccia che aveva fatto quella creatura femminile in quella persona disperata, era che per la prima volta in quella visione Sobek riuscì a vedere le pupille di quel misterioso soggetto, poiché le iridi si erano schiarite in un marroncino castano.

- Perché sorridi così ad uno sconosciuto? - fece la creatura maschile, girandosi verso destra per nascondere il tepore rosso sulle sue guance, - è inquietante.

- Il modo in cui dici tu le cose è inquietante, - rispose quella femminile, - dovresti imparare ad essere più positivo, Rukio-Kun!

Il Totodile sbatté le palpebre incredulo. Era nei suoi ricordi; stava vedendo il suo mondo interiore, e l'aveva riconosciuto non appena aveva visto il Riolu e la Fennekin incontrarsi all'inizio.

- Il mio nome non è quello. Penso di avertelo detto...

- (Q-questo qui è...)

- Il tuo vero nome è troppo complicato! Sei l'allievo di un Lucario, quindi Rukio-kun! E' molto più facile!

- (Ōryūgo Rukio!?)

La vera identità di quella creatura mai vista era Ōryūgo Rukio, il capitano del team Skyraiders e colui che aveva sconfitto il boss delle Kuroi Kiba. Durante i suoi primi passi in quel mondo, egli non aveva ancora preso le sembianze di un pokémon: una conoscenza comune tra i membri del team Skyraiders, ma completamente ignota alle altre parti. Dopotutto, quella forma così fragile ma ben definita e inconfondibile era difficile da descrivere con i termini di un mondo popolato da creature dalle sembianze animalesche. Alla realizzazione di ciò, rivelò dentro di sé anche la natura di quegli esseri strani coperti di nuvole che aveva visto all'inizio delle visioni.

- (Capisco... quindi quello che ho visto... erano esseri umani!)

Solo pochi pokémon erano riusciti a vederli, e a causa della descrizione complicata nessuno era stato in grado di raccontarlo. Ma non aveva più dubbi: nella sua testa accettò quello come lo standard di un essere umano.

- E tu sei figlia di Arceus. Dovrei quindi chiamarti Archia-chan?

- (Ho sentito anche di questo, - pesò il Totodile, - Si supponeva che Rukio fosse un essere umano venuto da un passato di cento anni fa. Quindi sto vedendo questo... il passato di cento anni fa...)

Quando ancora l'albero della vita era integro; quando la Materia Oscura era una minaccia più grande di quella che avevano imparato a conoscere i pokémon del periodo di Sobek. In quella consapevolezza vide che l'eroe di Borgo Quieto, nel corso della sua vita in quel mondo, aveva fatto un salto incredibile. Ripensando al Riolu che l'aveva affrontato, se l'essere femminle non avesse detto il nome di quello non lo avrebbe minimamente riconosciuto. Emanava un'aura completamente diversa. Contro di lui si era frapposto un un paladino della giustizia, un eroe indomito dal cuore generoso che si sarebbe messo in prima linea anche per il nemico; in quella visione, invece, sembrava un uomo che aveva già conosciuto disperazione e rimorso, e aveva realizzato l'inutilità e il disgusto del mondo così come era conosciuto.

- Archia-chan? Non è male... ma Mew è più carino! Dovresti fare di meglio!

- (Ma allora... questa qui...)

- Come puoi accettare l'idea di cambiare il tuo nome così facilmente? Voi Kodamon siete tutti strani...

- (E' Ishisoku Amelia!?)

La partner del Riolu di cento anni fa, quando ancora la Fennekin non esisteva e l'essere chiamato Mew era completo. Quello che stava vedendo era il team Skyraiders un secolo addietro, quando ancora forse il team non era stato minimamente pensato. Più la guardava, più riconosceva in lei la volpe rossa della visione precedente: innocente nei suoi atteggiamenti, ma caparbia ed insistente, quasi al limite del difetto. Era impossibile sbagliarsi. Non vi era fine alla lista di domande che attraversò in quel momento, ma quella che premeva di più era quella che si sarebbe fatto chiunque si fosse presentato in quella sala con il biglietto sbagliato.

- (Perché Amelia ha una forma umana!?)

Vide tante cose di quel passato. I momenti che avevano condiviso in quella vita non erano diversi da quelli avuti quando erano un Riolu e una Fennekin. Tuttavia, gli scontri affrontati erano più frequenti e più cruenti, contando il fatto che Ōryūgo Rukio doveva combattere con il corpo fragile di un umano, che per quanto fosse riuscito ad imparare l'arte del Meisoku era limitato dalla sua debole costituzione. I suoi nemici erano le Ombre del Vuoto, gli scagnozzi della Materia Oscura che apparentemente solo lui e Amelia erano in grado di toccare. Sembravano inarrestabili: e perfettamente in sintonia: non avevano niente a che fare con lui e Mitsuki. Ma il legame era forte tanto quanto loro: questo il Totodile lo riconobbe. Ma, anche in quella vita, non poté fare a meno di arrivare inesorabile la tragedia.

(Ost inuyasha - kikyou)

- TI PREGO, NON TE NE ANDARE!

Il Totodile avanzò molto velocemente tra i ricordi di Rukio. Forse, perché lo stesso licantropo era restio a stringerli a sé.

- S-sei stupido? N-non posso morire... anche s-se volessi.

Amelia giaceva a terra, con una stalagmite conficcata nel ventre di quella forma umana. Era cambiata: i suoi capelli non erano più rosa, ma gialli tendente all'oro, con delle strisce tinte di rosso, e non aveva più la coda rosa, ma una soffice coda da volpe. Intorno a lei vi erano fiamme color scarlatto.

- Finché la Materia Oscura esiste... io non posso morire. Fino a ché non è stata distrutta.

Dietro il Totodile vi era un'aura nefanda che piano piano si stava affievolendo: il globo oscuro che conteneva la Materia Oscura era rotto, e le sue radici malefiche erano state estirpate. Era stata sconfitta, ma come diceva Amelia non era stata annientata.

- L-la mia abilità Genshi... mi permette di rinascere quante volte voglio. Quando chiuderò gli occhi... tutto sarà come prima, e p-potrò provarci di nuovo.

Non vi era paura nelle parole di Amelia. Le sue parole corrispondevano al vero.

- V-va tutto bene... non è la prima volta che lo faccio...

Nel corso della sua esistenza, si era reincarnata più volte per tenere a bada il condensamento delle energie negative dei Pokémon. Per lei era normale amministrazione. Sobek sentì questa quotidianità questo nelle parole della Mew, e da essa ne trasse una profonda inquietudine e una sconfinata tristezza.

Istintivamente capì cosa vi era dietro quelle parole: sapendo cosa era la Materia Oscura, si chiese sconsolato quante volte questa povera pokémon si fosse reincarnata, quante volte fosse stata costretta a combattere quell'essere dal suo stesso destino, e quante volte fosse stata costretta a soffrire per tutti gli altri suoi fratelli. Persino il suo ormai arido cuore non poté fare a meno di provare una solenne pena per lei, la stessa che vedeva dagli occhi lacrimanti di Rukio. Tuttavia, il Totodile aveva notato che l'espressione dell'eroe non era cambiata di tanto quando gli aveva detto quella frase: era molto probabile che egli sapesse già del destino di Ishisoku Amelia, e che aveva avuto tutto il tempo per accettarlo e andare avanti.

- N-non serve... che tu pianga per-

Ma nel dire quella frase, le sue emozioni cambiarono completamente. La normalità di questo ciclo infinito, per quello che sarebbe diventato l'eroe di Borgo Quieto, non aveva alcun briciolo di normalità.

- TU SEI LA STUPIDA!

La rabbia dell'essere umano fece persino venire un brivido di terrore al Totodile.

- Il tuo Genshi... ti permette di ritornare in vita ogni volta... ma sacrificando le tue memorie!  E con esso il ricordo di loro nei loro cuori! Tutti i tuoi amici... tutte le persone a cui hai voluto bene... non vi sarà traccia di tutto questo! Magari l'essere Mew non morirà mai...

No. Non poteva essere normale per lui tutto quello.

- MA IO NON VOGLIO CHE TU MI LASCI! IO NON VOGLIO CHE TU MUOIA!

Il coccodrillo si sentì afferrato e stritolato da una mano elfica di rovi spinati. "Non voglio che tu mi lasci; non voglio che tu muoia." Quelle parole cariche di disperazione, tristezza e solitudine, erano le stesse che Cour de Ferre Sogen aveva detto a Mitsuki, dopo che questo si era fatto staccare il braccio dai suoi denti per farlo sopravvivere. Quelle parole colpirono il suo cuore di roccia come un dardo di diamante, perforandolo nel petto come il pugnale di un borseggiatore. La Mew, invece, sorrise di fronte alle affermazioni di Rukio.

- Oh? Quindi l'hai scoperto...

Ella chiuse gli occhi, facendo il solito risolino dispettoso.

- Nishishi... quanta arroganza... pensi che io sia più importante della salvezza del mondo?

- E COME FAI TU AD ESSERE COSI' EGOISTA!?

Rukio teneva con la mano sinistra la destra di quella della ragazza, mentre teneva con la destra il suo corpo per tenerla sollevata con la testa piegata, in un tentativo di farla respirare meglio e non farla soffrire. Ogni emozione trasparì da quel ricordo verso il Kurokiba. Rukio non riusciva a sopportare che lei se ne stesse andando: malediceva quel mondo crudele che aveva imparato a conoscere; malediceva quella luce che era entrata nel suo cuore.

- HAI DETTO CHE ERI CONTENTA CHE TUO PADRE ABBIA SCELTO ME! MI HAI DETTO CHE ERI FELICE DI AVERE ME COME COMPAGNO D'AVVENTURA! Ed io... e-ed io...

Ma, più di tutto, malediceva di nuovo sé stesso e la sua inutilità di fronte al destino.

- T-ti avevo detto... che ti avrei protetta...

Mew inconsciamente, dopo tutte le reincarnazioni, era stata abituata a tutto quello: morire di nuovo per poi rinascere; lottare contro la Materia Oscura; far crescere il suo corpo con il dna di tutti i pokémon solo per affrontare quell'abominio nero ed assicurare che tutti gli altri esseri viventi fossero sani e salvi. Ma, dentro il suo cuore, era difficile abbandonare un altro partner d'avventura. A quello non si era probabilmente mai abituata davvero.

- Per favore... n-non renderlo così difficile...

Sebbene il dolore stesse prendendo il sopravvento, il suo cuore stava ancora battendo dentro la sua cassa toracica. Non aveva potuto fare niente per fermare le sue stesse lacrime.

- F-fa male... lo sai?

- M-mi stai dicendo di smetterla? Mi stai dicendo di abbandonarti?

Come avevano fatto tutti gli altri; come si erano rassegnati tutti gli altri.

- Non ho potuto proteggerti... non ho potuto fare niente per te...

Come tutti quanti si erano messi il cuore in pace, era toccato a lui: doveva andare avanti, lasciare che il ciclo infinito facesse il suo corso, e lasciare che lei riprendesse la strada del suo destino, per garantire la salvezza di tutti i pokémon in quel mondo. Doveva liberarsi di quel granchietto che aveva trovato sugli scogli dopo averlo tenuto nel secchiello, perché il suo posto non era in quel baratro senza uscita, ma libera nel mare salato. La vita di Rukio non si era fermata come la sua. Doveva andare avanti, per sé stesso e per lei.

- No.

Ma lui non lo aveva potuto fare. Non dopo aver visto la luce; non dopo aver trovato finalmente una ragione per vivere, qualcosa per cui valesse la pena di lottare e soffrire; un senso a quello sconfinato abisso e la bellezza della gemma in fondo alla grotta; non dopo che finalmente i suoi occhi, dal nero vuoto in cui stavano affogando, in quel momento nuotavano in uno sgargiante mare rosso rubino.

- Non ti lascerò soffrire da sola.

Nel ricordo, egli fece una cosa che Kurokiba Sobek, Byakuken Kenji, Shinikage d'Arc Shinso e tutti coloro che avevano avuto a che fare con lui si sarebbero mai sognati nemmeno tra un milione di anni di vedergli fare. Si alzò in piedi, dopo aver adagiato Amelia delicatamente. Prese una pietra ai suoi piedi, una pietra frammentata da una stalagmite lì vicino, frammentata in modo tale da fungere anche da coltello. E poi, senza alcuna esitazione, si tagliò il collo con un colpo netto, colpendo la sua stessa aorta. Amelia e Sobek spalancarono gli occhi nello stesso preciso istante. Il secondo per lo stupore di quell'azione; la prima per il terrore di una vita che avrebbe abbandonato il mondo terreno vicino a lei. La Mew era rimasta con il fiato in gola: non era riuscita a capire come reagire davanti a quell'atto sconsiderato, né del perché avesse fatto quell'azione. Quando Rukio aprì bocca, le sue intenzioni divennero più chiare.

- Usa... usa i tuoi poteri anche su di me. Usa quello che vuoi. Il mio nome... la mia disperazione... la mia felicità. Anche i momenti che abbiamo condiviso insieme.

Anche con quel comando, non era riuscita ugualmente a comprendere cosa volesse fare. Il Totodile glielo leggeva nello sguardo: alternandosi a disperazione e tristezza, non aveva idea cosa il suo ultimo partner volesse da lei.

- Non voglio... che tu soffra da sola, come è successo a me. Non è giusto...

Sobek vide l'eroina chiudere il suo sguardo in un principio di pianto.

- Nella prossima vita... voglio essere con te. Voglio stare accanto a te. Prendere la tua sofferenza. Prendere le tue responsabilità, ed aiutarti a sostenerle. Sconfiggeremo insieme la Materia Oscura una volta per tutte, e se non ci riusciremo ci riproveremo insieme.

Fu chiaro in quel momento quali fossero state le sue intenzioni al boss delle Kuroi Kiba. Il Riolu non si era tolto la vita: aveva costretto lei ad usare il suo potere su entrambi, in modo tale che sarebbero rinati in una vita futura, insieme. Volle rompere il ciclo infinito, e per farlo aveva pensato di inserirsi in esso, per distruggerlo dall'interno. Non era un punto fermo in una tragedia.

- Anche se non ci ricorderemo l'uno dell'altro... io ti troverò. Non ha importanza quanto tempo ci vorrà. Mesi...anni... centenni. Anche se sarò più debole... anche se non potrò fare molto...

Ma una nuova pagina bianca verso un nuovo orizzonte, uno che Amelia probabilmente in tutte le vite che aveva vissuto non aveva mai visto.

- Io non mi arrenderò mai.

La Mew era triste, profondamente addolorata per quello che stava succedendo. Lo stava facendo per lei: nel suo ciclo di reincarnazione, quello era stato il primo partner disposto a tutto pur di seguirla, anche se avrebbe voluto dire soffrire in un infinito destino con lei.

- ... p-perché?

Non se ne era capacitata: non aveva avuto idea del perché quell'essere umano stesse andando contro la vita e la morte per lei.

- Ho solo una ragione per essere viva... N-non sono stata fatta per avere amici... per divertirmi... Devo solo lottare... proteggere l'equilibrio... solo questo...

Era stata creata solo per quel motivo: come deterrente per la Materia Oscura ed impedirle di raggiungere grandezze per distruggere il mondo. Solo quello aspettava le sue vite infinite. Non vi era motivo di fare qualcosa per lei.

- Perché fai tutto questo... per me?

Per l'essere umano, tuttavia, non era così. Quella creatura leggendaria era apparsa a lei esattamente come era in quel momento: una fragile creatura ferita, chiusa in una gabbia con delle catene pesanti, catene elettriche che l'avrebbero soffocata al solo pensiero di fuga. E, davanti a quello, non vi era stata questione alcuna per lui.

- ... stupida scema. Non è ovvio?

Non vi era stata alcuna difficoltà. Non vi era stata motivazione ulteriore se non quella.

- E' perché...

Quel sentimento così puro e bello, che era la ragione di tutto quello che ci poteva essere di meraviglioso tra due persone.

- Ti voglio bene.

In quel momento, la figura dell'essere umano si sovrappose nella mente del Totodile a quella di Mitsuki, il suo defunto migliore amico. Così come egli si era sacrificato per lui, vide fare la stessa cosa nei confronti di lei da parte di Ōryūgo Rukio. Il legame che c'era tra lui e l'essere vivente conosciuto come Amelia andava oltre a tutto: oltre alla logica; oltre al tempo; oltre all'amicizia e oltre al concetto di giusto o sbagliato. Quella ragazza dal dolore solitario, quell'essere vivente colmo di speranza e disperazione nello stesso cuore, era la cosa più preziosa che esisteva nel mondo secondo il piccolo licantropo, così tanto che avrebbe fatto di tutto per proteggerla e starle accanto. Persino seguirla nella morte. 

Ecco perché era così disperato quando l'aveva abbandonato per impedire la rinascita della Materia Oscura; ecco perché si era così arrabbiato quando Slade l'aveva calpestata sotto i suoi piedi; ecco perché, nonostante non camminasse più nel mondo dei vivi, non poteva fare a meno di pensare a lei. Ed ecco perché si era così tanto arrabbiato con il Totodile, quando con lo Shinkutsu era venuto a conoscenza di Mitsuki.

- (Capisco... ora finalmente è tutto molto chiaro. Ōryūgo Rukio... vi è stato un tempo che è stato Mitsuki... e un tempo in cui era stato Sogen.)

Salvare ed essere salvato; proteggere ed essere protetto. Mentre molta gente sta in una faccia della medaglia, Ōryūgo Rukio era stato da entrambe le parti, e in ognuna di esse a sua volta aveva conosciuto la speranza e la disperazione con esse.

E in entrambe, colei per cui aveva dato la vita era stata perduta tutte le volte. Nelle nuove consapevolezze prese nei ricordi di Rukio, lo sfondo su di lui si chiuse in un sipario nero. Molto probabilmente i ricordi di quel periodo terminavano lì: la vita di Ōryūgo Rukio come essere umano era cessata in quel momento, pochi attimi dopo che si era aperto il collo.

- (Non una... non due... tre volte, eh?)

Quello era il numero in cui Amelia gli era stata strappata di mano. In nessuno di quegli attimi aveva conosciuto la felicità; in nessuno di quei momenti aveva avuto modo di amare veramente il mondo così come era, allo stesso modo di quanto il boss delle Kuroi Kiba era arrivato ad odiarlo. Era quasi incredibile che non aveva deviato dalla retta via come era successo al coccodrillo e sia riuscito a rimanere sui binari. Forse, il Kurokiba aveva davvero sbagliato qualcosa nel suo pensiero e nelle sue emozioni. Forse era lui in colpa, e forse avrebbe dovuto ascoltare il dolore dell'eroe di Borgo Quieto, poiché così come il Mascellone aveva perso Mitsuki, l'Emanazione aveva perso Amelia. Ben tre volte. Senza poter fare niente. Senza l'aiuto di nessuno. Solo come un cane, come era stato Mizukage Cour de Ferre Sogen.

- E... Dunque?

Continue Reading

You'll Also Like

100K 5.1K 84
quando incontri la persona giusta poi è così difficile lasciarla andare, diventa il tuo punto di riferimento, la tua casa, il tuo tutto.
740 66 11
Cosa succederebbe se i personaggi di Fnaf SB vivessero in una sola casa? Non aspettatevi nulla di normale. Non chiedetemi come mi vengono in mente ce...
190K 7.3K 69
«"Dimmi che non è un addio", così lontana ma anche così vicina» ⇨♥ «Lo sapevo che non te sarebbe andata bene, non sei il tipo de persona che da secon...
281K 9.9K 73
Chiara e Kumo li osservavano da lontano "Quei due si completano" parlò il ragazzo "Hanno uno un pezzo di anima dell'altro" continuò la bionda "già...