Infinite Darkness | Mattheo R...

By ViolaWyse

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[๐ˆ๐ ๐‚๐Ž๐‘๐’๐Ž] Sheila McKenzie non ha una vita facile, vive nel buio, nella piena oscuritร , ma non lo da m... More

Dedica
Playlist
CAST๐Ÿ’ซ
Prologo
1. Again
2. Secrets, lies and fake pieces
3. Eavesdrop and Discover
4. Controlled Mind
5. Compulsory education
6. Punishment and hate (1)
7. Punishment and hate confused (2)
8. I know you try to fool me but maybe you don't for a few seconds
9. I don't see the common thread even though I know it exists
10. Instinct
12. No it does not
13. Things change because i want
14. Tackling even just a small piece is already a lot
15. Strange moments, astral if you can call them that
16. The pieces came together without thinking about it
17. You are so obnoxiously you
18. You're an imbecile asshole
19. What if it's not like I always thought?
20. It never happened
21. A choice for me
22. Go fuck yourself

11. We can't speak

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By ViolaWyse


“La misura di certe distanze
è data dai silenzi percorsi.”
Giorgio Morabito

SHEILA

Mi ritrovo in un corridoio fuori dalla Sala Grande, vuoto e con la poco probabilità che qualcuno passi, ancora con una parte della mente addietro. Sono vicino a un muro ma quello che ci è contro per questa volta non sono io.

È quel troglodita di Riddle.

Ha le mani appoggiate sulle mie spalle per tenermi nella realtà e io sono immobile.

Lui mi ha portata qui, lui era la persona che mi ha preso la mano, lo stesso arto. Ha fatto sì che non andassi in autodistruzione anche qui e si è appoggiato lui al muro.

Ed è però lo stesso che mi ha offuscata davanti a tutti, umiliandomi ancora di più. Nonostante sia anche quello che mi ha portata fuori dal caos.
Dio come è possibile?

Lo sapevo fidarsi dell'istinto è male.
Lo è sempre stato.

Dovevo starmene in silenzio come sempre, lasciando che i loro sguardi mi scrutassero fino a consumare le loro pupille, fino a che non me ne fossi andata. Invece ho agito pensando che qui, in un posto diverso, con una persona diversa, con ragioni differenti, potessi seriamente cambiare qualcosa.

Ma se qualcosa è destinato a essere, non c'è nulla che lo possa far cambiare. Nemmeno scomparire.

E questo ora è più vero che mai.

«Vattene.» gli riferisco decisa, dopo che ha fatto tutto questo e che ha cercato di rendere le cose le cose ancora più complicate.

«Questo è un tipo di ringraziamento che non conosco, piccolina?» ridacchia lui cercando di sdrammatizzare.

Scanso le sue mani che tengono le mie spalle e lo guardo indignata.

«Non è un ringraziamento e mai lo sarà. Tu mi hai portato a questo, tu perché non riesci a trattenerti a un qualche commento e sempre tu sei riuscito a umiliarmi come volevi.» dico restando ferma a sospirare per tutta sta cavolata. «Quindi se te ne vai e torni nel tuo posto a deridermi alle mie spalle te ne sarei grata, perché non ho la voglia di sentirti dire altri insulti davanti a me.»

La vergogna mi assale e il sapere che tutti hanno visto il mio crollo è divorante. Non riesco nemmeno a pensarci.

Prima almeno le persone mi vedevano come una persona da prendere in giro, colpirmi con le parole come se fossi un sacco da box, ma non rispondevo, non controbattevo.

Mi facevo forte in quei momenti, così che le persone non mi pensassero ancora più debole di quello che già volevano che fossi.

Invece da adesso sanno che non sono forte, non ho indifferenza su certe cose e che il mio potere di resistenza contro le umiliazioni è basso tanto quanto un asticello.

Tutto per colpa di quel disgraziato. Mattheo Riddle lo stronzo che mi perseguita da sempre.

E che a quanto pare amano tutti. Lo rispettano, lo adulano, lo seguono, lo credono figo e soprattutto credono fermamente che sia qualcosa che non è.

Perché la verità è che tutto fuorché bello, magari di aspetto lo posso fare anche passare ma il resto manco per milioni di galeoni.

È quello che io odio di più, ha una ostentazione indecifrabile, è dispettoso, arrogante, vuole tutto a suo piacimento, fa di tutto per essere considerato il cattivo della scuola. La realtà però è che nettamente il più imbecille.

Lui non sa cosa significhi essere malvagio, non ha visto il male oscuro e men che meno sa metterlo in pratica. Saprà umiliare e fare del male fisico, il dolore è quantificato e dimostrato in un altro modo. Che lui non ha ancora visto a quanto ne so.

Non so nulla su suo padre, il grande Signore Oscuro e non ci voglio avere a che fare. Anche lui lo odio, nonostante non mi abbia mai fatto niente e questo mi va più che bene. Il problema è che vuole tutto il mondo magico ai suoi piedi ma deve sapere che se è alto quanto quei suoi dannati piedi allora può tranquillamente morire.

È un discorso diverso questo e non lo voglio intraprendere ora.

Il punto è che il coraggio non fa molto parte di me, come in ogni serpeverde, noi preferiamo stare nel nostro, autoproteggersi prima del disastro. Io però non ne ho mai avuto il tempo.

Nemmeno adesso.

«Oh sai benissimo che deriderti alle tue spalle non mi arreca nessuna emozione. E no non me ne vado, dobbiamo parlare.» la sua voce decisa mi riscuote dai miei pensieri e mi ritrovo a un passo da lui, di nuovo.

«E di cosa vuoi parlare? Noi non sappiamo parlare.» gli faccio notare con uno sbuffo.

«Lo stiamo facendo ora, piccolina.»

Sospiro irritata e incrocio la braccia al petto allontanandomi di un piccolo passo da lui. «No. Parlare significa sopportare la voce dell'altro, non voler tirare un pugno nei coglioni, saper trovare argomenti banali ma ragionevoli. E se per permetti tutte queste cose finiscono nel cesso quando devo aprire la bocca con te.»

Lui si appoggia del tutto al muro e stupendo me mi guarda, non con il eccentrico ghigno ma con un viso neutro, sempre con la mala voglia, e io davanti a lui stizzita e allo stesso tempo incombe a qualcosa che non so spiegare.

«Cara mia Sheila, noi non è che non sappiamo parlare ma non lo facciamo perché preferiamo insultarci piuttosto che dire qualcosa di assolutamente normale. E sì, tutte quelle cose se ne vanno a fanculo perché il nostro diverbio è iniziato molto prima che sapessimo cosa dire, gli insulti sono solo il risultato di quel momento.» i miei occhi si spalancano di poco quando lui pronuncia il mio nome.

Non utilizziamo mai i nomi, anche tra la nostra casa è ovvia questa cosa, danno l'effetto di affetto o comunque di un qualcosa di troppo legato.

Ma tra noi i nomi sono sempre stati un blocco, mai ci siamo permessi di usarli in una nostra discussione, mai perché se lo avessimo fatto sarebbe stato l'istante di secondi più difficili della nostra vita.

Pronunciare il mio nome è stato l'errore più grande della sua di vita. E benché mi ha creato un disordine come era ovvio che fosse sono pronta a non mostrarlo.

Prima che potessi però effettivamente ribattere con qualunque cosa, lui mi blocca. «Ho usato il tuo nome per farti capire che non sto parlando per cazzate. Tu sei una bambina del cazzo e io per te sarò anche un coglione di primo grado, però resta comunque il fatto che non è il non o il saper parlare a bloccarci, è altro che nascondiamo con i peggio insulti. Quindi non dire mai più che noi non sappiamo parlare, perché in questo esatto momento lo stiamo facendo.» con tutta l'aria disinvolta e composta mi rifila due occhi pieni di serietà e io non riesco a smettere di fissarlo imbambolata. Persino respirare mi viene difficile.

«Ora me ne vado perché mi sono rotto le palle di vederti sconvolta e quella faccia da bambina non la voglio vedere per un altro secondo.» non faccio in tempo a sentire tutta la frase che lui si stacca dalla parete per poi marciare verso la Sala Grande, molto probabilmente per riferire tutto agli altri.

Resto più che immobile lì, stessa posizione, stessa esprimono e stesso sgomento di prima. Riddle mi ha appena detto cose che non sono normali per lui o noi, non so come reagire e a essere sincera non so nemmeno quanto mi interessa farlo.

Tanto la mia testa è già in piena come un fiume con troppa acqua, ma invece lo è con troppi pensieri che si raggruppano con un unico soggetto. Quella merda di Riddle. Che per Salazar non so cosa gli sia successo ma dire quelle cose non è stato proprio da lui, ma neanche per un cazzo.

Per non dare retta a quello che mi sta succedendo all'interno del cranio decido di andare nella sala comune, non ci dovrebbe essere nessuno ora essendo che sono ancora a mangiare gli altri, come dovrei fare anche io, quindi mi dirigo verso essa.

Sdravacata poi sul divanetto di quest'ultima mi ricordo che dopo pranzo devo vedermi con Chloe, avevamo deciso così perché la lezione che svolgeva lei era nell'aula affianco alla mia.

I miei pensieri però sottomisero la sveglia di questa notizia e fecero tornare di nuovo quelli sul nome e su quel pezzo di stronzo.

Dio lo avevamo detto. Ci eravamo promessi di non usare mai e poi mai più i nomi l'uno dell'altra. Ma lui deve sempre fare quello che vuole, dimostrando di essere lo stronzo quale è.

Ma lui l'ha disentegrata per una cavolata. Per dirmi che noi non parliamo e non che non sappiamo parlare. Anche se non ci credo neanche sotto tortura. È ovvio che io non voglia parlare con lui dopo quello ed è ancora più palese che non sappiamo parlare senza insultarci.

Accidenti a quel coglione idiota marcio.

Merlino che qualcuno mi salvi dai ricordi, avverto la presenza di troppe cose dentro la mia testa e questo non va affatto bene, meglio che lasci andare o finirò per esserne di nuovo risucchiata.

Mi parve ancora di sentire il gelo ma la realtà è che lo rimpiangevo. Era molto meglio sentirlo che esserlo.
Non volendo però rinvangare quel momento di più di così mi alzo, consapevole di dove si trovasse la stanza di Chloe. Forse stando insieme a lei non sentirò il chiasso interiore.

È strano anche per me solo pensarlo ma ho seriamente bisogno di fuggire e andare da qualcuno. Anche se mi tradirà, anche se non è mia amica, anche se è falsa e bugiarda, anche se non mi accetta, anche se sono uno scarto e anche se sarò solo un peso per lei.

Ho solo bisogno di scappare per un momento.

Camminando arrivo alla porta del suo dormitorio, ora più che mai i sensi di colpa e la verità si scaraventa su di me facendo in modo che la mano che avevo proteso per bussare si ritragga. Il mio viso non è mai stato così complesso da accettare, ero piena di lacrime e mi stavo presentando davanti a qualcuno, una persona che, come tutte, non mi vorrà nemmeno far entrare.

Faccio un passo indietro e lentamente con l'amaro nel mio sangue mi giro verso il corridoio. Proprio mentre me ne stavo andando una porta si apre ed è proprio quella della biondina.

«Chi è?.....Oh Sheila che succede?» chiede rendendosi conto che sono effettivamente io quella che aveva bussato.

Ancora con le spalle rivolte verso di lei rispondo. «Nulla avevo sbagliato una cosa ma mi sono resa conto che alla fine era giusta.»

Mento anche se alla fine è solo omettere delle cose. Come sempre alla fine.

«Sei sicura o hai bisogno di qualcosa?» mi domanda capendo la situazione.

«No no tranquilla, vado ci vediamo dopo per andare a lezione.»

Senza neanche aspettare che mi rispondesse cammino via, la lezione in cui mi accompagnerà sarebbe la seconda per la verità. E la prima è tra meno di cinque minuti.

Quindi devo correre per prendere la borsa e poi sfrecciare verso l'aula, o sennò chi lo sente il professor Trelawney. Non dovrebbe fare molte storie ma da oggi in poi devo stare attenta, non ho ancora subito nulla riguardo alla mancanza durante le ore scolastiche, quindi non combiniamone altre.

In classe non guardo nessuno e mi siedo in un posto a caso, tanto non mi interessa neanche più dove sono.

E poi il banco non è nemmeno male, è il penultimo ed è attaccato al muro, comodo e nascosto. Perfetto. Anche se a metà lezione mi rendo conto che dietro di me è situato il maledetto Riddle, per tipo la millesima volta in queste settimane.

Io credo che ho un qualcosa attaccato che mi rende impossibile non averlo vicino a lezione, perché se no non si spiega. A parer mio lo fa apposta ma potrei essere io la sfigata che sceglie il posto senza prima vedere dove sta lo scellerato.

Non seguo molto quello che il professore dice, la mia testa è ancora a prima, quando sono andata inconsciamente da qualcuno cercando di essere distratta, magari passare momenti normali. Per fortuna mi sono resa conto di colpa che era una cazzata colossale, sarai finita a essere di nuovo come l'altra volta.

Mentre la mia menta è occupata a pensare a ciò la mia mano, che impugna una penna per prendere appunti, scrive cosa senza senso sul quaderno. E nemmeno leggo o mi accorgo di ciò che sto scrivendo.

Me rendo conto solo quando un Riddle confuso appare alla mia destra e mi fa prendere un infarto micidiale per il mio cuore. E capisco che è inginocchiato per far sembrare che gli fosse caduto qualcosa, certo per camuffare il fatto che volesse solo rompere di nuovo i coglioni a me.

«Che c'è di nuovo, Pecorella stronza?» con una faccia arresa e stufa decido che ignorarlo sarebbe stato una bella e buona stronzata essendo ormai qui.

«Oh nulla che non sia nuovo ma...credi che scrivere e disegnare buchi neri e catene aiuterà a capire la lezione?» osserva per poi guardarmi con perplessità.

«Cos-» stavo dicendo prima di vedere effettivamente che ciò che ha detto è vero.

Il foglio di carta era pieno di cerchi scuri, scarabocchi tutti eternamente neri e catene sparse per tutto il perimetro.

Cazzo.

«Sai avevo una leggera vena artistica da sfamare, che problemi ci sono?» dico con una punto di sarcasmo in più, dire bugie alla fine non è così difficile come si dice, il sarcasmo risolve tutto.

«E a questa vena perché piace tanto l'oscurità, piccolina?»

Ma porco Salazar.

Non può stare zitto e tornare a farsi la sua vita da coglione? No perché deve venire a rompermi le ovaie. Quanto lo odio.

«Che cazzo ne so io, sono fatti suoi quelli, io sono solo quella che svolge la cosa, lei la pensa.» certe volte mi stupisco di come mi escano queste frasi, davvero è strano tuttavia non posso farci niente.

A dire il vero non mi dispiace neanche. Mi rendono più persona complessa, invece che una facile.

«Interessante, addio piccolina.» e se na va davvero, non prima di avermi lanciato uno sguardo di perplessità e scemenza assoluta.

E io dopo questo intervento stupido mi metto a scrivere appunti veri e a seguire sta maledetta lezione. E quando scocca la fine ora mi alzo ed esco in fretta dall'aula, voglio andare in biblioteca a cercare un libro, quello della scorsa volta l'ho finto troppo in fretta.

Le pagine della nostra vita mi ha preso molto, so che è uscito da poco e non so il motivo per cui era nella biblioteca scolastica, sono comunque grata di averlo trovato in quel angolino in mezzo a una montagna di altri libri, che nessuno calcola.

Quel racconto ha lasciato molto dentro di me e credo che sia uno dei romanzi che prediligo fino ad ora.

Comunque sono in biblioteca ora e per l'appunto voglio cercare un libro, e non uno esposto ma qualcuno dietro altri. A parer mio sono i migliori perché pochi sanno che esistono.

Frugando tra gli scaffali più incasinati e colmi non mi rendo conto che sento come un respiro intorno a me, non è il mio perché lo saprei quindi....

Oddio. Con la coda dell'occhio vedo Blaise Zabini afferare un manoscritto e capire se gli piace o no, non sapevo leggesse.

Ma comunque io lo ignoro e lui fa la stessa cosa. È ottimo.

Tranne che dopo un paio di minuti dei passi si fanno spazio in quel corridoio e sbuca un Theodore Nott, che si affianca a Zabini.

Ed ecco che forse è arrivato il momento di andarmene, ne la fretta decido di prendere il libro che avevo addochiato prima che arrivassero e voltarmi per sparire da qui.

Purtroppo a quei due si aggiunge un Draco Malfoy intento a sfotterli. Non ho la minima idea da dove si comparso ma mi divincolo prima che possa succedere qualcosa. Qualunque cosa.

«Dove credi di andare, McKenzie?»

Cazzo. Porco Salazar lo sapevo.

Loro mi hanno visto lo stesso. E questa era la voce di Malfoy, irritante, superiore e infatile.

Alzo gli occhi al cielo perché una discussione, dramma, litigata, insomma quel che volete non la voglio avere ora, per di più con loro oggi. Quindi cammino lo stesso avanti e non mi fermo.

Avverto però uno spostamento d'aria e davanti a me si para esattamente Malfoy. Quel lurido Furetto.

Il suo corpo dinanzi a me mi obbliga a fermarmi e gli altri in un batti baleno si sono posizionati di fianco a lui.

Porca puttana. Ora come me ne esco da questa situazione? Che coglioni, io non ci voglio nemmeno credere a tutto questo.

«Ti senti forte per il fatto che cerchi di ignorarci o ti fa sentire diversa così noi ti vogliamo?» chiede Nott e mi pare ancora molto irritato da quando l'ho lasciato in biblioteca nella merda con Riddle.

«Se cercassi di farlo stai sicuro che non sarebbe per voi e non cerco di ignorarvi per sentirmi forte. Io vi ignoro perché vedervi vuol dire vedere la merda.» gli rispondo con la piena verità e stronzaggine di cui mi dispongo.

Un coro di "Uuush" da parte di Zabini e Malfoy mi fa alzare il mio ghigno soddisfatto.

«Ora se avete capito che non potete competere, me ne andrei.» affermo intenta ad lasciarli qui e tornare a quello che stavo facendo.

Ovvero i fottuti cazzi miei.

«Ti sbagli, ma non ti faremo notare che la competizione è vinta da noi.» ribatte Zanini.

Wow prima volta che parla. Non pensavo nemmeno che avesse una voce, scoperta dell'anno.

«Questo perché te lo lascio credere, statua.»

Le sue orecchie si soffermano sull'ultima parola detta e anche le mie.
Ottimo. Ho dato un soprannome anche lui involontariamente.

Sempre meglio Sheila.

«Comunque è meglio che me ne vada perché la situazione è raccapricciante.»

«E perché mai?» mi domanda Malfoy curioso e scettico.

«Perchè siete in tre, come dite voi "Maschi Alpha", e non riusciete a tenere a bada una ragazzina, come detto da voi. Quindi è decisamente raccapricciante tutto questo.»

E così me ne vado non prima di aver assistito a dei loro stupendi sguardi assassini e sbalorditi. E credo che il Furetto mi voglia uccidere ma sono anche altrettanto sicura che ora è troppo offeso, perché l'ho rimesso al suo posto in un attimo, che non farà assolutamente niente.

Questo mi dà la giusta soddisfazione da andarmene senza essere invisibile e con una fierezza inaudita.

Tutti hanno sempre pensato che io sia debole, la solita ragazza che vuole essere forte ma che alla prima presa in giro crolli.

Non è del tutto vero. So gestire e affrontare questo tipo di cose con una calma e una arroganza decise, ed è anche vero che la notte mi fa cedere alle parole e non è giusto.

Almeno però sono forte difronte ad ogni tipo di insulto e discussione. Solo questo con gli altri essere umani, tranne che con lui.

Tornando però nel mondo reale mi ritrovo in Sala comune, precisamente appoggiata sulla colonna del grande cammino, sono qui perché devo aspettare Chloe qui. Per fortuna sono pure in anticipo, con quegli idioti pensavo di arrivare in ritardo. E grazie a Salazar non ci sono nemmeno troppe persone, forse qualche ragazzino qualche là a cazzeggiare.

Mentre aspetto ripongo il libro preso in biblioteca nella borsa, non l'avevo ancora fatto presa da troppe cose.

Il titolo è L'insostenibile leggerezza dell'essere
è una frase che mi colpisce ed è così poetica, complessa ma sciolta da capire. Leggerlo mi prenderà tutta me stessa.

«Sei già qui?» la voce di Chloe mi fa rialzare la testa e la vedo arrivare, mi raggiunge e io mi stacco dal muro.

«Bhe non avevo niente di meglio da fare.»

«Va bene. Allora iniziamo ad andare, abbiamo due lezioni differenti ma io ho Piton ora ed è meglio che arrivi in anticipo.» è decisamente vero.

«E io ho Flitwick. Non che debba arrivare in anticipo ma già troppe volte riprende gli alunni e se lo faccio incazzare io, quel nanneto mi lancia qualsiasi incantesimo esistente addosso.»

Rendendoci conto di ciò che ho detto e dei nostri commenti sui professori ci mettiamo a ridere, ridere davvero.

«Siamo proprio simpatiche noi.» lo dice ancora con la ridarella in corpo. E la mia si scatena ancora.

Ci dirigiamo nella nostre classi, nel tragitto abbiamo parlato e riso su quanto odiamo o ci fanno divertire i professori.

Sì, decisamente siamo troppo simpatiche.

Quando arrivate davanti all'aula di incantesimi è anche il momento di separci.

«Ciao, Verdina.»

«Ciao, Gioetta.»

E con un angolo della bocca alzato perché divertito, entro in classe e prendo posto. Non c'è ancora molta gente ma è sempre meglio arrivare in anticipo d'ora in poi.

Dopo circa dieci minuti sono arrivati tutti e il professore fa partire la lezione. Oggi studieremo l'incantesimo rallegrante, del tutto fuori da me ma è sempre bello imparare nuove cose.

Flitwick per prima cosa lo spiega e noi lo ascoltiamo, c'è chi lo ascolta e basta e chi prende appunti, io sono la seconda categoria.

Infatti stavo facendo i miei appunti quando qualcuno bussa, il professore gli dà il permesso di entrare e scopro che si tratta della McGranitt.

«Scusate l'interruzione ma avrei bisogno della Signorina McKenzie. Suo padre la cerca.»

Quando lo dice il mio corpo si arresta di colpo, i miei pensieri cessano e tutto di me si riempie di paura.
I tremori si fanno spazio nelle mie mani e la mia consapevolezza avanza.

Cazzo dovevo saperlo! È qui adesso, dopo tempo perché voleva che io non sapessi.

«Signorina.» richiama la professoressa quando mi scorge paralizzata.

Almeno il mio corpo si riscuote dal momento di fermezza e si alza. La mia mente però è un intreccio di paura e delirio. Ora i demoni occupano la loro poltrona come nei ricordi.

Avanzo fino a lei e nel mentre sento il vociferare dell'intera classe, chi ride perché pensa che io abbia fatto una cazzata, chi sparla sapendo chi sono per loro o semplicemente chi si fa domande tra di loro.

Queste cose però si spostano in secondo piano perché su di me avverto due occhi marroni scuro, occhi che odio fino al midollo.

Lui rimane sempre a fissarmi se sono di spalle e non ho mai capito il motivo, mai lo vorrò sapere. Trattengo con forza la voglia di fargli il dito medio da qui, i professori potrebbero vedermi e non sarebbe una bella cosa essendo che già sono ne guai fino al collo. E la situazione peggiorerà sempre di più.

Arrivata a lei, mi dà il consenso di uscire e poi concede alla classe di continuare la lezione . Dopodiché chiude la porta e percorriamo il tragitto in silenzio, vedo però che qualche volta mi occhieggia preoccupata cercando di non farsi notare.

Certe volte negli anni ho pensato che lei sapesse ma è solo una cosa sciocca. È sempre stata così perché come ogni persona vede quel uomo in modo gradevole, pensando inconsciamente che sia affettuoso e un padre. E quando scopre che mi vuole vedere perché ho fatto o non fatto, in ogni caso vieni direttamente dal preside si preoccupa che io lo abbia fatto arrabbiare con qualcosa di assurdo.

Tutte enormi stronzate.

Ma come puoi spiegare a loro cosa succede davvero, come puoi fargli notare la verità, come riesci a mostrare il tutto? In che modo puoi mostrare la realtà se è nascosta dietro ogni bugia e illusione creata da lui?
È impossibile e onestamente non ci si può nemmeno pensare di poterlo fare. Una cosa che nemmeno Merlino o Salazar avrebbe potuto risolvere.

Davanti al Gorgoyle, dopo una decina di minuti che camminavano, la sento pronunciare qualcosa, ahimè però incomprensibile e poi la statua inizia a girare facendo apparire le scale.

Salendo uno a uno gli scalini la puara si aggrava e il cuore batte a tempo irregolare.

Le mie gambe e le mie mani teramano al solo pensiero di rivederlo dopo tutto quello che ho fatto per scappare. E la mia mente è in un caos ancora più grande perché non si aspettava di rivivere il tutto in così poco tempo.

Niente era pronto, ma doveva esserlo se dovevo resistere per un ennesima volta.

E devo assolutamente riuscire a controllare le cose o potrebbe rovesciare tutto il vaso.

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