La Corona di Tenebre

By BoogieBookie

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✨Pubblico regolarmente!✨ Aureen non la vuole una corona. Aureen vuole rimanere nel Mondo Verso, il mondo deg... More

I VOLTI DEI PERSONAGGI
Prologo
1 JOYCE
2- AUREEN
3- EDEN
4- AUREEN
5- EDEN
6- AUREEN
7- AUREEN
8- EDEN
9- AUREEN
10- EDEN
11- AUREEN
12- EDEN
13- AUREEN
14- EDEN
15- AUREEN
16 - AUREEN
18- AUREEN
19- EDEN
20- AUREEN
21- AUREEN
22- EDEN
23- AUREEN
24- EDEN
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26- EDEN
27- AUREEN
28- EDEN
29- AUREEN
30- EDEN
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32- EDEN
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40- AUREEN
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48- AUREEN
49- EDEN
50- AUREEN
51- EDEN

17- EDEN

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By BoogieBookie

«Il popolo non si fida.» Alec aveva trangugiato sei birre, quella sera.

«No, neanche un po'.» Io ne avevo trangugiate sette.

La locanda pullulava di brutti ceffi. C'era mancato poco che spaccassi la faccia a un tizio per aver tenuto gli occhi incollati al culo di Valerin qualche secondo di troppo.

E ringraziasse il cielo che Jared era di turno al castello. Aureen doveva poter sempre contare su uno di noi.
Non che a Val, comunque, servisse aiuto. Forse, tra tutti noi, era lei la più letale. Con quel pugnale fissato alla coscia e con quella sua bizzarra fissa per i veleni... beh, non era saggio mettersela contro.

«Ma la smettete con queste schifezze?» Val ci tolse i boccali da sotto il naso. «Avete bevuto decisamente troppo.»

«Troppo poco» ribattei, strappandole di mano la mia birra.

Lei sbuffò ma mi lasciò fare.

«Voglio vedere, domani, quando ti butterò giù dal letto. Ti pentirai di non avermi dato retta.» Si alzò e ci lasciò lì.

«Forse dovremmo darci un taglio» disse Alec, mandando giù un altro sorso.

Aureen.

Non facevo che pensare a quella mattina. Perché diavolo si comportava così? Sì, era incazzata e a buon diritto. Ma io ero lì per aiutarla, lo aveva scordato? E poi, anche io stavo rinunciando a tutto.

Ero io che avrei dovuto selezionare per lei i giusti pretendenti. Però, quello, non doveva essere un problema... giusto? Voglio dire, dopo diciannove anni si poteva dire che neanche ci conoscessimo più. Cosa volevo da lei?

Le stavo organizzando un matrimonio e la cosa la mandava in bestia.

Ma quello era il mio cazzo di compito. Non potevo farci niente.

«Che ti passa per la testa?» La voce di Alec mi strappò dai miei pensieri.

«Riflettevo.»

«È per Aureen?»

Sollevai gli occhi e lo guardai male. Le sue sopracciglia nere, dello stesso colore di occhi e capelli, si alzarono in un'espressione sapiente. Come se avesse capito tutto.

«Tu e Val parlate di me alle mie spalle?» Storsi il naso in una smorfia infastidita.

«Amico, guarda che si vede che te la mangi con gli occhi.»

«Spari cazzate» tagliai corto.

«Puoi anche non ammetterlo, ma sai che ho ragione.» Si portò nuovamente il boccale alle labbra. «Se vuoi sapere come la penso, dovresti forzarti ad andare oltre. È un gioco rischioso. Potresti mettere a repentaglio non sono il Regno e le alleanze, ma anche Aureen. E te stesso.»

Non potevo negare che avesse ragione. Non c'era niente tra noi, ma se non mi fossi dato una cazzo di calmata avrei rischiato di accendere qualcosa anche in lei. E non doveva succedere. Lei non poteva permetterselo. E nemmeno io.

«Parli a vuoto. Non provo nulla per lei, non il quel senso.»

«Senti, il popolo non si fida di lei. Non ancora. E se uscisse fuori che se la fa con il suo Gran Cavaliere invece di cercare un alleato negli altri Regni, potrebbe diventare impossibile restaurare la sua reputazione.»

«Alec, ho capito» quasi ringhiai. «Non c'è bisogno che tu mi faccia il discorsetto. Non provo nulla per Aureen.»

Nonostante l'intorpidimento dell'alcool, tenni lo sguardo fisso e serio nel suo. Sapevo che non mi credeva.

«D'accordo» scolò l'ultimo goccio e fece cenno al barista di portargli un'altra birra.

Il cameriere – un bel tipo con delle ciglia da fare invidia a Valerin – lo servì con un sorrisetto malizioso. Alec, com'è ovvio, ricambiò.

«Pensavo che avessi adocchiato la rossa lì in fondo.»

La ragazza lo stava spogliando con gli occhi.

«Che ti devo dire? Non c'è due senza tre.» Scrollò le spalle e nascose un ghigno.

Gli assestai una pacca sulla spalla e mi alzai dallo sgabello. «Beh, divertiti.»

Il suo «Puoi giurarci» mi seguì fino alla porta della locanda.

Il cielo era nero e quasi privo di stelle, e l'aria si era fatta più fredda rispetto alla sera prima. Ma il sangue mi pompava caldo nelle vene.

Quando raggiunsi il mio cavallo, l'occhio mi cadde su una macchia di terreno più scura. Mi accovacciai e strinsi i fili d'erba ormai marciti. I segni di Zelveen la Tessitrice erano sempre più visibili. La sua tela di tenebre si stava espandendo.

Il giorno seguente avrei dovuto discutere con Aureen della questione. Dovevamo capire come muoverci. Di certo, non potevamo aspettare che la minaccia ci si parasse davanti in carne e ossa.

Ero inquieto. Una paura fredda mi s'infilò nel petto. Avevo bisogno di calmarmi.

•~•~•~•~•~•~•~

Due crostate, cinque teglie di biscotti, e una trentina di quelle tortine alla glassa che piacevano tanto ad Aureen.

Mi sedetti al tavolo che i domestici utilizzavano ai loro pasti e allentai i lacci della camicia. Si moriva di caldo, lì dentro. Mancavano poche ore al mattino, e non avevo ancora smaltito l'alcool.

Però avevo ritrovato la calma. O meglio, ci avevo provato. La paura per le minacce di Zelveen si era placata, ma il senso di frustrazione non se n'era ancora andato.

Smettila di pensare a lei.

Buttai la testa all'indietro e sbuffai tenendo gli occhi chiusi.

«Dammi tregua» mormorai.

«Posso tornare più tardi...» rispose una voce calda e dolce.

Mi tirai su di scatto.

Aureen era in piedi accanto al ripiano. Indossava una camicia da notte chiara e una veste color porpora slacciata sul davanti. Il tessuto sottile le aderiva perfettamente al corpo e lasciava ben poco all'immaginazione. I riccioli scuri le cadevano sulle spalle.

Strinsi i denti. Era bellissima, cazzo.

«Oh, no... non ce l'avevo con te.»

In realtà sì, ma con la te nella mia testa.

Piegò un angolo della bocca verso l'alto. «Parli da solo, ora?»

Feci spallucce. «Aiuta a schiarirsi i pensieri.»

«Hai pensieri che ti turbano?» Da come lo disse, sembrò volesse stuzzicarmi.

«Come tutti» ribattei, un po' troppo brusco.

Forse ero ancora un filino risentito per la discussione del mattino precedente. Lei, invece, sembrava averla dimenticata.

«Avete bisogno di qualcosa, Altezza

«Sai che non devi usare quell'appellativo con me.»

«Non sembravi pensarla allo stesso modo, ieri» dissi, nello stesso momento in cui lei aggiungeva: «Scusa per quello che ti ho detto ieri.»

Calò un velo d'imbarazzo su di noi.

Lei abbassò gli occhi e si morse l'interno della guancia. Potevo davvero avercela con lei per più di una giornata?

«Non ti scusare, è solo un periodo di merda» mi sentii dire.

Lei arcuò entrambe le sopracciglia in un'espressione tra l'assenso e lo sconforto, intanto che annuiva. «Veramente di merda.»

Lanciai un cenno al bancone ricolmo di dolci. «Beh, potrei avere qualcosa per tirarti su il morale.»

Mi costrinsi a cacciare i mille doppi sensi che mi si affollarono in mente.

Smettila.

Lei, rapida come una mantide, addentò una tortina glassata e si leccò le labbra. «Hai ragione, funziona.»

Sorrisi. Le avrei preparato tutte le tortine che desiderava. Ne afferrai una a mia volta.

«Non riesci a dormire?»

Si pulì la bocca col dorso della mano. «In realtà, ti stavo cercando.»

«È successo qualcosa?»

Scosse la testa. «Volevo chiederti un favore...»

«Basta che non preveda pulire la lettiera di quella tua bestiaccia e ci sto.» Scherzai, masticando.

«Volevo chiederti di allenarmi.»

Quasi mi strozzai. «Che?»

«Hai capito bene.» S'indispettì.

«Reen, va contro il protocollo. Una Regina non dovrebbe saper combattere.»

«Ti stai dimenticando che io so già combattere.» Incrociò le braccia al petto. «Ho solo bisogno di riprendere il ritmo, di affinare la mia tecnica. E tu vieni dall'Accademia. Ma se proprio non vuoi, posso sempre trovare qualcun altro che...»

«Ci sto.»

«Ci stai?» I suoi grandi occhi color nocciola si riempirono di speranza.

Roteai gli occhi. «Dovrò vedermela con una frana, ma sì, ci sto.»

«Dammi tempo, sbruffone.» ghignò lei. «Qualche ora di allenamento e ti ritroverei con il culo a strisce.»

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