Cieli di Sangue - La nuova di...

By Chiarasaccuta_writer

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{Libro Secondo della trilogia Cieli di Sangue} I regni di Kaewang e Sunju sono in pace, ma i sovrani si trova... More

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Shin teneva lo sguardo fisso sul lungo rotolo di bambù, senza badare alla presenza ingombrante di Koryen. Erano giorni che non chiudeva occhio, da quando Song aveva annunciato di sposare la principessa di Kaewang. Da che aveva saputo, la regina reggente e il principe ereditario avevano accettato la proposta. Era tutta questione di tempo.

«Shin, mi ascolti?» gli domandò Koryen, con fare seccato. La donna chiuse il ventaglio e lo poggiò con forza sul tavolo, facendo traballare le fiamme sulle candele. «Sono venuta qui per fare ammenda, ma a te non sembra importare. Voglio avere un marito, non una marionetta, accanto a me.»

Il terzo principe passò una mano sulla fronte, scacciando inutilmente tutta la pesantezza che lo comprimeva. Aveva già dovuto bere il tè con lei, che altro desiderava?

«Perdonami, Koryen, ma le questioni a corte si sono fatte complicate, perciò non riesco a pensare ad altro.»

Non amava essere scortese, o scontroso, poiché conosceva le conseguenze di simili comportamenti, ma quella donna riusciva a scuotere anche un tentativo di pace.

Koryen si alzò sbuffando e posò le mani sui fianchi. «Almeno preoccupati di farmi qualche regalo. Voglio capire se tieni a me o meno, perché pare proprio che tu...» per fortuna, non ebbe modo di continuare, che Yuki fu annunciata ed entrò nella stanza con il volto adombrato dalla preoccupazione. «Oh, è arrivata la favorita. Chi ti ha fatta entrare?»

«Koryen» borbottò Shin, sollevando il viso verso di lei. «Se desideri dei doni, li avrai. Manderò un sarto reale che ti creerà gli abiti più belli di tutta Sunju.» Sospirò, fissando poi Yuki con più dolcezza. «La mia concubina può entrare ogni volta che ne sente la necessità.»

Koryen strappò dal tavolo il ventaglio, ignorando l'inchino che Yuki le rivolse. «Abiti, ma per favore...» brontolò, velenosa, per poi uscire a passo svelto.

Yuki la guardò turbata, ma non vi badò, sembrava preoccupata di questioni più impellenti. Si inginocchiò accanto a Shin, porgendogli una pergamena. «Shin, è appena arrivata una lettera... di sangue.»

Ben felice che Koryen fosse andata via, Shin non lo fu nel vedere una tale missiva. La raccolse tra le mani e la scartò, leggendone il contenuto. Gli occhi tremarono per un attimo. Ogni ideogramma era davvero stato scritto con il sangue, faceva apparire il tutto più macabro di quanto già non fosse.

«Si tratta di Mi-sun...»

«Le è capitato qualcosa di grave?» gli domandò Yuki, posando una mano sul suo braccio.

«Mi-sun si trova in una situazione difficile» le passò la lettera affinché la visionasse, in quei quattro anni Yuki era stata istruita a corte imparando sia a scrivere che a leggere. «Dovrò mandarle alcuni dei miei uomini per riportarla qui.»

Yuki serrò le labbra al solo decifrare quegli ideogrammi, rossi e al contempo eleganti. «Pensi che sia una buona idea? Da Kaewang non sono giunte notizie riguardo la condizione della principessa...»

«È probabile che Mi-sun non voglia più avere a che fare con Kaewang» scosse la testa. «Sapevo che saremmo arrivati a questo punto. Ho sbagliato a temporeggiare, a credere che quando avrei avuto più potere avrei potuto aiutarla... Ma adesso non posso lasciarla da sola.»

Yuki adagiò la lettera sul tavolo e sorrise al marito, posando una mano sul suo viso con fare amorevole. «Non puoi rammaricarti per il passato. Credo che lei ti sarà riconoscente e, quando tornerà a palazzo, potrà aiutarti.»

Shin fece una smorfia. Si sentiva terribilmente in colpa, una colpa che strisciava lungo la schiena e risaliva fino alla nuca, martellando nella testa. Aveva abbandonato sua sorella solo perché si era preoccupato di altre questioni. Aveva sempre cercato di non agire, di rimanere cauto, anche a discapito di coloro a cui voleva bene, solo per proteggersi.

Non era certo che sarebbe riuscito a riacquistare la sua fiducia, o ad essere un buon fratello per lei, ma ci avrebbe provato. A partire da subito. Non poteva lasciare Mi-sun indietro. Non quando si stava prodigando per Eunji. Se voleva battere Song, aveva bisogno della presenza di tutti i suoi fratelli a corte. «Ne dubito... Quando aveva bisogno di sostegno io sono rimasto in silenzio. La sua lettera lascia sottintendere un certo distacco...»

Un sospiro sfuggì alle labbra della giovane, che si affrettò subito a celare. «Lascia il passato dove sta. Le stai comunque facendo un favore, dimostrandoti pronto all'aiuto. Ti redimerai in questo modo, e lei lo capirà. Ne sono certa.»

Nonostante la premura di tali parole, Shin non riuscì a credere del tutto che fosse possibile-

**

Era più di un giorno, ormai, che Saran e Yul avevano lasciato alle spalle la Grande Oasi per dirigersi verso la tribù dei Ghulan.

La ragazza, nonostante avesse indossato un rida' bianco per mascherarsi dal sole, non riusciva a sostenere le temperature così alte. Abituata alla vita notturna del deserto, e al fresco, si trovava immersa in una tempesta di calore troppo dura da sopportare. Difatti, teneva le redini strette, ma tremava per la stanchezza che mai aveva provato fino ad allora.

Il deel arancione di Yul brillò nel momento in cui rallentò il passo, arrivando fin da lei a cavallo, tagliandole la strada. Doveva essersi reso conto delle sue condizioni.

«Va tutto bene, piccoletta?»

Saran sbuffò a quel modo di appellarsi a lei, ma annuì subito dopo. Frenò il cavallo, la cui criniera si era intrecciata di sudore. Anche lui sembrava ormai stremato.

«Certo, qualcosa ti turba?» riversò il problema sul ragazzo, così da evitare di passare come una donna fragile.

«No, non sono io ad essere turbato, ma sei tu a sembrare stanca» rise il giovane, smontando da cavallo con un balzo. La raggiunse e le afferrò le redini. «Vuoi fare una sosta?»

Saran per poco non crollò sul collo del cavallo, ma si riassestò sulla sella, asciugandosi la fronte su cui il sole passava appena. Si guardò attorno: soltanto dune che si susseguivano, vento caldo che sollevava granelli di sabbia e nemmeno l'ombra di una nuvola. Andare avanti così, senza concedersi una fermata, l'avrebbe indebolita davvero. Tuttavia, era orgogliosa.

«Non ne ho bisogno, possiamo continuare, Yul.»

Il ragazzo non la ascoltò e le impose le mani sui fianchi, tirandola giù dalla sella. La strinse fra le braccia come se pesasse meno di un fuscello. Saran non avrebbe voluto percepire quella sensazione. Era da molto che non si faceva toccare da un uomo e le mani di Song erano sempre presenti nei suoi sogni, quelli che al risveglio rigettava via con urla silenziose.

«Non c'è bisogno di nascondere le proprie debolezze, sai?»

Saran si aggrappò a lui, abbandonando la sella. «Se mi mostrerò debole finirai per credere che lo sia anche la mia tribù.»

«Non lo farei, invece» le disse Yul, adagiandola sulla sabbia. Le si sedette davanti, sull'altura della piccola duna, così da coprire il sole con la schiena. «Conosco la forza passata degli Shonin, e ammetto che non hanno torto nel voler vivere di notte.»

Saran sciolse il cappuccio dalla testa, liberando la coda di capelli mossa da un leggero soffio del vento. Sorrise nel ritrovarsi in quel piccolo spazio ombreggiato. Era stato un gesto apprezzabile, forse troppo. Non le piaceva cedere alla simpatia di qualcuno così facilmente.

«Fai bene a pensarlo. Non solo fa più fresco, la notte, ma le atmosfere sono diverse. Il deserto prende vita, non sembra così desolato. E la luna...» quando si accorse di aver parlato più del solito, e quindi di aver accennato ad una sorta di confidenza, si bloccò.

Temeva quel momento. Significava che si era lasciata andare, perché lo voleva e Yul la faceva sentire a suo agio.

Il cuore perse qualche battito, ricordando di come fosse stato facile abbandonarsi a Song. Erano gli stessi sentimenti? Impossibile, Yul non sarebbe mai potuto essere Song.

Lui le sorrise in modo affabile, come se fosse rimasto incantato dalla sua voce. «Immagino che tu abbia ragione. Un giorno verrò da voi Shonin, e osserverò il deserto illuminato dalla luna. Allora saprò dire quanto le tue parole siano veritiere.»

«Ah, se dovessi davvero venire a farci visita non te ne andrai più, senza dubbio» mormorò lei, sciogliendo la fiaschetta dalla fusciacca per poter bere un goccio di acqua che la rinfrescò. «Invece, so che la tua tribù è molto accogliente, o sbaglio?»

«Oh sì, rimarrai incantata anche tu. C'è un continuo via vai di persone, dunque troverai sempre facce nuove» le spiegò Yul, con un certo orgoglio ad illuminargli il volto.

Saran si lasciò andare ad una smorfia. Non apprezzava particolarmente le tribù movimentate.

«Si dice che abbiate molti contatti con dei mercanti di Daradaj... Io detesto quelli come loro, non ci sono mai andata d'accordo» sputò amaramente, scuotendo la testa.

Le venne in mente il giorno in cui aveva discusso con uno di loro, lo stesso giorno in cui aveva incontrato Song. Doveva smettere di pensare a lui, in fondo, ormai era un principe ereditario interessato a impossessarsi del trono, circondato da donne che lo avrebbero aiutato a diventare tale. La sola idea la disgustò e si domandò perché non fosse stata abbastanza.

Si destò da quella fantasia quando Yul le posò una mano sul braccio, armato di un sorriso avvenente. «I mercanti sono la nostra principale fonte di guadagno, ne accogliamo molti dal medioriente e facciamo in modo che acquistino la nostra merce. Grazie a loro, abbiamo bauli pieni d'oro e pietre preziose.»

«Ora capisco» borbottò Saran, fissando la sua mano attorno al braccio. Per qualche ragione non la spostò. «Io mi indispettisco spesso con loro, finisco per tirare fuori le armi e minacciarli.»

Yul scosse il capo, facendo agitare i lunghi capelli neri. «Allora sei come uno sciacallo, pericolosa fino all'ultimo. Peccato che io stia riuscendo a domarti, o forse sei tu che mi stai permettendo di entrare fra le tue grazie?»

Saran scattò in piedi, desiderosa di colpirlo, così da punire la sua lingua. Come osava asserire una cosa simile? Si salvò solo quando si udì un rumore di zoccoli che si avvicinavano.

«Qualcuno è sulla nostra stessa strada» si voltò a guardare indietro e Yul si sollevò in piedi, perdendo la sua aria sarcastica, dando sfogo ad un'ombra tesa. Gli occhi scuri si fissarono su due uomini vestiti con dei deel che si stavano avvicinando a cavallo. Le trecce tintinnanti risuonavano al vento.

«Chi diamine sono...» mormorò il ragazzo, preoccupato.

Saran li riconobbe. Il marrone era utilizzato dalla tribù di Nehkii, che gli Shonin avevano sconfitto anni prima, durante la battaglia a cui Song aveva partecipato. E in cui le aveva salvato al vita.

«Nemici, molto probabilmente» lo redarguì, mettendo una mano alla frusta per precauzione. «Tieniti pronto.»

Yul annuì, mentre i due si fermavano di scatto, smontando da cavallo con aria minacciosa. Gli stivali affondarono nella profondità della sabbia. Uno sguainò la sciabola, l'altro incoccò in fretta una freccia ad un arco ricurvo che tese verso di loro.

«Chi siete?» domandò Yul, con i pugni chiusi.

«Non importa, le facciamo noi le domande» disse quello armato di spada, guardandoli in cagnesco. «Chi di voi fa parte della tribù dei maledetti Shonin?»

«Maledetti?» sibilò Saran, facendosi scoprire subito. Il sangue le stava ribollendo nelle vene. «Che cosa volete?»

«La ragazza pallida fa parte di quella tribù di quei cani» sputò aspramente quello che tendeva il piccolo arco, dignignando i denti. «Siamo qui per vendicarci. Anni fa, voi avete distrutto la nostra casa con la tecnica dei Cieli di sangue.»

Saran stritolò il manico della frusta, sempre più adirata. «Non avete più niente da vendicare, ormai la vostra tribù non ha più nemmeno un nome!»

«La nostra tribù vive ancora. E noi la vendicheremo, oggi!» l'uomo tese la corda in un movimento fulmineo e lasciò andare la freccia, che si infranse sul braccio di Yul, messosi davanti a Saran per ripararla.

«Yul!»

Stupido, perché accidenti si era preso la freccia al suo posto?

Saran lo scostò indietro, schioccando la frusta che colpì l'arciere, disarmandolo velocemente. Il secondo guerriero si slanciò su di lei agitando la sciabola in direzione del suo fianco. Saran fu colpita di striscio mentre tornava indietro, e il sangue colò sulla veste. Gli tirò un calcio di rimando, facendolo inginocchiare. Gli attorcigliò la corda della frusta alla gola, soffocandolo.

Yul, intanto, si era rimesso in piedi si avventò sull'arciere senza dargli tempo di riprendere l'arma. Protesse Saran e lo colpì con un pugno al naso, ma ricevette in compenso un calcio sull'addome.

Saran abbandonò l'uomo ormai esanime, facendolo crollare a terra, e si voltò verso il compagno in difficoltà. Fece allora schioccare la frusta verso il nemico, lacerandogli il volto. La carne si staccò dalla guancia, il sangue zampillò e Saran non lo lasciò stare finché non lo soffocò allo stesso modo.

Quando ebbe finito, lo allontanò dal proprio corpo, stanca e sudata.

Yul ricadde al suolo e strinse la sabbia tra le dita, guardandola con il fiatone e il sangue che colava lungo il braccio. «Saran... Stai bene?»

Saran abbandonò la frusta ai propri piedi e si gettò al suo fianco, controllandogli la freccia nel braccio.

«Questa te la sei presa al mio posto, e non avresti dovuto farlo.»

«Non avrei? E poi chi avrebbe sopportato i tuoi lamenti fino alla tribù?» rise, con i capelli disciolti sulla fronte, che appoggiò alla sua, in un principio di cedimento.

Saran gli sfiorò le guance, sorreggendolo perché non cadesse sulla sabbia bollente. Quel gesto così vicino le fece capire che si stava affezionando e non le piaceva per niente.

«Mi prenderò cura di te, ma dovrai smetterla di dire così tante sciocchezze.»

«D'accordo, piccoletta» sorrise Yul, mentre con il suo aiuto si rimetteva in piedi. «La tribù non è molto lontana, raggiungiamola prima di incontrare altri uomini arrabbiati.»

Saran annuì alle sue parole. «Bene, ma non osare svenire.» Lo sollevò e lo condusse sul proprio cavallo, aiutandolo a salire.

**

E QUINDI, Saran si sta avvicinando molto a Yul. Che questo viaggio possa riservarsi qualche particolare sorpresa? Beh, non lo sapremo molto presto, visto e considerato che lei pensa ancora a Song.

E tutto ci riporta a Song. Anche i tizi della tribù di Nehkii che hanno cercato di dar loro filo da torcere 🌝

Non sottovalutiamo i segni!

Nel frattempo, Shin si rende conto dei propri errori, e ne ha fatti tanti. È stato un bel po' menefreghista con Mimì, ma ora il tempo delle chiacchiere è finito.

Detto ciò, io vi aspetto mercoledì perché vedremo non uno, bensì I DUE PRINCIPI EREDITARI SENZA MACCHIA E SENZA PAURA! YONG E SONG!

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