Cieli di Sangue - La nuova di...

By Chiarasaccuta_writer

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{Libro Secondo della trilogia Cieli di Sangue} I regni di Kaewang e Sunju sono in pace, ma i sovrani si trova... More

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By Chiarasaccuta_writer

Quegli uomini erano tutti così pieni di sé che, alla fine del khurultai, Saran uscì per prima dalla gher.

Non aveva intenzione di rimanere lì dentro un momento di più, a subire sguardi che la ammonivano in silenzio, come se la sua parola fosse solo un disturbo, o la sua presenza. Ad ogni modo, era lì per una questione ben più importante: convincere il ragazzo dal deel arancione ad allearsi con la propria tribù e non poteva permettersi di lasciarsi sfuggire una tale occasione. Perciò, lo attese fuori con i pugni stretti, mentre il sole le bruciava la pelle. Non era abituata a vivere di giorno e la stanchezza nel momento in cui solitamente dormiva si fece sentire.

Yul uscì poco dopo, parlando al fianco di un khan dalla lunga barba, entro cui correvano campanelle fastidiose che suonavano ad ogni passo. Non appena la vide, sorrise, e si congedò con un inchino dall'uomo, per andarle incontro con le braccia dietro la schiena.

«Mi spiace annunciarti che dovrò subito correre alla mia tribù e onorare il patto di alleanza con i Taigat, non vorrei mettere mio padre in cattiva luce.»

Saran lo scrutò a fondo, muovendo la coda di capelli. Era indubbiamente affascinante, sicuro di sé, e non vi era traccia di antipatia nel volto. Piuttosto, lo era lei, e verso tutti, così da potersi creare uno scudo.

«Perché non mi porti con te?» sorrise aspramente. «Non ho mai visto il nord del Khusai, so solo che le loro tribù sono più bellicose di noi del sud. Il Biyu è la gemma della tranquillità»

«Il nord è difficile da conquistare, ma se te lo prendi, hai risorse per tutta la vita. Noi siamo stati benedetti dal Cielo Azzurro con quel matrimonio fra mia sorella e il khan dei Taigat, proprio per questo non possiamo venire meno alla sua chiamata» ricambiò il sorriso, dirigendosi verso il grande specchio d'acqua limpida della Grande Oasi, dove altri uomini stavano bevendo. «Vieni, rinfreschiamoci e partiamo. Se ci tieni, ti porterò con me nella spedizione. So che è stato Ogodei khan, della tribù degli Ongirrat, a dichiarare guerra a Tomur Khan. Ne hai mai sentito parlare?»

Saran cominciava a trovare insopportabile quel luogo in cui si sentiva quasi da meno, anche con Yul era così. Quel ragazzo era estremamente informato sulle questioni politiche del Khusai, mentre lei, che non se n'era mai interessata, non sapeva niente. Eppure doveva rimanere determinata, perciò si pose al suo fianco e lo seguì. Non voleva passare per un cane che gli scodinzolava dietro, perciò lo superò e quando arrivò sulle sponde si fermò di scatto.

«So che Ogodei è giovane... come te, l'ho incontrato una volta, si era recato fra gli Shonin a chiedere asilo, per sbaglio oserei dire. Non è troppo per un ragazzo del genere cercare di buttare giù la tribù più grande del Khusai? Io non lo farei, almeno non senza un'alleanza... con qualcuno di forte» Lo fissò di sottecchi.

«Quindi ci reputi forti? Saran, senti, sei davvero carina, ma ci ho pensato e mi dispiace dovertelo dire: sappi che un patto tra le nostre tribù non mi gioverebbe. Non avete nulla da offrire» le spiegò lui, infilando le mani a coppa nell'acqua. «Sarebbe irrispettoso nei confronti di mio padre.»

Saran aveva appena sganciato dalla fascia la ciotola che si portava sempre dietro, le cui bordature argentee ricordavano il cielo stellato. Era stato suo figlio a crearla e a inciderla in quel modo, affinché portasse con sé sempre un pezzo di lui. Per quanto ora avrebbe voluto lanciarla addosso a Yul.

«Sei certo di voler essere ancora indisponente nei miei confronti? Anche Ogodei khan non aveva nulla da offrire a nessuno, eppure non si è fatto scrupoli nel mostrarsi audace. E ora, i Taigat vengono a chiedere aiuto» Lo sguardo si assottigliò fino a diventare ghiaccio. «Le alleanze cambiano, e gli Shonin sono ancora annoverabili fra le tribù più grandi del deserto.»

Il ragazzo scoppiò a ridere, come se avesse avuto davanti una bambina che agitava una spada di legno. «Tutti sanno che avete perso i Cieli di Sangue, se le tribù del nord non hanno cercato di sottomettervi è solo perché non gli interessa il deserto.» Bevve una sorsata dalle proprie mani, e poi continuò a parlare. «Se il Biyu non lo vivi, non lo apprezzi. E se non lo apprezzi, non lo conosci.»

Saran strinse la ciotola, continuando a tremare indispettita. Pur di contenere la rabbia si chinò e raccolse il liquido al suo interno, per poi bere tutto insieme, dissetandosi in fretta.

«Sei uno sciocco. Non appena la mia tribù tornerà in possesso della pergamena contenente la formula dei Cieli di Sangue, ti offrirò la conoscenza di quel potere. Gli Shonin, insieme ai tuoi uomini, uniranno le forze e saremo imbattibili. E allora non dovrete dipendere nemmeno dalla protezione dei Taigat.»

«Sarebbe perfetto» sussurrò Yul, avvicinandosi fino ad arrivare a pochi passi dal suo viso. L'abbronzatura faceva risaltare lo sguardo divertito. «E quando la riotterrai? Se mi è concesso chiedere.»

Saran non aveva paura di lui, dunque non si spostò, ma ricambiò quella occhiata tentando di non farsi distrarre dalla profondità dei suoi occhi scuri, sicuri e caldi. L'ultima volta che aveva provato quelle sensazioni non era andata bene. «Senza alleati sarà difficile ottenerla, non credi? Per questo mi serve che tu metta una buona parola con tuo padre. Se ci aiuterete, condivideremo la gloria insieme e diverrete, insieme a noi Shonin, i padroni incontrastati delle dune.»

Yul sembrò soddisfatto, dunque, si alzò porgendole una mano. Il vento si levò insieme a loro, accarezzando i volti e i capelli che intrappolarono granelli di sabbia, dorandoli della luce del sole. «Bene, questo accordo è allettante. Ti portò alla mia tribù, quella dei Ghulan, così parleremo con mio padre prima di partire per il passo Gangwon. Ogodei pensa di battere i Taigat e discendere subito a Kaewang... La sua non è furbizia, ma pazzia. Quel coglione è sicuro di sé solo perché fa passare un branco di mercenari come un'orda.»

Si stava fidando di lei. Saran sorrise vittoriosa e gli strinse la mano con più dolcezza del necessario. Non ne era mai stata tanto capace, ma aveva davvero bisogno di sentirsi sostenuta. Tornò in piedi, scostando la coda di capelli che veleggiò davanti al naso.

«Ha pagato dei mercenari? Allora è più stupido di quanto credessi. Mio padre dice che niente è meglio di un paio di uomini fedeli alla propria tribù!»

Yul rise ancora, di una risata allegra che le riempì il cuore. Aveva un carattere che si adattava perfettamente al suo, più buio e oscuro. Dopo averle stretto la mano la condusse verso il recinto in cui i cavalli dei khan pascolavano.

«Mi piace che tu sia così schietta» si complimentò, entrando nel grande perimetro ligneo.

«Anche io ho combattuto, al fianco di mio padre, so come funzionano le guerriglie qui nel Khusai. Non sono ingenua come credi» lo sfidò lei con lo sguardo, andando a prendere il suo cavallo che si prodigò subito a sellare.

«Se sei così sicura di te stessa, che ne dici di una gara di velocità? Cavalcheremo fino alla prossima oasi, che non è poi così lontana» le propose Yul e, una volta sistemato il suo cavallo dalle sfumature della sabbia, salì in groppa con un balzo veloce.

«Molto bene.» Saran voleva dimostrare di essere forte, perciò montò anche lei sul proprio e afferrò le redini. «Peccato tu abbia già perso, Yul.» Gli scoccò un sorriso divertito e partì prima di lui, ponendosi davanti sulla sola uscita del recinto, così da prendere lo slancio per gettarsi sulla strada sabbiosa.

«Hai cominciato barando?» le urlò dietro Yul, seguendola con uno scatto deciso. Il vantaggio di Saran, però, non gli permise di raggiungerla e rimase a pochi passi dietro.

«Sei tu ad essere troppo lento, Yul!» rise Saran, continuando a scalciare il cavallo verso le dune.

Quando vi arrivò, e il vento si mescolò alle sabbie, sollevandole in turbini leggeri, si oscurò. Tutto di quel posto le ricordava Song. Il suo bel viso, i suoi occhi lunghi, la sua voce rassicurante e il suo corpo caldo.

Si era pentita di essere andata via da Sunju? In parte sì, perché la rabbia si era mitigata, ma il dolore era rimasto e la sua assenza continuava a pesare e a stringere il cuore. La verità era che avrebbe preferito ci fosse lui al posto di Yul, lì dietro, su quel cavallo, a rincorrerla in un gioco infantile. Ma non era possibile e non lo sarebbe stato più. Per un attimo si sentì persa, come se il deserto la stesse mettendo in guardia, che la strada alle spalle fosse quella più giusta, ma ormai non poteva guardarsi indietro.

Perse il passo e il cavallo rallentò.

Yul approfittò di quel momento per far procedere il cavallo in avanti, poi allontanò le mani dalle redini e saltò sopra la sua sella, dietro di lei. Le passò le braccia intorno ai fianchi, e afferrò le briglie al suo posto.

«Sei stata stupida a distrarti! Hai ancora molti da imparare» la prese in giro, cercando di frenare il cavallo.

Saran sgranò gli occhi, sentendosi quasi balzare in avanti. Dovette piegarsi indietro per trovare appoggio al suo petto. «Cosa stai facendo? Ero perfettamente nel controllo della situazione!»

«No, non è vero» la rimproverò lui, fermando i due cavalli, ma continuando a tenere un braccio avvolto intorno ai suoi fianchi. «Sembravi pensierosa. Come se qualcosa ti preoccupasse. Avevi perso la tua spensieratezza.»

Saran si dannò per esser stata così facile da leggere e strinse le mani alla criniera del cavallo. «Sono...» doveva mentire, ovviamente. Song aveva già portato abbastanza guai nella sua vita. «Sono solo preoccupata che alla fine non tuo padre non accetterà questa alleanza e ci lascerà nei guai.»

Yul rimase in silenzio, ma solo per pochi istanti, rivolgendole un sorriso mellifluo mentre le accarezzava il braccio. «Non mi piace lasciare le persone in difficoltà, e ciò che hai proposto è un buono scambio. Penso che non ci saranno problemi. I Ghulan ti accoglieranno.»

Quel tocco le fece venire un brivido, poi annuì. «In tal caso sono curiosa di conoscere la tua tribù, Yul» tornò a sorridere, come prima, scacciando via i ricordi di Song.

«Tra poche ore saremo a casa. Per il momento, dovrai sopportarmi» le disse lui, appoggiando il mento alla sua testa, senza premere troppo.

Saran lo lasciò fare, sentendosi più sicura. «Ti sopporterò, allora. Sei anche fortunato, non sono certo un noioso e vecchio khan!»

**

Le riunioni di corte, soprattutto quelle in pieno mattino, annoiavano mortalmente Shin, per poi renderlo nervoso. Non veniva mai ascoltato, né preso in considerazione. Se tentava di prendere la parola, i ministri borbottavano tra loro, rendendo la sua voce un miscuglio di suoni inutili. A volte aveva desiderato essere come Eunji, così convincente e sicuro di sé, capace di affrontare chiunque anche a muso duro. Lui, invece, era solo una veste tra tante.

Quella volta non era diversa. Fino ad allora non era riuscito a dire la sua, quando ci aveva provato, il padre seduto sullo scranno dorato aveva sollevato una mano verso Song, affinché facesse la sua proposta.

Chi meglio del principe ereditario, dopotutto?

A Shin non era mai importato di quel ruolo, ma da quando era stato pugnalato, lo avrebbe solo voluto strappare via dalle mani del fratellastro. Nonostante la pena iniziale provata per lui, quando aveva perso la donna selvaggia che amava, tutto si era trasformato in odio e in rancore.

Song fece un passo avanti, con il volto pallido e concentrato, le sopracciglia dritte che delimitavano emozioni raffreddate. Si inchinò al padre, ma parlò alla corte.

«Abamama, e i ministri, vi chiedo di considerare la situazione del Khusai: le tribù del nord e del sud sono divise. Questo sarebbe un ottimo momento ritornare nel Biyu e riparare all'errore che ho compiuto anni fa, catturando la sciamana degli Shonin.»

Il re adagiò le mani ancorate ai manici, lo sguardo arrossato, ma ancora vigile, si concentrò con attenzione, sebbene le labbra avessero creato una smorfia.

«Un errore quasi incolmabile» lo rimproverò. «Non desidero ritrovarmi di nuovo una selvaggia a corte.»

Shin sorrise, soddisfatto. Ultimamente il padre reale aveva cominciato a dubitare del principe fino ad allora prediletto. Song aveva collezionato troppi errori, dacché non aveva mai fatti.

«Non accadrà una seconda volta, abamama» replicò lui, severamente, coi pugni stretti e il rimpianto sulle labbra. «Prenderò altre mogli che mi serviranno in modo fedele.»

I ministri presero a borbottare, altri invece ridacchiarono come a volerlo prendere in giro: segno che stava perdendo potere. Se solo Shin fosse stato capace di approfittarne...

Il re scosse la testa, le sopracciglia si inclinarono in un moto di fastidio. «Tuttavia, ogni giorno ricevo pessime notizie sul tuo comportamento, non è forse così?»

Shin si accorse che accanto a lui il padre di Mae si fece avanti, inchinandosi al re. Tenne il mento rivolto a terra in segno di reverenza. O forse, aveva ancora un minimo di paura nei confronti del cognato.

Quando il sovrano accordò la parola l'uomo si risollevò.

«Pyeah, non posso esimermi dal riportare le azioni del principe ereditario così come sono. Mia figlia viene trattata ingiustamente a causa della rabbia innaturale che anima il principe ereditario. Non mi sento tranquillo a lasciarla nelle sue mani.»

Il re fissò Song con acredine. «Come puoi spiegare tutto questo?»

Shin sospirò tra sé. Tutti sapevano cosa accadeva nei suoi quartieri. Song era sempre scontante e freddo, non faceva che bere e soprattutto dipingere continuamente un solo volto. Quello che non avrebbe più avuto.

Il principe ereditario strinse i pugni sulla veste e chinò lo sguardo, per poi parlare in tono intimidatorio.

«Penso che io non debba dare conto su come tratto le mie mogli agli altri. Le donne si lamentano facilmente, e io cerco di accontentarle tutte, abamama.»

«Bevendo, Song?» tuonò il padre reale, battendo un pugno sul manico di legno dorato. «Credi che sia sordo e cieco?»

La luce dalle grandi porte centrale filtrò da una piccolissima apertura che si gettò nella sala, arrivando a toccare i primi gradini del trono. Sembrava una scia di fuoco, ma solo Shin parve farci caso. Tutto stava volgendo a suo favore.

«Non solo è indegno il suo comportamento come marito, pyeah, ma anche come principe» insisté il padre di Mae, toccandosi la barba con un certo nervosismo.

Song si inginocchiò dinanzi al padre, ma i suoi pugni erano ancora stretti e il suo tono non possedeva nulla di sincero.

«Abamama, vi chiedo perdono. A volte ho esagerato con il vino, ma non accadrà più. E per quanto riguarda voi...» si voltò verso il suocero, inalberato. «Vi farò tagliare la lingua. Con chi credete di parlare?»

Prima che il ministro si ritirasse di fronte a quella minaccia, Shin avanzò per prendere la parola e non lasciar morire quel barlume di speranza. Compì un inchino e parlò:

«Questa è una questione fondamentale, Song, stiamo parlando di colui che prenderà il posto di nostro padre. Il quale, pare non sappia come comportarsi. Non hai figli maschi, non hai una donna potente al tuo fianco, non riesci a esserlo tu per primo. Capirai, dunque, la preoccupazione dei ministri.»

Song si sollevò di nuovo in piedi, esasperato, e gettò gli occhi al cielo in un impeto di respiro.

«So benissimo di cosa stiamo parlando, Shin, ma non sono io il responsabile dell'incapacità di Mae nel farmi da moglie. Se può far star tranquilli molti di voi, prenderò in moglie un'altra donna.»

Shin si lasciò andare ad una risata e scosse lentamente la testa.

«Vuoi prendere ammogliarti alla figlia di un altro ministro?! Non mi sembra il caso.»

I ministri dietro di lui ridacchiarono allo stesso modo, mentre il padre scuoteva la testa, infastidito. Doveva metterlo in cattiva luce, ancora di più, e giorno dopo giorno tutto sarebbe volto a suo favore.

Tuttavia, stava sottovalutando Song. Troppo.

Difatti, il fratellastro sgranò gli occhi in principio, per poi sorridere con le labbra piene.

«Io guardo oltre Sunju, fratello. La principessa Areum, di Kaewang, si è forse sposata dopo il rifiuto del secondo principe? Ho visto il suo ultimo ritratto, e ne sono rimasto incantato. Credo sia diventata più bella di una peonia.»

Shin si incupì. Lo aveva imboccato così facilmente e si sentì un povero stupido. Non veniva mai ascoltato, da nessuno, ma perché proprio allora? Se davvero quella proposta sarebbe stata accettata, sarebbe stata la fine.

Il re, come previsto, si illuminò di una nuova luce. «La principessa di Kaewang?»

I ministri annuirono. «Ancora non è sposata, pyeah, sarebbe davvero un'ottima opportunità per Sunju. Sugellerebbe un patto di alleanza fra i nostri due regni.»

Shin strinse i pugni, indispettito. «Abbiamo già molti problemi con Kaewang per colpa della principessa di Mi-sun, dovremmo aggiungerne altri, vista l'instabilità di mio fratello?»

«L'instabilità?» Song scosse il capo, stavolta con più sicurezza. Era chiaro che avesse recuperato terreno e volesse mostrarlo. «Shin, hai parlato troppo. Adesso basta prendersi gioco di me. Se la principessa, mia sorella, ha creato dei problemi a Kaewang, io li risolverò con questo matrimonio. Uniremo due regni, due eserciti e due contee.»

Shin tornò a farsi avanti, doveva assolutamente bloccare quella possibilità sul nascere, doveva... niente da fare. Di nuovo inascoltato.

Il re alzò la mano per bloccare Shin, alzandosi lui stesso. «Questa proposta verrà accettata. Manderemo un inviato alla corte di Kaewang per informare la reggente, la regina Rong Le, e prendere accordi.»

Senza badare più alla corte fece segno al suo eunuco personale di portarlo via. Solo quando il re lasciò la grande sala, tutti i ministri, rincuorati, annuirono fra loro.

Song, dunque, congedò la corte seppur lanciando un ultimo sguardo malevolo al padre.

«E quando avremo un esercito consistente, ci dirigeremo nel Khusai. Per adesso, ritiratevi.»

Shin fu il solo a rimanere in quel luogo, tremante, mentre il fratellastro usciva guardandolo vittorioso. La rabbia gli attanagliò la gola, tanto da bruciare. Aveva commesso un errore troppo grande, che lo avrebbe rovinato.

Si guardò attorno, interdetto.

La sola soluzione che possedeva era quella di chiedere ad Eunji di tornare. Di ritorno ai suoi quartieri, gli avrebbe subito scritto una lettera, pregando di aiutarlo.

**

Abamama: padre reale
Pyeah: vostra maestà
Khurultai: riunione dei capi tribù

Oh, io ve lo avevo detto che sarebbe andato tutto al contrario di come in realtà credevate :D Song che vuole sposare Areum? Mi sa allora che non ci sarà trippa né per Dier né per Tomur, perché, a discapito di tutto, Areum resta sempre la prima principessa di Kaewang e ha dei doveri che vengono prima di ogni cosa.

Certo, sempre che non si sposi prima, ma vista la situazione... Non so, voi che programmi vi fate?

Nel frattempo, abbiamo scoperto qualcosa in più su Ogodei e sul piano di Saran. La ragazza si sta avvicinando a Yul, anche se il pensiero di Song torna preponderante sempre di più (STRANO DATO CHE LUI GIà PENSA AL PROSSIMO MATRIMONIO). Che dire, ne usciremo vivi?

Noi ci vediamo mercoledì ragazzi che ci aspetta Yong XD so che vi era mancato e non vedevate l'ora di vederlo. Io nel frattempo vi lascio qui il prestavolto di Yul!

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