Cieli di Sangue - La nuova di...

By Chiarasaccuta_writer

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{Libro Secondo della trilogia Cieli di Sangue} I regni di Kaewang e Sunju sono in pace, ma i sovrani si trova... More

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By Chiarasaccuta_writer

Areum camminò lesta in direzione del falò centrale, ogni volta che avanzava gli stivali di cuoio affondavano sull'erba già umida a causa della pioggia. Il cielo diventava bianco, spesso e volentieri, a causa dei lampi sempre più opprimenti, ma non si poteva venire meno al rito propiziatorio prima di una battaglia.

La ragazza ansimò, sentendo la pioggia mescolarsi alle lacrime che si era permessa di versare, e quando raggiunse il falò più grande vide tutti i generali lì riuniti, insieme alle loro mogli e figli, con le tazze di airag in mano pronti a lasciar scivolare il latte dalle loro dita.

Areum rimase ferma, cercando l'estremo nord della pira infuocata dove sostava il khan insieme alle sue mogli. Tomur sedeva insieme a Ovaal su dei tappeti, Delger e Baylagh sostavano ai due lati opposti. Lo sciamano della tribù, invece, officiava il rito elevando canti verso il cielo. Uno strano odore di erba bruciata si disperdeva nell'aria, il vibrato della voce di quell'uomo, misto ai rombi del cielo e lo strimpellio degli strumenti a corda, era suggestivo. Ricordava ad Areum l'inizio di un incubo.

L'inizio di una sera di fine estate, in cui Yong, in preda alla follia, l'aveva svegliata a calci. Erano bambini, dormivano ancora nello stesso letto. Fu l'ultima notte che lo fecero.

Areum si passò le mani fra i capelli e si avvicinò al falò, cercando lo sguardo di Baylagh. La donna aveva ancora il velo nero sul capo, sembrava uno spirito, un fantasma, eppure, aveva come l'impressione che anche lei la fissasse.

«Il Cielo Azzurro ci darà la vittoria!» esordì lo sciamano. «I suoi fulmini sono colmi di rabbia nei confronti dell'audacia dimostrata da Ogodei. Quell'uomo sarà la causa della sua stessa rovina. Il Cielo sta parlando!»

Areum sollevò lo sguardo verso le nubi nere, ricordando ancora.

Yong era sceso dal letto e aveva rovesciato al suolo ogni lanterna. Diceva di volerla uccidere, di voler morire a sua volta. Areum aveva strillato, finché suo padre non era accorso a salvarli dall'incendio che si era propagato nelle loro stanze. Quella sera, Naemul avrebbe voluto lasciare Yong bruciare in mezzo alle fiamme. Era stata Rong Le a tirarlo fuori, lo aveva difeso fino all'ultimo.

Allora erano cominciati i problemi a causa della successione. Quando Naemul si era reso conto di quanto Yong fosse instabile. E adesso era lei quella instabile, a causa delle parole del gemello. L'altra metà della sua anima, come le avevano ripetuto tutti.

Areum si avvicinò ancora di più nel vedere le mogli dei generali e del khan sollevarsi per intingere le dita nell'airag e spargere il liquido al suolo, a destra, a sinistra e in fronte.

«Per la serenità del Cielo Azzurro, per la prosperità dei vivi e per la memoria dei defunti» mormorò Areum, la preghiera rituale tipica del Khusai, che si andava ripetendo al procinto di ogni battaglia.

Baylagh si sollevò in piedi di fronte la sacralità del gesto, Areum la vide posare una mano sul braccio del khan e carezzarlo, in un gesto dolce. Gli sussurrò qualcosa all'orecchio e Tomur annuì, senza staccare gli occhi dal falò. Era concentrato, nemmeno la tempesta imminente sembrava turbarlo.

Areum notò Baylagh sollevarsi e, dopo essersi inchinata alla khatun, avviarsi in direzione delle gher. Poteva essere il momento perfetto per braccarla.

Areum aggirò il falò e con esso la sacralità di quel rituale, mentre la pioggia si faceva sempre più battente e l'odore aromatico dell'erba bruciata predominante. Le dava alla testa. Doveva essere droga.

Areum si fermò a metà strada e, quando sollevò lo sguardo, nell'oscurità della tribù, vide Baylagh muoversi come un'ombra davanti a lei. Non si fermava, andava dritta per la sua strada, verso quella che sembrava essere la sua tenda: piccola e modesta.

«Aspettate... mia signora, Baylagh!» urlò Areum, sentendo la testa girare. La donna si fermò, a metà strada, ma non si voltò. «Ho bisogno... che voi mi diciate una cosa.»

La donna non parlò, non osò pronunciare nemmeno una singola parola. Almeno non con le labbra, ma Areum udì la sua voce nella mente. «Combatti, domani all'ora del vespro. O per la tribù è finita.»

Areum si sforzò di drizzare la schiena, con le sopracciglia aggrottate. Doveva esserselo immaginato, così continuò con la sua richiesta. «Io... volevo chiedervi del mio futuro... e...»

«Il tuo futuro» stavolta, Baylagh parlò. Areum la vide portarsi le mani al velo e sollevarlo, rivelando un volto bianco come quello delle nuvole, gli occhi erano più blu dei turchesi che portava alle orecchie, e i capelli biondi. Erano puro oro. Non aveva mai visto nessuno con quei colori. Nessuno di così bello, in tutta la sua vita.

«Il mio futuro» replicò Areum, avanzando di un singolo passo. «Voglio sapere cosa mi accadrà. Voglio sapere, perché non posso più vivere con questi pesi sulla coscienza! Voglio essere libera, mia signora. Ditemi dove posso essere libera e io ci andrò! Desidero solo... solo...»

Non riuscì a continuare. La voce era spezzata.

Baylagh la guardò a fondo, sbattendo le palpebre prive di ciglia. Si portò una mano al mento e distese le labbra sottili in un sorriso mesto. «Non dovete andare, dovete solo scegliere. Volete essere regina, gongju mama? Regina di Kaewang o khatun dei Taigat?»

Areum strinse i pugni di fronte quella domanda e non se la sentì più di avanzare. Nonostante ripetesse a se stessa di aver abbandonato il desiderio di governare, qualcosa la riportava sempre sui propri passi. «Forse... non desidero né l'uno né l'altro...»

«Oh no, avete sempre desiderato il trono fin da bambina» mormorò Baylagh, con la pioggia ormai sempre più battente che scivolava sul viso di porcellana. «Ma se doveste scegliere una cosa sola... regina, o khatun?»

«Khatun? Il nipote del khan non mi sposerà mai» sbottò Areum, sobbalzando di fronte il rombo di un altro tuono. O forse era il timore, la consapevolezza e il senso di colpa a farla tremare. «E a Kaewang non sceglieranno una donna per governare, una donna che è stata assente per anni per di più.»

Baylagh chiuse gli occhi e sollevò una mano verso di lei. «Siete stata benedetta dal cielo quando eravate un infante, un drago ha posato il suo soffio sul vostro capo. Il vostro destino è quello di governare, gongju, ma avete bisogno di una cosa per farlo.»

Areum si sentiva sempre più confusa, e più Baylagh avanzava verso di lei, più voleva fuggire. Eppure, la sua bocca si schiuse da sola. «Cosa?»

«La tecnica che i Cieli hanno forgiato. Il sangue che scorre dalle nuvole e cade sulla terra» asserì Baylagh, fermandosi di fronte a lei e aprendo gli occhi, splendidi come due pozze di acqua limpida. Areum ne restò incantata. «Passa da un portatore all'altro. Il tempo di Adai khan è finito, ora si si esige una donna. E quella donna siete voi, altezza, ma dovrete scegliere. Kaewang o il Khusai. Non potrete avere entrambi, a meno che non sacrifichiate la cosa a cui tenete di più.»

Areum aggrottò le sopracciglia, ma Baylagh affondò le mani nelle sue spalle, più severa che mai. «O l'amore o il potere, gongju

E poi, il buio calò davanti agli occhi di Areum. Il buio più nero, totale, e profondo di tutti. Solo un freddo tremendo finì per avvolgere ogni arto del suo corpo, fino a farla svegliare rannicchiata su un cuscino.

L'odore dei fiori di loto nelle narici, l'ombra di un braciere di fronte ai suoi occhi, il feltro dorato della gher di Baylagh intorno a sé. E una voce che ben conosceva nelle orecchie.

«Il rito è finito, Baylagh. I soldati sono stati chiamati, uno per uno. Credo siano più fiduciosi, non amo vedere il morale basso e...»

Era Tomur.

E lei era nella tenda di Baylagh.

Areum si affrettò a drizzare la schiena sebbene sentisse i capelli bagnati sulle spalle e la freddura avvolgere il suo intero corpo. Quando Tomur si voltò, lasciando cadere la pesante pelliccia nera al suolo, aggrottò le sopracciglia. «... Che diamine ci fai qui?» le chiese, avanzando verso le coperte e i cuscini su cui la giovane era distesa.

Areum si passò una mano sulla fronte e sospirò a fondo, stanca e con la mente in subbuglio. Non ricordava molto. «Io... non lo so. Stavo parlando con Baylagh e... lei mi ha... stretto le spalle e sono... sono svenuta.»

«Hai parlato con Baylagh?» le domandò Tomur, gettando via uno sbuffo, prima di sedere fra i cuscini. Aveva il viso pallido, gli occhi stanchi e i lunghi capelli neri pesanti di pioggia che discendevano sulle braccia. «Cosa le hai chiesto?»

Areum comprese che non era adirato e ciò la fece sentire meno in colpa. Così affondò le falangi sulle gonne bagnate sentendo il cuore scoppiare nel petto. «Io non... non me lo ricordo... c'entrava qualcosa la tribù e Kaewang...»

Tomur la fissò in tralice, anche le sue vesti erano fradice. Le maniche della casacca color terra aderire alle braccia. «Inutile quanto cerchi di distaccarmi da quel regno, a quanto pare tu sei il ponte di cui parlava lei.»

«Il ponte?» mormorò Areum, togliendosi le coperte di dosso. Aveva i piedi scalzi. Baylagh doveva averla accudita prima di sparire.

Tomur annuì, avvicinandosi per posare una mano sulla sua fronte, come ad assicurarsi che non scottasse. «Ieri notte sono stato qui, e Baylagh mi ha detto che c'era qualcuno che legava Kaewang al Khusai in maniera indissolubile. Credevo fosse Dier, ma a quanto pare... tu, che non hai nemmeno sangue di queste terre, sei il ponte.»

«Ed è una cosa così orribile? Perché non ne sarei sorpresa» mormorò Areum, cercando di calmare i battiti del proprio cuore nel petto. «Sto bene...»

«Bene? Sembri appena uscita da una battaglia» la redarguì Tomur, lasciando scivolare la mano via. «Hai parlato con mio nipote, oltre che con mia moglie?»

Areum abbassò lo sguardo sul piccolo braciere e si lasciò sfuggire una risata amara. «Ho confessato a Dier una cosa che ho fatto, in passato per ottenere potere. Me ne sono pentita, davvero tanto, ma ora lui crede che io sia una assassina spietata disposta a tutto per il trono.»

Tomur la fissò con una calma stentorea, un sopracciglio inarcato. «Ed è vero?»

«No!» esclamò la ragazza, passandosi le mani sugli occhi pieni di lacrime. «Non lo sono. Non sono... fatta per Kaewang. Non mi interessa tornare a casa. È qui che sto bene e che mi sento libera.»

Tomur non rispose subito, si limitò a sfregarsi le mani vicino al fuoco e annuì, facendole cenno di avvicinarsi. Areum si inginocchiò al suo fianco e lo ascoltò parlare, con la sua voce bassa e placida, capace di darle sicurezza. «Vuoi restare per sempre? Vuoi far parte dei Taigat? Potresti farlo, ma esigerei che abbandonassi titolo di prima principessa. Forse allora Dier ti perdonerebbe.»

Areum strinse i pugni sulle gonne, riflettendo di fronte quella proposta. I suoi occhi vagarono sul viso di Tomur, trovando in lui solo la calma freddezza a cui era abituata. Avrebbe voluto essere come lui. «Mi chiedereste di dimenticare il mio sangue?»

«Io non voglio che ci sia alcun ponte, Areum. Se sei disposta a far parte della mia tribù, a sposare mio nipote... e a diventare khatun, un giorno, dovrai abbandonare il tuo regno» la provocò Tomur, sollevando lo sguardo nel suo. Quegli occhi neri che sembravano contenere tutte le paure del mondo, nascosto sotto coltri di mattoni. Tomur aveva imparato ad argirnarle, a non farsi sopraffare da esse. Lei, invece, ne era succube. «Altrimenti...»

«Dier non vuole stare con me» si affrettò a chiarire Areum, che non voleva avvertire la pesantezza di quella scelta. Non voleva dire addio a Kaewang. Era comunque la sua casa, il luogo dov'era cresciuta. «Probabilmente me ne andrò comunque, non ho niente qui se non lui.»

Tomur schioccò la lingua sotto il palato, insoddisfatto. Poi, posò una mano sulla sua, intrecciando le loro dita come a smentirla. «Non c'è solo Dier. Anche io so che tu sei felice, senza titoli o responsabilità. Sei la ragazza che dovresti essere. Sei libera, Areum. Quanto vale questo rispetto a una corona?»

Areum sollevò gli angoli della bocca in un sorriso e sfiorò con un pollice le nocche di Tomur, in delle piccole carezze. «Me lo dite proprio voi, che siete il capo tribù?»

L'uomo sorrise e tornò a fissare il fuoco. Fece per sottrarre la mano alla sua, ma Areum lo strinse ancora, impedendogli di andarsene, e lo guardò di sottecchi, mentre lui le rispondeva. «Sono più libero di tuo padre, questo è certo.»

«Oh, io non credo proprio» replicò Areum, inarcando un sopracciglio.

Tomur annuì, posando un gomito sul ginocchio per protendersi verso di lei. «Sono libero abbastanza da fare quello che voglio. Anche questo» detto ciò, la baciò.

Fu solo un attimo, in cui Areum si sentì abbastanza rigida da percepire come se tutta la tensione provata il giorno in cui era stata violata potesse tornare a galla. Eppure, tutto svanì nel momento in cui Tomur le cinse i fianchi con le braccia e la attirò al suo corpo, approfondendo quel bacio come se non sfiorasse delle labbra da settimane.

Areum non aveva mai baciato nessuno, ma finì per avvolgere le braccia intorno alle spalle larghe del khan e schiudere la bocca, avvertendo la lingua di Tomur scivolare dentro di essa per esplorarla. Areum tenne gli occhi chiusi e cercò di stare al passo, avviluppò quella lingua alla propria e si sistemò sulle cosce del khan, il quale continuava a stringerle i fianchi con una presa salda. Non era possessivo, ma sicuro. Sapeva ciò che stava facendo, e ciò la fece sentire meno in balia degli eventi.

Areum si sentì strattonare all'indietro e ricade supina fra i cuscini, ancora pregni dell'odore di pioggia. Passò una mano sulla guancia di Tomur, ruvida a causa della leggera barba, mentre lui concludeva quel bacio con uno schiocco umido.

I due si guardarono, Areum sentiva gli occhi lucidi, il petto pieno dei battiti di un cuore che non voleva sapere di placarsi. Tomur la scrutò in viso, per poi azzardare. «Posso ancora fermarmi.»

«Non voglio che lo fate...» sussurrò Areum, sollevando una mano per postarlo sullo scollo della sua casacca. Con una forza immane. Stava lottando con tutta se stessa, contro il dolore che il giorno in cui era stata stuprata le aveva causata. Voleva darci un taglio.

Tomur si abbassò di nuovo sul suo viso e le sfiorò le labbra con un altro bacio, più dolce e lento. Areum chiuse gli occhi, sentendo il suo corpo rilassarsi, e non pensò più a niente. Che ogni turbamento andasse via. Che Dier andasse via. Che anche Yong lo facesse. Areum non voleva più soffrire.

Così si lasciò andare, fra le braccia di Tomur, che sembrava la stesse accarezzando come se fosse la cosa più preziose sulla faccia delle steppe.

**

Areum sospirò, sentendo il calore del corpo del khan contro il proprio. Tomur la cingeva con le braccia forti, di chi non aveva fatto altro che cacciare per tutta la vita. Il suo corpo era un tripudio di cicatrici diverse, che Areum contava per lasciar vagare la mente.

Con la testa appoggiata sul suo petto, intenta ad ascoltare il suono rimbombante del suo cuore.

Baylagh non era più tornata, Tomur non sembrava preoccuparsene. Si limitava a giocare con i suoi capelli, se li attorcigliava fra le dita, silenzioso.

Eppure, più il tempo passava, più Areum si sentiva sempre più sporca. Nei confronti di Dier, nei confronti di sé stessa. Cinica. Cattiva. Traditrice. Assassina. Non aveva belle parole per descriversi.

La principessa si portò una mano sulle labbra, ancora gonfie dei morsi che Tomur le aveva dato. Non aveva provato a scappare, non si era ribellata, non aveva provato disagio nemmeno quando il khan l'aveva posseduta. Si era solo sentita solo... completa.

«Areum» la chiamò Tomur, doveva aver capito che era sveglia. Le tolse i lunghi capelli dal collo e le accarezzò l'incavo della spalla.

La giovane sollevò appena il viso e posò gli occhi in quelli del khan, ancora rilassati. «Dobbiamo andare?»

«No, Baylagh non tornerà» mormorò lui, mettendosi a sedere. Areum si portò le coperte al petto nudo, ancora segnato da bozzi scuri che spiccavano sulla pelle pallida, mentre lo ascoltava. «Forse ha sempre saputo che saremmo giunti a questo.»

Areum lo fissò in tralice, desiderando solo essere riabbracciata. «Ditemi, mi avete presa solo per dimostrarmi il vostro potere o provate dell'affetto nei miei confronti?»

«Potrei far sì che tu resti nel dubbio, ma non sarebbe da me» asserì l'uomo, appoggiando la schiena ai cuscini. La giovane gli scagliò un'occhiataccia, e lui ammorbidì la curva delle labbra in un sorriso mesto. «Sei bella. Sei la donna più bella che i miei occhi abbiano visto, ma odio pensarlo.»

Areum si morse le labbra, sentendo le guance andare a fuoco. Non avrebbe dovuto imbarazzarsi, non dopo ciò che avevano fatto, non dopo che lui l'aveva visto in maniera... così vulnerabile. Eppure... «Sono stata rifiutata da un principe di Sunju, quattro anni fa. Diceva che non si sarebbe mai fatto servire a letto da me.»

Tomur sbuffò una risata, una ciocca di capelli si era adagiata sulla sua guancia. «Che razza di stronzo...»

«L'ho pensato anche io, ma l'etichetta mi impediva di dar voce ai miei pensieri» mormorò Areum, ridendo insieme al khan.

Tomur le afferrò di scatto un braccio e la attirò al suo petto. Areum si adagiò su di esso, senza ribellarsi. «Non ti serve a niente l'etichetta, qui.»

«Per questo voglio restare...»

«E cosa dirai a Dier? Che sei andata a letto con suo zio?» mormorò Tomur, stringendole i fianchi con un braccio. «E che a lui è piaciuto così tanto da volerlo fare ancora?»

Tipico del Khusai. Gettavano tutto in faccia, senza filtri. Eppure, la principessa si sentì lusingata, perché anche lei voleva lo stesso. Così fece correre un dito lungo il petto del khan, baciandolo sul collo. «Non gli dirò niente... Non desidero rivolgergli la parola, almeno per ora.»

Tomur inarcò un sopracciglio e posò la fronte sulla sua. «Vuoi dirgli addio?»

«E stare con voi?» replicò Areum, abbozzando una mezza risata. «Avete bisogno di una quarta moglie?»

«No, non ho bisogno di altre mogli e tu non hai bisogno di un marito. Non ora almeno» asserì Tomur, accarezzandole i capelli con l'altro braccio. «Devi ritrovare te stessa prima, Areum.»

Per la prima volta, Areum percepì il khan pronunciare il suo nome con una dolcezza che sembrò scioglierle il cuore. Di solito, Tomur aveva sempre usato astio. Ora era tutto diverso. Lui sembrava diverso, con lei. «Io so chi sono...»

«No, non lo sai. Sei come uno spettro in un deserto» sussurrò Tomur, puntando gli occhi nei suoi. «Non sai qual è il tuo posto.»

«Non è vero. Io voglio stare qui...»

«Non vuoi abbandonare il tuo titolo, però» asserì Tomur, con più veemenza. «Ciò significa che non vuoi abbandonare Kaewang.»

Areum non riuscì a replicare. Si specchiò solamente negli occhi del khan, prima di abbassare lo sguardo su una delle cicatrici che gli attraversavano l'addome, più in rilievo delle altre. Un orso, le aveva detto. Lo stesso di cui portava la pelliccia sulle spalle.

Coraggioso, ma anche lei lo era, e non avrebbe sacrificato tutto.

«Io non perdo il mio diritto di nascita per un vostro desiderio, mio khan» sibilò Areum, distaccandosi dal suo petto per voltarsi verso il fuoco. «Sono la prima principessa di Kaewang, ed è uno dei motivi per cui sono rispettata.»

«Nel Khusai non è così» ritentò ancora Tomur, quasi volesse convincerla a tagliare quel ponte, a qualsiasi costo.

«Voi siete il khan. Il figlio di un precedente khan. È stato più facile imporsi.»

«Non sono stato rispettato perché ero il figlio del precedente khan» sibilò Tomur, mettendosi a sedere e posando una mano sulla sua spalla. «Non ho nemmeno dei figli per causa mia, Areum. Tutto quello che sono, tutto il rispetto che i Taigat nutrono nei miei confronti, me lo sono guadagnato con il tempo. Il mio diritto di nascita non ha mai svolto alcun ruolo nella mia vita.»

La giovane si voltò a guardarlo, cercando di mantenere la schiena dritta, una posizione composta, ma era dura. Così cerco di virare la direzione su un altro punto del discorso. «Non avete figli a causa vostra? Siete sterile?»

«Non sono le mie mogli il problema. Sono io» replicò lui, secco, come se odiasse quella verità, quasi lo disgustasse. «Ho sposato tre donne e non sono mai state gravide, e la colpa non è loro.»

Areum deglutì, abbassando il viso sul suo ventre. A quanto pare non avrebbe avuto bisogno di assumere artemisia, ma lui... un uomo incapace di concepire, era un uomo ricoperto di vergogna nel Khusai quanto a Kaewang. «Mi dispiace, io non pensavo che...»

Tomur scrollò le spalle, raccogliendole le braccia per sospingerla di nuovo verso di sé e avvolgerla in un abbraccio. «Io sono riuscito a conquistare il Khusai, non solo una tribù, e non avevo alcuna certezza. Perché tu non puoi fare lo stesso?»

Perché era persa. Tomur aveva ragione. Areum non sapeva nemmeno dove sarebbe stata fra qualche mese, non sapeva cosa avrebbe fatto della sua vita. Non sapeva niente. Non aveva alcun obiettivo. Ed era questo a bloccarla più di ogni altra cosa. «Perché non mi sento forte. Prima... quando avevo diciassette anni, credevo di poter conquistare l'intero regno. Da quando il palazzo è stato assediato quel giorno non so più niente, Tomur. Non sono sicura più di niente.»

Il khan la strinse al proprio petto e le baciò la testa, in un gesto di conforto. Areum si rannicchiò contro il suo petto e inspirò l'odore della sua pelle, desiderando imprimersi ogni lembo di quel corpo nella mente. «Mi dispiace...»

«Devi lottare» sussurrò Tomur, interrompendola. «Lotta e troverai te stessa. Io sarò qui ad aspettarti.»

Era una promessa? Areum non lo sapeva. Sapeva soltanto di non voler sprecare neanche un istante. Così, quando Tomur riprese a baciarla, prima sulla fronte, poi sul naso, e poi sulla bocca, lei aprì le labbra, ansiosa di farsi scoprire di nuovo da lui.

Dall'uomo che aveva odiato. E che l'aveva compresa più di ogni altro.

**

Gli enemies sono diventati lovers, spero che non mi odierete troppo per questo. Che poi ad ogni modo, lovers è una parola grossa. Areum è innamorata di Dier, ma con Tomur prova sensazioni contrastanti, si sente al sicuro e, forse, l'infatuazione nei suoi confronti l'ha investita come un treno, ma, cerchiamo di capirla: è instabile, confusa, cercava di liberare la mente e BOOM

Sì, il desiderio c'era già da prima e sussisteva da parte di entrambi, quindi... Areum è innamorata di tutti e due? Nì. Diciamola così, è vero che finora ha avuto occhi solo per Dier, ma non è detto che due persone che in passato o durante l'infanzia si sono trovate bene funzionino anche nell'età adulta. Con Tomur è diverso, lui dà ad Areum quella sicurezza che lei ha perso, e dunque eccoci qui, nel bel mezzo di un triangolino tattico.

Comunque sia, pensate che Dier scoprirà qualcosa? Che l'esercito di Kaewang arriverà in tempo? Fatemelo sapere u.u, anche perché ho bisogno un po' di incoraggiamento. Ho notato che le letture sono un po' diminuite e quindi nulla, ci tengo alla storia e spero che vi stia piacendo comunque (non mi piace fare piagnistei, ma sono una persona molto che tiene molto alle sue storie quindi inevitabilmente vedere meno stelline mi debilita, anche se sono molto contenta di tutti coloro che sono qui e continuano a sostenermi. Siete preziosi e vi voglio un mondo di bene <3, davvero)

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